La gestione della crisi d’impresa non si esaurisce nella figura del singolo professionista – curatore, commissario giudiziale, attestatore o esperto di ristrutturazione – ma trova nella dimensione istituzionale e associativa un elemento essenziale di garanzia. Accanto ai singoli operatori, esistono infatti organismi nazionali e reti sovranazionali che assicurano formazione, selezione, indipendenza e deontologia, contribuendo a rafforzare la legittimazione sociale e istituzionale dei professionisti della crisi.
Molti ordinamenti hanno istituito sistemi specifici di accreditamento e vigilanza sugli esperti della crisi, così da garantirne la professionalità, l’indipendenza e la correttezza operativa. In Francia, ad esempio, il sistema si fonda sugli administrateurs judiciaires e sui mandataires judiciaires, nominati dal tribunale e riuniti in organismi professionali che ne curano la formazione iniziale e continua, definiscono standard comuni di competenza e promuovono una cultura ispirata a indipendenza, terzietà ed etica[55]. Si tratta, dunque, di un modello corporativo riconosciuto, che unisce i singoli operatori sotto regole comuni e rafforza la fiducia collettiva nella loro azione.
Diverso è il modello messicano, dove la Ley de Concursos Mercantiles del 2000 ha istituito l’Instituto Federal de Especialistas de Concursos Mercantiles (IFECOM). Qui non si tratta di un’associazione professionale, bensì di un organo pubblico incardinato presso il Consejo de la Judicatura Federal. L’IFECOM mantiene il registro ufficiale dei professionisti, procede al loro accreditamento tramite selezioni pubbliche, ne cura la formazione e vigila sul rispetto degli standard etici e disciplinari, potendo arrivare a sospensioni o radiazioni. Inoltre, funge da intermediario imparziale nella designazione dei professionisti da parte dei tribunali. In questo modello, il professionista non è un operatore privato, ma un tecnico certificato e controllato dallo Stato, quasi un ausiliario permanente della giurisdizione[56].
Nel mondo di common law si riscontrano soluzioni differenti. Nel Regno Unito, gli Insolvency Practitioners sono professionisti abilitati ad amministrare procedure di insolvenza previa autorizzazione del Secretary of State o di organismi professionali riconosciuti, come l’ICAEW (Institute of Chartered Accountants in England and Wales)[57]. Essi sono soggetti a rigorosi requisiti di competenza e a un sistema di vigilanza articolato tra autorità pubbliche e ordini professionali.
In Canada, la regolamentazione è affidata all’Office of the Superintendent of Bankruptcy, organo federale che accredita e vigila sui Licensed Insolvency Trustees (LITs), unici professionisti autorizzati a gestire procedure di ristrutturazione e liquidazione, cui si applicano standard uniformi a livello nazionale[58].
In Australia, infine, l’Australian Securities and Investments Commission (ASIC) tiene il registro dei registered liquidators e ne supervisiona l’operato, intervenendo in caso di violazioni disciplinari o carenze di requisiti professionali[59].
Anche l’Italia si è mossa in questa direzione. Con il d.lgs. n. 136/2024, infatti, l’art. 356 CCII ha istituito un elenco nazionale dei gestori della crisi e dell’insolvenza, gestito dal Ministero della giustizia, che definisce criteri uniformi di selezione, obblighi di formazione continua, standard etici condivisi e un regime di vigilanza accentrato. Si tratta di uno strumento destinato a sostituire la precedente frammentazione degli elenchi territoriali e a rafforzare la professionalità e l’indipendenza dei soggetti chiamati a svolgere funzioni nelle procedure concorsuali. Accanto a questo, permane un distinto elenco degli esperti della composizione negoziata, istituito dal D.L. n. 118/2021 e tenuto presso le Camere di commercio, con requisiti propri di iscrizione e con percorsi formativi dedicati. Il sistema risulta quindi articolato su due registri paralleli, entrambi disciplinati da criteri uniformi a livello nazionale e accomunati dall’obiettivo di garantire la qualità professionale, la trasparenza e la fiducia collettiva nella figura dell’esperto, ma differenziati quanto a funzioni e ambiti applicativi[60].
Accanto a queste esperienze nazionali, vi sono reti transnazionali che operano secondo logiche diverse. INSOL International rappresenta il principale hub globale che riunisce avvocati, commercialisti, giudici e studiosi dell’insolvenza. Pur non avendo poteri di accreditamento o disciplina, INSOL elabora linee guida e codici di condotta, organizza programmi di formazione e promuove una cultura comune della crisi, particolarmente rilevante nelle insolvenze transfrontaliere, dove la mancanza di una normativa unitaria rende essenziale l’esistenza di standard condivisi.
In Europa, un ruolo complementare è svolto dal CERIL (Conference on European Restructuring and Insolvency Law), un network di accademici e professionisti di primo piano che agisce come forum scientifico e consultivo, producendo statements e position papers capaci di orientare legislatori e prassi applicative. L’International Association of Insolvency Regulators (IAIR), fondata nel 1995, riunisce invece le autorità pubbliche nazionali competenti per l’insolvenza, favorendo la cooperazione istituzionale, lo scambio di best practices e il confronto tecnico sulle riforme legislative[61].
Un ulteriore livello è rappresentato dagli organismi internazionali a vocazione normativa. La Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL), attraverso la Working Group V (Insolvency Law), ha elaborato testi di riferimento come la Model Law on Cross-Border Insolvency (1997) e la Model Law on Enterprise Group Insolvency (2019), strumenti che agevolano il coordinamento delle procedure transfrontaliere e creano un common ground normativo cui giudici e professionisti possono riferirsi[62].
La World Bank, da parte sua, ha contribuito alla diffusione di standard minimi attraverso i suoi Principles for Effective Insolvency and Creditor/Debtor Regimes (ICR Principles), più volte aggiornati (ultima revisione 2021). Questi principi rappresentano un benchmark di riferimento nelle valutazioni del Fondo Monetario Internazionale e nelle riforme legislative di numerosi Paesi emergenti, promuovendo un approccio coerente e sostenibile alla gestione delle crisi e delle insolvenze[63].
Dall’insieme di queste esperienze emergono tre grandi modelli: le corporazioni professionali nazionali che garantiscono formazione e deontologia (come in Francia), le autorità pubbliche che accreditano e vigilano (come in Messico e, in parte, in Italia), e le reti transnazionali e internazionali che diffondono cultura, soft law e standard comuni (come INSOL, CERIL, IAIR, UNCITRAL e World Bank). Pur differenti per natura e finalità, tali organismi convergono verso un obiettivo comune: assicurare che il professionista della crisi operi con competenza, indipendenza e responsabilità, preservando la fiducia collettiva nei meccanismi di gestione della crisi d’impresa.