La littera legis plurale e onnicomprensiva – col riferimento alle "procedure concorsuali di cui alla presente legge" – implica che la prededuzione possa essere almeno tendenzialmente riconosciuta nell’ambito di procedure concorsuali fra loro consecutive, il che accade, tra l’altro, proprio quando ad un concordato preventivo di sorte infausta, segua un fallimento chiamato a governare la medesima situazione di dissesto.
In giurisprudenza vi è stata sostanziale consonanza di opinioni nel ritenere evento scriminante, ai fini della consecuzione, la pronuncia del decreto di cui all'art. 163 L. fall.[45]. La consecutio presuppone procedure concorsuali esistenti e il concordato esiste solo in quanto la procedura sia stata aperta[46].
Per il vero, la giurisprudenza di legittimità suggerisce un’altra possibile via ricostruttiva, essendosi da lunghi anni chiarito che il fenomeno della consecuzione tra procedimenti concorsuali va costruito in senso sostanziale[47].
Segnatamente, la consecutio è un collegamento sequenziale fra procedure concorsuali volte a regolare una coincidente situazione di dissesto dell'impresa – vuoi che essa si impronti a crisi, vuoi che culmini in una situazione di insolvenza, dacché stato di crisi e stato di insolvenza possono rappresentare una mera distinzione di grado del medesimo squilibrio economico-finanziario – e unite da un rapporto di continuità causale e unità concettuale, piuttosto che di rigorosa successione cronologica[48].
La consecuzione postula l’unificazione delle procedure, in quanto queste in ragione di presupposti soggettivi e oggettivi che appaiono essere gli stessi, si offrono all'applicazione della disciplina dell'ultimo procedimento della sequenza. In altri termini, le situazioni anteriori all’apertura del procedimento che chiude la serie sono regolate dalle norme di quest’ultimo, attesane la correlazione logica con quelle occorse e vagliate al suo interno.
Su tali premesse è stata da ultimo affermata l'astratta possibilità di riconoscere la prededuzione nell'ultima procedura di concordato preventivo ai crediti legalmente sorti nella prime delle due procedure non andata a buon fine[49].
Necessita sia l'identità (finanche ovvia) dell’imprenditore; sia la continuità dello stato di crisi patrimoniale, che deve rimanere lo stesso, sebbene, in quanto ontologicamente liquido, esso si consegni ad un fisiologico sviluppo; sia la continuatività sostanziale delle procedure, quindi l'effettiva consecutività di esse.
Uno scarto temporale non esiguo tra la conclusione di una procedura e l'avvio dell’altra non pregiudica la ravvisabilità di un fenomeno di consecuzione tra le stesse. Il lasso di tempo, quando non è irragionevole, si configura come elemento da ponderare nella sua dimensione concreta, in guisa da verificare se in ragione di esso siano o meno mutati i presupposti utili a considerare unitariamente le procedure concorsuali. In tal senso, quando si appura che lo stato di crisi in funzione del quale si era invocata l’apertura del concordato era in realtà un’insolvenza, la situazione da fronteggiare rimane fondamentalmente la stessa sicchè l'efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento va retrodatata alla data di presentazione della domanda di accesso alla procedura minore[50].
Tra prededuzione e consecuzione di procedure sussiste un intimo rapporto di connessione, sol che si consideri che la prima viene accordata al credito non sempre e comunque, ma all'interno dell'ambito processuale in cui lo stesso ha avuto origine e a condizione che in quell'ambito si rimanga[51].
In questa prospettiva la consecutio segna i confini esterni della prededuzione; al di fuori di essa non può esservi, infatti, corsia preferenziale per il credito di massa.
La prededucibilità riferita ad un procedimento ad epilogo infausto invoca, pertanto, un accertamento di consecutività tra questo e quello successivo. Il fenomeno della consecutio non può dirsi inficiato, in linea di principio, dal decreto di inammissibilità della domanda di concordato. Invero, quest’ultima spiega i propri effetti – tra cui quelli racchiusi nell’automatic stay dell’art. 168 L. fall. – prima e a prescindere dal provvedimento d’apertura.
I pilastri che sorreggono l’edificio della consecuzione sono rappresentati dall’identità soggettiva dell’imprenditore e dalla sussistenza di un’unica situazione di crisi, per quanto esposta ad una dinamica evolutiva che, fermo il nucleo eziologico dell’alterazione dei fattori di equilibrio su cui si regge l’attività d’impresa, di detta alterazione può cambiare sembianze, contorni, sfumature. Ed allora, non si scorgono ragioni oggettive per escludere a priori la prededucibilità del credito in ipotesi di diniego dell'ammissione[52]. La consecutività è, infatti, recisa solo dalla discontinuità nell'insolvenza, che viene in rilievo quando la situazione che conduce alla declaratoria fallimentare è differente sul piano causale rispetto alla crisi primigenia cui si indirizzava il tentativo concordatario.
Neppure la rinuncia alla domanda di concordato determina una soluzione di continuità dell’insolvenza, atteso che, viceversa, detta opzione è sintomatica, piuttosto, proprio del succedersi delle procedure nel contesto di un’unica condizione di dissesto delle cui dimensioni progressivamente si assume contezza[53].
La ricostruzione prospettata sembra presentare diversi addentellati di supporto.
L’art. 69-bis, comma 2, L. fall., come modificato dal D.L. n. 83 del 2012, nel testo integrato dalla l. di conversione n. 134 del 2012, ha consacrato, a livello normativo, il principio della consecuzione tra procedura di concordato preventivo e fallimento, il quale prevede che il dies a quo per il calcolo del periodo sospetto sia fissato nella data di pubblicazione della domanda di concordato, ancorché presentata ai sensi dell’art. 161, comma 6, L. fall., nel registro delle imprese, poiché questo è il momento a partire dal quale la stessa domanda produce gli effetti di cui all’art. 168 L. fall. e lo stato di crisi, dichiarato dall’imprenditore, viene palesato ai terzi. La disposizione in esame è applicabile a tutte le ipotesi in cui alla domanda di concordato segua la dichiarazione di fallimento, a prescindere dalle ragioni che hanno condotto all’apertura della procedura fallimentare e dal momento in cui questa si è verificata. Seguendo questa impostazione, sembrerebbe dunque irrilevante che la procedura di concordato si sia effettivamente aperta, così come parrebbe ininfluente il periodo di tempo decorso tra la data di deposito della domanda di concordato e la declaratoria di fallimento. Coerentemente, non pare possibile negare che l’apertura della procedura di concordato, anche nella forma scarna del concordato cd. "in bianco", produca effetti giuridici sostanziali “utili” per i creditori sociali, anche nel caso di esito negativo della stessa ed a condizione che la successiva procedura fallimentare prenda le mosse dallo stato di crisi che era stato a fondamento della prima procedura concordataria, purché, naturalmente, la fase di pre-concordato non determini l’insorgenza di passività prededucibili che una dichiarazione di fallimento avrebbe consentito di evitare.
In definitiva, l’art. 69-bis L. fall. assegna portata pregnante, non al decreto di ammissione dunque, ma alla domanda. La consecuzione delle procedure sembrerebbe ritrovare in quest’ultima il proprio elemento determinante, nel mentre l’ammissione parrebbe smarrire ogni ruolo dirimente.
In realtà, l’argomento non va sopravvalutato, in quanto il legislatore può ben aver deciso di agganciare per ragioni equitative il dies a quo del periodo sospetto delle revocatorie fallimentari ad un momento che non combacia con l'avvio della procedura concorsuale, senza che ciò autorizzi ad "esportare" per finalità ermeneutiche ultronee la previsione.
Non va sovrastimato nell’approccio alla questione nemmeno l’art, 161, comma 7, L. fall., il quale prevede la prededucibilità di tutti i crediti "sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore" addirittura in fase c.d. “pre-concordataria”, il che parrebbe rappresentare un sigillo dell’irrilevanza a tal fine dell'ammissione al concordato c.d. "pieno".
Infatti, a ben guardare, nulla autorizza ad estendere una disciplina dettata ad hoc in punto di prededuzione ad una fattispecie diversa, nella quale, senza passare dalla fase del c.d. "concordato in bianco", il debitore si sia visto negare l’ammissibilità della domanda di concordato preventivo completa di proposta e piano.