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Saggio

Apporto e prerogative dell’organo di controllo nelle dinamiche di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza*

Francesco Fimmanò, Ordinario di diritto commerciale nell’Università delle Camere di Commercio di Roma “Universitas Mercatorum”

6 Novembre 2023

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Il codice della crisi rafforza il rapporto tra poteri e responsabilità  dell’organo di controllo: dalla tempestiva segnalazione agli amministratori della sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di accesso alla composizione negoziata, alla vigilanza sull’andamento delle trattative, dall’adeguato perseguimento degli obiettivi del piano di risanamento alle iniziative da assumere quando l’insolvenza sia vicina o conclamata, fino alla extrema ratio del ricorso per la liquidazione giudiziale. Da questo rafforzamento derivano una serie di conseguenze a cominciare dalla divaricazione delle competenze rispetto a quelle degli amministratori nella prevenzione che diviene più marcata, alla responsabilità che pur rimanendo indiretta, assume profili più autonomi, sempre connessi ai nuovi poteri di iniziativa. 
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1 . L’organo di controllo nel Codice della crisi
L’introduzione del Codice della crisi e dell’insolvenza (d’ora in poi, CCII) ha avuto, come noto, un impatto rilevante sul diritto societario e sui doveri degli organi societari e di conseguenza sulle relative responsabilità. In particolare la funzione di controllo, emancipata ormai dal ruolo di verifica ex post e divenuta «coessenziale dell’esercizio dell’impresa» già con il T.u.f. e la riforma del 2003, assume ora una posizione baricentrica nelle situazioni di crisi e per l’effetto nelle fasi precedenti dirette a prevenirle.[1]
Per organo di controllo si intende nella S.p.a. ovviamente il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza o il comitato per la gestione e il controllo, nelle varie declinazioni a seconda del modello di governance adottato, e invece nelle Srl, si tratta del collegio sindacale o del sindaco unico.A quest’ultimo riguardo esistono indubbie carenze di coordinamento con le previsioni del novellato articolo 2477 c.c.[2],  nel caso in cui la Srl nomini un revisore, cosa ricorrente nelle piccole imprese (che sono l’assoluta maggioranza nel Paese) [3]. Chiaramente in questo caso vengono meno tutte le prerogative che valgono per l’organo di controllo e per l’architettura prevista dal nuovo sistema, a cominciare dai poteri di iniziativa che il revisore non ha, stante peraltro il più limitato flusso informativo del quale può disporre. Si è discusso, inoltre, anche del ruolo, dei diritti di controllo e dei conseguenti eventuali oneri dei soci non amministratori nelle S.r.l., vista la facoltà attribuita dall’art. 2476, comma 2, c.c., ai «soci che non partecipano all’amministrazione» sia di avere «notizie sullo svolgimento degli affari sociali», sia di «consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione»[4]. Tuttavia è evidente che, alla luce delle richiamate prerogative, la responsabilità è limitata al solo concorso in quella degli amministratori per aver «intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dan­nosi per la società, i soci, o i terzi» (art. 2476, comma 7, c.c.) per cui, non appare mai collegabile all’omessa vigilanza (e alla conseguente causalità omissiva), ma richiede un contegno attivo idoneo a supportare l’azione posta in essere dall’organo gestorio che non ha nulla a che fare col controllo.
Il ruolo ed i poteri-doveri dell’organo hanno tradizionalmente assunto rilievo, in letteratura e nelle pratica, in un’ottica patologica rivolta all’accertamento delle singole responsabilità [5]. E anche nel nuovo contesto si parte proprio dal rafforzamento della responsabilità per calibrare il controllo in funzione della prevenzione della crisi e della conservazione della continuità aziendale secondo la logica dei maggiori poteri, anche proattivi, cui corrispondono maggiori responsabilità e persino una posizione di garanzia.
Innanzitutto, il combinato disposto dell’articolo 25 octies CCII e del novellato articolo 2086 del c.c., conia un nuovo segmento funzionale dell’organo di controllo societario in relazione all’attività di vigilanza sugli indizi di squilibrio economico-finanziario e patrimoniale a partire dalle situazioni che possano mettere in discussione la «continuità aziendale»[6] nella fase di pre-crisi (con riferimento alla proba­bilità di crisi) e di crisi (con riferimento alla probabilità di insolvenza)[7]. 
Si tratta di un ambito specifico che emerge in questa fase della vita dell’impresa che attribuisce all’attività di controllo un contenuto più invasivo che concerne le verifiche di «legalità sostanziale», nel caso in cui siano ritenute inidonee, insufficienti o  intempestive le misure adottate per il superamento della crisi, visto il diretto coinvolgimento degli interessi dei creditori, che assumono connotati diversi da quelli riferiti alla società in condizioni normali. [8] 
Il dovere del debitore di gestire il patrimonio o l’impresa durante la crisi nell’interesse prioritario dei creditori è rilevante sia perché introduce espressamente un rapporto di strumentalità tra la gestione del patrimonio e dell’impresa (e quindi della prosecuzione dell’attività) rispetto all’interesse dei creditori, sia perché  la legge qualifica quest’ultimo espressamente come «prioritario»[9]. Tale interesse rimane sostanzialmente “indeterminato” sul piano del precetto normativo (tanto da presupporre l’intervento della giurisprudenza per l’individuazione del concreto contenuto) sia per la pluralità di interessi che muo­vono le differenti tipologie di creditori, talora persino confliggenti, sia perché va valutato con riferimento alle caratteristiche del singolo caso. Infatti, la struttura finanziaria delle imprese, tipicamente caratterizzata dalla molteplicità e dalla diversità dei creditori nel tempo, può generare, al momento della crisi, l’incentivo degli stessi ad anticiparsi a vicenda in un costosissimo gioco a somma zero [10]. E d’altra parte l’esigenza di tutti gli ordinamenti giuridici di prevedere uno specifico diritto concorsuale nasce sul piano economico proprio dai problemi connessi all’azione collettiva [11].
Dal codice della crisi emerge complessivamente una intenzione del legislatore di fornire all’imprenditore una serie di strumenti, sia all’interno che all’esterno[12], per consentire l’emersione anticipata e tempestiva del­le criticità, indicando anche quali possano essere le attività volte al suo superamento per garantire, in tale prospettiva, la continuità aziendale. Proprio quest’ultima assume un ruolo tipico in questa fase, ossia come «valore» meritevole di tutela inteso come capacità del complesso economico di essere funzionante (e non anche funzionale ad altre imprese come in fase liquidatoria), chiamato cioè alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale futuro di almeno un anno dalla data di riferimento dei bilanci. 
Questa previsione temporale è legata alla modifica apportata alla definizione di crisi di cui all’art. 2, comma 1, CCII che individua appunto nell’inade­guatezza dei flussi di cassa prospettici rispetto alle obbligazioni in scadenza nei successivi dodici mesi, la manifestazione della stessa [13].  La disposizione tuttavia risente dei principi contabili internazionali ed in particolare dei paragrafi 25 e 26 dello Ias 1 e dei principi di revisione (doc. 570) [14].
La continuità viene intesa in modo diverso da quanto accade in sede contabile per l’impresa in regolare funzionamento, come going concern (specie secondo i principi contabili internazionali)[15], e cioè come strumento per la realizzazione del soddisfaci­mento dei creditori (e comunque per evitare il loro pregiudizio), rappresentando un mezzo per la relativa salvaguardia e non funzionale all’obiettivo ciclico tipico [16] dell’esercizio dell’attività economica. 
Non è questa la sede per analizzare il macro-tema della coesistenza di principi contabili diversi nello stesso contesto, figli di visioni ordinamentali diverse, ma la criticità  si avverte ad esempio nella permanenza dello storico sistema civilistico di allerta e prevenzione della riduzione del capitale per perdita (che si riflettono sulla responsabilità degli organi sociali anche di controllo)[17], accanto a forme larvate di solvency test che emergono in filigrana e che trovano la loro origine in contesti diversi[18]. 
E questa fase storica, confusa, che vede in linea teorica l’applicazione dei principi contabili internazionali dettati per le sole quotate e consolidanti, ma in concreto condizionanti anche le altre realtà societarie, si riflette sulla complessità dell’interpretazione del ruolo dell’organo di controllo, specie nelle Srl. 
Cosa succede se una società ha flussi di cassa prospettici adeguati rispetto alle obbligazioni in scadenza nei successivi dodici mesi ma ha rilevanti perdite, derivanti per esempio da pesanti ammortamenti legati ad investimenti immobiliari? O al contrario non ha flussi di cassa adeguati ma ha una situazione patrimoniale eccellente vista nella prospettiva della mera tutela dei creditori? [19]. 
D’altra parte il venir meno della continuità, intesa come equilibrio finanziario[20], non è causa di scioglimento della società [21] a meno che non la si voglia considerare, in modo non condivisibile e forzato, una causa di impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale [22]. E questo incide anche sulle dinamiche relazionali tra gli organi, nel senso che la ricerca dei flussi finanziari può portare gli amministratori a strategie che nei dodici mesi possono condurre al regolare funzionamento dell’impresa ma in prospettiva possono erodere la garanzia patrimoniale. Si pensi al caso di una vendita di un immobile o ad lease back, ove la funzione dei sindaci non si esaurisce quindi nella verifica della congruità del prezzo di cessione. Non a caso la evoluzione del sistema, ammesso che di evoluzione si tratti, fa emergere la necessità di studiare ed implementare una nuova area rappresentata dal “diritto della contabilità dell’impresa in crisi”. Si tratta di interpretare le norme, o di concepire nuove norme, in modo da correggere, sul piano giuridico, le asimmetrie che gli aziendalisti studiano già da anni.
2 . Il ruolo dell’organo nelle varie fasi
Passiamo a questo punto all’analisi delle novellate funzionalità dell’organo di controllo che, peraltro, nel sistema della c.d. allerta esterna, era il principale interlocutore degli amministratori, al fine della prevenzione della crisi. In particolare, l’articolo 25 octies, CCII, gli attribuisce il dovere di “segnalare tempestivamente” la sussistenza di fondati indizi della pre-crisi, nonché di verificare la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto indipendente. La norma, da un lato, precisa che «in pendenza delle trattative, rimane fermo il dovere di vigilanza di cui all’articolo 2403 del codice civile» e, dall’altro, che «la tempestiva segnalazione all’organo ammini­strativo ai sensi del comma 1 e la vigilanza sull’andamento delle trattative sono valutate ai fini della responsabilità prevista dall’articolo 2407 del codice civi­le». L’art. 2403 c.c. continua a svolgere una funzione di cornice del ruolo dell’organo di controllo anche nella crisi di impresa.
La limitazione endocorporativa delle funzioni (peraltro solo apparente per quanto diremo) è stata accolta con favore in quanto espressione del dovere dell’organo di promuovere segnalazioni ed istanze all’interno della società, così superando la previsio­ne dell’originario criticatissimo articolo 14 del CCII che prevedeva, al contrario, un diretto coinvolgimento esterno dell’OCRI, anche in deroga alla previsione di cui all’art. 2407 c.c. sugli obblighi di riservatezza [23]. 
In verità l’attuale assetto è «già da tempo direttamente o interpretativa­mente prescritto dalla legge o desumibile dal sistema e dalla best practice e posto a carico dell’organo di gestione» [24] con la consolidata conseguenza che la responsabilità del collegio sussiste, oltre che in caso di illegittimità della condotta tenuta, anche in caso di inerzia rispetto ai doveri di controllo, necessitando tuttavia la prova da parte dell’attore del nesso causale fra la condotta ed il danno, consistente nella di­mostrazione che l’attivazione dei poteri di controllo avrebbe ragionevolmente evitato o limitato il pregiudizio occorso. [25]
Quanto alla legittimazione alla “segnalazione”, essa non rappresenta una novità particolarmente rilevante nel sistema (a differenza della legittimazione all’istanza di liquidazione giudiziale) in quanto va ascritta ai tradizionali compiti dell’organo di controllo nell’ambito delle funzioni di vigilanza, in forza del combinato disposto dell’art. 2086, secondo comma, c.c. e dell’art. 2403, c.c.,. Quindi si può affermare che la vera questione è il rafforzamento della conseguente responsabilità contemplata dall’articolo 2407, c.c., in relazione ad una potenziale posizione di garanzia, ora espressamente connessa anche nei gruppi ad un onere facoltizzato [26].
Devono distinguersi comunque i differenti livelli di intervento dell’organo, ciascuno dei quali risulta collegato a fasi temporalmente distinte. La letteratura economica riconosce al diritto della crisi il compito di massimizzare il valore dell’impresa valutando la efficienza normativa ex ante, nella fase intermedia [27] (pre-insolvency) ed ex post nella fase conclamata in funzione della riduzione dei costi dell’insolvenza.
La prima fase riguarda quella della vigilanza sugli assetti adeguati, visto che c.d. costi di agenzia del debito sono innanzitutto quelli derivanti dal monitoraggio degli amministratori (monitoring). Nel caso di debiti contratti dall’impresa, l’agente può fare scelte che non sono indifferenti per il creditore, in quanto incidono sul valore atteso del suo claim ovvero sulla probabilità che il contratto di debito venga adempiuto[28]. La vigilanza sugli assetti esige valutazioni previsionali e prospettiche che devono basarsi sull’esame dei dati contabili, se del caso a seguito di confronti col revisore, ma anche su elementi gestionali ed organizzativi desunti dalle informazioni trasmesse dagli altri organi sociali o acquisiti in virtù di attività di ispezione e controllo. Sussiste, in definitiva, un dovere di monitoraggio continuo, permanente e non meramente occasionale sull’attività di impresa, che va oltre le ipotesi legali di intervento necessario, come in caso di perdite qualificate o cause di scioglimento[29]. Un efficace monitoraggio, anche rispetto ad un prospettico stato di crisi, esige anche valutazioni non meramente economico-finanziarie, come l’analisi delle politiche aziendali, la identificazione delle aree contabili potenzialmente rischiose, il livello di trasparenza societario, il regolare flusso delle informazioni, l’identificazione dei fattori di rischio derivanti dal ciclo di vita o dalle tendenze del mercato.
La seconda fase di pre-insolvency esige misure che incentivino il debitore a rivelare tempestivamente lo stato di difficoltà e a non assumere comportamenti eccessivamente azzardati per tentare di evitarla, scommettendo ad esempio le residue risorse dei finanziatori in attività molto rischiose (in tal modo danneggiando i creditori). Da questo angolo visuale procedure troppo punitive possono favorire l’azzardo diretto a scongiurarle, ridurre gli investimenti poco rischiosi [30] ed indurre il controllante a ritardarne l’avvio. Ciò spiega il consenso sempre più ampio sull’opportunità di riformare la sanzione penale solo per colpire i comportamenti più gravi connessi al dissesto. Ma come noto il codice non se ne è occupato e l’unica misura premiale concepita in questa direzione, collegata alla tempestività, è stata eliminata nella versione finale [31].  Questa fase può connotarsi come “emersione tempestiva della crisi” ai sensi del comma 3, dell’articolo 3, CCII, che riguarda l’adeguatezza delle misure idonee a rilevarla anche in modo proattivo. V’è una seconda parte di questa fase che involge l’attività svolta dall’organo successivamente all’apertura delle trattative coi creditori e per tutta la durata della procedura di regolazione in funzione consultiva ed informativa
La terza fase riguarda l’attività di vigilanza, contemplata dall’articolo 2403 c.c.,[32] sull’esecuzione delle misure adottate che può anche portare l’organo di controllo ad assumere iniziative in caso di violazioni [33], fino all’estrema ratio dell’istanza di liquidazione giudiziale.  
3 . Il controllo sull’adeguatezza degli assetti
L’operato dell’organo amministrativo, nel compimento di operazioni che hanno significativo rilievo strategico, economico, patrimoniale o finanziario ai sensi dell’articolo 2380 bis c.c., deve mirare a prospettive di risanamento connotate da un significativo livello di concretezza e che non si traducano in una mera prospettiva, né siano riconducibili ad una teorica possibilità [34]. La gestione dell’impresa non ha una mera finalità conservativa, in funzione di una liquidazione riallocativa, ma deve essere diretta alla ricerca della con­tinuità senza recare pregiudizio ai creditori con ragionevolezza, trasparenza, buona fede e consapevolezza informata [35].
L’introduzione del secondo comma dell’art. 2086 c.c. determina, da questo specifico punto di vista, un mutamento dell’assetto non solo organizzativo, ma anche funzionale dell’impresa societaria tale da rendere l’interesse dei creditori un obiettivo prioritario dell’attività nelle ipotesi di crisi (nel senso di evitare pregiudizio agli stessi), per poi diventare l’unico con l’insolvenza conclamata[36]. Nelle situazioni di difficoltà diminuisce fino “a tendere allo zero” nella c.d. “zone  of insolvency” il peso da attribuire all’interesse del capitale proprietario e aumenta quello dell’interesse dei creditori a non subire perdite e a non vederle aggravate per effetto della continuazione laddove non abbia più ragionevoli ed oggettive possibilità di successo e stabilità [37], per poi riemergere eventualmente dopo il superamento della crisi.
È noto il dibattito sull’efficacia precettiva o meno della previsione, che rappresenta una specificazione dei principi di corretta amministrazione (art. 2403 c.c.)  ma si concorda sull’impos­sibilità di definire, a priori, un’organizzazione unica e standard per tutte le realtà imprenditoriali e, quindi, sulla necessità di una valutazione «caso per caso». 
Invero il precetto in esame non è nuovo nel sistema [38] visto che riproduce quanto già previsto  dall’art. 149 del TUF e poi dagli artt. 2381 e 2403 c.c. (quale ob­bligo di vigilanza a carico dei sindaci),  presupponendo, in capo agli amministratori, la necessità di adottare quegli assetti organizzativi, amministrativi e contabili dei quali, a loro volta, i sindaci erano chiamati a verificarne l’adeguatezza da declinare nei vari comparti dell’impresa. 
La scelta del legislatore ordinario di eli­minare la parte del CCII relativa agli indicatori della crisi viene interpretata come una sostanziale “resa” rispetto all’obiettivo di individuare dei criteri  che possano «in astratto» essere utilizzabili, accentuando così i singoli momenti individuali delle decisioni dei singoli am­ministratori, a conferma della estrema difficoltà a definire una serie di regole oggettive per tutte le imprese volte a comprendere con anticipo il verificarsi della crisi di impresa [39]. Basti pensare che tra grandi S.p.a. vigilate, o persino quotate, e le piccole S.r.l., col sindaco o revisore unico, c’è tutta la differenza di questo mondo e ciò vale anche per la inutilizzabilità talora di modelli inadattabili neppure in scala ridotta[40]. Chiaramente violazioni come quella dell’obbligo di vigilanza sull’assetto contabile e sul controllo contabile in senso stretto (in mancanza di revisore legale dei conti), data l’analiticità delle regole contabili, peraltro incrementata dal Codice, sono più agevoli da prevenire ed individuare ex post.[41]
È chiaro che la totale assenza di una struttura organizza­tiva rappresenti un inadempimento in sé, ma sulla base dell’evolu­zione della business judgment rule, esiste un ampio spazio discrezionale all’in­terno del quale gli amministratori possono compiere le loro scelte di carattere organizzativo anche nella fase di difficoltà[42]. La Cassazione, seppure in sede tributaria, ha ritenuto di collegare la previsione di cui al secondo comma dell’art. 2086 c.c. con la disposizione di cui all’art. 41 della Costituzione, affermando che la situazione di “totale assenza di pianificazione aziendale” da parte degli organi gestori della società (o di completa «inettitudine produttiva») non rientra nelle ipotesi di esenzione dalla determinazione del reddito di impresa [43]. 
Il flusso informativo tra amministratori ed esperto nominato ad esempio nella composizione negoziata riguarda comunque la verifica e l’eventuale adozione di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile  idoneo a consentire un costante monitoraggio della capacità di produzione di cassa e la sottesa verifica dell’equilibrio finanziario e della continuità aziendale dell’impresa durante la procedura. Il regime della responsabilità e della competenza per l’ade­guatezza degli assetti organizzativi, depone nel sen­so della indelegabilità di funzioni rispetto alla gestione dei rapporti con l’esper­to e in generale a quella dei momenti decisivi della procedura, potendo tutt’al più onerarsi l’organo delegato di un’attività di coordinamento tra organi sociali ed esperto. [44]
L’art. 2086 c.c. è insomma, una sorta di clausola generale[45], che verrà riempita inevitabilmente dalla giurisprudenza sulla base anche del dibattito dottrinale individuando i parametri e i criteri attraverso cui gli amministratori e, poi, gli organi di controllo e i giudici, dovranno valutare l’adeguatezza degli assetti orga­nizzativi a seconda della natura e dimensioni dell’impresa[46]. Peraltro anche la giurisprudenza di merito ha confermato l’insin­dacabilità delle scelte discrezionali degli amministratori anche in ordine all’ado­zione degli adeguati assetti amministrativi ex art. 2086, «in primo luogo, solo se essa è stata legittimamente compiuta (sindacato sul modo in cui la scelta è stata assunta) e, sotto altro aspetto, solo se non è irrazionale (sindacato sulle ragioni per cui la scelta compiuta è stata preferita ad altre)»[47].
Il tutto diventa ancora più complesso nel caso in cui ci troviamo di fronte ad una impresa di gruppo ove l’esercizio della direzione e del coordinamento determina una immutazione dell’organizzazione societaria ed in cui dovranno trovare adattamento ed applicazione gli adeguati ‘‘assetti organizzativi di gruppo’’ con conseguenti responsabilità da omissione, considerati gli oneri facoltizzati di eterodirigere e le conseguenti incombenze degli organi di controllo delle singole società[48]. Non a caso si assiste ad una progressiva intensificazione delle regole che presidiano in funzione della pianificazione della crisi con attribuzione di una posizione di ‘‘garanzia’’ della capogruppo[49]. Gli assetti organizzativi vanno in tal modo collocati oltre la dimensione soggettiva delle singole società in funzione dell’unità di impresa. E le modalità con cui viene disegnata la relativa architettura organizzativa, amministrativa e contabile diviene baricentrica poiché è su di essa che viene successivamente parametrata la liceità dell’azione degli organi di gestione e controllo della holding. Visto che in presenza di eterodirezione non c’è una autonomia decisionale perfetta (delle controllate), la responsabilità per mancata adozione di modelli organizzativi adeguati si comunica alla capogruppo a cui compete un dovere di prevenzione. 
L’obbligo di predisporre un modello informativo di gruppo[50] si ricava, altresì, dall’attribuzione all’organo di controllo della holding di un potere di vigilanza sulla gestione dell’intero gruppo(art. 2403 bis c.c.)[51], che si esplica attraverso la denuncia al tribunale ai sensi dell’art. 2409 c.c.[52] e dell’art. 152 TUF, delle gravi irregolarità di gestione anche relative ad una o più società controllate. L’art. 2086 c.c. consente, quindi, di ricondurre l’obbligazione di dotare l’impresa di un apparato informativo adeguato per il gruppo in funzione della rilevazione tem­pestiva della crisi, rendendo gli obblighi informativi funzionali alla preservazione della continuità aziendale sia delle singole società che del gruppo medesimo [53].
Resta evidente tuttavia che essendo a norma dell’art. 120 bis, CCII, l’accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza deciso, in via esclusiva, dagli amministratori unitamente al contenuto della proposta e alle condizioni del piano (i quali sono tenuti solo a informare i soci dell’avvenuta decisione di accedere a uno strumento di regolazione e a riferire periodicamente del suo andamento)[54], non sussiste un vero e proprio obbligo incondizionato di salvataggio della capogruppo di fronte alla crisi di una controllata, pena la violazione dell’interesse dei creditori. Gli amministratori della holding sono chiamati a verificare la fattibilità delle strategie disponibili, se ed in che termini sia possibile un salvataggio e fino a che punto, nell’ottica di un’efficiente politica di gruppo, sia possibile attutire le conseguenze pregiudizievoli della crisi della controllata. Tutto ciò con tutte le conseguenze del caso anche rispetto ai doveri-poteri dell’organo di controllo della holding e delle controllate.
4 . La regolamentazione speciale di settore
Il principio di adeguatezza è invece, come anticipato, regolato analiticamente nell’ambito dei soggetti vigilati, in virtù della delicatezza del settore e dei rischi sistemici connessi. Di conseguenza  perde almeno in parte la sua astrattezza e acquisisce maggiore definizione in forza di una legislazione che interviene tramite una disciplina di dettaglio che non solo obbliga a fare qualcosa, ma prescrive come farlo, secondo i canoni della sana e prudente gestione[55] e questo anche nei gruppi dove talora esiste l’obbligo di eterodirigere anche rispetto agli assetti [56]. 
Si tratta delle  regole che impongono, ad esempio, la predisposizione di un sistema di controlli interni per funzioni aziendali di controllo (risk, compliance, aml, internal audit)[57], cui viene attribuita una valenza gestionale (e che deve essere, in conformità alle disposizioni di vigilanza, approvato dagli amministratori e non solo  valutato ex art. 2381, comma 3, c.c.)[58], o l’introduzione di comitati interni nelle banche medio-grandi. [59] Di conseguenza, in questo caso, l’individuazione di doveri a contenuto specifico riduce l’ambito di operatività per la business judgment rule [60]. Tutte tematiche peraltro già note agli aziendalisti specie con riferimento alla gestione della tesoreria e quindi, legata ad un problema di cash flow, anche in questo caso con le dovute distinzioni in funzione delle dimensioni dell’impresa. [61]. A ciò va aggiunto che sia l’art. 150 del TUF sia l’art. 2409 septies c.c. prevedono in deroga all’obbligo di riservatezza che grava sull’organo di controllo interno ex art. 2407, comma 1, c.c., la condivisione con la società di revisione, soggetto istituzionalmente esterno, i risultati dei propri riscontri.
Nelle società quotate, la disciplina di settore attribuisce all’organo di controllo specifici doveri e, segnatamente, ai sensi dell’art. 149 del TUF, è tenuto a vigilare:  sull’osservanza della legge e dell'atto costitutivo; sul rispetto dei principi di corretta amministrazione; sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società per gli aspetti di competenza, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo contabile nonché sull’affidabilità di quest’ultimo nel rappresentare correttamente i fatti di gestione; sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria, cui la società, mediante informativa al pubblico, dichiara di attenersi; sull’adeguatezza delle disposizioni impartite alle controllate ai sensi dell’articolo 114, comma 2 del TUF [62]. Anche qui la vigilanza che l’organo è tenuto ad effettuare non riguarda certamente il merito delle scelte gestionali, ma si concretizza nell'esercizio tempestivo di poteri ispettivi allo stesso attribuiti dalla legge (artt. 150 e 151 del TUF, 2403 bis c.c.), anche mediante tempestive comunicazioni alla Consob (art 149, comma 3, del TUF) [63].
Un’altra specificazione settoriale è contenuta  nell’articolo 6 del Tusp che impone agli amministratori di società a controllo pubblico, non quotate, la predisposizione di “specifici programmi di valutazione del rischio aziendale” e di informarne l’assemblea nell’ambito della relazione sul governo societario che deve essere annualmente predisposta a chiusura dell’esercizio sociale e pubblicata contestualmente al bilancio di esercizio (commi 2 e 4)[64].  Il Tusp peraltro stabilisce che l’ufficio di controllo interno supporta il collegio sindacale e funge, in buona sostanza, da ponte tra il collegio e l’organo di gestione per mezzo di un sistema di interscambio informativo tra loro[65].
Ancora, all’art. 14 t.u.s.p.p., rubricato «Crisi d’impresa a partecipazione pubblica», è previsto che qualora emergano nell’ambito dei suddetti programmi uno o più indicatori di crisi aziendale, l’organo amministrativo deve adottare senza indugio i provvedimenti necessari al fine di prevenire l’aggravamento della crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento (secondo comma); che la mancata adozione di provvedimenti adeguati costituisce grave irregolarità ai sensi dell’art. 2409 c.c. (terzo comma) che sono denunciabili dai legittimati, ivi compreso l’organo di controllo [66]; che non costituisce provvedimento adeguato la previsione di un ripianamento delle perdite da parte dell’amministrazione pubblica, anche se attuato in concomitanza a un aumento di capitale o ad un trasferimento straordinario di partecipazioni o al rilascio di garanzie o in qualsiasi altra forma giuridica, a meno che tale intervento sia accompagnato da un piano di ristrutturazione aziendale, dal quale risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività, anche in deroga al quinto comma (quarto comma). 
La previsione secondo cui i provvedimenti necessari a fronteggiare la crisi devono essere suffragati da un piano di risanamento, unitamente alla specificazione per la quale la mancata adozione di provvedimenti adeguati costituisce grave irregolarità denunciabile al Tribunale ex art. 2409 c.c.,  contribuisce a legittimare l’organo di controllo nell’esercizio dei poteri-doveri di segnalazione presenti già nella disciplina generale, oltre che in quella del codice della crisi se ritenuta applicabile, sia all’interno della società sia, qualora l’organo amministrativo non si attivi nel senso indicato, all’esterno della stessa[67].
Altro settore in cui da tempo esiste una regolamentazione speciale è quello delle società di calcio professionistico, sempre con una valenza settoriale, regolamentato dai titoli VI e VII delle Noif (Norme organizzative interne della Figc), denominati «Controlli sulla gestione economico-finanziaria delle Leghe e delle società professionistiche». L’articolo 78, riprendendo la previsione dell’articolo 36 dello Statuto della Federcalcio, prevede l’istituzione della «Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio» (Co.Vi.Soc.) cui è demandato «l’esercizio delle funzioni di controllo sull’equilibrio economico-finanziario e sul rispetto dei principi di corretta gestione delle società di calcio». Nell’ambito della sua attività la Covisoc può proporre l’attivazione di indagini e procedimenti disciplinari. In particolare qualora vengano violate le norme federali in materia economico-finanziaria la Commissione può procedere a verifiche ispettive nelle sedi in cui si svolgono le attività e dare impulso al ricorso ex art. 2409 c.c. al Tribunale per sospetto di gravi irregolarità [68]. Al Consiglio federale è attribuita anche la funzione di vigilare sull’adozione da parte della società di modelli di organizzazione, gestione e controllo, secondo il paradigma previsto dal D.Lgs. n. 231/2001. [69]
Il D.Lgs. n. 36/2021 di riordino della disciplina degli enti sportivi, professionistici e dilettantistici[70] ha sancito la «nomina obbligatoria del collegio sindacale»[71], che pur essendo un organo di controllo interno ha poteri\doveri che indirettamente impattano sul sistema di salvaguardia esterno. Il comma 7 dell’art. 13 prevede, altresí, l’obbligo per le società sportive professionistiche di adeguare il proprio assetto societario alle disposizioni di legge. [72]
I clubs sono inoltre obbligati a redigere una serie di prospetti da cui risultino alcuni  «indicatori di controllo» che funzionano come un vero e proprio sistema di allerta e di prevenzione, finalizzati alla verifica, alla valutazione ed al giudizio coerente sulla loro situazione economico-finanziaria ed illuminanti per l’organo di controllo. In particolare l’articolo 85 delle Noif, prevede la redazione dei prospetti contenenti: «l’indicatore di liquidità (AC/PC)», utilizzato per determinare l’eventuale carenza finanziaria, dato dal rapporto tra attività correnti (AC) e passività correnti (PC); «l’indicatore di indebitamento (D/R)» calcolato attraverso il rapporto tra debiti (D) e ricavi (R);  «l’indicatore del costo del lavoro allargato (CLA/R)», dato dal rapporto tra il costo del lavoro allargato (CLA) ed i ricavi (R)[73].
Per finire all’art. 85 Noif, che impone il rispetto da parte delle società professionistiche di una serie di adempimenti volti a monitorare lo stato economico-finanziario delle stesse e l’eventuale sussistenza di situazioni di crisi, è stato aggiunto un ultimo paragrafo che prevede che in caso di ricorso agli istituti di regolazione della crisi o dell’insolvenza previsti dal codice che presuppongano procedure in continuità aziendale diretta (le uniche ora consentite per proseguire l’attività e mantenere l’affiliazione), le società devono depositare presso la Covisoc la domanda di accesso alla procedura unitamente ad un piano economico-finanziario, asseverato da un soggetto abilitato, da cui risulti la capacità delle società di operare quali entità in funzionamento almeno sino al termine della stagione sportiva in corso.
5 . Emersione tempestiva della crisi e composizione negoziata
Le condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rendono probabile la crisi o l’insolvenza dell’impresa costituiscono i presupposti per l’accesso alla composizione negoziata nella c.d. fase pre-crisi, temporalmente antecedente alla crisi dell’impresa in cui risultino ancora praticabili prospettive di recupero dell’equilibrio. 
In quest’ottica, l’istituzione di procedure, organigrammi e assetti, secondo una pianificazione adeguata alla natura e alla dimensione dell’impresa, assurge a valore rilevante per diagnosticare e poi risolvere, per tempo, lo squilibrio patrimoniale o economico finanziario. Nell’art. 2403 c.c., infatti, la vigilanza sull’assetto è attribuita all’organo di controllo che è tenuto ad effettuare valutazioni costanti sulla istituzione e sul funzionamento ai sensi dell’art. 2086 c.c., e ad assumere idonee iniziative per garantirne l’adeguatezza. Ques’ultima, come noto, va valutata rispetto alle dimensioni, alla complessità e alle caratteristiche specifiche dell’impresa societaria, con particolare attenzione alla completezza delle funzioni aziendali esistenti, alla separazione e alla contrapposizione di responsabilità nei compiti e nelle funzioni e alla definizione delle deleghe e dei poteri di ciascuna funzione.
Al riguardo, è opportuno evidenziare come, una volta che i sindaci abbiano valutato l’idoneità degli assetti interni ai fini preventivi di cui all’art. 2086, secondo comma, c.c., debbano poi vigilare con assiduità sulla loro realizzazione e sull’idoneità del sistema adottato a conseguire in concreto i risultati richiesti, segnalando – ed esigendo – che in corso d’opera gli amministratori effettuino opportuni correttivi e adattamenti. Si tratta di attività non occasionale né periodica, bensì permanente e svolta continuativamente durante l’incarico, anche attraverso l’interlocuzione con l’organo di amministrazione e il monitoraggio sulla gestione[74].
L’adozione di assetti adeguati, svolgendo una funzione preventiva, insita in situazioni di fisiologica stabilità economica dovrebbe in linea di principio scongiurare l’emersione di situazioni tanto pericolose da richiedere, ai sensi dell’art. 25-octies, CCII, l’ulteriore attivazione dell’organo di controllo che, come anticipato, ha il dovere della tempestiva segnalazione della sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza per la “composizione negoziata per la soluzione della crisi” ex art. 12, CCII.
Ciò spiega, di fatto,  la stretta correlazione tra la disciplina della  composizione con il costante richiamo agli artt. 2086 e 2403 c.c. che palesa il ruolo centrale svolto dall’organo di controllo, sia nella prospettiva della prevenzione (prima della segnalazione ex art. 25- octies) che in quella di vigilanza sull’adeguatezza degli assetti e sul loro concreto funzionamento per la rilevazione tempestiva della perdita della continuità, che nella prospettiva dell’emersione, quando nell’esercizio dell’ attività di vigilanza l’organo di controllo dovesse cogliere i sintomi di squilibrio patrimoniale, o economico-finanziario provocati da assetti inadeguati o non implementati dall’organo di amministrazione anche sulla base di quanto previsto dall’art. 3, comma 3, del codice. [75] 
La disciplina è, appunto, espressione del generale obbligo di costante vigilanza ex artt. 2403 e 2086, comma 2, c.c. sull’osservanza della legge e dello statuto, del rispetto dei principi di corretta amministrazione e dell’adegua­tezza degli assetti. Assume rilievo in questo caso l’articolo 14, comma 1, CCII, secondo cui «gli organi di controllo societari, il revisore e la società di revisione, nell’ambito delle proprie funzioni, hanno l’obbligo di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente, assumendo le conseguenti idonee inizia­tive, se l’assetto organizzativo dell’impresa è adeguato, se sussiste l’equilibrio economico finanziario e quale è il prevedibile andamento della gestione» [76]. Ciò anche con riferimento alle controllate considerato che l’art. 2403 bis, c.c. dopo aver sancito che i sindaci possono in qualsiasi momento procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e di controllo prevede che “il collegio sindacale può chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società controllate, sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari. Può altresì scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi di amministrazione e controllo ed all'andamento generale dell'attività sociale”.
Queste valutazioni possono quindi comportare la tempestiva segnalazione dell’even­tuale squilibrio economico/patrimoniale o finanziario, pena la responsabilità ex articolo 2407 c.c. La legge non offre alcuna indicazione precisa sul concetto di tempestività e sul piano civilistico evoca il “senza indugio” delle norme sulla riduzione del capitale per perdite. Considerata la ratio della segnalazione, volta a solleci­tare l’intervento dell’organo amministrativo ad attivare la procedura di nomina dell’esperto, questa sarà tempestiva se avverrà senza alcun ritardo rispetto al momento in cui l’organo di controllo viene a conoscenza della situazione di squilibrio patrimoniale o economico e finanziario che rende probabile la crisi o l’insolvenza in prospettiva (ovvero la sussistenza già in atto dell’insolvenza), tenendo conto dei segnali di cui al comma 4 dell’art. 3 del codice [77] e delle even­tuali segnalazioni pervenute dai creditori pubblici qualificati.
Alle  informazioni “interne” si aggiungono quelle “esterne” dei creditori pubblici qualificati e delle banche e degli intermediari finanziari[78], e quelle legate agli indicatori patrimoniali, finanziari ed economici tradizionalmente monitorati nelle attività di verifica. A titolo d’esempio possono essere indicate: la sostenibilità degli oneri finanziari e dell’indebitamento; il grado di adeguatezza patrimoniale e la composizione del passivo per natura delle fonti; l’equilibrio finanziario; la redditività; i ritardi nei pagamenti, ovvero le indicazioni ricavabili dalla lista di controllo e dai dati che andranno a connotare il test pratico, inserito sulla piattaforma telematica nazionale, volto a verificare la ragionevole perseguibilità del risanamento.
La segnalazione ed i successivi controlli sulla corretta gestione della procedura risultano atti dovuti, costituendo uno specifico dovere ex art. 2403 c.c.,  ma assumono un carattere meramente interno, in quanto esauriscono i propri effetti in termini endocorporativi, svolgendo la funzione di flusso infor­mativo tra organo di controllo e organo amministrativo in virtù della reciproca collaborazione per la ricerca di soluzioni idonee: non compete all’organo la segnalazione all’esterno né l’attivazione della procedura di composizione, la cui tito­larità spetta esclusivamente agli amministratori.
La segnalazione dell’organo di controllo deve essere caratterizzata dalla tempestività che è verificabile (ex post) nel costante monitoraggio della  gestione e nell’uso appropriato dei poteri strumentali all’esercizio della vigilanza da parte dell’organo di controllo, anche tramite l’effettuazione di verifiche ad hoc svolte per mezzo di richieste di situazioni patrimoniali infrannuali, redatte dagli amministratori con le modalità più appropriate, a seconda dell’organizzazione societaria, e a scadenza ravvicinata rispetto al semestre considerato nell’art. 2381 c.c., per la valutazione e la relativa vigilanza dell’andamento economico e finanziario. Quanto alle modalità, la segnalazione, deve essere formulata per iscritto ed indirizzata al consiglio di amministrazione o all’ammi­nistratore unico con modalità che ne assicurino la prova di avvenuta ricezione. Dovrà essere inoltre moti­vata con la indicazione analitica delle ragioni e la descrizione del percorso logico compiuto dall’organo di controllo a seguito delle verifiche effettuate ed eventualmente delle segnalazioni ricevute dai creditori qualificati, rispetto all’esposizione debitoria rilevante della società. Deve infine contenere l’indicazione di un congruo termine, in ogni caso non superiore a trenta giorni, entro cui l’organo di amministrazione deve riferire in ordine alle iniziative intraprese per porre rimedio allo squilibrio, integrando in tal modo la richiesta di informazioni che l’organo di controllo avrà modo di formulare contestualmente, ai sensi dell’art. 2403 bis c.c. Andrà, infine, anche formalizzata la necessità di intervenire tempestivamente, attuando provvedimenti idonei.
6 . La funzione consultiva e di controllo
Dopo la presentazione dell’istanza di accesso, l’attività di vi­gilanza dell’organo di controllo si svolge secondo i tradizionali canoni di cui all’articolo 2403 c.c. a cominciare dalla fase di nomina dell’esperto. Il codice prescrive l’inserimento dell’accettazione nella piattaforma telematica e la trasmissione via Pec all’im­prenditore. Sebbene non venga stabilito espressamente, la lettura in combinato disposto con l’articolo 2403 c.c. lascia desumere che l’accettazione deve essere portata a conoscenza anche dell’organo di controllo. 
Dopo l’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto, l’organo di controllo deve reputarsi investito dell’obbligo di vigilanza sull’esistenza in capo all’esperto dei requisiti di indipendenza e profes­sionalità previsti dall’articolo 16 CCII Quindi, in base alle informazioni offerte dall’interessato o comunque disponibili, andrà verificato: che sia in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2399 c.c. (per l’ineleggibilità e la decadenza dei componenti del collegio sindacale); che non risulti legato alla società o ad altre parti interessate all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale; che non abbia prestato, neanche per tramite di soggetti cui è legato in asso­ciazione professionale, negli ultimi cinque anni, attività di lavoro subordina­to o autonomo in favore della società, né partecipato agli organi di ammini­strazione o di controllo, né aver posseduto partecipazioni in essa; che laddove sia stato già nominato esperto in una composizione negoziata di cui ha richiesto l’archiviazione, non abbia intrattenuto rapporti professionali con la società prima che siano decorsi almeno due anni dall’archiviazione. 
Una volta accettato l’incarico, l’articolo 17, CCII, prescrive che l’esperto convochi senza indugio l’imprenditore per valu­tare l’esistenza di una concreta prospettiva di risanamento, anche alla luce delle informazioni assunte dall’organo di controllo e dal revisore legale (ove sia in cari­ca). L’organo  assume così una funzione consultiva, coadiuvando l’esperto nella valutazione sulle concrete prospettive di risanamento e sulla migliore strategia attuativa [79]. Deve, inoltre, essere disponibile a fornire qualsiasi al­tro tipo di informazione che possa essere di ausilio all’esperto nel comprendere le cause della crisi o dello squilibrio patrimoniale in quanto per procedere con l’analisi della coerenza del piano di risanamento[80], oltre alle informazioni previste nella lista di controllo, l’esperto può richiedere all’organo di controllo e al revisore legale, quando in carica, ogni ulteriore informazione che ritenga utile o necessaria, sin dalla fase preliminare.
In pendenza delle trattative, l’ultimo periodo dell’articolo 25 octies, CCII, stabilisce espressamente la permanenza dell’obbligo di vigilanza ex articolo 2403 c.c. Tuttavia, la disciplina prevede unicamente che l’esperto debba assume­re informazioni dall’organo di controllo (articolo 17, comma 5) e comunicare anche a quest’ultimo il proprio dissenso sugli atti di straordinaria amministrazione compiuti dall’imprenditore (articolo 21, comma 3) o sui pagamenti (paragrafo 7.2, Sezione III del decreto dirigenziale) nelle ipotesi di pregiudizio ai creditori o incoerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento.
In questa fase si tratta di valutare ex ante e prudentemente la natura di ciascun singolo atto, al fine di richiedere o meno l’intervento dell’esperto. Poi di segnalare, ove siano stati compiuti, atti in violazione del dovere di informativa preventiva ed infine di predisporre un’adeguata informativa rispetto alla singola operazione, da cui desumere non solo la sua natura ordinaria o meno, ma gli effetti che essa avrebbe sul percorso di risanamento, sia in caso di adozione che di mancata adozione. Solo in caso di una tempestiva e compiuta informativa, infatti, sarebbe possibile attribuire al parere dell’esperto una rilevanza qualificata, considerando comunque come esso non abbia in ogni caso valenza autorizzatoria né tanto meno esimente. In tal senso appare necessario, specie in società di medio-grandi dimensioni, stabilire un sistema procedurale di accesso alle informazioni, prendendo quale riferimento l’elenco contenuto nel decreto dirigenziale ma anche valutando le specificità del caso concreto.
Il compimento di atti di straordinaria amministrazione nonché l’esecuzione dei pagamenti non coerenti, sono portati a conoscenza preventivamente dell’esperto, il quale, quando ritiene che l’atto possa pregiudicare i creditori, le trattative o le prospettive di risanamento, lo segnala per iscritto al CdA e all’organo di controllo (art. 9 comma 2 e 3 del Decreto)[81]. Appare fondamentale in tale contesto, la richiesta che gli adeguati assetti si­ano tali da consentire l’ottenimento di quei dati quali-quantitativi necessari per poter effettuare il test pratico previsto dal nuovo art. 13 comma 2, CCII, oltre che richiesti dalla lista di controllo particolareggiata introdotta con il De­creto Dirigenziale del 28 settembre 2021. Il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento è volto a consentire una valutazione preliminare della complessità del risana­mento attraverso il rapporto tra l’entità del debito che deve essere ristrutturato e quella dei flussi finanziari liberi che possono essere posti annualmente al suo servizio. 
Il decreto del Ministero della giustizia precisa che il test non deve essere considerato alla stregua degli indici della crisi, ma è utile a rendere evidente il grado di difficoltà che l’imprenditore dovrà affrontare e quanto il risanamento dipenderà dalla capacità di adottare iniziative in discontinuità e dalla intensità delle stesse. Il test si fonda principalmente sui dati di flusso a regime che, secon­do la migliore valutazione dell’imprenditore, possono corrispondere a quelli correnti o derivare dall’esito delle iniziative industriali in corso di attuazione o che l’imprenditore intende adottare.
Con riferimento a eventuali richieste di misure di protezione e cautelari, il Decreto Dirigenziale, nella sezione III «Protocollo di condu­zione della composizione negoziata», raccomanda all’esperto di rendere una completa informativa che potrà essere resa nella misura in cui si instauri un flusso informativo opportunamente strutturato, che non può prescindere dal coinvolgimento di tutti gli organi sociali, ivi compreso l’organo di controllo. Sebbene dunque non si faccia espresso riferimento al ruolo di tale organo nell’ambito del procedimento, occorre quantomeno la trasmissione all’esperto di tutte quelle informazioni necessarie a rendere esaustiva la relazione circa le prospettive di risanamento, perseguite mediante le trattative che l’organo di controllo, peraltro, è chiama­to costantemente a vigilare. [82]
7 . Il ruolo dell’organo di controllo negli altri strumenti di regolazione della crisi
Vediamo ora in rapida sequenza in quali attività si concretizzano le funzioni di controllo nei diversi strumenti di regolazione della crisi, considerato che con riferimento alla liquidazione giudiziale l’organo ha solo la legittimazione all’eventuale istanza, di cui parleremo diffusamente più innanzi, in quanto l’unica ulteriore attività residuale, visto lo spossessamento conseguente alla dichiarazione di insolvenza, può essere quella meramente procedimentale in caso di proposta di un auto-concordato di chiusura della liquidazione in assenza del patrimonio sociale. Per il resto le funzioni del collegio sindacale sono sospese e la funzione di vigilanza avocata agli organi della procedura, salvo quelle che riguardano le modificazioni della persona giuridica priva di patrimonio.[83]
Partiamo dal piano attestato di risanamento che è, come noto, un piano strategico, industriale, economico e finanziario, il quale non introduce alcuna procedura concorsuale[84] e la cui pubblicazione nel registro delle imprese è solo una facoltà del debitore. La predisposizione è dunque rimessa completamente agli amministratori anche se l’organo di controllo deve averne preventiva contezza e conoscenza, senza tuttavia poterlo sindacare nel merito, nella fisiologica dialettica tra gli organi. L’organo di controllo vigila sulla indipendenza dell’attestatore, sulla rispondenza formale della relazione di attestazione alla legge, sulla esaustività, veridicità e completezza dei dati e documenti che vengono forniti dagli amministratori  all’attestatore, ed infine sulla corretta esecuzione del piano nelle sue varie fasi.
Nella convenzione di moratoria l’organo di controllo è in primo luogo tenuto alle dette attività riguardanti l’attestatore e l’attestazione, deve poi verificare l’effettiva coerenza logico-formale degli impegni assunti con l’obiettivo del risanamento, chiedere informazioni agli amministratori sugli obblighi di disclosure verso i creditori e infine accertare, con verifiche a campione se gli stessi siano stati tutti informati dell’apertura delle trattative e della stipulazione della convenzione anche avvalendosi delle prerogative ispettive (2403 bis comma 1, c.c.).
Passando all’accordo di ristrutturazione non è questa la sede per analizzarne la natura e le caratteristiche delle varianti dell’istituto introdotte dal codice, va tuttavia evidenziato che le Norme di comportamento approvate dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti[85] prescrivono all’organo di controllo di “acquisire adeguata conoscenza delle caratteristiche dell’accordo, al fine di svolgere la propria vigilanza sull’adeguatezza degli assetti in relazione alla possibile conclusione dello stesso”. Vale per il resto quanto detto per i piani di risanamento con riferimento all’ambito del controllo con la precisazione che va verificato che la relazione di attestazione sia precisa, puntuale, esaustiva, approfondita, motivata adeguatamente, coerente sul piano logico e argomentativo [86]. L’attività di controllo preventivo d’altra parte deve anticipare quella del Tribunale sugli stessi temi, ossia verificare attraverso un giudizio di ragionevolezza e plausibilità non soltanto che la società debitrice sia in grado di soddisfare i creditori aderenti nei termini pattuiti ma anche che quelli non aderenti possano essere pagati per intero. 
Nel concordato preventivo innanzitutto all’organo di controllo è rimesso lo scrutinio sulla tendenziale sostenibilità degli impegni che la società intende assumere a seconda delle varianti[87]. Le norme di comportamento elaborate dal Consiglio nazionale (11.7) invitano, infatti, l’organo di controllo “a prendere conoscenza” della proposta di concordato, salvo precisare che vigila sulla esecuzione del piano senza esprimere alcuna valutazione di merito sul suo contenuto. E’ chiaro che la partecipazione alle adunanze consiliari ed assembleari della società fanno intendere che prendere conoscenza vuol dire approfondirne il contenuto al fine del controllo di legittimità sostanziale dello stesso, ivi compreso quello procedimentale, fermo restando il limite del sindacato di merito. La legalità sostanziale riguarda anche l’esame dell’iter logico giuridico seguito nel piano, come era nella vecchia riduzione del capitale per esuberanza che non consentiva al giudice dell’omologa di entrare nel merito ma gli imponeva appunto la medesima valutazione.
La previsione del codice della crisi della nomina di un commissario anche nella fase prenotativa (che in realtà era già prassi diffusa nel regime della legge fallimentare) impone all’organo di controllo di monitorare che la società adempia alle prescrizioni di natura informativa in fase di disclousure, il che riguarda non solo la tempestività delle produzioni e poi della proposta in tempo utile, ma anche la veridicità e completezza dei dati che gli dovranno essere preventivamente sottoposte dagli amministratori. Altro tema che si pone è quello della verifica ad opera dell’organo della indipendenza del professionista attestatore, in modo che laddove sussista un qualche dubbio lo renda noto agli amministratori [88] che potranno provvedere a sostituirlo ed in mancanza diventa necessaria la segnalazione al commissario, potendo la notizia rilevare ai sensi dell’art. 106 CCII ai fini della permanenza delle condizioni di ammissione alla procedura[89].
Durante il concordato l’organo di controllo continua a svolgere le funzioni attribuite dalla legge anche in ordine all’adeguatezza degli assetti organizzativi, considerato che peraltro che non c’è lo spossessamento tipico della liquidazione giudiziale, chiaramente con le specificazioni del caso a cominciare dall’obbligo di riservatezza che cade nei confronti del commissario giudiziale, specie in considerazione della sua natura di pubblico ufficiale. Tutto ciò a cominciare dalla vigilanza e dal controllo di legalità sostanziale sugli atti posti in essere dagli amministratori, che quando eccedono l’ordinaria amministrazione devono essere autorizzati dal giudice (art. 94 comma 2, CCII), spesso previo parere del commissario, comportando altrimenti la revoca dell’ammissione alla procedura (art. 106 comma 2 CCII). Quanto all’elenco dei creditori, la vigilanza dell’organo è strettamente connessa a quella della veridicità dei dati contabili e va posta in essere nella fase di predisposizione ed eventualmente, in caso di modifica, per la relativa  evoluzione  oppure per  errori, omissioni o duplicazioni. Si tratta di  attività preventiva[90] rispetto a quella analoga del commissario, il quale ha tuttavia il potere di rettifica diretta degli errori materiali e colposi (art. 104, comma 1, CCII) rientrando quelli dolosi in altra prospettiva.
In ordine alla “relazione particolareggiata” redatta dal commissario giudiziale (art. 105 CCII) da depositare 45 giorni prima del voto, l’organo di controllo può essere interpellato per offrire elementi conoscitivi utili in particolare sulle cause del dissesto e sulla condotta del debitore. Particolarmente delicato è invece il ruolo nella rilevazione della cause che ostano alla prosecuzione della procedura e che sfociano nella c.d. relazione ex art. 106 comma 2, CCII, laddove l’organo di controllo, vigilando sulla legalità di gestione, ha l’obbligo di accertare con tempestività e informare il commissario degli atti tipizzati nella norma laddove il debitore abbia occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode.
Una volta intervenuta l’omologazione della proposta, la vigilanza dell’organo e la sorveglianza del commissario giudiziale sono dirette all’accertamento di eventuali profili di adempimento, nei tempi e nei modi circoscritti dalle norme anche in relazione ai profili di tempestività. Quanto alla risoluzione del concordato l’art. 119, CCII estende al commissario giudiziale la legittimazione ad agire purchè gli sia stato richiesto da uno o più creditori (nel vecchio regime accadeva spesso il contrario in assenza di legittimazione). L’azione, come noto, deve essere proposta entro un anno dall’ultimo adempimento concordatario ed è elemento ostativo alla pronuncia giudiziale il fatto che  gli obblighi siano stati assunti da un terzo con liberazione immediata del debitore. In questa prospettiva si delinea un obbligo di vigilanza dell’organo sul tempestivo adempimento ed un onere di segnalazione a tutela del ceto creditorio. Passando all’annullamento dopo la fase omologatoria, l’art. 120 CCII ora dispone che “il concordato può essere annullato su istanza del commissario o di qualunque creditore, in contraddittorio con il debitore, quando si scopre che è stato dolosamente esagerato il passivo ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo. Non è ammessa altra azione di nullità. Il ricorso per annullamento deve proporsi nel termine di sei mesi dalla scoperta del dolo e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto nel concordato”. Pertanto non v’è alcuna legittimazione dell’organo di controllo, salvo che nella qualità di creditore, tuttavia nei poteri-doveri di vigilanza può farsi rientrare la segnalazione al commissario di profili e accadimenti che rientrino nella previsione normativa, anche in via estensiva, come accade notoriamente per “la sussistenza di un attivo diverso e significativamente superiore rispetto a quello effettivamente a disposizione della procedura” [91].
Nel concordato in continuità indiretta invece l’attività di vigilanza dell’organo si concentra sul contratto di affitto, sia nella fase genetica, rispetto alla scelta ed all’affidabilità dell’affittuario, sia nella fase di predisposizione del piano e di asseverazione, specie con riferimento all’incidenza del canone sul livello di soddisfazione dei creditori (e non solo in termini quindi di congruità), sia nella fase esecutiva del contratto specie in ordine al mancato o ritardato pagamento del canone che deve essere oggetto di specifica segnalazione al Commissario affinchè ne riferisca al Tribunale ed al giudice delegato.
Nel concordato liquidatorio, infine, a norma dell’art. 114 comma 1, CCII, il tribunale nomina nella sentenza di omologazione uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione e determina le altre modalità di svolgimento. La vigilanza sull’attività del liquidatore giudiziale, che è stata marcatamente procedimentalizzata dal codice della crisi, compete al commissario giudiziale ed al Tribunale, per cui l’organo di controllo interno ha tutt’al più una mera facoltà di occuparsene e non un onere facoltizzato [92].
8 . Il potere-dovere di iniziativa e la responsabilità omissiva
Dall’esame complessivo emerge dunque che il codice della crisi rafforza il rapporto tra poteri e responsabilità[93] dell’organo di controllo: dalla tempestiva segnalazione agli amministratori della sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di accesso alla composizione negoziata, alla vigilanza sull’andamento delle trattative, dall’adeguato perseguimento degli obiettivi del piano di risanamento alle iniziative da assumere, sempre tempestivamente, quando l’insolvenza sia vicina o conclamata. Da questo rafforzamento derivano una serie di conseguenze a cominciare dalla divaricazione delle competenze rispetto a quelle degli amministratori nella prevenzione che diviene più marcata, alla responsabilità che pur rimanendo indiretta, assume profili più autonomi, sempre connessi ai nuovi poteri di iniziativa.
L’inerzia dell’organo di amministrazione, nelle varie fasi, non esonera dalla responsabilità quello di controllo per le relative omissioni per cui è possibile immaginare un  concorso nel fatto o nell’omissione ai sensi dell’articolo 2407 c.c.[94]. In tal senso si è espressa anche Assonime con la circolare n. 34 del 7 dicembre 2021, secondo cui qualora l’organo amministrativo non fornisca risposta alla segnalazione, o la fornisca in modo inadeguato, l’organo di con­trollo può: verbalizzare le proprie ragioni in sede di riunione dell’organo amministra­tivo (norma di comportamento 3.3.) ed esprimere dissenso sulle norme di corretta amministrazione, evidenziando la possibilità che i sindaci convochi­no l’assemblea nel caso di mancata attivazione da parte dell’organo ammini­strativo o per omissione o ingiustificato ritardo da parte dello stesso (ex art. 2406 c.c.), situazione che potrebbe configurare (comma secondo dello stes­so articolo) anche un fatto censurabile che legittima la convocazione (norma di comportamento 6.1).
Di conseguenza, al verificarsi di tale ipotesi è auspicabile l’attivazione della dialettica societaria che faccia uso degli “strumenti reattivi” disciplinati dall’ordinamento (convocazione dell’assemblea ex art. 2406, secondo comma, c.c.) previa comunicazione all’organo di amministrazione, per informare i soci sia dell’inerzia, sia delle verifiche e degli accertamenti svolti durante l’attività di vigilanza, sia dello stato di squilibrio della società, sia della concreta prospettiva di risanamento. 
Dinanzi ad un’eventuale ritrosia dei soci, il dissidio tra gli organi dovrebbe essere portato all’attenzione del Tribunale, terzo e indipendente, con un ricorso per controllo giudiziario ex art. 2409 c.c. [95], in sintonia con quanto tipizzato dal Tusp per le società pubbliche. Peraltro, sul piano civilistico un esposto-denuncia al pubblico ministero non è equipollente al rimedio tipico del ricorso per sospetto di gravi irregolarità gestionali, visto che nelle società chiuse non può neppure più provocarne la legittimazione, né può essere finalizzato ad una declaratoria di insolvenza considerato che come vedremo tra poco, l’organo di controllo può provvedervi direttamente. Va peraltro ricordato che il collegio sindacale, a norma dell’art. 2393 comma 3, c.c., può deliberare l’azione di responsabilità a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti nei confronti degli amministratori nelle S.p.a. e per effetto del rinvio dell’articolo 2477,  comma 5, c.c., nelle S.r.l. E ancora nel caso in cui la situazione di crisi abbia determinato la perdita del capitale minimo della società, i sindaci dovrebbero attivarsi per richiedere al tribunale di accertare la causa di scioglimento della società ex art. 2485 c.c. Senza dimenticare che ove l’organo di controllo risulti a sua volta inadempiente nei vari obblighi i soci potranno revocarlo per giusta causa sia pure con la garanzia dell’approvazione giudiziale prevista dall’art. 2400, secondo comma, c.c.[96]
Nelle società con azioni quotate – con esclusione delle società con azioni quotate solo in mercati regolamentati di altri paesi UE – il collegio sindacale co­munica alla Consob le irregolarità riscontrate nell’attività di vigilanza e trasmette i relativi verbali delle riunioni e degli accertamenti svolti e ogni altra utile documentazione (art. 149, terzo comma, TUF). La segnalazione alla Consob rientra nel legittimo esercizio dei poteri strumentali ispettivi che l’ordinamento attribuisce al collegio sindacale. [97]
A questo punto dobbiamo affrontare un tema a nostro avviso finora del tutto sottovalutato dalla dottrina e dirompente sul piano sistematico, ben più rilevante della superata segnalazione all’Ocri[98]. All’organo di controllo è infatti ora consentito di richiedere, direttamente, la liquidazione giudiziale della società a norma dell’art. 37, comma 2, c.c., in deroga alle regole generali di attribuzione della legittimazione alla presentazione di ogni altro strumento di regolazione della crisi[99]. La vecchia legge fallimentare all’art. 6, comma 1 della legge sanciva che “il fallimento è dichiarato su ricorso del debitore, di uno o più creditori o su richiesta del pubblico ministero”. Tali disposizioni avevano indotto la dottrina prevalente a ritenere inammissibile l’intervento dell’organo di controllo finalizzato a chiedere il fallimento della società poiché, in relazione al citato articolo 6 L. fall., tale iniziativa spettava esclusivamente ai soggetti a ciò delegati. Nella migliore delle ipotesi i componenti dell’organo di controllo avrebbero potuto indirettamente avere legittimazione solo nella qualità di titolari di pretese creditorie per compensi[100]. Peraltro anche una legittimazione indiretta, per il tramite del P.M., andava esclusa visto che l’art. 7 ne consentiva l’attivazione solo quando l’insolvenza risultasse nel corso di un procedimento penale o nel corso di un giudizio civile[101], ovvero in altre specifiche situazioni espressamente previste dalla norma (fuga, irreperibilità o latitanza degli amministratori, chiusura dei locali dell’impresa, trafugamento, sostituzione o diminuzione fraudolenta dell’attivo)[102].
Ora l’art. 37 CCII prevede che “la domanda di apertura della liquidazione giudiziale è proposta con ricorso del debitore, degli organi e delle autorità amministrative che hanno funzioni di controllo e di vigilanza sull’impresa, di uno o più creditori o del pubblico ministero”. Di conseguenza, come si legge nella relazione ministeriale, viene riconosciuta, in modo innovativo, la legittimazione ad agire anche dei soggetti con funzioni di controllo e vigilanza che devono intendersi “declinati come «organi» (dunque interni alla organizzazione del debitore)” a parte poi gli organi di controllo esterno [103]. 
Tale legittimazione spetta ora a tutti gli organi di controllo endosocietari, cioè al collegio sindacale e al sindaco unico, così come, nel modello dualistico e monistico, al consiglio di sorveglianza e al comitato di controllo, mentre la domanda di apertura della liquidazione giudiziale non dovrebbe rientrare nella legittimazione propria del revisore esterno, come per gli altri poteri di iniziativa, stante peraltro il più limitato flusso informativo del quale può disporre[104]. Parlando di organi la norma risolve anche la questione dell’esercizio concreto dei nuovi poteri di iniziativa, nel senso che sono collegiali e non individuali, come d’altra parte si ritiene che accada per la convocazione dell’assemblea ai sensi dell’art. 2406 c.c., la denunzia al Tribunale ex art. 2409 c.c., o l’esercizio dell’azione di responsabilità. E’ chiaro che nel caso di organo collegiale il singolo componente farà valere le sue determinazioni nei confronti degli altri e nel caso in cui resti in minoranza farà emergere in modo opportuno il relativo dissenso, visto che peraltro  può in qualsiasi momento procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e di controllo (2403 bis, comma 1, c.c.)[105].
Nei casi in cui ve ne siano le premesse (omissioni e ingiustificato ritardo o gravi irregolarità degli amministratori), ci si chiede se la richiesta di liquidazione giudiziale dovrà essere necessariamente preceduta dalla richiesta agli amministratori e\o dalla convocazione dell’assemblea (art. 2406 c.c.) e\o dalla richiesta di controllo giudiziario (art. 2409 c.c. ). Non ci sembra che occorra, alla luce della norma, seguire un iter procedimentale di tipo prudenziale diretto ad evitare iniziative dannose per eccesso di zelo dell’organo, anche se nella normale dialettica tra organi può essere opportuno. Anche perché sarà comunque il Tribunale a verificare l’esistenza dell’insolvenza e semmai a valutare ipotesi alternative che nel frattempo gli amministratori abbiano posto in essere anche per sospendere ogni effetto del ricorso per la liquidazione giudiziale. 
Tutto ciò a maggior ragione perché, considerata la natura omissiva della responsabilità[106] dell’organo di controllo, la regola di solidarietà esterna già costituisce un forte deterrente all’accettazione della carica delle migliori professionalità oltre che un incentivo verso la massificazione della delega esterna [108] con funzioni di limitazione della regola della solidarietà (in forza dell’ultimo inciso del primo comma dell’art. 2392 c.c.) [107] e quindi uno strumento così forte attribuisce all’organo una capacità di “moral suation” che probabilmente gli consentità di incidere meglio sulle dinamiche gestionali e sulla dialettica con l’organo amministrativo. 
Peraltro i nuovi doveri proattivi dei sindaci fanno rivedere la tradizionale base sistematica della loro perseguibilità anche quali autori eventuali delle fattispecie penali dell’insolvenza. E questo anche col venir meno della vecchia norma dell’art. 14, CCII, vista la permanenza della legittimazione all’istanza per la declaratoria di insolvenza. Con l’abbandono della disciplina della composizione assistita e dell’Ocri in favore della composizione negoziata, è stata eliminata la forte limitazione, per via normativa, della responsabilità solidale dei sindaci rispetto agli amministratori assicurata dall’originario comma 3 della disposizione [109]. Perciò non esistono più forme di dissociazione tipizzate tali da impedire, già a livello normativo, di configurare la responsabilità ex art. 2407 comma 2, c.c., .  Non va sottovalutato, quindi, il significato della previsione normativa di poteri proattivi che mirano a incentivare comportamenti la cui omissione ingiustificata si ritorce contro i membri dell’organo di controllo nella valutazione dei presupposti per la responsabilità solidale. Nella riflessione giurisprudenziale l’obbligo della vigilanza comporta dunque, in ragione di tale assetto, che i sindaci possano essere considerati titolari di una posizione di garanzia ex art. 40, comma 2, c.p., avente ad oggetto l’obbligo di impedire le azioni delittuose degli amministratori. [110]

Note:

[1] 
In tema cfr. P. Montalenti, Amministrazione e controllo nella società per azioni: riflessioni sistematiche e proposte di riforma, in Id., Impresa, società di capitali, mercati finanziari, Torino, 2017, 194 s., ID., Diritto dell’impresa in crisi, diritto societario concorsuale, diritto societario della crisi: appunti, in Giur. comm., 2018, I, 75; M. Cera, I controlli nelle società di capitali «chiuse» fra modelli legali ed evoluzione della realtà, in Giur. comm., 2006, I, 373.
[2] 
Novellato dall’art. 379, comma 1, D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, a decorrere dal 16 marzo 2019, ai sensi di quanto disposto dall’art. 389, e poi dall’art. 2 bis, comma 2, D.L. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 giugno 2019, n. 55, a decorrere dal 18 giugno 2019. Per l’effetto  la nomina dell'organo di controllo o del revisore è obbligatoria se la società: è tenuta alla redazione del bilancio consolidato; controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti: 1) totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 4 milioni di euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 4 milioni di euro; 3) dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 20 unità.
[3] 
Come noto, sono tenute alla nomina dell’organo di controllo tutte le S.p.a. e le S.a.p.a. (art. 2454 c.c.); le S.r.l., quando sussistono le condizioni previste dall’art. 2477, comma 2, c.c. e la società non ha optato per la nomina del solo revisore; le società coo­perative quando sussistono le condizioni di cui all’art. 2543 c.c.
[4] 
Al riguardo N. Abriani, I controlli, in Le società a responsabilità limitata, a cura di C. Ibba-G. Marasà, I, Milano, 2020, 2040 s.; G. Presti, Il diritto di controllo dei soci non amministratori, in S.r.l. Commentario dedicato a Giuseppe B. Portale, Milano, 2011, 650; G.M. Buta, I diritti di controllo del socio di s.r.l., in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa-G.B. Portale, vol. III, Torino, 2007, 585 s.
[5] 
In tal senso correttamente S. Addamo, Responsabilità del collegio sindacale nella crisi di impresa, in NLCC, 2019, 4, 915 (secondo cui solo allorquando gli organi della procedura concorsuale procedono alle richieste risarcitorie nei confronti degli amministratori e dei sindaci, si è posta l’attenzione sull’effettiva ampiezza dei poteri a disposizione di questi ultimi e, quindi, sulla loro capacità di scongiurare, o quanto meno ridurre, gli effetti della crisi).
[6] 
Sui «nuovi doveri» degli organi di controllo cfr. tra gli altri: R. Russo, Collegio sindacale e impresa in crisi, Milano, 2021; G. Guerrieri, I sindaci nel sistema concorsuale: gli artt. 2477 c.c. e 14 CCII, in Orizzonti dir. comm., 2020, 1, 219 ss.; L. Castelli, S. Monti, I sindaci e il Codice della crisi: nuovi doveri e responsabilità, in Società, 2020, 1015 ss.; M. Bini, Procedura di allerta: indicatori della crisi ed obbligo di segnalazione da parte degli organi di controllo, ivi, 2020, 430 s.; P. Valensise, Organo di controllo nelle procedure di allerta, in Giur. comm., 2019, I, 583 s.; P. Benazzo, Il Codice della crisi di impresa e l’organizza­zione dell’imprenditore ai fini dell’allerta: diritto societario della crisi o crisi del diritto societario?, in Riv. soc., 2019, 274 s.; M. Perrino, Crisi di impresa e allerta: indici, strumenti e procedure, in Corr. giur., 2019, 653 s.; R. Rordorf, Doveri e responsabilità degli organi di società alla luce del codice della crisi dell’insolvenza, in Riv. soc., 2019, 929 ss.; V. Calandra Buonaura, Ruolo e responsabilità degli organi di controllo societari nel Codice della crisi e dell’insolvenza, in Giur. comm., 2021, 791.
[7] 
L’art. 1, par. 1, lett. a), e art. 2, par. 2, lett. b), della Direttiva (UE) 1023/ parla di “probabilità di insolvenza”, che è la traduzione italiana di likelihood, lasciando gli Stati membri liberi di definire meglio tale concetto che va inteso come “probabilità consistente” (e non come mera possibilità).
[8] 
P. Piazza, Collegio sindacale di s.p.a. e recenti innovazioni del diritto della crisi: le potenziali ricadute di sistema sul rapporto tra soci e creditori, anche nella società in bonis, in Nuove leggi civ., 2022, 195 s.
[9] 
G. D’Attorre, I principi generali nel diritto della crisi d’impresa, in Nuova giur. civ., 2019, 1084; G.Tarantino, Responsabilità degli amministratori ed interessi dei creditori nella com­posizione negoziata e nella crisi di impresa, in AA.VV., Manuale teorico pratico della Composizione negoziata della crisi di impresa, Napoli. 2023; L. Benedetti, L’organo gestorio fra interesse dei soci e interessi “altri”: prime considerazioni sui principi della direttiva riguardante i preventive restructuring frameworks, in Studi in onore di P. Montalenti, 2023, 1878 s.
[10] 
Quando il debitore diviene insolvente «il gioco tra creditori diventa a somma zero, nel senso che quello che guadagna un creditore viene necessariamente perso da un altro» (T. Jackson, Bankruptcy, Non-Bankruptcy Entitlements, and the Creditors’ Bargain, in Yale Law Journal, 91, 1982, 857 s.).
[11] 
L’interesse precipuo dei creditori come gruppo è che la liquidazione dell’impresa avvenga in modo ordinato attraverso una procedura collettiva che coordini le singole rivendicazioni, imponendo un criterio di distribuzione proporzionale all’entità della pretesa e che consenta la salvaguardia dei valori aziendali, anche attraverso la prosecuzione dell’attività economica, impedendo ai singoli creditori di appropriarsi o disporre di singole componenti dell’impresa (M. Olson, The Logic of Collective Action: Public Goods and the Theory of Groups, Harvard University Press, Cambridge, Mass., 1971; e con riferimento alle procedure concorsuali P. Aghion, Bankruptcy and its reform, in The New Palgrave Dictionary of Economics and the Law, Newman ed., London, vol 1, 145 s.).
[12] 
Ci riferiamo al complesso meccanismo di allerta sostituito, nella versione finale, dalla procedura di composizione negoziata della crisi, salvo quanto ancora prevede l’art. 25 novies CCII.
[13] 
La verifica della sostenibilità del debito dovrà quindi essere condotta su un orizzonte tem­porale più ampio rispetto ai 6 mesi previsti nell’originaria formula­zione dell’art. 13 del D.Lgs. n. 14/2019. 
[14] 
Nello IAS 1 a proposito della “Continuità aziendale” si legge: “25. Nella fase di preparazione del bilancio, la direzione aziendale deve effettuare una valutazione della capacità dell’entità di continuare a operare come un’entità in funzionamento. Un’entità deve redigere il bilancio nella prospettiva della continuazione dell’attività a meno che la direzione aziendale non intenda liquidare l’entità o interromperne l’attività, o non abbia alternative realistiche a ciò. Qualora la direzione aziendale sia a conoscenza, nel fare le proprie valutazioni, di significative incertezze relative ad eventi o condizioni che possano comportare l’insorgere di seri dubbi sulla capacità dell’entità di continuare a operare come un’entità in funzionamento, l’entità deve evidenziare tali incertezze. Qualora un’entità non rediga il bilancio nella prospettiva della continuazione dell’attività, essa deve indicare tale fatto, unitamente ai criteri in base ai quali ha redatto il bilancio e alla ragione per cui l’entità non è considerata in funzionamento. 26. Nel determinare se il presupposto della prospettiva della continuazione dell’attività è applicabile, la direzione aziendale tiene conto di tutte le informazioni disponibili sul futuro, che è relativo ad almeno, ma non limitato a, dodici mesi dopo la data di chiusura dell’esercizio. Il grado dell’analisi dipende dalle specifiche circostanze di ciascun caso. Se l’entità ha un pregresso di attività redditizia e dispone di facile accesso alle risorse finanziarie, si può raggiungere la conclusione che il presupposto della continuità aziendale sia appropriato senza effettuare analisi dettagliate. In altri casi, la direzione aziendale può aver bisogno di considerare una vasta gamma di fattori relativi alla redditività attuale e attesa, ai piani di rimborso dei debiti e alle potenziali fonti di finanziamento alternative, prima di ritenere che sussista il presupposto della continuità aziendale”.
[15] 
La continuità aziendale compare nel codice civile all’art. 2423 bis, comma 1, n. 1 c.c., quale principio di base, unitamente a quello della prudenza, che deve ispirare la valutazione delle voci del bilancio. La verifica della continuità è subito risultata più agevole da determinare rispetto allo stato di crisi, in quanto è supportata da un’ampia letteratura di settore, a partire dai principi di revisione internazionale ISA 570, confluiti nel Documento n. 570 della Commissione paritetica approvato nel 2007 dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, che definisce la continuità aziendale come la capacità di un’impresa di continuare a svolgere la propria attività in un prevedibile futuro senza che vi sia nè l’intenzione, nè la necessità di metterla in liquidazione, di cessare l’attività o di assoggettarla a procedure concorsuali. Tale documento offre un supporto al dovere di controllo contabile del collegio sindacale in via esclusiva, o coordinato con il revisore legale dei conti.
[16] 
M. Fabiani, Il diritto diseguale nella concorsualità concor­dataria postmoderna, in Fallimento, 2022, 1485; E. Ricciar­dello, Sustainability and going concern, in Riv. soc., 2022, 53; S. Leuzzi, L’evoluzione del valore della continuità aziendale nelle procedure concorsuali, in NLCC, 2/2022, 479.
[17] 
Gli obblighi e le responsabilità degli organi sono stati storicamente collegati alla perdita del capitale sociale e, alla mancata ricapitalizzazione, con il verificarsi della causa di scioglimento. Nelle procedure concorsuali è rarissimo il caso di società insolvente ma con patrimonio netto contabile positivo. Sui rapporti tra scioglimento per la perdita del capitale e la nozione di crisi e insolvenza cfr. I. Donati, Le ricapitalizzazioni forzose, Milano, 2020, 40 s. A maggior ragione considerando che dal 2020 sono state di fatto sospese le regole sulla riduzione del capitale sociale per perdite, con l’effetto che, anche in caso di riduzione del patrimonio netto al di sotto dei limiti minimi previsti dalla legge per il tipo, l’attività può proseguire senza la necessità di una ricapitalizzazione.
[18] 
Nell’ordinamento nordamericano esistono tre diversi solvency tests: il balance sheet, applicato sia nella continuità che nella liquidazione per misurare la capienza del patrimonio sociale rispetto al totale dei debiti; l’ability to pay (o cash flow test) per verificare se la società sia ragionevolmente in grado di adempiere alle obbligazioni quando diventano esigibili; il capital adequacy, che è una verifica di stima connessa, in termini molto generici, all’adeguatezza patrimoniale della società. La funzione dei solvency tests si rinviene nel bilanciamento degli effetti dei presidi normativi a tutela dei creditori (limitando in determinati casi, la libertà privata di trasferimento di beni da parte della società) con i costi imprenditoriali fisiologicamente connessi al divieto ex ante di operazioni societarie. Ad esempio non è consentito alle imprese in stato d’insolvenza di pagare dividendi o di riscattare il proprio capitale azionario o cedere i beni per un valore inferiore al reasonably equivalent value ovvero al fair value. La giurisprudenza statunitense concepisce il concetto di solvibilità delle imprese come una questione di fatto o, alternativamente, come una «questione combinata di fatto e di diritto» (in tema: S, Maurutto, A. Turchi, Adeguatezza degli assetti e procedura d’allerta: i solvency tests della giurisprudenza statunitense come tentativo di quadratura del cerchio, in Ristrutturazioni aziendali.it, 20 luglio 2021).
[19] 
D’altra parte l’art. 12, CCII, prevede l’accesso alla composizione negoziata quando l’impresa si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento. Se è vero che uno squilibrio economico non necessariamente implica uno squilibrio finanziario, è altrettanto vero che neanche un equilibrio economico necessariamente implica un equilibrio finanziario. In linea generale, la superiorità dei ricavi sui costi dovrebbe, nel lungo periodo, generare una analoga superiorità delle entrate sulle uscite e quindi garantire anche il pieno equilibrio finanziario, ma questo non è necessariamente vero nel breve periodo, in quanto sono svariati i motivi che possono portare la dimensione economica e quella finanziaria a divergere. Si è rilevato che anche l’articolazione del bilancio in tre distinti prospetti contabili cui viene affidata la rappresentazione apparentemente “autonoma” dei diversi equilibri patrimoniale, economico e finanziario, è solo il frutto di un compromesso necessario a rappresentare in forma statica una entità dinamica. In realtà, gli equilibri rappresentati in quei prospetti sono solo differenti dimensioni di una medesima realtà e non possono essere apprezzati, né invero propriamente compresi, in modo separato. Senza prospettive economiche i valori patrimoniali sono privi di significato e senza il necessario equilibrio finanziario nessuna prospettiva economica, per quanto positiva, potrà mai realizzarsi (così F. Capalbo, L’analisi delle condizioni di squilibrio in sede di verifica dei requisiti di accesso alla composizione negoziata della crisi, in Dirittodellacrisi.it, 25 marzo 2022, 5 s.).
[20] 
Assume rilievo centrale in questa prospettiva il rendiconto finanziario, considerato che il risultato finanziario non segue necessariamente il risultato economico, con conseguente necessità di misurare la performance dell’impresa secondo una logica di cassa, di guisa da poter programmare i pagamenti sulla base degli incassi e di ogni ulteriore risorsa alla luce del fabbisogno finanziario, per giungere ad un’attendibile stima del flusso di cassa da contrapporre alle risorse al servizio del debito. Vanno  rielaborati i dati di bilancio, al fine di verificare se un’impresa è in equilibrio finanziario. Il venir meno della continuità aziendale origina un disequilibrio di tesoreria ovvero un margine di tesoreria negativo (le attività finanziarie a breve-media scadenza non sono sufficienti a coprire i debiti a breve-media scadenza), spesso determinato da una non corretta gestione del capitale circolante netto (G. Racugno, Crisi d’impresa delle società a partecipazione pubblica e doveri degli organi sociali, in Le società pubbliche - Fenomenologia di una fattispecie (a cura di F. Fimmanò - R. Cantone - A. Catricalà), Napoli, 2020, 2, 1017).
[21] 
In tema, M. Spiotta, Continuità aziendale e doveri degli organi sociali, Milano 2017, 74 s.
[22] 
F. Brizzi, Responsabilità gestorie in prossimità dello stato di insolvenza e tutela dei creditori, in Riv. dir. comm., 2008, I, 1095.
[23] 
L’art. 14, nella precedente versione, disponendo un obbligo di segnalazione all’OCRI, permetteva di ipotizzare una responsabilità a carico del collegio sindacale in caso di mancata segnalazione o, all’inverso, in caso di segnala­zione eccessivamente zelante, per il danno arrecato alla società dalla loro ingiu­stificata iniziativa. In tema S. Leuzzi, Indicizzazione della crisi di impresa e ruolo degli organi di controllo: note a mar­gine del nuovo sistema, in Ilcaso.it, 28 ottobre 2019. La disposizione è stata oggetto di severa critica, per le implicazioni che la stessa avrebbe potuto avere nel sistema organizzativo della società (E. La Marca, Rischio e libertà nell’impresa azionaria, tra standardizzazione dei processi decisionali, prevenzione della crisi e annunciato superamento dello scopo di lucro, in Riv. soc., 2021, 508, 538), ma evidentemente, come vedremo, non si è tenuto conto degli effetti sistemici della nuova legittimazione dell’organo di controllo alla istanza per la liquidazione giudiziale.
[24] 
G. Domenichini, Ruolo del collegio sindacale nelle procedure di allerta, in La riforma delle procedure concorsuali. In ricordo di Vincenzo Buonocore, a cura di A. Jorio e R. Rosapepe, Mi­lano, 2021, 29.
[25] 
Cass., 11 dicembre 2020, n. 28359, in Società, 2021, 738.
[26] 
Ai primi due commi della disposizione si legge che: “1. I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell'incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio. 2. Essi sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica”.
[27] 
M. Bianco, M. Marcucci, Procedure fallimentari ed efficienza economica: valutazioni teoriche e riflessioni per l’economia italiana, in Banca Impr. Soc., 2001, 19 s.; L.A. Bebchuck, Using options to divide value in corporate bankruptcy, Harvard Law School DP, 1999, 271; F. Fimmanò, L’allocazione efficiente dell’impresa in crisi mediante la trasformazione dei creditori in soci, in Riv. soc., 2010, 150 s. In Europa le regole sul capitale sociale abbattono i costi complessivi di monitoraggio producendo esternalità positive nel senso che l’attività compiuta da taluni creditori finisce col giovare a tutti. Se un creditore è in grado di rendersi conto che la situazione del debitore si sta deteriorando, prenderà iniziative che condurranno anche gli altri creditori a rendersi conto di ciò e, nei casi estremi, si arriverà al fermo delle attività del debitore, cioè allo spossessamento.
[28] 
Tra queste vi è innanzitutto la decisione di ricorrere a nuovo capitale di debito, se il tasso d’interesse sul debito precedente era stato calcolato partendo dal presupposto che l’impresa non si sarebbe ulteriormente indebitata (c.d. claim dilution). In questo modo il numero dei creditori e la leva del debito aumentano e di conseguenza, da una parte aumenta il rischio di insolvenza e dall’altra diminuisce la quota di risarcimento attesa dai vecchi creditori. Altra scelta critica è l’asset substitution che si verifica quando l’impresa, dopo aver contratto il debito per effettuare un investimento a basso rischio, impiega il danaro ricevuto in prestito in attività a rischio più elevato e in particolare per finanziare l’acquisto di assets specifici, ossia non facilmente convertibili in impieghi alternativi. L’asset diversion si verifica invece quando l’impresa dismette alcuni dei beni che fanno parte del proprio patrimonio senza una contropartita adeguata, riducendo le risorse che garantiscono l’adempimento dei contratti di debito.
[29] 
In questo senso già M. Sandulli, I controlli delle società come strumenti di tempestiva rilevazione della crisi di impresa, in Fallimento, 2009, 1100 s.; G.A. Policaro, La crisi d’impresa e gli strumenti di monitoraggio nel disegno di legge di riforma fallimentare, in Giur. comm., 2017, 1038.
[30] 
Procedure eccessivamente sanzionatorie possono favorire iniziative troppo rischiose (c.d. over-investiments) dirette ad evitarle ed i cui costi, in caso di insuccesso, sono sopportati prevalentemente dai creditori ed al tempo stesso possono ridurre l’incentivo ad investimenti con valore atteso positivo ma poco rischiosi, in quanto ridurrebbero la variabilità dei rendimenti e andrebbero a vantaggio dei creditori ma non degli azionisti (c.d under-investiments).
[31] 
La scrittura degli illeciti fallimentari risale ad ottant’anni fa e il legislatore ha continuato a non prestare attenzione adeguata alle istanze di revisione del sistema e quindi rimangono fermi i principi e le interpretazioni che negli anni la giurisprudenza ha fornito delle diverse fattispecie incriminatrici, per quanto il loro contenuto appare del tutto inadeguato alla luce dei cambiamenti che il mondo delle imprese e dell’economia ha conosciuto in tutti questi anni (al riguardo C. Santoriello, I reati di bancarotta dopo il codice della crisi, Torino 2021). L’unica misura sistemica era la circostanza attenuante ad effetto speciale, di cui al vecchio contenuto dell’articolo 25, comma 4, CCII, secondo cui per chi presentava tempestivamente l’istanza agli organismi di composizione o la domanda di accesso a una delle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza, la pena sarebbe stata ridotta fino alla metà quando, alla data di apertura della procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza, il valore dell’attivo inventariato o offerto ai creditori assicurasse il soddisfacimento di almeno un quinto dell’ammontare dei debiti chirografari e, comunque, il danno complessivo cagionato non superasse l’importo di due milioni di euro (al riguardo mi permetto di rinviare a: F.Fimmanò, Meritevolezza del debitore e ruolo del giudice nel diritto della crisi, in Giust. civ., 2021, 407 s.).
[32] 
Funzione esercitata dal collegio sindacale, dal consiglio di sorveglianza, in virtù di quanto disposto dall’art. 2409 terdecies c.c., che richiama, al primo comma lettera c), proprio il primo comma dell’art. 2403 c.c.; e dal comitato per il controllo sulla gestione, sebbene mediante la differente formulazione contenuta nell’art. 2409 octiesdecies, quinto comma, lett. b), c.c., chiamato a vigilare sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo e contabile, nonché sulla sua idoneità a rappresentare correttamente i fatti di gestione (al riguardo F. Brizzi, Procedure di allerta e doveri degli organi di gestione e controllo: tra nuovo diritto della crisi e diritto societario, in Odc, 2, 2019, 345).
[33] 
Un problema (estremo) che può verificarsi quando l’impresa è entrata nella fase dell’insolvenza è legato al fatto che i manager/proprietari possono minacciare opportunisticamente i creditori di distruggere parte degli assets residui se questi non rinegoziano il debito a condizioni più favorevoli.
[34] 
A. Palazzolo, I doveri degli organi sociali ed il loro rapporto con l’esperto, in AA.VV., Manuale teorico pratico della Composizione negoziata della crisi di impresa, Napoli. 2023; M. Greggio, Il Giano Bifronte della Composizione Negoziata della crisi, in Dirittodellacrisi.it, aprile 2022, richiama il Decreto dirigenziale nella parte in cui precisa che (Sezione III, paragrafo 7.5) «non vi è di norma pregiudizio per la sostenibilità economico-finanziaria quan­do nel corso della composizione negoziata ci si attende un margine operativo lordo positivo, al netto delle componenti straordinarie, o quando, in presenza di margine operativo lordo negativo, esso sia compensato dai vantaggi per i creditori, derivanti, secondo una ragionevole valutazione prognostica, dalla continuità aziendale (ad esempio, attraverso un miglior realizzo del magazzino o dei crediti, il completamento dei lavori in corso, il maggior valore del compendio aziendale rispetto alla liquidazione atomistica dei beni che lo compongono)».
[35] 
Gli interessi da tutelare cambiano dallo stato di crisi allo stato di insolvenza, con una gestione che deve essere finalizzata all’interesse della proprietà dell’azienda (pur senza pre­giudizio dei creditori) in caso di situazione di pre-crisi e di crisi, e poi una gestione mirata al solo interesse dei credito­ri, in caso di insolvenza (F. Michelotti, La gestione dell’impresa e il ruolo dell’esperto, in Fallimento, 2021, 1261).
[36] 
L’interesse è sicuramente prioritario e assoluto nella liquidazione giudiziale, nel concordato semplificato ed in quello con piano di liquidazione.
[37] 
A. Mazzoni, La responsabilità gestoria per scorretto esercizio dell’impresa priva della prospettiva di continuità aziendale, in Amministrazione e controllo nel diritto delle società, Liber amicorum Antonio Piras, Torino, 2010, 835 s.
[38] 
M. Spolidoro, Note critiche sulla «gestione dell’impresa» nel nuovo art. 2086 c.c. (con una postilla sul ruolo dei soci), in Riv. soc., 2019, 259.
[39] 
Come confermato dalla giurisprudenza di merito (che si è pronunciata in un procedimento ex art. 2409 c.c.) che ha fatto riferimento a specifiche situazioni nelle quali lo squilibrio finanziario era evidente e conclamato, evidenziando, ad esempio, sotto il profilo contabile, l’as­senza di un efficace sistema di gestione dei crediti commerciali, in quanto non risultavano procedure o tecniche finalizzate a minimizzare l’emersione di perdite su crediti o pagamenti tardivi, né veniva  redatto un rapporto periodico sullo stato com­plessivo dei crediti, sul comportamento della clientela in relazione ai pagamenti e su ogni altra informazione utile per formulare le scelte più corrette in funzione della salvaguardia della continuità (Trib. Cagliari, 19 gennaio 2022, in Società, 2022, 1430).
[40] 
Un assetto strutturato ed adeguato è tendenzialmente adottato solamente nelle società per azioni di grandi dimensioni che non siano, salvo eccezioni, a base familiare, ove i rapporti personali riducono quella dialettica che sarebbe necessaria a rilevare tempestivamente i primi segnali della crisi  (in tema S. Poli, Il ruolo del collegio sindacale nelle crisi d’impresa tra regole deontologiche, norme di sistema e prospettive de iure condendo, in Contr. impr., 2012, 1320 s.; G. Lombardi, Il ruolo degli organi di controllo e di revisione nelle procedure di allerta di cui al disegno di legge-delega per la riforma delle procedure concorsuali, in M. Arato, G. Domenichini, Le proposte per una riforma della legge fallimentare, un dibattito dedicato a Franco Bonelli, Quaderni di giurisprudenza commerciale, Milano, 2017, 77 s.).  
[41] 
In tema S. Addamo, op. cit., 923 s. che evidenzia come durante la fase fisiologica della vita della società l’organo dispone di un potere di controllo sugli assetti volto alla prevenzione ed al monitoraggio, che gli veniva riconosciuto, almeno da una  parte della dottrina, già prima della Riforma delle procedure e  che ha confini piuttosto incerti, che ne rendono difficoltosa sia la concreta adoperabilità, sia il raggiungimento della prova  liberatoria in sede di giudizio di responsabilità . L’indeterminatezza del comportamento richiesto dall’ordinamento fa sì che sia difficile la dimostrazione di aver diligentemente svolto la propria attività, laddove un danno sia poi concretamente occorso per colpa degli amministratori.
[42] 
Al riguardo: A. Jorio, Note minime su assetti organizzativi, responsabilità e quantificazione del danno risarcibile, in Giur. comm., 2021,I, 812; V. Calandra Buonaura, Corretta amministrazione e adeguatezza degli assetti organizzativi nella società per azioni, ibidem, 439; D. Arcidiacono, V. Di Cataldo, Decisioni organizzative, dimensioni dell’impresa e business judgment rule, ibidem, 2021, I, 69.
[43] 
La suprema corte (Cass., 23 novembre 2021, n. 36365) ha affermato che secondo la vigente normativa l’imprenditore, anche collettivo, deve predisporre i mezzi di produzione nella prospettiva del raggiungimento del lucro obiettivo e della continuità aziendale, come confermato dall’evoluzione normativa dell’art. 2086 c.c., comma 2, come modifi­cato dal CCII, art. 375, nella cornice di cui all’art. 41 Cost., comma 2, che impone all’imprenditore collettivo di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura ed alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della continuità aziendale.
[44] 
A. Palazzolo, I doveri op. loc. ult cit.
[45] 
P. Montalenti, Diritto dell’impresa in crisi, diritto societario concorsuale, diritto societario della crisi, in Giur. Comm., 2018, I, 75 e s. 
[46] 
F. Di Ciommo, La responsabilità civile di inizio millennio. Il caso del nuovo art. 2086 c.c. in tema di responsabilità di imprenditore e amministratori, in Danno resp., 2022, 413.
[47] 
Trib. Roma, 8 aprile 2020, in Società, 2020, 1339.
[48] 
Per onere facoltizzato si intende che c’è un diritto di eterodirigere secondo criteri di corretta gestione societaria ed imprenditoriale ma non un obbligo. Questo tuttavia non vale per le società pubbliche in house perché l’affidamento presuppone il doveroso controllo analogo e così per gruppi bancari polifunzionali. 
[49] 
C. Santoriello, Gruppi di società e sistema sanzionatorio del d.lgs. 231/2001, in La responsabilità amministrativa delle società e degli enti, 2009, 202.
[50] 
In tema cfr. L. Benedetti, I flussi informativi nella crisi del gruppo, in Giur. comm.,2017,I,271 s.
[51] 
I sindaci possono infatti in qualsiasi momento procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e di controllo. Il collegio sindacale può chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari. Può altresì scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi di amministrazione e controllo ed all'andamento generale dell'attività sociale.
[52] 
Un controllo giudiziario di gruppo appare ammissibile soltanto “in discesa” dalla capo­gruppo alle controllate perché una valutazione di adeguatezza sembra potersi svolgere in modo compiuto (pur con tutti i limiti di una business judgment rule) soltanto alla fonte genetica di diramazione dell’impresa di gruppo e rispetto all’adempi­mento dei doveri di correttezza gestoria unicamente in capo agli organi della controllante (G. Doria, Ancora sul controllo giudiziario di gruppo, in Riv. dir. comm., 2021, 176 s.). La soluzione favorevole all’estensione non convince anche se è stata applicata in una pronuncia giurisprudenziale fondata su di un argomento ricavato a contrario dalla disciplina della responsabilità da direzione e coordi­namento di cui all’art. 2497 c.c. (Trib. Milano 25 luglio 2008, con nota critica di A. Valzer, Attività di direzione e coordinamento di società e denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c., cit., 125).
[53] 
Anche alla luce del disposto dell’art. 120 bis, CCII, non è plausibile un obbligo della capogruppo di proporre un concordato di gruppo ovvero un accordo di ristrutturazione ovvero un piano attestato unitari, all’emergere di una situazione di crisi circoscritta ad una o più controllate, da cui non risulti un concreto rischio di pregiudizio per la stabilità del gruppo ovvero di esposizione a responsabilità risarcitorie ex art. 2497 cod. civ., e cioè che non sia comunque idoneo a ripercuotersi negativamente sull’intera impresa di gruppo.
[54] 
L’unica deroga permane nella disciplina del concordato nella liquidazione giudiziale, stante la diversa regola fissata dall’art. 265 CCII, che riproduce il testo dell’art. 152 L. Fall. (in tema cfr. P. M. Sanfilippo, L’accesso delle società agli strumenti di regolazione. Note minime a margine dell’art. 120 bis del codice della crisi,  in Dir fall., I, 2023, 4-5 493). 
[55] 
Cfr. E. Macrì, Brevi riflessioni sull’adeguatezza degli assetti organizzativi nelle banche e sulla responsabilità degli organi di amministrazione e controllo, in Riv. corte conti, 2023, n. 4, 105;  V. Bisignano, Appunti in tema di adeguatezza degli assetti amministrativi, organizzativi e contabili nelle società bancarie e responsabilità degli amministratori, in Dir. fall., 2022, I, 1258. 
[56] 
Nelle norme “per la ristrutturazione e per la disciplina dei gruppi bancari” (art. 25 D.Lgs. n. 356/1990) e poi con il Testo unico bancario (art. 61 comma 4, del D.Lgs. n. 385/1993). In questo caso si trattava della tutela dell’interesse, di rilievo pubblicistico, alla stabilità del sistema bancario a seguito dell’evoluzione del modello del c.d. gruppo polifunzionale composto anche di società esercenti attività strumentali a quella bancaria e finanziaria, con conseguenti rischi di instabilità ed irregolarità, derivanti dal mancato assoggettamento alla vigilanza prudenziale delle stesse (al riguardo R. Costi, Le relazioni di potere nell’ambito del gruppo bancario, in Giur. comm., 1995, I, 885 s.). 
[57] 
S.A. Cerrato, Risikogesellschaft e corporate governance: prolegomeni sulla costruzione degli assetti organizzativi per la prevenzione dei rischi. Il caso delle imprese agroalimentari, in Riv. soc., 2019, 149 s. (con riferimento Risk Management, concetto che accomuna molte discipline speciali e di settore ma che, in forza dell’art. 2086, comma 2, c.c., accomuna anche la recente riforma della crisi di impresa e dell’insolvenza).
[58] 
Nelle società quotate, la regolamentazione del sistema di controllo interno e gestione del rischio è per lo più affidata all’autodisciplina. L’art. 6 del Codice di Corporate Governance – edizione 2020 (il “Codice di Autodisciplina”) – ne raccomanda l’adozione, ne definisce il contenuto e precisa i poteri e le funzioni dei relativi organi e uffici aziendali (N. Abriani, Il nuovo Codice di Corporate Governance, in RDS, 2022, 253 ss.; M. Ventoruzzo, Il nuovo Codice di Corporate Governance 2020: le principali novità, in Società, 2020, 439 ss.; in giurisprudenza, v. le recenti sentenze gemelle della Cass. civ., sez. II, 3 gennaio 2019, n. 5, e Cass. civ., sez. II, 9 gennaio 2019, n. 301, in Giur.it., 2020, 118 ss., con nota di M.L. Passador, Cassazione e autodisciplina: un punto di svolta).
[59] 
Oppure del c.d. Aml board member come previsti dalle linee guida Eba (eba/gl/2022/05). In tema, D. Latella, “Sistema” dei controlli interni e organizzazione delle società per azioni, Torino, 2018, 139; F. Salerno, Il governo delle banche cooperative, Milano, 2012; P. Bastia - E. Ricciardiello, Gli adeguati assetti organizzativi funzionali alla tempestiva rilevazione e gestione della crisi: tra principi generali e scienza aziendale, in Banca impr. società, 2020, 397 s. 
[60] 
Si è osservato che permangono comunque dei margini di discrezionalità in capo all’organo gestionale, come ad esempio nei gruppi bancari «in tema di organizzazione del sistema dei referenti interni delle funzioni di controllo nelle banche del gruppo (da strutturare come dipendenti della capogruppo o della controllata, con quel che ne consegue in termini di retribuzione e di riconoscimento di premi) » sulla base della valutazione del rischio e della stima dei costi benefici (E. Macri, op. cit., 107; in tema cfr. anche A. Luciano, Adeguatezza organizzativa e funzioni aziendali di controllo nelle società bancarie e non, in Riv. dir. comm., 2017, I, 321).
[61] 
Si è in presenza di una probabile crisi aziendale nel caso in cui il patrimonio netto di un’impresa risulti inferiore a zero, oppure se il Debt Service Coverage Ratio (DSCR), che misura la capacità del flusso di cassa generato dall’impresa di ripagare il servizio del debito, sia inferiore all’unità. Ma nel secondo caso sono necessari sistemi di tesoreria che sono quasi sempre assenti nelle imprese italiane, pur essendo indispensabili per auto-valutarsi, verificare lo stato di salute dell'impresa e avviare una pianificazione finanziaria (cfr. P. Bastia, E. Ricciardiello, Gli adeguati assetti organizzativi funzionali alla tempestiva rilevazione e gestione della crisi: tra principi generali e scienza aziendale, in Banca impr. società, 2020, 395; P. Riva., Gli attori della governance coinvolti nelle fasi dell’allerta e gli indici della crisi secondo il nuovo CCII, in Giur. comm., 2020, 594).
[62] 
Il Codice di Autodisciplina di Borsa Italiana S.p.A. riconosce all’organo di controllo un ruolo centrale nel sistema di vigilanza delle società quotate, consistente nella vigilanza anche preventiva. In particolare, tale ruolo si traduce in una verifica sui processi il cui esito va portato all’attenzione degli amministratori, affinché adottino le misure correttive eventualmente necessarie. Tale scelta denota un deciso interesse ad un maggiore coinvolgimento dell’organo in molti procedimenti interni, anche al fine di poter comunicare costantemente con gli amministratori competenti e a porre in essere efficacemente il proprio ruolo di controllo.
[63] 
La Cassazione si è occupata del ruolo dell’organo nelle operazioni con parti correlate, affermando il principio di diritto secondo cui se è certo che non spetti ai sindaci interloquire sull’opportunità dell’operazione e sulle prospettive - vantaggiose o meno - della stessa ma che è parimenti indubbio che gli stessi non possano limitarsi a una verifica estrinseca del rispetto delle procedure legali, avendo il dovere di rendere note le criticità per difetto di correttezza sostanziale, incluso il difetto di indipendenza in capo all’advisor, e la non conformità della procedura allo scopo di legge che è quello d’impedire silenti “svuotamenti societari” (Cass. 10 luglio 2020, n. 14708, con nota di C. Pistocchi, Doveri del collegio sindacale nelle operazioni con parti correlate, in Riv. trim. dir. ec., vol. 4,161. Peraltro, la Suprema Corte aveva già affermato in precedenti pronunciamenti (Cass. 29 marzo 2016, n. 6037; Cass., sez. un., 30 settembre 2009, n. 20934) che la complessa articolazione della struttura organizzativa di una società finanziaria non costituisce, certamente, elemento idoneo ad escludere (o, anche solo, ad affievolire) il potere-dovere di vigilanza riconducibile a ciascuno dei componenti del collegio sindacale, i quali, in caso di accertate carenze delle procedure aziendali predisposte per la corretta gestione societaria, sono, in ogni caso, sanzionabili a titolo di concorso omissivo quoad functioneessendo ai sindaci ascritto, da un lato, un obbligo di vigilanza e, dall’altro lato, l'obbligo legale di denuncia immediata alla Banca d’Italia ed alla Consob, il tutto allo scopo di salvaguardare gli interessi degli azionisti in generale nei confronti di atti di abuso di gestione da parte degli amministratori.
[64] 
In tema G. D’Attorre, Crisi delle società pubbliche e strumenti di regolazione in Le società pubbliche - Fenomenologia di una fattispecie (a cura di F. Fimmanò - R. Cantone - A. Catricalà), Napoli, 2020, I, 1035; F. Fimmanò, Insolvenza delle società pubbliche e procedure concorsuali, ibidem, 1067 s.; G. Guizzi, M. Rossi, La crisi di società a partecipazione pubblica, in La governance delle società pubbliche nel d. lgs. 175/2016, a cura di G. Guizzi, Milano, 2017, 271 s.
[65] 
F.A. Cancilla, Sistemi di controllo interno, efficienza e tutela della concorrenza nelle società a controllo pubblico: brevi annotazioni sull’integrazione degli strumenti di governo societario, in Le società pubbliche (a cura di Fimmanò - Catricalà), Milano, 2017.
[66] 
S. Cicchinelli, I controlli interni nella società a responsabilità limitata a partecipazione pubblica, in La Governance delle società pubbliche nel d.lgs. n. 175/2016 (a cura di Guizzi), Milano, 2017, 267 s.
[67] 
F. Cossu, L’organo di controllo interno delle società a partecipazione pubblica: responsabilità, giurisdizione e funzionamento; in Le società pubbliche - Fenomenologia di una fattispecie (a cura di F. Fimmanò - R. Cantone - A. Catricalà), Napoli, 2020,I, 665; Id., Diritti, poteri e funzionamento del consiglio di sorveglianza nelle società a controllo pubblico, ibidem, 715 s. L’inerzia dell’organo amministrativo, tanto quella dell’organo di controllo nei confronti della crisi, ovvero l’inadeguata attivazione nel senso precisato, e prima ancora la mancata predisposizione degli strumenti di rilevazione della crisi, saranno destinate ad integrare, o concorrere ad integrare, i presupposti di giusta causa per la revoca dei soggetti titolari delle relative cariche, nonché per l’esercizio di corrispondenti azioni di responsabilità, fondate sui rispettivi addebiti (G. Racugno, op. cit., 1011).
[68] 
In tema Trib. Napoli, decr. 10 giugno 1994, in Riv. dir. sport., 1994, 690 s., con nota di G. Chinè, Società sportive, denuncia di gravi irregolarità ed erronea valutazione in bilancio dei diritti alle prestazioni degli atleti professionisti, in Riv. dir. sport, 1994, 704 s. In origine il potere di questo organismo era più penetrante potendo dare impulso alla liquidazione giudiziale della società inadempiente. C’è da dire che peraltro sono mutate le funzioni anche con riferimento all’ammissione ai campionati ed in questo contesto sono stati abrogati l’art. 89 (Ammissione ai campionati Professionistici e all’acquisizione del diritto alle prestazioni dei calciatori) e l’art. 90 bis delle Noif che prevedeva una Co.A.Vi.Soc. ossia una Commissione con funzione d’Appello di quella di prime cure con riferimento all’ammissione ai campionati.
[69] 
Ora obbligatori in base all’art. 7, comma 5, Statuto Figc, e aventi efficacia scriminante per la responsabilità sportiva ex art. 13 del Codice di Giustizia Sportiva (al riguardo I. Simeone, L’art. 7 del Codice di Giustizia Sportiva, «la scriminante o attenuante della responsabilità della società» e le linee guida sui modelli organizzativi, di gestione e controllo delle società di calcio, in Rass. dir. econ. sport, 2020, 72).
[70] 
In argomento cfr. tra gli altri: L. Ripa, I nuovi rapporti nel fenomeno sportivo alla luce del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, in Rass. dir. econ. sport, 2021, 90.
[71] 
La specialità della norma funzionale a rafforzare il rispetto dei princípi di corretta amministrazione e dell’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società, oltre che il suo concreto funzionamento, ci fa ritenere che prevalga sul disposto di cui all’art. 2477 c.c. che rende obbligatoria la nomina solo a determinate condizioni e alternativa rispetto a quella del revisore e consente la figura del sindaco unico (da escludere per le società sportive). Per l’effetto tutti i clubs dovranno adeguare gli statuti anche in considerazione del ruolo dell’organo di controllo che sta emergendo nel sistema.  Lasciando aperto l’interrogativo relativo alla espressa previsione del “collegio sindacale” e non del più generico “organo di controllo”. Ci si è chiesto, cioè, se sia possibile per una società a responsabilità limitata nominare il sindaco unico oppure occorra l’organo collegiale. In verità la previsione del sindaco unico in tante norme, sia comuni che sportive, precedenti all’innovazione con indicazioni specifiche di disciplina ci fa ritenere applicabile questa opzione, altrimenti il legislatore si sarebbe preoccupato di dettare normative di raccordo.  In tema cfr. tra gli altri: A.M. Gambino, V. Occorsio, La riforma delle società sportive (The reform of Sports Clubs), in Riv. dir. sport., 2021, p. 269; P. Guida, Le novità operative in materia di associazioni e società sportive dopo la novella del 2021, in Notariato, 2022, p. 5 ss. F.R. Fimmanò, Le società di calcio professionistico tra diritto speciale e diritto comune all’esito delle recenti riforme, in Rass. dir. econ. Sport, 2022, 1, p. 143 ss.
[72] 
Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto e dunque, entro il 1° luglio 2023, atteso che, a norma dell’art. 52 del D.Lgs. n. 36 del 2021, il decreto, nella gran parte delle sue disposizioni, è entrato in vigore il 1° gennaio 2023.
[73] 
Le società tenute alla redazione del bilancio consolidato, devono calcolare i rapporti dei tre indicatori di controllo con riferimento al gruppo del quale il club interessato è controllante. Per il calcolo dei tre indicatori di controllo devono essere considerate anche le operazioni di carattere finanziario comunque riconducibili alla società. I prospetti di calcolo dei tre indicatori devono essere sottoscritti dal legale rappresentante e dal soggetto responsabile della revisione legale dei conti della società o dal presidente del collegio sindacale ovvero dal revisore unico o dal presidente del consiglio di sorveglianza. Una cosa analoga ha fatto la Uefa varando nel 2022 il nuovo «Regolamento Uefa sulle licenze per club e la sostenibilità finanziaria» che è stato approvato il 28 giugno del 2023 nell’ultima versione basato su tre capisaldi soggetti a controllo: la «solvibilità» (no overdue payables rule) ossia l’obbligo di pagare tutti i debiti verso altri clubs, dipendenti, autorità fiscali, sociali e Uefa entro 90 giorni, soggetto a quattro controlli l’anno; La «stabilità» (football earnings rule) ossia la fissazione di un deficit massimo (acceptable deviation) di 60 milioni di euro in tre anni e per i clubs con i conti in ordine di 90 milioni (10 milioni per ogni periodo di riferimento nel monitoring period), computando tuttavia le spese, comprese quelle per giovani e impianti prima escluse; il «controllo dei costi» (squad cost rule) diretto a sancire che per stipendi, mercato e commissioni per gli agenti non si potrà spendere più del novanta per cento del fatturato per la prossima stagione, l’ottanta per la successiva ed il settanta a regime dalla stagione 2025-2026.  Su queste tematiche cfr. ampiamente F.R. Fimmanò, I controlli “esterni” sulle società di calcio professionistico, in Rass. dir ec. sport., 2023, II.
[74] 
Il Decreto Dirigenziale del Ministero della giustizia del 28 settembre 2021, in linea con quello proposto dal CoSO Framework (che rappresenta lo standard a livello internazionale per il sistema di controllo interno) richiede un monitoraggio continuativo dell’andamento aziendale, quantomeno mediante “confronto con i dati di andamento del precedente esercizio, in termini di ricavi, portafogli ordini, costi e posizione finanziaria netta”; il § 1.4., che richiede la previsione di indicatori chiave gestionali (KPI) che consentano “valutazioni rapide in continuo” e il §1.5., che richiede l’esistenza di un piano di tesoreria a 6 mesi, o quantomeno un prospetto delle stime di entrate e uscite finanziarie a 13 settimane per valutare l’andamento corrente a consuntivo.
[75] 
La norma prevede che “al fine di prevedere tempestivamente l’emersione della crisi d'impresa, le misure di cui al comma 1 e gli assetti di cui al comma 2 devono consentire di: a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell'attività imprenditoriale svolta dal debitore; b) verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi e rilevare i segnali di cui al comma 4; c) ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all’articolo 13, comma 2”.
[76] 
C. Castelli e S. Monti, I sindaci e il Codice della Crisi: nuovi doveri e responsabilità, in Società, n. 8-9, 1° agosto 2020, 1015.
[77] 
Secondo la disposizione costituiscono segnali “a) l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni; b) l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti; c) l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni; d) l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall’articolo 25-novies, comma 1”, verso cioè creditori pubblici qualificati (l’Istituto nazionale della previdenza sociale, l’Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate-Riscossione).
[78] 
L’art. 25 novies, CCII, riprende il contenuto dell’art. 30 sexies, del D.L. n. 152/2021, per disciplinare le segnalazioni dei creditori pubblici qualificati. In particolare, la disposizione prevede che sia segnalato all’imprenditore e all’organo di controllo (nella persona del presidente del collegio sindacale): - dall’INPS, il ritardo di oltre 90 giorni nel versamento dei contributi previdenziali di ammontare superiore, per le imprese con lavoratori subordinati e para subordinati, al 30% di quelli dovuti nell’anno precedente e alla soglia di 15.000 euro, e, per quelle senza i predetti lavoratori, alla soglia di 5.000 euro; dall’INAIL, la scadenza da oltre 90 giorni, di un debito per premi assicurativi di importo superiore a 5.000 euro; dall’Agenzia delle entrate, l’esistenza di un debito scaduto e non versato per l’IVA, risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche, superiore a 5.000 euro; dall’Agenzia delle entrate-Riscossione, l’esistenza di crediti affidati per la riscossione e scaduti da oltre 90 giorni, superiori, per le imprese individuali, a 100.000 euro, per le società di persone a 200.000 euro e, per le altre società, a 500.000 euro. Le predette segnalazioni devono contenere l’invito a chiedere la composizione negoziata, se ne ricorrono i presupposti. Si tratta, come detto, di previsioni già in vigore (dal 1° gennaio 2022) e destinate a trovare applicazione: per INPS e INAIL in relazione ai debiti accertati dal 1 gennaio 2022; per l’Agenzia delle entrate, in relazione ai debiti risultanti dalle comunicazioni relative al I trimestre 2022; per l’Agenzia delle entrate-Riscossione, in relazione ai carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° luglio 2022. Gli organi di controllo dovranno stimolare gli amministratori, in primis, ad una verifica della situazione e, solo se da essi ritenuti sussistenti i presupposti, ad attivare la composizione negoziata.  Il nuovo art. 25 decies, CCII, riproduce il contenuto dell’originario art. 14, comma 4, prevedendo che le banche e gli intermediari finanziari debbano dare notizia anche agli organi di controllo societari delle variazioni, revisioni o revoche degli affidamenti comunicate al cliente.
[79] 
Secondo il Decreto dirigenziale 28 settembre 2021, paragrafo 2 della Sezione III, la verifica preliminare sulla perseguibilità del risanamento deve essere svolta anche «sulla base del test disponibile online», che può essere allegato alla domanda oppure compilato dall’esperto stesso con l’aiuto dell’imprenditore.
[80] 
Al riguardo in data 26 maggio 2022 è stata pubblicata la versione aggiornata dei «Principi per la redazione dei piani di risanamento» a cura del CNDCEC, con la collaborazione della FNC e di altre importanti associazioni come AIDEA, ANDAF, APRI, OCRI e AIAF, con l’obiettivo di creare linee guida e standards di comportamento che possano essere utili nella stesura di un piano industriale o nella redazione di una relazione di attestazione, così da supportare i pro­fessionisti coinvolti non soltanto nelle procedure di risanamento, ma anche nelle attività di moni­toraggio prospettico delle aziende. Il documento rappresenta un’evoluzione della prima versione dei principi pubblicati nel 2018 i cui modelli operativi hanno subito una certa obsolescenza acuita dalla crisi pandemica. La principale novità riguarda l’approfondimento sulle specifiche caratteristi­che del piano sottostante alla composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa ex D.L. n. 118/2021, che contiene una tabella di raffronto incrociato fra i contenuti dei Principi e quelli della Check-list per la predisposizione dei piani di cui alla seconda sezione del Decreto Dirigenziale del 28 settembre 2021, particolarmente utile a riconciliare due fonti diverse, ma ugualmente necessarie, per orientare le best practice nell’utilizzo di questo istituto giuridico.
[81] 
Con la distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione si suole attribuire in realtà rilevanza giuridica ad un fenomeno valutabile solo sul piano economico. Perciò risulta impossibile creare due categorie generali ed astratte, ma si può soltanto valutare quando, “in rapporto al patrimonio cui l’atto si riferisce, l’atto stesso incida su questo, in modo da metterne a repentaglio l’integrità economica, e stabilire, in relazione agli interessi che si intende tutelare, se il compimento dell’atto debba essere assoggettato a particolari cautele” (G. Mirabelli, Dei singoli contratti, III ed., in Commentario del codice civile, IV, 3, Torino, 1991, p. 276; ID., I c.d. atti di amministrazione, in Scritti in onore di A. Scialoja, III, 351 s.; V. Lojacono, voce Amministrazione (atti di), in Enc. dir., vol. II, Milano 1958, 153 s.). Il decreto dirigenziale comunque  qualifica in via esemplificativa tra gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione: le operazioni sul capitale sociale e sull’azienda; la concessione di garanzie;  i pagamenti anticipati delle forniture; la cessione pro soluto di crediti; l’erogazione di finanziamenti a favore di terzi e di parti correlate; la rinunzia alle liti e le transazioni; le ricognizioni di diritti di terzi; il consenso alla cancellazione di ipoteche e la restituzione di pegni; l’effettuazione di significativi investimenti; i rimborsi di finanziamenti ai soci o a parti correlate; la creazione di patrimoni destinati e forme di segregazione del patrimonio in generale; gli atti dispositivi in genere. 
[82] 
La disposizione, in una lettura più ampia e sistema­tica lascia intendere infatti che il rapporto tra organo di controllo e l’esperto, anche con riferimento al procedimento in parola, debba essere caratterizzato dalla costante interazione ed interlocuzione.
[83] 
Da questo punto di vista forse sarebbe più preciso parlare di una limitazione delle funzioni  (in tal senso F. Guerrera, Le competenze degli organi sociali nelle procedure di regolazione negoziale della crisi, in Riv. soc., 2013, 1122 s.; F. Guerrera, M. Maltoni, Concordati giudiziali e operazioni societarie di “riorganizzazione”, in Riv. soc., 2008, 35 s.; F. Fimmanò, L’allocazione efficiente cit., 179; M. Fabiani, Diritto fallimentare, Un profilo organico, Bologna, 2011, 508 s.; F. Pasquariello, Gestione e riorganizzazione dell’impresa nel fallimento, Milano, 2010, 166).
[84] 
La suprema corte lo ha ricondotto al novero delle convenzioni stragiudiziali (Cass. 12 aprile 2018 n. 9087).
[85] 
Il CNDCEC ha approvato e pubblicato la versione definitiva delle “Norme di comportamento del Collegio sindacale di società non quotate”, aggiornata alla data del 12 gennaio 2021(cfr. in https://commercialisti.it/visualizzatore-articolo?_articleId=1435792&plid=323483).
[86] 
Trib. Milano 10 novembre 2016, in Ilcaso.it.
[87] 
Il piano di continuità deve contemplare la funzionalità dell’attività di impresa a rispristinare l’equilibrio  economico e finanziario “nell’interesse prioritario dei creditori” dell’imprenditore e dei soci (art. 84, comma 2, CCII), mentre il piano liquidatorio, come noto, presuppone che il soddisfacimento dei creditori chirografari e dei privilegiati degradati per incapienza in misura non inferiore al 20 per cento del loro ammontare complessivo e che ci siano risorse esterne tali da incrementare per almeno il dieci per cento il soddisfacimento che i chirografari ricaverebbero dalla mera liquidazione dell’attivo (art. 84, comma 4, CCII).
[88] 
Norma di comportamento 11.7. Vigilanza del Collegio sindacale in caso di concordato preventivo. Principi.
[89] 
Trattandosi di un vizio radicale secondo la Suprema Corte (Cass. 19 aprile 2017, n. 9927, in Ilcaso.it.
[90] 
Come gran parte di quelle svolte dall’organo.
[91] 
Trib. Mantova 18 settembre 2018, in Ilcaso.it.
[92] 
F. Cossu, Collegio sindacale e obblighi di garanzia nelle S.r.l., Milano 2013, 291. Una giurisprudenza di merito prima della riforma del 2006, ha affermato che addirittura sarebbe preclusa ogni facoltà di controllo (Trib. Cassino, 15 luglio 2003, in Società, 2004 338 s., con nota di A. Fusi, Poteri del collegio sindacale verso l’operato del liquidatore nominato dal Tribunale).
[93] 
All’interno della disposizione  dell’articolo 2407 c.c. secondo cui “I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio. Essi sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica”.
[94] 
Prima della modifica finale, l’art. 14 CCII attribuiva anche all’organo di controllo l’obbligo di segnalare all’organo amministrativo l’esistenza di «fondati indizi della crisi» e, in caso di «omessa o inadeguata risposta, ovvero di mancata adozione nei successivi sessanta giorni delle misure ritenute necessarie per superare lo stato di crisi», l’ulteriore obbligo di informare «senza indugio l’OCRI, fornendo ogni elemento utile per le relative determinazioni». Ma la disposizione è stata espressamente abrogata dal d.lgs. 83/2022, senza peraltro entrare in vigore.
[95] 
Cfr. C. Bauco, Il ruolo dell’organo di controllo nella composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, in Dirittodellacrisi.it, 2022; E. Ricciardiello, Riflessioni in tema di procedure di allerta e controllo giudiziario ex art. 2409 c.c. alla luce del nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: una difficile convivenza?, in Jus, 2019, p. 111 ss.  Sull’obbligo di informazione ai soci ex art. 2406, comma 2, c.c. cfr. Trib. Napoli Nord, sez. II, 5 maggio 2016, n. 1143, in dejure.it.
[96] 
S. Fortunato, Assetti organizzativi e crisi d’impresa: una sintesi, in Odc, 2021, 573. 
[97] 
Cfr. Cass. civ., sez. II, 26 gennaio 2021, n. 162, in Dejure.it.
[98] 
Sulla modifica dell’impostazione nell’assetto della disciplina dei controlli interni nel passaggio dalla composizione assistita alla composizione negoziata cfr. S. Pacchi, Le segnalazioni per la anticipata emersione della crisi. Così è se vi pare, in RistrutturazioniAziendali.it, 9 agosto 2022. Dalla segnalazione degli organi di controllo all’organo amministrativo, scaturiva una sorta di dialettica tra i due organi diretta ad individuare le soluzioni possibili e le iniziative concretamente intraprese, in difetto delle quali gli organi di controllo erano tenuti ad attivare la procedura di allerta esterna mediante sollecita ed idonea segnalazione all’organismo di composizione della crisi d’impresa, corredata da tutte le informazioni necessarie, anche in deroga all’obbligo di segretezza. In tema cfr. M. Bini, Procedura di allerta: indicatori della crisi ed obbligo di segnalazione da parte degli organi di controllo, in Società, 2019, 430 ss.; P. Benazzo, Il Codice della crisi di impresa e l’organizzazione dell’imprenditore ai fini dell’allerta: diritto societario della crisi o crisi del diritto societario?, in Riv. soc., 2019, 274 s.; M.S. Spolidoro, Procedure d’allerta, poteri individuali degli amministratori non delegati e altre considerazioni sulla composizione anticipata della crisi, in Riv. soc., 2018,171 s.
[99] 
Come visto i soli amministratori sono competenti a decidere sull’accesso della società agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, essendo inefficaci eventuali diverse previsioni dello statuto. (art. 120 bis, comma 1, CCII). L’invalidità di clausole statutarie che riservino ai soci la decisione sull’accesso non è espressa, ma è comunque pacifica (F. Briolini, I conflitti tra amministratori e soci in sede di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza. Prime riflessioni, in Il Nuovo Diritto delle Società, 1/2023  18). La competenza ad adottare la decisione in questione non può essere oggetto di delega da parte del consiglio (O. Cagnasso, C.F. Giuliani, G.M. Miceli, L’accesso delle società al concordato preventivo, in Società, 2023, 983 s.). 
[100] 
La Cassazione con l’ordinanza n. 5128/2022 ha affermato che: “Ai fini dell’ammissione al passivo del credito professionale derivante dall’attività di sindaco della società poi fallita, occorre provare la corretta esecuzione della prestazione professionale depositando i verbali delle verifiche trimestrali, delle revisioni dei conti, delle assemblee alle quali avrebbe partecipato e delle assemblee di qualsiasi altro organo societario”. Precedentemente la Cassazione aveva rilevato che la valutazione di adempimento agli obblighi di vigilanza ex art. 2403 c.c., va fatta in relazione ai singoli esercizi sociali avendo carattere continuativo, per cui l’adempimento può essere parziale, come confermerebbe l’art. 2402 c.c. che dispone la maturazione annuale dei compensi coerentemente con l’andamento dell’esercizio quale articolazione temporale dell’attività d’impresa (Cass. 4 marzo 2021, n. 6027, in Giur. Comm., 2022, II, 423 s., con nota di S. Costa,  Natura del rapporto società-sindaci e diritto al compenso).
[101] 
L’obbligo di attivazione del pubblico ministero si determinava altresì (comma 2) quando l’insolvenza risultasse da una segnalazione proveniente dal giudice che l’avesse rilevata nel corso di un procedimento civile (es. procedimento prefallimentare non conclusosi con una dichiarazione di fallimento o dichiarato improcedibile). Ciò significa che l’iniziativa del pubblico ministero fosse da ritenersi esclusa quando la segnalazione, in ordine allo stato di insolvenza, provenisse da altri soggetti, quali ad esempio i sindaci della società (in tal senso in giurisprudenza cfr. Trib. Milano 24 maggio 2012).
[102] 
In merito alla possibilità di coinvolgimento del pubblico ministero, l’art. 38, comma 1, CCII, ora sancisce che lo stesso: “presenta il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale in ogni caso in cui ha notizie dell’esistenza di uno stato di insolvenza”. La  disposizione non prevede più una specifica previsione dei casi che consentono al PM di intervenire, potendo esso ricorrere, per l’apertura della liquidazione, in ogni caso in cui abbia notizia dell’esistenza dello stato di insolvenza, e quindi, anche su segnalazione dell’organo di controllo o del revisore.
[103] 
Seppure con riferimento alla vigenza del testo originario dell’art. 14 CCII si è evidenziato, come d’altra parte abbiamo rilevato all’inizio sul piano generale che la dizione “organi di controllo” parrebbe da interpretarsi  nel senso che tra di essi non debbano annoverarsi nè il revisore unico delle s.r.l., nè il revisore contabile o la società di revisione ai quali sia rimesso il controllo contabile nelle società per azioni o in accomandita per azioni. Riguardo invece alle autorità amministrative con “funzioni di vigilanza”, il riferimento può essere inteso tra gli altri per esempio alla Consob per le società quotate, al Ministero delle Imprese per le società cooperative, ma anche agli enti pubblici investiti ai sensi dell’art. 25 c.c. del controllo su fondazioni che esercitino anche attività d’impresa commerciale e non minore (L. Boggio, L’accesso alle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza, in Giur.it., 2019, 1960) cui vanno aggiunte chiaramente tutte le altre Autorità amministrative di controllo per i vari settori.
[104] 
Il revisore legale, pur essendo a conoscenza dei dati contabili non può, invece, chiedere informazioni agli amministratori riguardo ad ogni attività svolta e, in particolare, riguardo al prevedibile andamento della gestione ed alla configurazione dell’assetto organizzativo dell’impresa, che costituiscono elementi essenziali allo svolgimento della funzione di vigilanza.
[105] 
I poteri ispettivi e di controllo attribuiti dalla legge al collegio sindacale ed all’organo di controllo possono dunque essere esercitati anche in via autonoma da parte del sindaco. Ciò senza pregiudicare il diritto degli altri membri del collegio ad esserne adeguatamente e tempestivamente informati. Questo viene ribadito nelle raccomandazioni contenute nella norma di comportamento 5.1 per le società non quotate. ll legislatore non dice nulla su come possa essere fatta valere la responsabilità tra i vari componenti del collegio sindacale, in caso di omissione del dovere di vigilanza ex art. 2403 c.c., esercitato appunto, anche attraverso atti di ispezione e controllo. Altresì, al comma 3 dell’articolo in commento viene precisato che l’attività ispettiva e di controllo svolta deve essere formalizzata, con trascrizione della sua verbalizzazione nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale, ex artt. 2421 e 2478 c.c., rispettivamente con riferimento alle S.p.A. ed alle S.r.l.
[106] 
L’art. 2407 c.c. configura in capo ai sindaci una responsabilità per fatto proprio omissivo, correlata alla condotta degli amministratori. Per poter accertare la sussistenza della responsabilità dei sindaci in concorso omissivo con il fatto illecito degli amministratori o dei liquidatori, colui che propone l’azione ha l’onere di provare gli elementi costitutivi della fattispecie prevista dall’art. 2407 c.c. È pertanto onere di chi agisce in responsabilità fornire la prova del nesso di causalità tra la l’omessa vigilanza e la causa del danno che può ritenersi sussistente qualora, in base ad un ragionamento controfattuale ipotetico, l’attivazione del controllo lo avrebbe ragionevolmente evitato o limitato (cfr. in particolare Cass., 11 dicembre 2020 n. 28357).
[107] 
In tema: A. De Rosa, Responsabilità solidale degli amministratori e funzioni delegate tra “vecchio” dovere di vigilanza e “nuovo” obbligo di agire in modo informato, in Resp. civ. prev., 2013, 1517; P. Montalenti, Società per azioni, corporate governance e mercati finanziari, Milano, Giuffrè, 2011, 122 ss.; R. Sacchi, Amministratori deleganti e dovere di agire in modo informato, in Giur. comm., 2008, II, 377.
[108] 
Si è proposto così di considerare coerente al testo dell’art. 2392, comma 1, c.c., oltre che più efficiente, riconoscere una responsabilità in capo al singolo amministratore solo ove risulti una violazione dell’obbligo di diligenza legato (oltre che alla natura dell’incarico, anche) alle sue specifiche competenze (G.D. Mosco, S. Lopreiato, Doveri e responsabilità di amministratori e sindaci nelle società di capitali, in Riv. soc., 2019, 117). Nella stessa direzione va l’idea di introdurre, de iure condendo, un tetto alla responsabilità dei collegi sindacali, in modo da rendere l’esposizione al rischio proporzionata al compenso (E. Macrì, op. cit., 109).
[109] 
In base all’originario art. 14, comma 3, CCII, la tempestiva segnalazione all’organo amministrativo ai sensi del comma 1, di converso, costituiva «causa di esonero dalla responsabilità solidale per le conseguenze pregiudizievoli delle omissioni o azioni successivamente poste in essere dal predetto organo, che non siano conseguenza diretta di decisioni assunte prima della segnalazione, a condizione che, nei casi previsti dal secondo periodo del comma 2, sia stata effettuata tempestiva segnalazione all’Ocri».
[110] 
Per un’analisi del significato del rafforzamento della posizione di garanzia dei sindaci scaturente dai poteri di segnalazione cfr. A. Rossi, Profili penalistici del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: luci ed ombre dei dati normativi, in un contesto programmatico. I “riflessi” su alcune problematiche in campo societario, in Riv. it. dir. pen. proc.,2019, 3, 1153 s.; A. Alessandri, Novità penalistiche nel codice della crisi d’impresa, in Riv. it. Dir. pen proc. 2019, 4, 1815 s.). 

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