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Concordato fallimentare alias concordato nella liquidazione giudiziale: considerazioni in tema conferimento di azienda ex art. 176 Tuir e sulle sopravvenienze attive ex art. 88, comma 4, Tuir

Giuliano Buffelli, Dottore Commercialista in Bergamo

14 Aprile 2023

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Il tema delle sopravvenienze attive ex art. 88, comma 4 ter, Tuir è sempre stato argomento che ha destato perplessità interpretativa quanto alla determinazione del reddito che nel fallimento è previsto dall’art. 183 Tuir.
L’interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 549 del 4/11/2022 prende in considerazione un concordato fallimentare con azienda funzionante sia in ambito fallimentare che post; ciò pone l’interrogativo, peraltro avanzato da parte della dottrina nel passato sulla determinazione del reddito in tale evidenza.
L’argomento interessa il concordato nella liquidazione giudiziale di cui al CCII posto che la norma fiscale e quella del diritto della crisi sono uguali.
Riproduzione riservata
1 . Premessa
Un’interessante risposta dell’Agenzia delle Entrate ad una istanza di interpello, la n. 549 del 4/11/2022, stimola riflessioni di natura fiscale sia con diretto riferimento all’operazione di conferimento d’azienda in regime neutrale (art. 176 Tuir) e sia - indirettamente - in tema di sopravvenienze attive nel concordato fallimentare (art. 88, comma 4, Tuir).
L’interpello evidenzia la seguente situazione:
y srl (in scioglimento), società fallita, precisa nel quesito come l’attività di impresa viene continuata attraverso contratti di affitto di rami di azienda di unità commerciali sviluppando sul tema articolate indicazioni. 
X srl, società estranea alla precedente gestione societaria, intende avanzare una proposta di concordato fallimentare ai sensi dell’art. 124 L. fall. che implicherebbe:
*la costituzione di una nuova società da parte della procedura fallimentare (di seguito Newco); *il conferimento, da parte della procedura, dell’attivo fallimentare alla Newco; *il successivo acquisto, da parte di x, delle quote della Newco”.
Le società y e x chiedono, con l’interpello, se nella fattispecie oggetto della domanda si configuri un conferimento di azienda meritevole della previsione agevolativa ex art. 176 Tuir ovvero rappresenti esclusivamente un conferimento di beni immobili.
L’Agenzia delle Entrate nel conseguente parere, dopo avere ricordato il proprio orientamento sulla nozione di “azienda” definisce la stessa come “un insieme di beni eterogenei … costituenti un complesso caratterizzato da un’ “unità funzionale” ritenendo quindi in definitiva che “… quanto conferito deve essere di per sé un insieme organicamente finalizzato all’esercizio dell’attività di impresa, autonomamente idoneo a consentire l’inizio o la continuazione di quella determinata attività da parte del conferitario. I fattori essenziali dell’azienda si possono quindi individuare nell’organizzazione, nei beni e nel loro fine per l’esercizio dell’impresa”.
L’Agenzia, dopo avere considerato ed esaminato l’interpello e la documentazione rimessa, conclude come da indicazioni che seguono:
in sostanza, dalla documentazione prodotta dalle società istanti il coordinamento unitario di dette attività, secondo quanto rappresentato, è assicurato dall’azione della curatela fallimentare che ha continuato a svolgere l’attività di locazione delle aziende (prima 4 e poi 1) appaltando la gestione dei servizi necessari per la gestione del costruendo centro commerciale a imprese terze, mantenendo gli obblighi verso le amministrazioni locali e la possibilità di continuare anche sul piano tecnico il progetto inziale. X, dunque, mediante la predetta acquisizione entra in possesso di un complesso di beni caratterizzato da un’ “unità funzionale”, tale da rendergli possibile il perseguimento dell’originario oggetto dell’impresa...
In tale ottica, quindi, il complesso dei beni oggetto di conferimento unitamente alle licenze relative ad alcune di essi e ad altri elementi configura come un insieme di beni funzionali al proseguimento dell’oggetto sociale da cui traggono origine.
Alla luce di quanto sopra, si ritiene che il complesso conferito sia qualificabile come azienda, ai sensi dell’articolo 2555 del codice civile e che, pertanto, nella fattispecie prospettata, possa trovare applicazione: 
- ai fini delle imposte dirette, l’articolo 176 del Tuir;
- …  “
In sintesi, l’Agenzia ritiene possibile - , nella su descritta situazione in cui rileva società in scioglimento, fallita, con ipotesi di proposta di concordato fallimentare  - l’esistenza, pur in un contesto liquidatorio quale è il fallimento, di un’azienda con tutto quanto ne consegue.
La tematica, e le conseguenti considerazioni, rilevano in modo analogo anche per la procedura di concordato nella liquidazione giudiziale ex art. 240 e ss. D.Lgs. 14/2019 che con l’avvento del nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (CCII) ha sostituito, per le procedure introdotte a far data dal 15 luglio 2022, il concordato fallimentare del R.D. n. 267/1942.
2 . L’art. 176 Tuir: brevi note
Il primo comma della norma in esame prevede espressamente che il soggetto che conferisce l’azienda non realizza né plusvalenze né minusvalenze fiscalmente rilevanti; va ricordato che il conferimento di azienda può beneficiare del regime di neutralità fiscale ai fini delle imposte dirette:
· se effettuato tra soggetti residenti nel territorio dello stato, che operano nell’esercizio di imprese commerciali, indipendentemente dalla natura giuridica del soggetto conferitario;
· se effettuata tra soggetti non residenti (operanti in qualità di “conferente” o di “conferitario”) purché avente ad oggetto aziende situate nel territorio dello stato.
Si sottolinea come il beneficio di cui alla norma in esame sia subordinato all’esistenza dell’azienda.
L’Agenzia delle Entrate con la risposta al sopra citato interpello, nell’accogliere l’istanza dei contribuenti riconoscendo l’applicazione dell’ art. 176 Tuir alla fattispecie rappresentata, conferma tale possibilità pur nel contesto del fallimento (ora liquidazione giudiziale nella nuova terminologia del CCII) con ciò aprendo, indirettamente, spazi di riflessione sull’operatività del comma 4 ter dell’art. 88 Tuir in tema di sopravvenienze attive nel concordato fallimentare (nel CCII concordato nella liquidazione giudiziale).
3 . Il tema delle sopravvenienze attive: analisi dell’art. 88, comma 4 ter, Tuir con riferimento al concordato fallimentare (concordato nella liquidazione giudiziale
Come osservato l’interpello di cui si è trattato in precedenza stimola l’attenzione su un tema molto dibattuto in  dottrina e concernente le sopravvenienze attive che si determinano nel corso del concordato fallimentare (concordato nella liquidazione giudiziale nella terminologia del CCII).
A tal fine si ricorda che il primo periodo del comma 4 ter dell’art. 88 del Tuir contiene una disposizione secondo la quale il “bonus da concordato”, ossia la riduzione del passivo chirografario o privilegiato che si attua per legge e sulla base degli accordi raggiunti con i creditori nel concordato fallimentare, non determina fiscalmente una sopravvenienza attiva. La chiara previsione normativa “non si considerano, altresì, sopravvenienze attive le riduzioni dei debiti dell’impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio …” non pone differenza tra la riduzione concordataria del passivo chirografario e quella del passivo privilegiato, con la conseguenza che entrambe le ipotesi sembrerebbero non generare sopravvenienza attiva fiscalmente rilevante. Questa previsione, di forte interesse concreto in sede di concordato preventivo, in materia di concordato fallimentare non ha altrettanta rilevanza, perché il concordato fallimentare chiude il fallimento; quindi nel momento in cui, al termine della procedura, dovesse risultare un avanzo (residuo attivo), questo sarà sottoposto a tassazione secondo le regole previste per le procedure fallimentari ex art. 183 del Tuir. Diversamente, se la procedura non dovesse terminare con un avanzo, non vi sarebbe problema alcuno di tassazione. E quindi l’applicazione dell’art. 88, comma 4 ter del Tuir, nel concordato fallimentare, dovrebbe presumibilmente restare limitata, in concreto, solo all’ipotesi in cui l’impresa, successivamente alla chiusura della procedura di fallimento, prosegua la propria attività. Perché qui potrebbero determinarsi  sopravvenienze attive non tassabili, derivanti dalla gestione concorsuale (tema controverso).
La letteratura che si è occupata del caso ha fornito diverse ipotesi interpretative[1] della citata norma con riferimento al concordato fallimentare. 
L’interpello in premessa esaminato sembra chiarire alcuni aspetti lasciando tuttavia aperte altre considerazioni.[2] [3]
Preliminarmente va sottolineato che con l’omologa del concordato fallimentare (del concordato nella liquidazione giudiziale nel CCII) gli articoli 130 LF (efficacia del decreto) e 246 CCII (efficacia del decreto) dispongono:
quando il decreto di omologazione diventa definitivo, il curatore rende conto della gestione ai sensi dell’articolo 116/LF -> 246/CCII, e il tribunale dichiara chiuso il fallimento/chiusa la procedura di liquidazione giudiziale”.
La lettura congiunta delle citate norma riferite al diritto concorsuale con il comma 4 ter dell’art. 88 Tuir, quest’ultimo interpretato secondo le indicazioni della relazione al Tuir, sembrerebbe portare a privilegiare l’interpretazione secondo cui, con la chiusura del fallimento (liquidazione giudiziale) l’imponibile positivo o negativo dovrebbe determinarsi sulla base delle previsioni di cui al secondo comma dell’art. 183 Tuir che recita: “Il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio e la chiusura del procedimento concorsuale, quale che sia la durata di questo ed anche se vi sia stato esercizio provvisorio, è costituito dalla differenza tra il residuo attivo e il patrimonio netto dell’impresa …”.
In tale direzione anche la Suprema Corte (Cass., Sez. I civ., n. 9688, 10 maggio 1995, depositata il 14/9/1995) che conferma come, anche nel concordato fallimentare garantito da terzi (non viene nel caso esaminato la continuazione dell’attività di impresa come nel citato interpello) qualificabile con finalità liquidatoria, l’eventuale sopravvenienza attiva da riduzione del debito, viene assorbita, nella determinazione del reddito di impresa, nelle previsioni di cui al comma 2 dell’art. 183 Tuir (differenza tra residuo attivo e patrimonio netto …).
Di contro il fatto che l’esistenza delle sopravvenienze attive presuppone la continuazione dell’impresa (si veda la relazione al Tuir sull’art. 55, comma 4, ora 88, comma ter) per parte della dottrina 2 3 [4], direttamente o indirettamente, potrebbe determinare la necessità che l’imponibile positivo o negativo sia determinato con le ordinarie modalità previste per l’individuazione del reddito di impresa 3 pur considerando non tassabili le sopravvenienze attive.
Rimane quindi aperta la domanda che deriva indirettamente dalle riflessioni tratte dall’interpello: nel concordato fallimentare (concordato nella liquidazione giudiziale) quale procedura finalizzata alla prosecuzione dell’attività aziendale, il reddito di impresa è da determinarsi ai sensi dell’art. 183 Tuir o sulla base di specifico bilancio?
Il giudice delegato, il curatore e il comitato dei creditori dopo l’omologa del concordato ne sorvegliano l’adempimento (vedi artt. 136 L. fall., 249 CCII); il curatore di conseguenza dovrà, nei termini previsti dall’art.  5, comma 4, DPR n. 322/98, presentare la dichiarazione in materia di imposte dirette entro l’ultimo giorno del nono mese successivo a quello di chiusura del fallimento.
4 . Verifica dell’esistenza di altre ipotesi in cui rileva continuazione dell’impresa nel fallimento (nella liquidazione giudiziale): riflessioni circa le modalità di determinazione dell’imponibile
Le indicazioni tratte sia dall’interpello di cui in premessa (sulla base dell’esistenza dell’azienda in ambito fallimento nonché il fatto che la curatela fallimentare ha continuato a svolgere, anche se tramite la locazione dell’azienda, la continuità di impresa) che dalla relazione al Tuir di cui si è fatto rinvio trattando delle sopravvenienze attive (secondo cui il conetto di sopravvenienza presuppone la continuazione dell’impresa) portano a svolgere alcune riflessioni anche in ambito esercizio provvisorio (nel fallimento ex art. 104 L. fall., nella liquidazione giudiziale ex art. 211 CCII) posto che a seguito di tale periodo può  determinarsi la cessione dell’azienda condotta provvisoriamente dal curatore. In tale ipotesi non sembrano rilevare dubbi circa l’applicazione, nella determinazione del reddito di impresa “relativo al periodo compreso tra l’inizio e la chiusura del procedimento concorsuale quale che sia la durata di questo anche se vi è stato esercizio provvisorio …”, del secondo comma dell’art. 183 Tuir essendo assorbite in tale norma le eventuali sopravvenienze attive da bonus da esdebitazione.
5 . Conclusioni
Quanto precede evidenzia un aspetto non chiarito e cioè quale sia la metodica della determinazione del reddito di impresa nel caso di concordato fallimentare (concordato nella liquidazione giudiziale) quale procedura finalizzata alla prosecuzione dell’attività aziendale: è applicabile l’art. 183, comma 2, Tuir o rileva la normale applicazione della regola di determinazione del reddito di impresa con conferma della non rilevanza delle sopravvenienze attive da bonus da esdebitazione?
Il Ministero delle Finanze nella dovuta revisione degli aspetti fiscali delle procedure di gestione delle crisi alla luce della recente entrata in vigore del D.Lgs. n. 14/2019 dovrebbe considerare anche il tema del concordato fallimentare (concordato nella liquidazione giudiziale) quale procedura da annoverare (in particolari ipotesi) tra quelle finalizzate alla prosecuzione dell’attività di impresa; ciò nello spirito della riforma del diritto della crisi di favorire gli strumenti finalizzati alla salvaguardia del bene impresa.

Note:

[1] 
La relazione del Tuir spiega “… si è stabilito che non rientrano tra le sopravvenienze attive la riduzione dei debiti in sede di concordato fallimentare … o di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori (contro il consolidato orientamento ministeriale), e cioè ogni qualvolta dopo la chiusura del fallimento o dopo il concordato non vi sia più esercizio di impresa; il concetto di sopravvenienza, infatti, presuppone la continuazione dell’impresa e la determinazione del reddito in base al bilancio, che nelle ipotesi in esame non si verificano”.
Fausta Brighenti “Adempimenti tributari e responsabilità del curatore fallimentare” Giappichelli Editore anno 1994 dove al capitolo 5 scrive:” La questione delle sopravvenienze aveva infatti ragion d’essere quando l’imponibile concorsuale era determinato secondo le regole di determinazione del reddito di impresa; ora, la componente di reddito rappresentata dalle sopravvenienze, prima che da una norma espressa, dovrebbe essere esclusa dal nuovo regime di determinazione dell’imponibile concorsuale. La norma, quindi, dovrebbe avere un senso solo per il concordato preventivo….  Peraltro, non è chiaro come le sopravvenienze attive possano rilevare in un esercizio successivo a quello concorsuale: se non vi fosse l’art. 55 (ora art. 88 co 4 ter Tuir) infatti, le sopravvenienze concorrerebbero a formare il reddito di impresa nel periodo fallimentare, e non in quello successivo, secondo il principio di competenza.
[2] 
M. Miccinesi in “L’imposizione sui redditi nel fallimento e nelle altre procedure concorsuali” in cui l’autore osserva che la norma (art. 55 ora 88, comma 4 ter, Tuir) si ritaglia un autonomo spazio di operatività nell’ipotesi di concordato fallimentare cui segue la ripresa dell’attività; in questo caso l’impresa tornata in bonis se non rilevasse la citata norma dovrebbe computare tar i componenti positivi le sopravvenienze attive.
[3] 
Da Imposte sui redditi nel testo unico Ed. Giuffré di Maurizio Leo nel commento all’art. 88 Tuir si legge: “Nella relazione ministeriale allo schema di testo unico si afferma che sia nel concordato fallimentare che in quello preventivo con cessione dei beni ai creditori e cioè ogniqualvolta dopo la chiusura del fallimento e dopo il concordato sia venuto a cessare l’esercizio dell’impresa non è configurabile la sopravvenienza, presupponendo essa la continuazione dell’impresa stessa e la determinazione del reddito in base al bilancio …”
[4] 
Il trattamento fiscale delle sopravvenienze attive da esdebitamento: il Punto di Giulio Andreoni e Angelo Tubelli:
Ciò posto le modifiche recate dall’art. 88 del D.Lgs. n. 147/2015 hanno al riguardo comportato: 
· Un trattamento fiscale differente per le riduzioni dei debiti originate da procedure concorsuali con finalità liquidatorie rispetto a quelle finalizzate alla prosecuzione dell’attività …”. Anche se il riferimento sembrerebbe riferito al concordato preventivo, agli accordi di ristrutturazione e ai piani attestati è indubbio che il concordato fallimentare (il concordato nella liquidazione giudiziale) nella forma indicata nel presente scritto assume sicuramente la forma di procedura finalizzata alla prosecuzione dell’attività.

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