Loading…

Gli adeguati assetti e la responsabilità degli amministratori in caso di Liquidazione Giudiziale

Matteo Binelli, Avvocato in Mantova

23 Agosto 2022

L'autore esamina le novità introdotte in tema di adeguati assetti dall'art. 3 CCII e le conseguenti ricadute pratiche, focalizzando alcuni dei problemi che si porranno in caso di esercizio di azione di responsabilità da parte del curatore di Liquidazione Giudiziale.
Riproduzione riservata
1 . Gli adeguati assetti e la nuova formulazione dell'art. 3 CCII
All'eliminazione del complesso meccanismo degli strumenti di allerta, previsto nella versione originaria del Codice della Crisi (D. lgs. n. 14/2019) e sul quale per qualche anno si è affaticata (col senno di poi, inutilmente) la dottrina, si è accompagnata una ridefinizione degli obblighi gravanti sugli imprenditori individuali e collettivi in tema di adeguati assetti, tramite una riscrittura dell'art. 3 c.c.i.i. da parte del D. lgs. n. 83 del 17.6.2022[1].
Che si trattasse di istituto dotato di particolare rilievo emergeva con evidenza dall'introduzione, sin dal 2019, del co. 2 dell'art. 2086 c.c. che imponeva a all'imprenditore societario e collettivo (e quindi agli amministratori) di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile (di seguito anche solo adeguato assetto) funzionale alla rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita di continuità aziendale, al fine di attivarsi senza indugio per l’adozione di uno degli strumenti previsti per il superamento della crisi e il recupero dell'equilibrio patrimoniale ed economico[2].
Oggi, il venir meno del meccanismo deputato a consentire una tempestiva emersione della crisi di impresa, che era costituito dagli strumenti di allerta, rimette per intero all'imprenditore la responsabilità di assumere le iniziative di organizzazione necessarie a perseguire il medesimo scopo, gravandolo quindi di oneri più specifici e pregnanti.
Di qui l'opportuna introduzione di una norma (art. 3 c.c.i.i.) che si occupa di fornire una più dettagliata definizione degli scopi e dei criteri che devono ispirare l'attività dell'imprenditore e che, nel contempo, estende il perimetro di applicazione del principio dettato dall'art. 2086 co. 2 c.c. anche all'imprenditore individuale.
Quest'ultimo, infatti, in termini più blandi ed elastici rispetto a quelli previsti per l'imprenditore collettivo è ora tenuto ad adottare “misure idonee” a rilevare con tempestività la crisi di impresa ed assumere “iniziative necessarie a farvi fronte” (art. 3 co. 1 c.c.i.i.).
Non si deve sottovalutare l'importanza, che non ha certo valore solo programmatico, di un'estensione dell'obbligo all'imprenditore individuale di dotarsi di adeguati assetti. 
Tuttavia, per gli scopi del presente scritto, finalizzato ad un primo esame del contenuto dei doveri degli amministratori e delle potenziali responsabilità che derivano in caso di loro violazione e successiva liquidazione giudiziale, il tema non può certo reputarsi centrale. Posto che comunque l'imprenditore individuale già risponde con tutto il proprio patrimonio delle obbligazioni assunte dall'impresa.
2 . Obiettivi degli adeguati assetti
Prima di verificare in cosa debbano consistere gli adeguati assetti menzionati nell'art. 2086 c.c. e nell'art. 3 c.c.i.i., è opportuno interrogarsi sugli obiettivi che gli stessi devono raggiungere, per come vengono delineati dai co. 2 – 4 dell'art. 3.
Dato che il legislatore non offre una descrizione precisa degli assetti da istituire, è solo apprezzando quali siano le finalità da perseguire che si può tentare di delinearne il contenuto concreto. 
Gli obiettivi perseguiti dalle norme sono sostanzialmente due. 
Da un lato, quello di consentire all'amministratore di “prevedere tempestivamente l'emersione della crisi” e dall'altro quello di assumere le “idonee iniziative” per superarla o quanto meno affrontarla.
La locuzione utilizzata e poc'anzi richiamata chiarisce che gli assetti di cui si deve dotare l'impresa non debbano tanto riconoscere la crisi quando questa si presenta, ma rilevare gli indizi che la precedono e quindi consentire una prognosi che ne anticipi l'emersione. Benché la stessa crisi, secondo la definizione introdotta all'art. 2 co. 1, lett. a) c.c.i.i., già consista nella probabilità di insolvenza ovvero nell'inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi: un arco temporale non breve che induce a ritenere come gli strumenti per anticipare in misura significativa l'emersione della crisi non potranno che essere dotati di particolare efficacia.
In concreto (e questa è una delle novità di maggior rilevanza della versione dell'art. 3 c.c.i.i.. introdotta dal D. lgs. n. 83/2022) gli assetti di cui si deve dotare l'imprenditore devono consentire di rilevare squilibri di carattere patrimoniale o economico - finanziario in relazione alle caratteristiche dell'impresa (co. 3, lett. a) e di verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale[3] per i successivi 12 mesi, oltre che i segnali specifici delineati al co. 4 (co. 3, lett. b).
Detti segnali consistono in specifiche soglie di indebitamento maturate in aree cruciali dell'attività di impresa, ovvero verso:
- i dipendenti (co. 4, lett. a),
- i fornitori (co. 4, lett. b), 
- le banche e gli intermediari finanziari (co. 4, lett. c),
- i cosiddetti creditori pubblici qualificati (Inps, Inail, Agenzia Entrate e Riscossioni) come definiti nell'art. 25 novies c.c.i.i.. (co. 4, lett. d). 
Ad una prima lettura pare che si tratti di soglie abbastanza avanzate di indebitamento che quindi fanno presumere non tanto una crisi probabile o imminente, ma già in atto e che quindi non serviranno a “prevedere tempestivamente” la crisi, ma forse a diagnosticare una situazione ormai conclamata[4].
Invero, tanto il ritardo di trenta giorni nel pagamento nelle retribuzioni di oltre la metà dei dipendenti (co. 4 lett. a), quanto quello di novanta giorni nella soddisfazione della maggior parte dei fornitori (co. 4 lett. b) rappresentano segnali di una situazione di difficoltà economico – finanziaria evidente, per quanto forse ancora astrattamente rimediabile. 
Non è quindi escluso che almeno alcune delle soglie indicate dal legislatore si rivelino all'atto pratico troppo avanzate per costituire segnali idonei a perseguire l'ambizioso fine di “prevedere” l'emersione della crisi. 
Può invece considerarsi scontato che non sarà necessario superare tutte le soglie di indebitamento perché il segnale della crisi di impresa si concreti. Basterà anche il superamento di uno solo dei parametri, come dimostra l'utilizzo del termine plurale nell'incipit del comma in esame. 
Nello stesso tempo, pu sottolineata la decisiva rilevanza dei segnali elencati nel co. 4 dell'art. 3 c.c.i.i., non pare che l'elenco abbia pretese di esclusività per cui potranno in concreto presentarsi situazioni nelle quali, pur non essendo integrata alcune delle ipotesi espressamente formulate, lo stato di crisi sarà comunque prevedibile e magari imminente. 
La lettera normativa (“costituiscono segnali per la previsione ...”) non depone chiaramente in tal senso. Ma la circostanza che l'esemplificazione sia contenuta nel comma finale della disposizione, dopo che al precedente (lett. a e b) vengono delineate ipotesi molto generali ed ampie, alludendo a squilibri di carattere patrimoniale o economico finanziario ed alle prospettive di continuità aziendale dei successivi dodici mesi, chiarisce come il superamento delle varie soglie di indebitamento sia solo uno dei possibili segnali, non certo l'unico che gli adeguati assetti devono essere in grado di rilevare.
D'altra parte, a ritenere il contrario si dovrebbe concludere che gli adeguati assetti potrebbero consistere in meri rilevatori delle soglie di indebitamento, il che depotenzierebbe di molto la portata di una clausola generale ed elastica quale quella contenuta nell'art. 2086 c.c.[5]
Il secondo obiettivo perseguito dagli assetti che l'amministratore deve istituire e che si affianca alla rilevazione della imminente crisi è quello di affrontare la sua emersione e quindi di dotare sin da subito gli organi gestionali e di controllo di tutte le informazioni ed i dati necessari per una reazione tempestiva ed appropriata.
La circostanza non emerge in via diretta dall'art. 2086 c.c., ma si evince con sufficiente chiarezza dalle previsioni contenute all'art. 3 co. 3 lett. c) e dall'art. 4 co. 2 lett. b) c.c.i.i.
Se, infatti, gli assetti devono consentire di rilevare le informazioni necessarie per redigere la lista particolareggiata e il test per verificare la ragionevole perseguibilità del risanamento dell'impresa, non si può che dedurre come dagli stessi debbano ricavarsi tutte le informazioni utili a valutare, non solo se il risanamento è possibile e ragionevole, ma anche il modo attraverso cui si può pensare di raggiungere un simile, in molti casi ambizioso, obiettivo. 
D'altra parte, l'obbligo di assumere tempestivamente le iniziative idonee ad individuare le soluzioni per il superamento degli squilibri economico finanziari (art. 4 co. 2 lett. b) c.c.i.i.) non può avvenire se gli adeguati assetti non saranno stati efficienti ed esaustivi. 
Perciò sebbene in concreto le decisioni sul miglior modo per affrontare la emergente crisi di impresa spettino in via esclusiva agli amministratori[6], le premesse per il corretto esercizio di tale potere si concretano nella preventiva dotazione di adeguati assetti per l'individuazione (o meglio, la previsione) della crisi, perché è difficile pensare che diversamente possa adempiersi con puntualità l'obbligo di assumere idonee e tempestive iniziative.
3 . Il concreto contenuto delle obbligazioni poste a carico dell'amministratore
Delineati, seppure per sommi capi, gli obiettivi che gli adeguati assetti devono essere in grado di perseguire è possibile interrogarsi con qualche strumento in più su cosa in concreto l'amministratore debba fare per contare su un “assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato”.
Tali assetti dovendo essere definiti in ragione delle dimensioni e della natura della impresa non possono stabilirsi a priori, perché solo calandosi nella concreta realtà imprenditoriale è possibile valutare ed apprezzare l'adeguatezza degli strumenti prescelti.
Tuttavia lo sforzo dell'interprete deve essere quello di mettere a disposizione degli amministratori indicazioni concrete che possano fornire da guida e per certi versi lo tutelino nel caso di approdo all'ipotesi – deteriore ma pur sempre possibile, nonostante ogni cautela – di liquidazione giudiziale.
Quindi innanzitutto ci si può chiedere se gli assetti adeguati debbano essere interni all'azienda o se sia possibile esternalizzarli, incaricando professionisti esperti di effettuare verifiche periodiche sull'andamento patrimoniale ed economico – finanziario dell'impresa.
La norma depone, credo, nel primo senso. 
L'istituzione di un assetto adeguato rimanda ad una struttura intrinseca all'azienda, tant'è che per l'imprenditore individuale il legislatore si limita a parlare (art. 3 co. 1) di adozione di “misure idonee” e quindi di un contributo che di certo potrà essere esterno, sul presupposto di una organizzazione imprenditoriale più semplice e contenuta.
Ciò non significa peraltro che la struttura organizzativa, amministrativa e contabile dell'imprenditore collettivo non possa giovarsi di contributi esterni, come si vedrà tra breve.
E' indubbio che una simile lettura della norma impone alle imprese, specie quelle di piccole e medie dimensioni, di dotarsi di risorse che al momento spesso non hanno e quindi non troverà facile recepimento in un periodo economico tanto contrastato ed incerto quale quello attuale. 
Del resto, la stessa normativa vigente ammette per molte imprese l'adozione di sistemi contabili semplificati che mal si conciliano con l'istituzione e l'efficace funzionamento degli adeguati assetti. Basti pensare tra gli altri all'art. 2435 bis c.c. che consente l'adozione di bilanci in forma abbreviata, all'art. 2435 ter c.c. che semplifica ulteriormente la redazione del bilancio per le c.d. microimprese, alla possibilità di adottare una contabilità semplificata come previsto dall'art. 18 D.p.r. n. 600/1973.
Ma pur considerando simili criticità o contraddizioni intrinseche al sistema, non si ritiene che, sulla base dell'attuale dettato degli artt. 2086 c.c. e 3 c.c.i.i., gli adeguati assetti possano risolversi in meri test periodici eseguiti da professionisti di fiducia, perché solo conoscendo dall'interno l'impresa e le sue dinamiche commerciali e produttive è possibile apprezzare con sufficiente tempestività i segnali della futura crisi. 
Gli assetti quindi potranno consistere in concreto[7]:
- nel reclutamento e nella formazione di personale addetto alla sorveglianza ed all'analisi dei parametri significativi sotto il profilo patrimoniale ed economico – finanziario,
- nell'adozione di mansionari e moduli strutturati di organigramma destinato ad operare le predette analisi,
- nella redazione periodica di budget previsionali di carattere patrimoniale, economico e finanziario,
- nell'acquisizione di risorse di carattere informatico che potranno rendersi utili per operare diagnosi e previsioni contabili e finanziarie[8],
- nella previsione di sistemi di controllo interno sull'operato del personale addetto e sulla sua formazione,
- nell'adozione di criteri di libera circolazione delle informazioni all'interno dell'impresa in modo che le criticità e le loro possibili conseguenze possano essere valutate con la necessaria tempestività[9].
Molto importante, tanto in una prospettiva di migliore funzionamento degli assetti, quanto di verifica di eventuali responsabilità dell'amministratore, sarà la procedimentalizzazione[10] delle attività dell'apparato organizzativo mediante la predisposizione di regole scritte che definiscano funzioni, poteri e modus operandi del personale addetto.
Non di meno, gli esiti di questa attività di monitoraggio imporranno valutazioni non agevoli (perché tale spesso non è quella di formulare una prognosi di continuità aziendale per i successivi dodici mesi) nonché di ricavare informazioni complesse quali quelle indispensabili per redigere la lista particolareggiata ed il test di ragionevole perseguibilità di risanamento previsto per accedere alla composizione negoziata (art. 13 c.c.i.i.). Sicché è improbabile che i compiti vengano totalmente espletati all'interno dell'impresa, a meno che questa non abbia notevoli dimensioni e personale altamente qualificato.
Per la maggioranza, se non la quasi totalità, delle imprese perciò ad una elaborazione interna dei dati dovrà seguire una periodica verifica da parte di un soggetto esperto che sarà più o meno frequente in ragione delle caratteristiche dell'impresa e del suo andamento.
Allorchè poi dall'attività di monitoraggio emerga un segnale di crisi, rectius un segnale che faccia prevedere l'emersione della crisi, l'amministratore dovrà attuare con tempestività le misure per ovviare alla crisi e quindi attivare uno dei numerosi strumenti di regolazione della crisi di impresa previsti dal Codice della Crisi, intraprendendo, se del caso, anche la procedura di composizione negoziata disciplinata dagli artt. 12 e ss. c.c.i.i. 
Anche in questo caso sarà necessario che l'impresa si giovi del contributo di professionisti esterni (in particolare commercialisti ed avvocati) che, essendo dotati dell'indispensabile bagaglio professionale, orientino l'amministratore nel difficile obiettivo di superare la crisi, pur a prescindere dall'obbligo generalizzato della difesa tecnica sancito dall'art. 9 co. 2 c.c.i.i.
4 . La violazione degli artt. 2086 c.c. e 3 CCII come fonte di responsabilità
Considerato che i doveri di adottare adeguati assetti organizzativi finalizzati a prevenire la crisi di impresa e di agire tempestivamente per affrontarla utilizzando gli strumenti posti a disposizione dell'ordinamento sono ormai codificati, può considerarsi pacifico che tanto il radicale inadempimento quanto l'inesatto adempimento di tali specifiche obbligazioni costituiscano potenziali fonti di responsabilità per gli amministratori. 
Anzi, si può ipotizzare che saranno forse nel futuro uno dei principali fondamenti delle azioni di responsabilità che il curatore potrà attivare[11].
Già da tempo tra le più frequenti cause di responsabilità per gli amministratori è quella che si concreta nell'indebita prosecuzione dell'attività di impresa dopo la perdita del patrimonio o comunque dopo l'avversarsi di una causa di scioglimento. E una delle ragioni che rendono frequente l'utilizzo di una simile causa petendi è certo il fatto che essa rende superflua l'individuazione di specifiche operazioni pregiudizievoli, consentendo di considerare l'intera prosecuzione dell'attività come fonte di danno e quindi alleviando l'onere probatorio posto a carico del curatore, anche alla luce di quanto ora previsto dall'art. 2486 c.c.[12] 
Per analoghe ragioni, è probabile che pure la violazione dei doveri imposti dall'amministratore ai sensi degli artt. 2086 co. 2 c.c. e 3 c.c.i.i. diventerà frequente fonte di responsabilità, qualora si apra la liquidazione giudiziale[13].
In una simile prospettiva non potrà che muoversi dalla conclusione che il modo attraverso cui l'amministratore adempie il dovere di istituire gli adeguati assetti organizzativi, contabili e amministrativi rientra nell'alveo della business judgment rule e che quindi allo stesso dovrà riconoscersi un'ampia discrezionalità[14].
Essa però non sarà certo insindacabile da parte del giudice, tutte le volte in cui sia stata esercitata in modo irragionevole e manifestamente imprudente e quando le decisioni assunte difettino di sufficienti verifiche istruttorie.
Precisamente in questo senso, seppure al diverso fine di giustificare l'assunzione dei provvedimenti previsti dall'art. 2409 c.c., si veda Tribunale di Roma, 15.9.2020 in www.ilsole24ore.it e www.giurisprudenzadelleimprese.it, ove si nota: “mentre da un lato appare certo che la mancata adozione di qualsivoglia misura organizzativa comporti di per sé una responsabilità dell'organo gestorio, dall'altra, si ritiene possibile assoggettare a sindacato giudiziale la struttura organizzativa predisposta dall'amministratore nei limiti e secondo i criteri della proporzionalità e della ragionevolezza (e, precisamente, in questo ambito secondo i criteri della adeguatezza), ciò al fine di verificare se fosse idonea a far emergere gli indici della perdita della continuità aziendale e se la tipologia degli interventi scelta dall'organo gestorio sia ragionevole e non manifestamente irrazionale. Ed è evidente che tale verifica andrà effettuata sulla base di una valutazione ex ante, tenendo conto delle informazioni conosciute o conoscibili dall'amministratore, ed a prescindere dal risultati concreti che poi sono stati raggiunti”[15].
Può essere utile quindi interrogarsi brevemente su alcuni profili della specifica azione di responsabilità, considerato che per gli amministratori convenuti l'onere probatorio rischierà di essere particolarmente gravoso.
E' certo che dinnanzi ad una allegazione di inadempimento o di inesatto adempimento da parte del curatore, sarà onere dell'amministratore provare di avere adempiuto in modo soddisfacente ai doveri che abbiamo sin qui analizzato. Verrà, infatti, in considerazione una responsabilità contrattuale connessa al mandato gestionale conferito all'amministratore[16].
Relativamente agevole può essere la prova di aver intrapreso le iniziative finalizzate a superare la crisi di impresa, sempre che vi siano state.
In questo caso, infatti, le misure adottate dall'amministratore potranno essere documentate, posto che qualsiasi iniziativa dall'accesso alla composizione negoziata, alla domanda di concordato o alle trattative per uno qualsiasi degli strumenti di regolazione della crisi di impresa, avranno lasciato tracce scritte che serviranno a dimostrare l'adempimento dell'amministratore.
Né pare facile sindacare la decisione di intraprendere l'uno piuttosto che l'altro strumento di regolazione. Come sopra chiarito, è verosimile, infatti, che la scelta sarà stata assunta con l'ausilio di un professionista terzo, al giudizio del quale l'amministratore, attesa la particolare complessità della materia, non potrà che rimettersi in larga misura.
Piuttosto si potrà sindacare la tempestività dell'adozione di tali iniziative, ma il tema è inscindibilmente connesso alle modalità di emersione dei segnali della imminente crisi, alla loro gravità ed alla complessità dell'impresa, sì che non pare possibile svolgere in punto di tempestività considerazioni di carattere astratto che abbiano reale pregnanza[17]. 
Assai più problematico è, invece, per l'amministratore dare prova di aver dotato l'impresa di “adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile”.
Questo onere lo impegnerà su due fronti distinti, sebbene collegati. 
Il primo è quello di provare che gli assetti erano stati istituiti ed il secondo che essi erano adeguati, ovvero idonei e funzionali a rilevare le potenziali crisi sopravvenienti.
E' perciò evidente che solo qualora gli adeguati assetti siano stati oggetto di procedimentalizzazione per iscritto (e quindi siano state individuate le figure aziendali destinate ad occuparsene, i loro poteri e doveri e le procedure da seguire per appurare il pericolo di crisi, etc.) l'amministratore sarà in grado di fornire prove idonee ad esimerlo da responsabilità.
Non pare infatti, credibile che la prova dell'adempimento di tali obbligazioni possa avvenire mediante prove orali. Va invero considerato non soltanto il tempo che spesso intercorre tra i fatti e il loro vaglio giudiziale, ma anche il disgregarsi dell'organizzazione imprenditoriale che segue l'apertura della liquidazione giudiziale, sulla quale quindi l'amministratore non potrà più fare conto quando si troverà chiamato a fornire prova dell'esatto adempimento.
Parimenti (atteso che non sarà sufficiente che gli adeguati assetti vengano istituiti, ma si dovrà anche appurare che funzionino) pure l'attività di monitoraggio dell'andamento dell'impresa attuato dagli assetti organizzativi dovrà provarsi per iscritto o comunque in un modo che possa essere a posteriori agevolmente documentato.
Non è chi non veda insomma che gli oneri probatori posti a carico dell'amministratore in caso di azione di responsabilità saranno perciò ponderosi ed impegnativi. 
Tanto che si può affermare che una liquidazione giudiziale dichiarata senza che vi sia stato il tentativo di intraprendere alcuno dei numerosi strumenti di regolazione della crisi di impresa costituirà in molti casi un indizio abbastanza evidente di inadempimento dell'amministratore. Questi in tali casi potrà difendersi soltanto fornendo la prova (forse non diabolica, ma di certo assai irta difficoltà, essendo rimessa a postume ed opinabili valutazioni ipotetiche) che la crisi ha avuto una genesi tanto improvvisa e inaspettata da non consentire alcuna iniziativa per farvi fronte.
5 . Il pregiudizio derivato dalla violazione degli artt. 2086 c.c. e 3 CCII
Chiariti quali potranno essere gli oneri probatori gravanti sull'amministratore, si deve aggiungere che non vi è responsabilità se l'inadempimento non ha causato un danno che ne sia conseguenza immediata e diretta.
La prova di tale profilo della domanda spetterà secondo costante giurisprudenza[18] al curatore che quindi dovrà dimostrare che la violazione degli obblighi delineati dagli artt. 2086 c.c. e 3 c.c.i.i. ha determinato un pregiudizio, fosse pure sotto forma di perdita della chance di risolvere e superare la crisi dell'impresa[19].
Al fine di indagare la sussistenza del pregiudizio ed il collegamento eziologico con l'inadempimento addebitato, la prospettiva da assumere dopo l'apertura della liquidazione giudiziale non potrà che essere di carattere patrimoniale. 
In altre parole, l'indagine del curatore dovrà cercare di individuare quale decremento patrimoniale sia derivato dalle omissioni o dagli inesatti adempimenti dell'amministratore, sul presupposto che, se l'impresa fosse stata dotata di adeguati assetti, la crisi sarebbe stata prevista ed affrontata[20], ovvero sarebbe stata richiesta una tempestiva apertura della liquidazione giudiziale su richiesta dello stesso. Si deve infatti, rammentare che quest'ultimo obbligo, sanzionato penalmente dagli artt. 323 lett. d) e 330 c.c.i.i., resta anche oggi vigente. 
Ma a ben vedere la ricostruzione postuma di tale decremento patrimoniale non sarà agevole ed il più delle volte non potrà che essere rimessa a consulenze contabili, che andranno opportunamente indirizzate dal giudice mediante la formulazione di quesiti che si attaglino ai principi giuridici in materia di responsabilità contrattuale e danno conseguente. 
E' quindi compito del giurista elaborare criteri ragionevoli e rispettosi di tale principi e qui di seguito non possono che formularsi prime ipotesi con l'auspicio che non siano troppo lontane dagli orientamenti giurisprudenziali che si assesteranno nella prassi. 
Peraltro, fosse pure al solo fine di stimolare un dibattito al riguardo, un contributo potrà essere utile.
Se si condividono le premesse sin qui formulate, lo scopo dell'indagine consisterà innanzitutto nel determinare:
i) quale era il patrimonio della società in bonis (che in sintesi qui definiamo situazione patrimoniale a quo) e
ii) quale sia il patrimonio negativo che il curatore ha registrato al momento della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale (sempre in sintesi la situazione patrimoniale ad quem).
Le maggiori e più facilmente prevedibili criticità, riguarderanno il primo dato e saranno almeno due.
Innanzitutto bisognerà individuare quale momento considerare per determinare la situazione patrimoniale a quo
Esso, ritengo, non coinciderà necessariamente con quello esistente al momento in cui l'inadempimento è stato realizzato. 
Per fare un esempio concreto, in caso di radicale inadempimento dell'obbligo di dotarsi di adeguati assetti, l'istante che rileverà non sarà quello in cui sorse l'obbligazione, perché se l'impresa è rimasta ed ha operato in uno stato di equilibrio patrimoniale ed economico - finanziario, l'omissione non avrà cagionato alcun concreto pregiudizio. 
Piuttosto, in ossequio al necessario nesso eziologico tra azione od omissione e concreto pregiudizio, sarà indispensabile individuare in quale momento siano emersi i segnali di crisi ovvero da quando la crisi avrebbe potuto essere prevista per un'impresa dotata di adeguati assetti.
Tanto quando – e sarà l'ipotesi più semplice – si siano manifestate le fattispecie di indebitamento elencate nell'art. 3 co. 4 c.c.i.i., come nell'eventualità in cui si siano concretati diversi atipici segnali di emersione della crisi che potevano essere apprezzati, ove gli assetti istituiti dall'amministratore fossero stati adeguati e funzionanti.
Da questo momento la legge pretende, infatti, che l'amministratore adotti gli strumenti di regolazione della crisi che possono evitare la liquidazione giudiziale ed impedire in sostanza il pregiudizio patrimoniale. Pertanto questa sarà la coordinata cronologica da cui muovere per individuare quella che abbiamo definito essere la situazione patrimoniale a quo.
Se già l'individuazione del dato temporale rischia di essere nella maggioranza dei casi non semplice, altrettanto deve dirsi per la determinazione del patrimonio della società amministrata, un dato che per sua natura è fluido e mutevole in ragione dell'andamento dell'attività e che, solo in presenza di una contabilità attendibile, potrà essere ex post ricostruito con sufficiente approssimazione.
Ammettendo che il curatore riesca a individuare il momento in cui i segnali di emersione della crisi avrebbero dovuto essere rilevati e della consistenza patrimoniale della società in tale momento, l'entità del danno risarcibile potrà quindi consistere nella differenza tra tale patrimonio e quello (verosimilmente negativo) registrato in sede di liquidazione giudiziale (situazione patrimoniale ad quem).
Tale differenza dovrà di certo essere depurata, in analogia con quanto previsto dall'art. 2486 co. 2 c.c. da i costi sostenuti e da sostenere secondo un criterio di normalità fino all'apertura della liquidazione giudiziale. 
Tra gli stessi andranno forse ricompresi anche quelli (presumibili ed ipotetici) destinati a gravare sulla società nel lasso temporale necessario per l'esperimento degli strumenti di regolazione della crisi di impresa, essendo questo l'obiettivo perseguito dal legislatore e l'obbligo che grava sull'amministratore. 
Con la non trascurabile complicazione che, non sapendo quale dei vari strumenti l'amministratore avrebbe potuto attivare, risulterà difficile stabilire quale lasso temporale prendere in considerazione come possibile durata dell'ipotetico tentativo di regolamentazione della crisi. Se, infatti, devono detrarsi dalla differenza tra le due posizioni patrimoniali i costi sostenuti o da sostenere secondo un criterio di normalità, è evidente che gli stessi dovranno essere calcolati in ragione di un arco temporale che dovrà circoscriversi.
Una soluzione potrebbe essere quella di considerare l'arco temporale concesso per esperire la composizione negoziata della crisi e quindi quello di 180 gg. dalla nomina entro il quale l'esperto deve considerare concluso il proprio mandato (art. 17 co. 7 c.c.i.i.). Ipotizzando, infatti, che come fisiologico l'accesso al tentativo di composizione negoziata della crisi da parte dell'imprenditore, non potrà andare a detrimento degli amministratori la ordinaria durata di tale percorso. Di conseguenza dalla differenza patrimoniale come sopra definita potrebbero dedursi anche gli oneri o costi che sarebbero maturati durante il semestre concesso per esperire il tentativo. 
6 . Conclusioni
Non è necessario sottolineare che quelle sin qui esposte sono mere ipotesi di lavoro e rappresentano un tentativo di delimitare il perimetro dei principali problemi che si porranno agli interpreti chiamati ad applicare le disposizioni di cui agli artt. 2086 c.c. e 3 c.c.i.i. nella prospettiva dell'esercizio di azioni di responsabilità da parte del curatore.
Altre e diverse ricostruzioni sono possibili. 
Peraltro, considerata la verosimile insorgenza di un consistente contenzioso su tali temi e l'indubbia rilevanza che il legislatore ha attribuito agli assetti che l'amministratore deve adottare per la rilevazione tempestiva della crisi di impresa, dopo il superamento dei meccanismi di allerta, appare di qualche utilità focalizzare le principali questioni che si porranno alla giurisprudenza che avrà modo di occuparsene.

Note:

[1] 
Il decreto legislativo n. 83/2022 ha come principale scopo quello di attuare la c.d. Direttiva insolvency n. 2019/1023. Per una panoramica sulle novità introdotte al Codice della Crisi si veda V. Zanichelli, Commento a prima lettura del decreto legislativo 17 giugno 2022 n. 83, in www.dirittodellacrisi.it.
[2] 
I contributi dottrinali sulla nuova formulazione dell'art. 2086 c.c. sono numerosi. Tra i tanti si segnalano: CIAN, Crisi dell’impresa e doveri degli amministratori: i principi riformati e il loro possibile impatto, in Nuove leggi civ. comm., 2019, 1160 ss.; S. Fortunato, Codice della crisi e Codice civile: impresa, assetti organizzativi e responsabilità, Riv. Società, 952 ss.; P. Montalenti, Assetti organizzativi e organizzazione dell’impresa tra principi di corretta amministrazione e business judgment rule: una questione di sistema, in Nuovo dir. soc., 2021, I, 11 ss.; V. Calandra Bonaura, Corretta amministrazione e adeguatezza degli assetti organizzativi nella società per azioni, in Giur. comm., 2020, I, 439 ss.; M. Fabiani, Dai finanziamenti alla adeguatezza dell’assetto finanziario della società, in Fallimento, 2021, 1312 ss.; S. Leuzzi, La scommessa dell’allerta: inquadramento, regole, criticità, in M. Fabiani e S. Leuzzi, La tutela dei creditori tra allerta precoce e responsabilità, in Foro italiano, Speciali 2/2021, 27 ss.; F. Macario, La riforma dell'art. 2086 c.c. nel contesto del codice della crisi e dell'insolvenza e i suoi riflessi sul sistema della responsabilità degli organi sociali, in www.dirittodellacrisi.it; V. De Sensi, Adeguati assetti e business judgment rule in www.dirittodellacrisi.it
[3] 
Per continuità aziendale si intende la capacità dell'impresa di far fronte alle proprie obbligazioni ed agli impegni nel corso della normale attività e implica che la liquidità derivante dalla gestione corrente insieme ai fondi disponibili (in cassa, in banca, mediante linee di credito) siano sufficienti per adempiere i debiti e far fronte agli impegni in scadenza. Ciò non può che implicare una prognosi su un arco temporale futuro di varia durata, che il c.c.i.i. individua in 12 mesi. 
Sul concetto di continuità aziendale in relazione alla crisi dell'impresa si veda Continuità aziendale e individuazione della crisi, in Indicatori di allerta standard e personalizzati, a cura di P. Ceroli, A. Menghi e G. Borroni, Inserto Sole24Ore, 2020; F. Pacileo, Continuità e solvenza nella crisi di impresa, Milano, 2017, p. 61 ss. 
[4] 
Di opinione simile M. Biolchini, Gli adeguati assetti nelle MPMI, Edicola Fisco in Il Sole24Ore, 2022, 137 che osserva: “si presume che l'elenco dei segnali di allarme potrà essere revisionato in futuro, in quanto l'attuale elencazione comprende parametri tendenzialmente sintomatici di una crisi già conclamata e non predittivi della probabile evoluzione negativa dell'attività”.
[5] 
Sul tema si veda G. D'Attorre, La formulazione legislativa dei principi generali nel codice della crisi e dell'insolvenza, in Banca, borsa, tit. cred., 2019, I, 461. 
[6] 
Lo conferma l'art. 120 co. 4 c.c.i.i. che in modo assai significativo prevede come, dal momento in cui è iscritta nel registro delle imprese la decisione di accedere ad uno strumento di regolazione della crisi e sino alla successiva omologazione, la revoca degli amministratori presuppone la sussistenza di una giusta causa.
[7] 
Per un differente tentativo di delineare il possibile contenuto degli adeguati assetti si veda Biancozzi, Adeguati assetti societari, obblighi e opportunità, in La settimana fiscale Il Sole24Ore, 2021, n. 39 che suggerisce l'adozione di un sistema denominato balance scorecard che attribuisce, in un approccio prospettico, importanza determinante ai cosiddetti intangibles ovvero a “i marchi, le relazioni fra clienti, la formazione e la motivazione del personale, i progetti di innovazione, ecc. [che] concorrono di fatto a determinare il valore di un’azienda e anzi rappresentano ciò che fa di un’azienda sana un valore culturale all’interno della società”. La prospettiva è di certo interessante, ma pare forse troppo avanzata per rappresentare un valido paradigma per un sistema imprenditoriale generalmente di piccole dimensioni e, sul punto, inevitabilmente arretrato quale quello odierno.
[8] 
Al riguardo e seppure con diverse finalità si consideri, ad esempio, il programma informatico previsto dall'art. 25 undecies c.c.i.i. che elabora i dati necessari per accertare la sostenibilità del debito e per condurre il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento. Per un primo commento sulla disposizione cfr. S. Pacchi, Le segnalazioni per la anticipata emersione della crisi. Così è se vi pare in www.ristrutturazioni aziendali.ilcaso.it, 2022.
[9] 
Osserva giustamente S. Leuzzi, La scommessa dell'allerta, cit. che l'architettura degli adeguati assetti organizzativi “è basata soprattutto sulla circolarizzazione efficiente dei flussi informativi fra gli organi societari”.
[10] 
Sottolinea la sempre più necessaria definizione di procedimenti nell'attività gestoria V. De Sensi, Adeguati assetti e business judgment rule, in www.dirittodellacrisi.it che osserva come “la forte sensibilizzazione degli organi di amministrazione e controllo verso un sistema di allerta che faccia emergere tempestivamente la crisi aumenta i profili del c.d. rischio organizzativo”. Sul tema di veda anche in una visione più ampia e non limitata alla tempestiva emersione della crisi M. Rabitti, Rischio organizzativo e responsabilità degli amministratori, Milano, 2004, p. 101.
[11] 
E' bene rammentare che secondo l'art. 255 c.c.i.i. (che ha parzialmente innovato l'omologo art. 146 l. fall.) le azioni che il curatore può promuovere o proseguire sono: a) l’azione sociale di responsabilità; b) l’azione dei creditori sociali prevista dall’articolo 2394 e dall’articolo 2476, sesto comma, del codice civile; c) l’azione prevista dall’articolo 2476, ottavo comma, del codice civile; d) l’azione prevista dall’articolo 2497, quarto comma, del codice civile; e) tutte le altre azioni di responsabilità che gli sono attribuite da singole disposizioni di legge.
[12] 
Sui criteri di quantificazione del danno da responsabilità dell'amministratore e sulla necessità per quanto possibile di evitare il ricorso a presunzioni, è indispensabile richiamare Cass. S.U., n. 9100/2015 in Foro it., 2016, 282, con nota di M. Fabiani, La determinazione causale del danno nelle azioni di responsabilità sociali e il ripudio delle semplificazioni. Sull'art. 2486 c.c. nella sua attuale versione si veda, invece, F. Dimundo, Responsabilità degli amministratori per violazione dell’art. 2486 c.c. e danno risarcibile in Fall., 2019, p. 1289.
[13] 
Varie sono le pronunzie che applicano l'art. 2086 co. 2 c.c. per giustificare l'adozione dei provvedimenti di cui all'art. 2409 c.c. Si segnalano: Tribunale Milano 18.10.2009 in www.giurisprudenzadelleimprese.it, Tribunale di Roma 8.4.2020 in Società 2020, 988 con nota di Capelli ed in Giur. It., 2020, 363 con nota di Cagnasso, Tribunale di Roma, 15.9.2020 per cui vedi infra, nonché Tribunale di Cagliari 19.1.2022 in www.dirittodellacrisi.it, ove si osserva che “una volta manifestatasi la crisi, sfuma la gravità della adozione di adeguati assetti e viene in massimo rilievo, invece, la mancata adozione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per fronteggiarla. In altri termini, la violazione della obbligazione di predisporre adeguati assetti è più grave quando la società non si trova in crisi, anche perché, del resto, proprio in tale fase essa ha le risorse anche economiche per predisporre con efficacia le misure organizzative, contabili, amministrative”.
Può concludersi che la norma ha quindi già trovato una applicazione abbastanza diffusa, il che induce a concludere che altrettanto potrà avvenire per fondare azioni di responsabilità nei confronti degli organi amministrativi e di controllo delle società.
[14] 
Per una ampia ed approfondita analisi del modo in cui il principio della business judgment rule si attua nel contesto degli adeguati assetti delineati dall'art. 2086 c.c. si veda V. De Sensi, Adeguati assetti e business judgment rule, cit.
[15] 
 In dottrina si veda sul punto V. De Sensi, Adeguati assetti e business judgment rule, cit., 17, che pur commentando l'assetto del Codice della Crisi nella versione precedente a quella entrata in vigore che ancora prevedeva il meccanismo dei sistemi di allerta osservava: “il presidio della funzione finanziaria sarà essenziale per monitorare la continuità e rilevare tempestivamente i fattori di crisi, in un’ottica previsionale appunto. Ci potrà essere una discrezionalità sulla sua portata e sulla sua estensione (quomodo) – così per: il numero di addetti a tale presidio, le modalità di circolazione delle relative informazioni, la periodicità dei controlli – ma riteniamo che non sia configurabile una discrezionalità sul se (an) adottare o no un tale presidio o comunque nel prestare la attenzione alla sua dinamica”.
[16] 
In giurisprudenza, per tutte, Cass. n. 16952/2016.
[17] 
Di certo imprese meno complesse consentiranno reazioni più rapide, così come a rendere necessaria una maggior celerità sarà talvolta la gravità della crisi o la sua imminenza. Inutile quindi fissare limiti temporali, ma difficilmente si potrà attendere oltre uno o due mesi.
[18] 
Da ultimo si veda Cass. n. 15245/2022: “in tema di azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146 l.fall., la mancanza di scritture contabili, ovvero la loro sommarietà o inintelligibilità, non è di per sé sufficiente a giustificare la condanna dell'amministratore in conseguenza dell'impedimento frapposto alla prova occorrente ai fini del nesso eziologico rispetto ai fatti causativi del dissesto, in quanto la stessa presuppone che sia comunque previamente assolto l'onere della prova circa l'esistenza di condotte per lo meno astrattamente causative di un danno patrimoniale”, nello stesso senso ex multis Cass. n. 13220/2021.
[19] 
Che si tratti di aspetto nevralgico lo conferma anche l'unico precedente rinvenuto in cui la violazione dell'art. 2086 co. 2 c.c. era stata invocata per giustificare una responsabilità degli amministratori. Nel respingere la domanda del curatore, infatti, il Tribunale di Bologna (sent. 30.7.2021 in www.giurisprudenzadelleimprese.it) ha sottolineato che “l’obbligo di predisporre assetti adeguati non può essere svincolato dalle conseguenze pregiudizievoli che direttamente la sua violazione possa avere determinato, cosicché nella fattispecie la mancata allegazione di alcun danno conduce a ritenere infondato l’addebito di responsabilità”.
[20] 
Forse non risolta, si obietterà, ma dimostrare la fondatezza di una simile eccezione di irrisolvibilità della crisi con uno qualsiasi dei molti e vari strumenti di regolazione dovrebbe farsi carico l'amministratore.

informativa sul trattamento dei dati personali

Articoli 12 e ss. del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR)

Premessa - In questa pagina vengono descritte le modalità di gestione del sito con riferimento al trattamento dei dati personali degli utenti che lo consultano.

Finalità del trattamento cui sono destinati i dati personali - Per tutti gli utenti del sito web i dati personali potranno essere utilizzati per:

  • - permettere la navigazione attraverso le pagine web pubbliche del sito web;
  • - controllare il corretto funzionamento del sito web.

COOKIES

Che cosa sono i cookies - I cookie sono piccoli file di testo che possono essere utilizzati dai siti web per rendere più efficiente l'esperienza per l'utente.

Tipologie di cookies - Si informa che navigando nel sito saranno scaricati cookie definiti tecnici, ossia:

- cookie di autenticazione utilizzati nella misura strettamente necessaria al fornitore a erogare un servizio esplicitamente richiesto dall'utente;

- cookie di terze parti, funzionali a:

PROTEZIONE SPAM

Google reCAPTCHA (Google Inc.)

Google reCAPTCHA è un servizio di protezione dallo SPAM fornito da Google Inc. Questo tipo di servizio analizza il traffico di questa Applicazione, potenzialmente contenente Dati Personali degli Utenti, al fine di filtrarlo da parti di traffico, messaggi e contenuti riconosciuti come SPAM.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

VISUALIZZAZIONE DI CONTENUTI DA PIATTAFORME ESTERNE

Questo tipo di servizi permette di visualizzare contenuti ospitati su piattaforme esterne direttamente dalle pagine di questa Applicazione e di interagire con essi.

Nel caso in cui sia installato un servizio di questo tipo, è possibile che, anche nel caso gli Utenti non utilizzino il servizio, lo stesso raccolga dati di traffico relativi alle pagine in cui è installato.

Widget Google Maps (Google Inc.)

Google Maps è un servizio di visualizzazione di mappe gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo.

Privacy Policy

Google Fonts (Google Inc.)

Google Fonts è un servizio di visualizzazione di stili di carattere gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Dati di Utilizzo e varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

Come disabilitare i cookies - Gli utenti hanno la possibilità di rimuovere i cookie in qualsiasi momento attraverso le impostazioni del browser.
I cookies memorizzati sul disco fisso del tuo dispositivo possono comunque essere cancellati ed è inoltre possibile disabilitare i cookies seguendo le indicazioni fornite dai principali browser, ai link seguenti:

Base giuridica del trattamento - Il presente sito internet tratta i dati in base al consenso. Con l'uso o la consultazione del presente sito internet l’interessato acconsente implicitamente alla possibilità di memorizzare solo i cookie strettamente necessari (di seguito “cookie tecnici”) per il funzionamento di questo sito.

Dati personali raccolti e natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati e conseguenze di un eventuale rifiuto - Come tutti i siti web anche il presente sito fa uso di log file, nei quali vengono conservate informazioni raccolte in maniera automatizzata durante le visite degli utenti. Le informazioni raccolte potrebbero essere le seguenti:

  • - indirizzo internet protocollo (IP);
  • - tipo di browser e parametri del dispositivo usato per connettersi al sito;
  • - nome dell'internet service provider (ISP);
  • - data e orario di visita;
  • - pagina web di provenienza del visitatore (referral) e di uscita;

Le suddette informazioni sono trattate in forma automatizzata e raccolte al fine di verificare il corretto funzionamento del sito e per motivi di sicurezza.

Ai fini di sicurezza (filtri antispam, firewall, rilevazione virus), i dati registrati automaticamente possono eventualmente comprendere anche dati personali come l'indirizzo IP, che potrebbe essere utilizzato, conformemente alle leggi vigenti in materia, al fine di bloccare tentativi di danneggiamento al sito medesimo o di recare danno ad altri utenti, o comunque attività dannose o costituenti reato. Tali dati non sono mai utilizzati per l'identificazione o la profilazione dell'utente, ma solo a fini di tutela del sito e dei suoi utenti.

I sistemi informatici e le procedure software preposte al funzionamento di questo sito web acquisiscono, nel corso del loro normale esercizio, alcuni dati personali la cui trasmissione è implicita nell'uso dei protocolli di comunicazione di Internet. In questa categoria di dati rientrano gli indirizzi IP, gli indirizzi in notazione URI (Uniform Resource Identifier) delle risorse richieste, l'orario della richiesta, il metodo utilizzato nel sottoporre la richiesta al server, la dimensione del file ottenuto in risposta, il codice numerico indicante lo stato della risposta data dal server (buon fine, errore, ecc.) ed altri parametri relativi al sistema operativo dell'utente.

Tempi di conservazione dei Suoi dati - I dati personali raccolti durante la navigazione saranno conservati per il tempo necessario a svolgere le attività precisate e non oltre 24 mesi.

Modalità del trattamento - Ai sensi e per gli effetti degli artt. 12 e ss. del GDPR, i dati personali degli interessati saranno registrati, trattati e conservati presso gli archivi elettronici delle Società, adottando misure tecniche e organizzative volte alla tutela dei dati stessi. Il trattamento dei dati personali degli interessati può consistere in qualunque operazione o complesso di operazioni tra quelle indicate all' art. 4, comma 1, punto 2 del GDPR.

Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

  • - a soggetti che possono accedere ai dati in forza di disposizione di legge, di regolamento o di normativa comunitaria, nei limiti previsti da tali norme;
  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

Il TITOLARE

del trattamento dei dati personali

Società per lo studio del diritto della crisi

REV 02