Merita approfondimento il caso in cui la procedura di liquidazione dei beni per sovraindebitamento sia stata aperta allorquando la procedura esecutiva fosse già in stato avanzato.
Difatti, la casistica ci insegna che, in molti casi, sia proprio il creditore ipotecario ad opporsi allo stato passivo o al progetto di riparto predisposto dal liquidatore, contestando l’applicazione analogica dell’art. 111 ter l. fall. e propugnando l’interpretazione restrittiva e letterale dell’art. 14 duodecies, comma 2, L. n. 3/2012, al fine di non dover sopportare (oltre alle prededuzioni proprie della procedura esecutiva) anche le prededuzioni della liquidazione, tanto più in caso di attivo incapiente.
Tra le motivazioni addotte dal creditore ipotecario, non è infrequente quella che deduce la mancanza di utilità, neppure potenziale, dell’apertura della liquidazione, allorquando quest’ultima sia intervenuta successivamente all’aggiudicazione del bene (o addirittura successivamente al decreto di trasferimento) in sede di procedura esecutiva ormai avanzata.
In tale ipotesi, difatti, il liquidatore si “limiterebbe” ad incamerare il realizzo derivante dalla vendita del bene, per poi distribuirlo tra tutti i creditori in base alle cause legittime di prelazione; senza che tale attività possa portare un vantaggio per il singolo creditore ipotecario (che, anzi, soggiace ad ulteriori costi prededuttivi, quali O.C.C., professionisti, liquidatore, et cetera).
In un caso simile, una parte della giurisprudenza[22], ha ammesso che la disciplina del rapporto tra crediti prededucibili e crediti ipotecari nella liquidazione del patrimonio non è difforme da quella dettata per il fallimento (posto che il contenuto dell’art. 14-duodecies, comma 2, L. n. 3/2012 è sovrapponibile a quello dell’art. 111 bis, comma 2, l. fall.) e dunque per l’individuazione della “parte destinata ai creditori garantiti” vanno detratte dal ricavato della vendita non solo le spese specifiche, ma anche una quota parte proporzionale delle spese generali.
Poi però, senza evidenziare un supporto normativo in tal senso, ha stabilito che nel caso di apertura della liquidazione, ove il liquidatore si limiti a incassare il ricavato di un’esecuzione immobiliare individuale, nella quale il bene sia stato liquidato prima che fosse presentata la domanda di liquidazione del patrimonio, il soddisfacimento del creditore ipotecario non può subire una limitazione per pagare una parte delle spese generali della procedura concorsuale, posto che l’applicabilità del “criterio di proporzionalità” è comunque “subordinata alla certezza dell’utilità di tali spese [generali] per il creditore garantito”.
Dunque, viene negata l’utilità delle spese generali per il creditore garantito nel caso in cui il liquidatore – anziché liquidare direttamente il bene – ne apprende il ricavato dalla procedura esecutiva.
Secondo un’altra parte della giurisprudenza[23], per scelta del legislatore, la proponibilità della domanda di liquidazione non è affatto subordinata alla condizione che l’espropriazione sia ancora in una fase iniziale, non ritenendo meritevoli di accoglimento gli argomenti del creditore ipotecario circa la mancata utilità, anche solo potenziale, dell’apertura della liquidazione successiva alla vendita del bene in sede esecutiva.
Conseguentemente, l’attività di liquidazione, anche se concernente il riparto di quanto già realizzato in sede esecutiva, è comunque un’attività funzionale a beneficio del creditore garantito.
Va inoltre evidenziato che, nella maggior parte dei casi, anche quando l’apertura della procedura di liquidazione venga decretata in fase già avanzata della procedura esecutiva, ciò non postula – necessariamente – l’inerzia o il ritardo del debitore nell’accedere alla composizione della crisi per sovraindebitamento.
Difatti, prima di poter depositare la domanda giudiziale con la richiesta di apertura della liquidazione, il debitore deve necessariamente passare dall’O.C.C., dinanzi al quale la pratica di liquidazione va istruita al fine di ottenere la c.d. relazione particolareggiata con esito positivo, senza la quale l’accesso alla fase giudiziale della procedura è inibito.
La fase stragiudiziale dinanzi all’O.C.C. ha una durata varabile, spesso non di poco conto, ciò che determina inesorabilmente l’avanzamento della procedura esecutiva individuale eventualmente in corso, senza che ciò possa essere imputato al debitore.
Come noto, il soggetto non fallibile e dunque assoggettabile al sovraindebitamento, per poter beneficiare dell’ombrello protettivo sul patrimonio, deve necessariamente attendere il momento in cui, depositata la domanda, il tribunale emetta il decreto di fissazione udienza per l’accordo con i creditori ai sensi dell’art. 10, comma 2, lett. c) L. n. 3/2012 (automatic stay); oppure emetta il provvedimento di apertura della liquidazione ai sensi dell’art. 14 quinquies, comma 2, lett. b) L. n. 3/2012 (automatic stay); oppure emetta il provvedimento di cui all’art. 12 bis, comma 2, L. n. 3/2012 (su istanza del consumatore).
Non esiste, dunque, la possibilità di ottenere il blocco delle procedure esecutive e cautelari già durante la fase stragiudiziale dinanzi all’O.C.C., ovvero prima ancora di depositare la domanda giudiziale corredata di proposta.[24]
La L. n. 3/2012 non consente – ad oggi – di bloccare le procedure esecutive in corso, nemmeno con domanda in bianco o prenotativa, con la conseguenza – non imputabile al debitore – che la procedura esecutiva comunque procede, aggravandosi di tutti i relativi costi, a svantaggio dei creditori.
In conclusione, da un punto di vista meramente pratico, non può sottacersi che l’eventuale consolidarsi dell’orientamento che nega l’utilità, anche solo potenziale, per il creditore garantito, delle spese generali della procedura, con conseguente disapplicazione dell’art. 111 ter l. fall., avrebbe come conseguenza la mancata apertura del concorso tra tutti i creditori, ovvero la rinuncia alla composizione della crisi da parte del debitore, stante la fase già avanzata della procedura esecutiva in corso.