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Brevi note sugli obblighi di comunicazione previsti per banche e intermediari finanziari nel Codice della Crisi

Salvatore Rizzo, Dottore di Ricerca Diritto dei Mercati - Scuola di Dottorato dei Dipartimenti di Giurisprudenza ed Economia dell’Università degli Studi di Siena

20 Marzo 2023

L’A. si sofferma sugli obblighi di comunicazione in capo alle banche, evidenziandone le principali peculiarità nel contesto del nuovo sistema.
Riproduzione riservata
1 . La genesi della previsione
La disposizione in commento, unitamente a quanto disposto dall’art. 25 novies CCII, risulta essere tra le poche previsione sopravvissute alla riformulazione del Titolo II del CCII, relativo alle c.d. procedure di “allerta”, ovvero l’insieme di previsioni normative finalizzate alla tempestiva rilevazione di situazioni di crisi dell’impresa, onde consentirne altrettanta solerte gestione nella prospettiva di un suo (auspicabile) superamento[1]. In realtà, simile previsione non risulta trovare una puntuale corrispondenza all’intero della Direttiva Insolvency (Direttiva UE 2019/2013) né tantomeno nella legge delega all’interno della quale, al riguardo, veniva previsto, tra i principi e i criteri direttivi, “unicamente” quello di «porre a carico degli organi di controllo societari, del revisore contabile e delle società di revisione, ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni, l’obbligo di avvisare immediatamente l’organo amministrativo della società dell’esistenza di fondati indizi della crisi». Ciò nonostante, il Legislatore delegato – in occasione del varo del decreto correttivo (D.Lgs. n. 83/2022) al CCII – ha ritenuto comunque di preservare tale previsione, avendo cura di precisare a sostegno di tale scelta, all’intero della Relazione illustrativa del decreto correttivo, come simile previsione fosse in attuazione dell’art. 3, par. 2 lett. a) della Direttiva, in base al quale gli strumenti di allerta precoce possono includere meccanismi di allerta «(…)nel momento in cui il debitore non abbia effettuato determinati tipi di pagamenti». La ratio della norma – in assoluta continuità con quella esigenza di tempestività che permea il Codice della Crisi - è quella di portare con sollecitudine all’attenzione dell’organo di controllo societario la ricorrenza di quelle situazioni di anomalia nell’adempimento delle obbligazioni contratte dall’impresa presso banche ed intermediari finanziari ex art. 106 Tub affinchè quest’ultimo possa attivarsi, a propria volta, presso gli amministratori della società con i quali indagare l’oggetto delle segnalazioni ricevute e, ove ritenuti sussistenti, comunicare agli stessi la ricorrenza dei presupposti per l’accesso alla composizione negoziata[2].
2 . I destinatari e le modalità di inoltro della comunicazione
La disposizione pone, pertanto, a carico di banche ed intermediari finanziari un nuovo obbligo di comunicazione che, in prima battuta, viene ad aggiungersi alle già numerose prescrizione di “vigilanza” che prescrivono appositi flussi informativi verso le imprese affidate, quali a mero titolo esemplificativo le Disposizioni di Trasparenza e/o le informative previste in tema di segnalazioni presso la Centrale dei Rischi di Banca d’Italia nonché presso SIC privati. A differenza di quest’ultime, tuttavia, le comunicazioni previste dalla norma in esame non hanno quale destinatario esclusivo l’impresa affidata ma, oltre alla stessa, anche il relativo organo di controllo «se esistente». Circa l’identificazione di quest’ultimo, risulta chiaro che il riferimento debba andare al Collegio Sindacale di cui alla disciplina delle società di capitali (art. 2403 c.c. per le spa, art. 2477 c.c. per le srl e società cooperative a r.l.) e, come pure evidenziato dalla dottrina[3], non anche al Revisore dei conti seppur con le precisazioni di seguito illustrate. Nel silenzio assoluto della disposizione, poche ma chiare indicazioni in tal senso possono desumersi dall’analoga disciplina dettata per i c.d. creditori pubblici qualificati di cui all’art. 25 novies CCII laddove viene disposto espressamente che la comunicazione debba essere trasmessa al presidente del Collegio sindacale o al Sindaco unico (ove ricorrente). Al riguardo si potrebbe discutere, in presenza di organo di controllo collegiale, se la comunicazione debba essere inoltrata a ciascun singolo componente o meno; ancora una volta il rimando in via analogica all’art. 25 novies CCII permette di ritenere conforme al dettato normativo l’interpretazione per cui sia sufficiente l’invio della comunicazione al solo presidente del Collegio sindacale.
Si aggiunga che con specifico riguardo alle srl, l’art. 379 CCII concede alle stesse oltre che alle società cooperative a r.l. che rispettano i requisiti di cui all’art. 2477 c.c. termine fine all’approvazione del bilancio 2022 per la nomina obbligatoria del collegio sindacale “o” del revisore legale dei conti; potrebbe allora verificarsi l’ipotesi per cui dette società provvedano unicamente alla nomina del revisore dei conti e non anche del collegio sindacale. Ricorrendo tale ipotesi, pare logico ritenere che la comunicazione di cui alla disposizione in oggetto dovrà essere comunque inviata dalle banche e intermediari finanziari ma all’attenzione del revisore dei conti.
Riguardo alle modalità di inoltro della comunicazione di variazione, revisione o revoca degli affidamenti la disposizione nulla precisa, soccorrendo anche in questo caso il rinvio in via analogica a quanto disposto dall’art. 25 novies CCII, ovvero la comunicazione potrà essere inviata all’organo di controllo a mezzo pec e/o a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento. In proposito, si potrebbe porre il dubbio interpretativo se l’indirizzo (digitale o meno) dell’organo di controllo presso il quale inviare la comunicazione possa essere il medesimo indirizzo della società a cui banche o intermediari finanziari comunicano le variazioni, revisioni o revoca degli affidamenti, cosi di fatto semplificando i pesanti impatti organizzativi posti a loro carico, con particolare riferimento al recupero delle basi informative necessarie per identificare e censire presso i propri data base anagrafici i dati identificativi dell’organo di controllo e relativi recapiti. Sebbene questa opzione interpretativa possa essere certamente più agevole da realizzare, ad avviso di chi scrive, non si ritiene che la stessa sia pienamente conforme con il disposto normativo per le seguenti ragioni: in primo luogo, se per un verso banche e intermediari devono «comunicare» all’impresa le proprie determinazioni in termini di variazioni, revisione e revoca degli affidamenti, fornendo in ciascuna di queste comunicazione (ed in particolare nelle ipotesi di “variazioni” e “revoche”) sufficienti dettagli delle variazioni (in termini ad esempio di accordato, forma tecnica, scadenza etc…) o delle revoche (linee interessate dalla revoca, importo residuo del debito, garanzie escusse, etc…) disposte, dall’altro lato banche e intermediari dovranno «dare notizia» all’organo di controllo di quanto trasmesso all’impresa affidata. In altri termini, è ragionevole ritenere che la comunicazione informativa trasmessa all’organo di controllo non debba necessariamente avere lo stesso livello di dettaglio della comunicazione inviata all’impresa giacchè lo stesso, nel momento in cui riceverà la stessa e vorrà meglio comprendere/approfondire il contenuto della comunicazione potrà certamente rivolgersi agli amministratori della società e ottenere tutti i necessari ragguagli[4]. A sostegno di quanto sopra, occorre altresì evidenziare che vi possono essere anche ragioni ulteriori, ad esempio di tutela della privacy, che imporrebbero di non portare a conoscenza dell’organo di controllo l’eventuale garanzia personale prestata da soggetti terzi, estranei alla compagine sociale dell’impresa (si pensi ad esempio alla fideiussione prestata da un parente dell’amministratore- socio dell’impresa) che la banca decidesse di acquisire, modificare e/o escutere e che, quindi, rischierebbe di essere riportata nella comunicazione. In secondo luogo, che la comunicazione indirizzata all’organo di controllo non possa essere trasmessa presso l’indirizzo, digitale o fisico, dell’impresa, lo si deduce anche dalla circostanza per cui la disposizione in commento non lascia alcuno spazio interpretativo in tal senso mentre, se avesse voluto ammetterlo, non vi sarebbe stata sede migliore. 
Infine, ma non meno importante, un’eventuale invio delle comunicazioni indirizzate rispettivamente all’organo di controllo ed all’impresa affidata presso l’indirizzo (sia fisico che digitale) di quest’ultima, di fatto, porterebbe a ribaltare impropriamente in capo all’impresa l’onere informativo in commento in quanto spetterebbe poi a quest’ultima dover provvedere all’inoltro finale all’organo di controllo, con le connesse eventuali responsabilità che ne potrebbero discendere in caso di errore o disguidi operativi che hanno impedito il buon esito della notifica all’organo di controllo[5]. Da ultimo, la disposizione scandisce anche i tempi di inoltro della comunicazione; infatti la stessa dovrà essere inoltrata «tempestivamente». Stante anche in questo la genericità utilizzata, risulta chiaro che la comunicazione, che dovrà fare seguito all’analoga comunicazione inviata all’impresa affidata, sarà trasmessa da banche e intermediari in termini ragionevoli, ovvero senza eccessiva dilazione temporale nella prospettiva di assicurare una tempestività di allineamento informativo tra amministratori e sindaci in relazione a quanto loro comunicato.
3 . Gli eventi presupposto per la comunicazione
Perché ricorra il prescritto obbligo di comunicazione è necessario il verificarsi – anche contestuale e concorrente – di uno o più degli eventi (c.d. trigger) presupposto menzionati, ovvero che sia intervenuta una “variazione”, una “revisione” o “revoca” degli affidamenti in essere. In via preliminare occorre sottolineare, ancora una volta, la genericità della formulazione utilizzata dal Legislatore nell’utilizzo del termine “affidamenti” per identificare, secondo una interpretazione estensiva, qualsivoglia tipologia di forma tecnica di credito intercorrente tra banche e/o intermediari finanziari ed imprese affidate. Invero, per “affidamenti”, si dovrebbe unicamente intendere quelle specifiche tipologie di linee di credito a valere su conti correnti (es aperture di credito in cc) e, quindi, si potrebbe essere portati a ritenere che siano da escludere dal perimetro applicativo della disposizione tutte quelle diverse forme tecniche di tipo “rateale” (ad es mutui chirografari o ipotecari, assumibili nel “genus” finanziamenti)[6]. Una simile opzione interpretativa rischia, tuttavia, di non essere del tutto convincente posto che non capirebbe perché mai l’obbligo di informare l’organo di controllo circa l’intervenuta revoca o variazione di fido possa essere di interesse per il medesimo solo limitatamente a determinate forme tecniche. Tale dettaglio, infatti, risulta essere del tutto irrilevante per l’organo di controllo destinatario dell’informativa giacchè quello che effettivamente sarà di interesse per quest’ultimo è l’indagare/verificare presso gli amministratori della società se, alla luce delle determinazioni assunte dalle banche creditrici, ricorrano o meno della situazioni di difficoltà finanziaria/economica dell’impresa tali da prefigurare come ricorrenti i presupposti di un “crisi” o “insolvenza” e, quindi, suggerire ai medesimi di ricorrere agli strumenti posti a disposizione dal CCII per il superamento della situazione di difficoltà. 
Venendo agli “eventi presupposto” che faranno scattare la comunicazione da parte di banche e intermediari finanziari, anche questi – purtroppo - paiono connotati da un eccesso di genericità che potrebbe essere foriera di errate interpretazioni e che, pertanto, meritano di essere indagati in maniera attenta. In primo luogo, forse il più semplice, la “revoca”; questa dovrebbe essere rappresentata da qualsiasi intervento comportante la cessazione degli effetti della linea di credito interessata, conseguita attraverso la adozione degli istituti contrattuali funzionali a produrre tale risultato in relazione alla natura giuridica del negozio produttivo della linea di credito (ad es.: risoluzione – ovvero decadenza del beneficio del termine per gli “affidamenti” a scadenza fissa; recesso per gli “affidamenti” a tempo indeterminato). Ovviamente la comunicazione avente per oggetto l’intervenuta revoca dell’affidamento indirizzata all’organo di controllo scatterà anche nell’ipotesi in cui, a fronte di una pluralità di affidamenti concessi dalla banca/intermediario all’impresa, venisse revocata una sola delle linee di credito in essere, paradossalmente anche residuale – in termini percentuali – rispetto al totale accordato. E’ allora sufficiente riflettere su simile circostanza per comprendere la potenziale inutilità di una simile previsione, visto che il rischio concreto è quello di realizzare un meccanismo segnaletico ipersensibile che genererà numerosi “falsi positivi” presso l’organo di controllo. 
Detto altrimenti, sarebbe stato ben più ragionevole prevedere il decorrere di un simile obbligo informativo a favore dell’organo di controllo se, in ipotesi di pluralità di affidamenti concessi ad un’impresa (circostanza niente affatto infrequente), l’affidamento “revocato” avesse rappresentato l’esposizione più rilevante o, ad esempio, prevedere determinate soglie di importo, al cui superamento la revoca deve essere comunicato all’organo di controllo. Non solo; potrebbe anche verificarsi il caso per cui la revoca dell’affidamento venga disposta dalla banca/intermediario, perché si tratta di una linea di credito inutilizzata o, addirittura, rinunciata dall'impresa; evento quest’ultimo che comunque comporterebbe negli applicativi informatici la qualificazione di revoca dell'affidamento. Ebbene, ricorrendo simile ipotesi si fatica a comprendere quale sarebbe l’effettivo valore “informativo” di una comunicazione indirizzata all’organo di controllo. Ulteriore evento presupposto previsto dalla disposizione in commento è la “variazione” dell’affidamento, intendendo ricomprendervi qualsivoglia mutamento concernente una delle caratteristiche di cui è composta una linea di credito (a titolo esemplificativo, durata, accordato, condizioni economiche applicate, garanzie eventualmente presenti sulla linea, etc…). Resta tuttavia da comprendere se la comunicazione verso l’organo di controllo sia dovuta solo in caso di variazioni apportate unilateralmente dalla banca/intermediario (ex art. 118 Tub) oppure anche in caso di variazioni “richieste” dall’impresa affidata o comunque “concordate” con quest’ultima. Non è infrequente, ad esempio, che un’originaria linea di credito possa essere modificata nei suoi elementi caratterizzanti e/o migrata verso in altre e diverse forme tecniche per ragioni puramente commerciali/esigenze operative senza che, anche in questo caso, possa anche solo immaginarsi che alla base vi siano situazioni di difficoltà economico/finanziaria dell’impresa (e la banca sarebbe la prima ad avere interesse a cogliere detti segnali). 
Parimenti, la genericità della formulazione, dovrebbe ricomprendere nel suo perimetro applicativo anche quelle variazioni “in aumento” degli affidamenti tenuto conto che simili ipotesi dovrebbero essere di potenziale interesse dell’organo di controllo, in quanto potrebbero sottendere un ricorso a maggior indebitamento da parte dell’impresa e, dunque, una possibile aggravamento della situazione di finanziaria della stessa. Risulta chiaro, allora, che l’invio di comunicazioni all’organo di controllo se per un verso costituisce l’interpretazione (ed esecuzione) più prudenziale della disposizione in esame, dall’altro lato rischia di portare all’attenzione dell’organo di controllo una moltitudine di comunicazioni (spesso inutili), con ciò arrivando a svilire gli obbiettivi propri che la disposizione mira a conseguire.  L’obbligo di comunicazione verso l’organo di controllo si attiva infine anche laddove banche e intermediari finanziari effettuino una “revisione” della complessiva posizione di rischio di imprese affidate; anzi è da ritenersi che la “revisione” ricorra quasi sempre in concomitanza con una “variazione” o una “revoca” degli affidamenti, giacchè la stessa è lo strumento “proprio” con cui si decide di variare o revocare delle linee di credito. La previsione, a contenuto del tutto innovativo, risulta essere particolarmente problematica sia dal punto di vista interpretativo che strettamente operativo. Sotto il profilo interpretativo, infatti, ci troviamo dinanzi ad obbligo comunicativo del tutto nuovo che non trova alcuna corrispondenza né in analoghe comunicazioni dettate da Disposizioni di vigilanza (si pensi ad esempio alle previsioni di cui alle Disposizioni di Trasparenza di Banca d’Italia) né tantomeno in altri ambiti normativi, anch’essi disciplinanti l’attività creditizia (si pensi alle disposizioni di vigilanza in tema di Centrale dei Rischi, alle segnalazioni di vigilanza e, più in generale, all'intera cornice di vigilanza prudenziale[7]). Di fatto, con questa previsione banche ed intermediari saranno tenuti a comunicare alle imprese affidate ed ai relativi organi di controllo, qualsivoglia attività di “revisione” (tipicamente a contenuto valutativo) che viene condotta presso le rispettive strutture creditizie e che, molto spesso, non hanno un riflesso né diretto né immediato sulle linee di credito concesse all’impresa. Si pensi, ad esempio, alla tipica revisione periodica (tipicamente ogni 12 mesi) a cui ordinariamente ogni posizione di rischio, secondo le logiche di segmentazione dei portafogli che ogni intermediario adotta, viene effettuata presso ciascuna banca/intermediario al solo fine di verificare ad esempio l’andamento della relazione commerciale, il corretto decalage dell’ammortamento, la revisione del rating assegnato a quella specifica controparte o, ancora, per allegare la revisione della perizia sugli immobili e/o altri beni/valori assunti a garanzia dell’affidamento concesso. Ricorrendo simili ipotesi operative, d’ora innanzi gli intermediari, che finora hanno condotto queste attività di revisione senza che nulla venisse riferito all’impresa affidata, trattandosi in tutto e per tutto di documenti e valutazioni ad uso strettamente interno, avranno invece l’onere di informare, mediate specifica comunicazione, sia le imprese affidate quanto i relativi organi di controllo, ponendosi a questo punto il problema – niente affatto banale – di quale livello di disclosure adottare nella comunicazione relativamente all’attività di revisione condotta, anche nella prospettiva di evitare possibili reclami e/o richieste di chiarimenti da parte dell’impresa e del suo organo di controllo. Tale aspetto assume un particolare rilievo soprattutto nell’ipotesi di revisioni condotte su posizioni di rischio relative ad imprese affidate che, a termini di disciplina prudenziale, espongono profili di criticità dal punto di vista andamentale e, quindi, subiscono un downgrade di rating o, peggio, passano da una classificazione in bonis ad una classificazione a default secondo uno dei seguenti stati: scaduto deteriorato, inadempienze probabili e sofferenze. Ricorrendo tali ultime ipotesi, al netto del passaggio a sofferenza, nessuna comunicazione informativa viene oggi trasmessa all'impresa affidata in quanto si tratta di un ambito di disciplina, quello della classificazione a default, che ha per obiettivo principale la corretta classificazione dei crediti e, di riflesso, la loro contabilizzazione nel bilancio d’esercizio dell'intermediario. A ciò si aggiunga che ogni banca/intermediario finanziario adotta all’interno delle proprie policy di credito regole operative/valutative più o meno stringenti, potendosi pertanto verificare anche ipotesi in cui una posizione di rischio di un’impresa affidata subisca un downgrade del rating interno presso un intermediario, scadendo in segmenti di portafogli di crediti ritenuti meno sicuri (in termini di capacità di rimborso) mentre presso altri intermediari quella medesima impresa sia qualificata come una posizione di migliore standing creditizio. In simili fattispecie, non si può escludere che l’impresa possa, anche solo strumentalmente, contestare – financo per vie legali -, il merito delle valutazioni effettuate da banche e intermediari nella loro “revisione” della posizione, adducendo presunti danni derivanti da indebite segnalazioni negative presso la Centrale dei rischi e gli altri sistemi informativi creditizi privati, nonché danni di tipo reputazionale o ancora, difficoltà di accesso al credito o nel mantenimento delle relazioni creditizie con altri intermediari, in ragione di simili valutazioni. Da ultimo, contrariamente a quanto ci si poteva attendere, anche alla luce delle finalità cui sottende la previsione in commento, ovvero portare all’attenzione dell’organo di controllo societario l’emersione di segnali di early warning esterni e, quindi sollecitare una sua attivazione presso gli amministratori della società, non è stato incluso tra gli eventi presupposto della comunicazione l’ulteriore casistica del “rifiuto” di una domanda di credito. A ben riflettere, si tratta infatti di una circostanza che ben dovrebbe essere portata all’attenzione dell’organo di controllo al fine di consentire a quest’ultimo di indagare in maniera approfondita i motivi sottostanti la decisione di una banca o intermediario di non concedere credito all’impresa, tenuto conto della profondità d’indagine e del livello di dettaglio a cui oggi sono chiamati dalla disciplina prudenziale banche ed intermediari nella conduzione delle istruttorie creditizie finalizzate a selezionare i prenditori di credito[8].

Note:

[1] 
I. Pagni, M. Fabiani, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata e viceversa, su Dirittodellacrisi.it, 2 novembre 2021; S. Leuzzi, Allerta e composizione negoziata nel sistema concorsuale ridisegnato dal d.l. 118 del 202, in Dirittodellacrisi.it, 28 settembre 2021; A. Jorio, Alcune riflessioni sulle misure urgenti: un forte vento di maestrale soffia sulla riforma, in Dirittodellacrisi.it, 1° ottobre 2021.
[2] 
Lo strumento di deterrenza rispetto al puntuale rispetto di tale dover di “attivazione” per l’organo di controllo viene sancito dall’art. 25 octies, comma 2 CCII, il quale dispone che la tempestiva segnalazione all’organo amministrativo e la vigilanza esercitata sull’andamento delle trattative nella composizione negoziata sono valutare ai fini dell’art. 2407 cc. S. Pacchi, Le segnalazioni per l’anticipata emersione della crisi. Cosi è se vi pare, in RistrutturazioniAziendali.it, 2022, 1 ss.; V. Mazzoletti, Ruolo e responsabilità delle banche nelle fasi di allerta e composizione della crisi, in Fall., 2020, 304; M. Sciuto,  Quel che resta degli obblighi di segnalazione nel Codice della crisi, in Ilfallimentarista.it, Focus del 29 luglio 2022).
[3] 
G. Falcone, Obblighi e responsabilità della banca e dell’intermediario finanziario nelle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, in Dir. banc. mer. fin., 2019, 51 ss.; in senso difforme, S. balsamo tagnani, M. carloni, Obblighi di segnalazione degli organi di controllo societari e delle banche nel nuovo ccii, in Società, 2020, 869.
[4] 
R. Rordorf, L’obbligo delle banche di comunicare le modifiche degli affidamenti agli organi di controllo delle società loro clienti ex art. 14, comma 4, CCII, in Dirittodellacrisi.it, 2021, 4 ss).
[5] 
Circa i possibili profili di responsabilità a carico delle banche vedasi G. Fauceglia, Riflessioni sulla responsabilità delle banche nel Codice della Crisi con particolare riguardo all’abusiva concessione di credito, in Dirittodellacrisi.it, 4 gennaio 2023.
[6] 
S. Bonfatti, Le banche nel nuovo Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Dir. banc. mer. fin., 2019, 723. 
[7] 
In argomento, Bonfatti, Rizzo, La “vigilanza prudenziale” nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, in Dirittodellacrisi.it, 9 dicembre 2022.
[8] 
S. Bonfatti, Le banche nel nuovo Codice, cit., 725.

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