Allo stato risulta compiutamente delineato, dall’art. 356 del CCII, l’albo degli incaricati dall’autorità giudiziaria, norma già in vigore dal 16 marzo 2019, ma la cui effettiva entrata in vigore è paralizzata dalla mancata adozione del decreto del ministero della giustizia nel quale saranno stabilite, tra le altre, le modalità di funzionamento dell’albo stesso, nonché l’importo del contributo da versare in sede di prima iscrizione e periodicamente, ai sensi dell’art.357 CCII.
L’art.358 al comma 1 lettera a) individua negli iscritti negli albi professionali degli avvocati, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e dei consulenti del lavoro coloro i quali potranno essere incaricati dall’autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure di cui al codice della crisi e dell’insolvenza. L’inserimento degli iscritti all’albo dei consulenti del lavoro, la cui disciplina è contenuta nella l.12/1979, risponde alla possibilità di scelta, rimessa al tribunale, di quale figura tecnica, alla luce del caso concreto, risulti più idonea alla gestione della crisi: prescrive infatti il 3° co., lettera d) dell’art.358 CCII che la nomina del consulente del lavoro potrà avvenire tenuto conto dell’esistenza di rapporti di lavoro subordinato in atto al momento dell’apertura della liquidazione giudiziale, del deposito del decreto di ammissione al concordato preventivo o al momento della sua omologazione. La stessa possibilità di conseguire incarichi giudiziari riservata agli iscritti agli ordini professionali è estesa (art.358 comma 1 lett b) agli studi professionali associati o società tra professionisti sempre che i soci delle stesse siano avvocati, dottori commercialisti ed esperti contabili e consulenti del lavoro, iscritti ai relativi albi di appartenenza, proprio per consentire che le funzioni giudiziali siano assunte da una struttura dotata già al suo interno di tutte le varie professionalità cui può risultare necessario ricorrere, ciò che può rivelarsi utile soprattutto nei casi di procedure maggiormente complesse.
La possibilità di nominare curatori, commissari giudiziali e liquidatori coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in virtù della loro pregressa e specifica esperienza nella gestione aziendale, purché abbiano dato prova di adeguate capacità imprenditoriali, e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di apertura della procedura di liquidazione giudiziale, è stata modificata dal CCII introducendo la precisazione che le citate funzioni possono essere state svolte in società di capitali o società cooperative, e non solo in s.p.a. (art.358 comma 1 lett c). Per tutte queste categorie di soggetti sono previsti importanti obblighi formativi, in quanto ai sensi dell’art.356, comma 2 CCII, “possono ottenere l’iscrizione i soggetti che, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 358, comma 1, lettere a), b) e c), dimostrano di aver assolto gli obblighi di formazione di cui all’articolo 4, comma 5, lettere b), c) e d) del decreto del Ministro della giustizia 24 settembre 2014, n. 202 e successive modificazioni”: il d.m. 202/2014, recante i requisiti di iscrizione nel registro degli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento, all’art.4, comma 5, lettera b) richiede il possesso di una specifica formazione acquisita tramite la partecipazione a corsi di perfezionamento istituiti a norma dell'art. 16 d.p.r. 162/1982, di durata non inferiore a duecento ore nell'ambito disciplinare della crisi dell'impresa e di sovraindebitamento, anche del consumatore. I corsi di perfezionamento sono costituiti con gli insegnamenti concernenti almeno i seguenti settori disciplinari: diritto civile e commerciale, diritto fallimentare e dell'esecuzione civile, economia aziendale, diritto tributario e previdenziale. La specifica formazione di cui alla presente lettera può essere acquisita anche mediante la partecipazione ad analoghi corsi organizzati dai soggetti indicati al comma 2 in convenzione con università pubbliche o private. Con la modifica apportata dall’art.37 del decreto correttivo citato “per i professionisti iscritti agli ordini professionali degli avvocati, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, dei consulenti del lavoro la durata dei corsi di cui al predetto articolo 4, comma 5, lettera b) è di quaranta ore”.
A questa formazione iniziale si deve accompagnare, ai fini del mantenimento dell’iscrizione nell’albo, quanto previsto dall’art.4, comma 5 del d.m. 202/2014 alla lettera d), e cioè l’acquisizione di uno specifico aggiornamento biennale, di durata complessiva non inferiore a quaranta ore, nell'ambito disciplinare della crisi dell'impresa e di sovraindebitamento, anche del consumatore, acquisito presso uno degli ordini professionali di cui al comma 2 ovvero presso un’università pubblica o privata, in base a programmi le cui linee guida generali saranno dettate dalla Scuola Superiore della magistratura.
Il decreto correttivo approvato con D.Lgs 147/2020 è intervenuto anche sulle modalità di iscrizione nell’albo in sede di primo popolamento, riducendo da quattro a due il numero delle procedure necessarie per poter ottenere l’iscrizione senza dover provare lo svolgimento della formazione professionale obbligatoria: potranno quindi ottenere l’iscrizione nell’albo i professionisti che possano documentare di essere stati nominati, entro il 16 marzo 2019, curatori fallimentari (trattandosi di nomine avvenute prima dell’entrata in vigore del codice della crisi, vale ancora l’aggettivo qualificativo fallimentare), commissari o liquidatori giudiziali in almeno due procedure negli ultimi quattro anni. La riduzione del numero delle procedure richieste giunge a valle delle critiche pervenute dagli ordini professionali, che avevano sottolineato il rischio di ottenere risultati opposti, e cioè che proprio i professionisti di pluriennale esperienza, che la norma voleva privilegiare, in realtà non riuscissero a dimostrare di avere svolto quattro incarichi , e ciò a causa della lunga durata delle procedure, dilatate per la pendenza delle azioni recuperatorie e risarcitorie, nonché per effetto della turnazione degli incarichi, che ha portato alla nomina di molti giovani professionisti. Per quanto concerne l’individuazione delle procedure di riferimento, ai fini della considerazione del pregresso svolgimento degli incarichi, ci si è chiesti il motivo per cui la norma faccia riferimento ai commissari tout court, senza ulteriori precisazioni o aggettivazioni, così consentendo di comprendere ai fini del primo popolamento anche gli incarichi di commissario in procedure di amministrazione straordinaria. La spiegazione può essere rinvenuta nel fatto che l’art.356, 2° co. non precisa, a differenza di quanto riportato testualmente nel 1° co., che il riferimento delle quattro procedure debba essere fatto considerando solo le procedure previste nel presente codice, (il quale, per precisa scelta legislativa, non disciplina le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese”). Il combinato utilizzo del termine commissari senza ulteriori precisazioni e di procedure, senza limitazione a quelle previste dal presente codice, consente di concludere che ai fini del conteggio delle due procedure possono essere considerate, oltre alla liquidazione giudiziale e al concordato preventivo, anche le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi (d.lgs.270/1999) e grandissime (d.l. 347/2003 conv. l.3/2004) imprese in crisi, nelle quali la gestione della procedura è affidata a commissari straordinari. D’altra parte escludere questi commissari dal primo popolamento dell’albo sarebbe iniquo, incongruo e contraddittorio con la finalità di preservare professionalità già acquisite negli anni e sul campo, considerato che la funzione di gestione, affidata a uno o a un collegio di commissari straordinari, di tali procedure, comportando la realizzazione anche del fine del mantenimento dei livelli occupazionali, in società o gruppi di rilevanti dimensioni, implica una professionalità più ampia e un’esperienza maggiore rispetto a quella richiesta per lo svolgimento delle funzioni di curatore, commissario giudiziale e liquidatore in procedure di piccole dimensioni. Si ritiene, quindi, che tra le funzioni svolte, ai fini del primo popolamento dell’albo, rientrino anche quelle di commissario straordinario in procedure di amministrazione straordinaria, tenuto conto che la norma del 2° co., con significativa differenza rispetto al testo del 1° co. (“ è istituito presso il Ministero della giustizia un albo dei soggetti, costituiti anche in forma associata o societaria, destinati a svolgere, su incarico del tribunale, le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore”), fa riferimento alla pregressa nomina a curatore fallimentare, commissario (senza più la specificazione di giudiziale) o liquidatore giudiziale, con ciò aprendo testualmente anche alla categoria dei commissari (straordinari) la possibilità di iscrizione in sede di primo popolamento. Nel caso l’iscrizione all’albo sia richiesta da studi professionali associati o società tra professionisti, i requisiti per il primo popolamento dell’albo devono essere in possesso della persona fisica responsabile della procedura, nonché del legale rappresentante della società tra professionisti o di tutti i componenti dello studio professionale associato.
La norma sul primo popolamento dell’albo, pur essendo tra quelle la cui entrata in vigore era prevista al 16 marzo 2019, resta in attesa di attuazione, in quanto l’albo, seppure istituito a partire dalla stessa data, come si diceva in precedenza ha necessità, per il suo funzionamento, di un decreto attuativo che ne disciplini, ai sensi dell’art. 357 del codice della crisi: a) le modalità di iscrizione, b)le modalità di sospensione e cancellazione, volontaria o disposta dal Ministero della giustizia, anche a seguito del mancato versamento del contributo, (lettera inserita dal decreto correttivo D.Lgs 147/2020) c) le modalità di esercizio del potere di vigilanza da parte del Ministero della Giustizia, e l’importo del contributo di iscrizione. Tale decreto inizialmente avrebbe dovuto essere adottato entro il 1° marzo 2020, termine prorogato dall’art.8, comma 4 del DL 162/2019 al 30 giugno 2020 in vista della all’epoca prevista adozione delle disposizioni correttive. Allo stato, e in attesa del decreto attuativo che ne delinei i contenuti e le modalità di istituzione e funzionamento, nessun professionista potrà iscriversi all’albo, nè in sede di primo popolamento, nè a seguito della prova dello svolgimento di specifica formazione iniziale obbligatoria.
Va evidenziato che la circostanza di essere stati inseriti per la prima volta in sede di codice della crisi e dell’insolvenza tra i soggetti possibili incaricati dall’autorità giudiziaria di svolgere le funzioni di curatore, commissario giudiziale e liquidatore non consentirà ai consulenti del lavoro di iscriversi all’albo in sede di primo popolamento, in quanto non vi è alcuna possibilità che i consulenti del lavoro abbiano svolto incarichi in procedure negli ultimi quattro anni, non essendo legittimati alla funzione sino all’entrata in vigore della riforma. I consulenti del lavoro potranno essere iscritti all’albo solo dopo la sua istituzione, in virtù dell’ottenimento dei requisiti di formazione, e comunque solo dopo l’entrata in vigore della norma dell’art. 358. Nel frattempo, restando in vigore l’art. 28 l.f., ai consulenti del lavoro non potranno essere affidati incarichi di gestione e controllo delle procedure da parte dell’autorità giudiziaria.
In ossequio al profilo di specchiata onestà degli iscritti all’albo, sono previsti stringenti requisiti di onorabilità per l’iscrizione all’Albo (su cui cfr amplius il mio focus del 14 luglio 2021 pubblicato su IlFallimentarista.it), nonché specifiche incompatibilità e incapacità, in particolare l’assenza di qualsivoglia conflitto di interesse: tra i criteri per la scelta del nominando, oltre alla diligenza nella redazione dei rapporti riepilogativi, emerge la considerazione degli incarichi in corso, in relazione alla necessità di assicurare l’espletamento diretto, personale, efficiente e tempestivo delle funzioni
Il comma 3 dell’art.358, alla lettera c) disciplina i criteri seguiti dall’autorità giudiziaria per la nomina dei curatori, commissari giudiziali e liquidatori, stabilendo che l’autorità giudiziaria tiene, tra l’altro, conto delle esigenze di trasparenza e di rotazione nell’assegnazione degli incarichi, anche tenuto conto del numero delle procedure aperte nell’anno precedente, valutata la esperienza richiesta dalla natura e dall’oggetto dello specifico incarico.
Lo schema di decreto legislativo intendeva sopprimere le parole “e di turnazione”, soppressione che però si poneva in contrasto con la norma di carattere generale, e inderogabile, dell’art.5, comma 2 del CCII, ai sensi del quale “Tutte le nomine dei professionisti effettuate dall’autorità giudiziaria e dagli organi da essa nominati devono essere improntate a criteri di trasparenza, rotazione ed efficienza”. A seguito dell’approvazione del decreto correttivo, il criterio della rotazione degli incarichi può già costituire criterio generale di indirizzo delle nomine, attesa la portata di principio generale del citato art.5 comma 2 del CCII, che dispone l’obbligo, in capo all’autorità giudiziaria titolare della nomina, del rispetto dei criteri di trasparenza, rotazione ed efficienza.
Il criterio di trasparenza nell’assegnazione degli incarichi è stato invece introdotto su sollecitazione espressa dal Consiglio di Stato nel proprio parere, per soddisfare un’esigenza di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, di cui viene data evidenza attraverso la pubblicità degli incarichi conferiti ad ogni soggetto sul registro nazionale previsto dall’art. 125, comma 4, CCII. Proprio il collegamento dei dati contenuti nell’albo con il registro nazionale, nel quale confluiscono tutti i provvedimenti di nomina dei curatori, dei commissari giudiziali e dei liquidatori giudiziali ( e ciò anche se l’art.125 disciplina la sola nomina del curatore), i provvedimenti di chiusura del fallimento e di omologazione del concordato, nonché l’ammontare dell’attivo e del passivo delle procedure chiuse consentirà di dare concreta attuazione alle esigenze di trasparenza e rotazione attraverso la pubblicità di tutti gli incarichi facenti capo al singolo professionista sul territorio nazionale. Al contrario non sembra che la pubblicità sul registro nazionale possa da sola consentire la rotazione degli incarichi, dovendo la stessa passare da un’autoregolamentazione nelle nomine da parte della singola autorità giudiziaria, alla luce delle risultanze del registro nazionale: in tal senso dispone l’art.5, 2° co., per cui tutte le nomine dei professionisti effettuate dall’autorità giudiziaria devono essere improntate a criteri di trasparenza, rotazione ed efficienza, il rispetto dei quali è garantito dalla vigilanza del presidente di tribunale (o di sezione fallimentare, laddove istituita), e la cui concreta attuazione è demandata a protocolli condivisi con i giudici della sezione.
Sul tema si è pronunciato anche il C.S.M. nella delibera 12 ottobre 2016 “Risoluzione generale in tema di poteri di vigilanza dei dirigenti degli uffici giudiziari in ordine ai conferimenti degli incarichi di curatore fallimentare, perito, consulente, custode, amministratore giudiziario e ad altri ausiliari del giudice”, precisando che ragioni di trasparenza conducono all’auspicio che il legislatore provveda ad assicurare una omogenea pubblicità per ogni forma di incarico affidato da ciascun magistrato dell’ufficio e dei conseguenti provvedimenti adottati.
La trasparenza e la rotazione degli incarichi sono esigenze che devono essere bilanciate con quella di nominare professionisti dotati delle necessarie, specifiche esperienze richieste dalla natura e dall’oggetto dell’incarico, dovendosi valutare, con giudizio ex ante, che il professionista nominando abbia già maturato esperienze specifiche, documentate o documentabili, che lo rendano particolarmente adatto a rivestire l’incarico, che deve essere stato già analizzato nel suo oggetto e nella sua natura. D’altro canto, tuttavia, non può tacersi che le procedure concorsuali richiedono sempre competenze di tipo giuridico, quasi sempre competenze di tipo economico, e sovente competenze di tipo aziendale, in particolare gestionale: valga per tutti l’esempio delle procedure di concordato preventivo con continuità aziendale (84, 2° e 3° co. CCII), in cui le competenze richieste al commissario giudiziale in tema di valutazione dal punto di vista aziendale ed economico-finanziario delle effettività possibilità di prosecuzione dell’attività da parte del debitore, sulla base di apposito business plan, e della funzionalità della attività stessa ad assicurare il ripristino dell’equilibrio economico finanziario, sono sostanzialmente diverse da quelle richieste al commissario giudiziale di un concordato liquidatorio, il quale dovrà, attraverso la liquidazione del patrimonio, valutare la possibilità dello stesso di garantire il soddisfacimento dei creditori.
Questa differenza di competenze era stata valutata nel corso dei lavori della Commissione Rordorf, e risolta nella proposta, poi non adottata, di separare le specializzazioni tra i soggetti destinati ad occuparsi di liquidazioni di aziende e patrimoni, e quelli deputati alla valutazione della continuità d’impresa.