Il primo comma dell’art. 38 interviene sul comma 4 dell’art. 25 bis del codice della crisi (CCII) che attiene alle cd. Misure premiali nella composizione negoziata. L’intervento normativo prevede che in caso di temporanea situazione di obiettiva difficoltà dell’impresa, rappresentata nell’istanza sottoscritta anche dall’esperto e depositata ai sensi del comma 4 del detto articolo, nell’ipotesi di pubblicazione nel registro delle imprese:
- del contratto previsto dall’art. 23 co 1 lettera a) (CCII)
Idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a 2 anni;
- o dell’accordo previsto dall’art. 23, comma 1, lett. c) (CCII)
sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto che produce gli effetti:
· dell’esenzione da azione revocatoria ex art. 166, comma 3, lett. d) CCII;
· dell’esenzione dai reati di bancarotta ex art. 324 CCII.
il debito dell’impresa verso l’Agenzia delle Entrate possa essere dilazionato in 120 rate mensili contro le 72 rate previste dal previgente testo del D.Lgs. n. 14/2019.
Di fatto in termini di premialità viene riconosciuto al debitore che conclude le trattative nelle alternative suindicate la possibilità di accedere ad un piano straordinario di rateizzazione giustificato appunto dall’esistenza di una “temporanea situazione di obiettiva difficoltà”.
Considerato che la dottrina[1] aveva ritenuto non percorribile la tesi secondo cui sarebbe stato possibile prorogare di ulteriori 72 mesi la rateazione, vista la chiara formulazione delle norme ( …l’Agenzia delle Entrate concede … un piano di rateazione fino a un massimo di 72 rate mensili …) bene ha fatto il legislatore ad intervenire come è chiaramente motivato nella relazione accompagnatoria: ”La situazione di difficoltà non viene ancorata alla congiuntura economica, come prevede l’analoga disposizione contenuta nell’articolo 19 del DPR 29 settembre 1973, n. 602, perché l’agevolazione in esame, che serve al buon esito delle trattative, deve poter ricomprendere ogni situazione critica, al di là della sua origine, nell’interesse del salvataggio dell’impresa”.
Il secondo comma del citato art. 38 consente ai creditori dell’imprenditore che accede alla composizione negoziata, ed in ipotesi di conclusione positiva delle trattative ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. a) e c) di poter emettere nota di variazione ai fini IVA in base all’articolo 26 comma 3 bis, del D.P.R. 26/10/1972 n. 633[2].
Si ricorda come l’art. 26, comma 3 bis, D.P.R. n. 633/1972 consente al creditore (cedente/prestatore) in caso di mancato pagamento in tutto o in parte del corrispettivo da parte del cessionario o committente di recuperare l’IVA di rivalsa esposta in fattura e versata all’Erario e non incassata tramite l’emissione di una nota di variazione da registrare a norma dell’art. 25 Legge Iva portando in detrazione ai sensi dell’art. 19 l’imposta corrispondente alla variazione. Sinora, per espressa previsione del dettato normativo dell’art. 26 in trattazione, l’operatività – in ipotesi di crisi di impresa – era limitata (i) alle procedure concorsuali dalla data di assoggettamento del debitore alla procedura, (ii) agli accordi di ristrutturazione del debito ex art. 182 bis L. fall. o (iii) ai piani di risanamento attestati ai sensi dell’art. 67, terzo comma lett. d) L. fall. purché pubblicati nel registro delle imprese.
Si rammenta inoltre come il menzionato art. 26 risulti peraltro stato oggetto di recenti importanti modifiche (per effetto del cd. Decreto Sostegni -bis (D.L. n. 73/2021 conv. In L. n. 106/2021) che hanno fortemente inciso – in senso positivo – sul diritto di portare in detrazione l’importa corrispondente alle variazioni operate anticipandone la detrazione all’apertura delle procedure rispetto alla precedente versione normativa che richiedeva l’attesa della conclusione delle stesse.
In tale contesto la natura totalmente privatistica e non concorsuale della composizione negoziata aveva aperto, in ambito dottrinario, uno stimolante dibattito sulle possibilità per i creditori dell’imprenditore che ha fatto ricorso a tale procedura di poter emettere nota di variazione ex art. 26 legge IVA[3].
L’intervento del secondo comma dell’art. 38 del D.L. n. 13/2023 definisce positivamente e, secondo chi scrive, coerentemente, il dibattito, consentendo ai creditori interessati – dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese dei contratti o degli accordi dell’art. 23, comma 1, lett. a) e c) CCII la possibilità di emettere la nota di variazione ex art. 26 D.P.R. n. 633/73 consentendo quindi al creditore – per gli importi non soddisfatti – un veloce recupero dell’iva non incassata.
Il terzo comma dell’art. 38 del decreto in trattazione interviene per facilitare e accelerare l’accesso alla procedura di composizione negoziata, considerato che l’art. 17, comma 3, lett. e), f) e g) del CCII normalmente richiede che alla domanda di accesso alla procedura siano allegati: istanza di nomina dell’esperto, certificato unico dei debiti tributari, dei debiti contributivi e per premi assicurativi, oltre alla situazione debitoria complessiva delle somme iscritte a ruolo. In tale contesto la novella normativa per consentire lo “sblocco delle numerose istanze di composizione negoziata pendenti in attesa di nomina dell’esperto” permette all’imprenditore di depositare una dichiarazione sostitutiva (art. 46 D.P.R. n. 445/2000) con la quale attesta sotto la propria responsabilità, di avere richiesto, almeno 10 giorni prima dell’istanza di nomina dell’esperto, le certificazioni sopra indicate.
Tale operatività è riconosciuta per tutte le istanze di composizione negoziata presentate (ex art. 17 CCII) alla data di entrata in vigore del decreto in argomento (25 febbraio 2023) e limitatamente a quelle presentate entro il 31/12/2023.
Tale operatività è così motivata dalla relazione accompagnatoria all’art. 38:”Come evidenziato dagli operatori del settore, dai professionisti e dal sistema camerale, tale problematica si verifica, nella maggior parte dei casi, a causa dei tempi ad oggi necessari per il rilascio delle certificazioni previste dall’articolo 17, comma 3, lettere e), f) e g), dello stesso codice della crisi d’impresa (vale a dire il certificato unico dei debiti tributari e i certificati dei debiti contributivi e per premi assicurativi previsti, rispettivamente, dagli articoli 363, comma 1, e 364, comma 1, del codice della crisi di impresa, nonché la certificazione sulla situazione debitoria complessiva rilasciata dall’agente della riscossione). Al fine di consentire la celere nomina dell’esperto e l’avvio delle trattative, si prevede che le singole certificazioni possano essere sostituite dalla dichiarazione con la quale l’impresa attesta, sotto la propria responsabilità, di avere tempestivamente presentato l’istanza per il rilascio del certificato stesso agli enti competenti. L’assenza delle informazioni contenute nelle certificazioni non crea problemi ai fini della valutazione, demandata all’esperto, di perseguibilità del risanamento, in quanto l’interoperatività delle banche dati dei medesimi enti con la piattaforma telematica nazionale, prevista dall’articolo 14 del codice della crisi, consente agevolmente l’estrazione dei dati relativi ai debiti fiscali e previdenziali dell’impresa che ha chiesto l’avvio delle trattative”.