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Saggio

Gli effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti pendenti: appalto*

Antonio Pezzano, Avvocato in Firenze
Massimiliano Ratti, Avvocato in La Spezia

21 Febbraio 2023

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Gli Autori, dopo aver analizzato le possibili sorti del rapporto d’appalto pendente nella liquidazione giudiziale, approfondiscono le complesse interrelazioni con la normativa speciale dei contratti pubblici.
Riproduzione riservata
1 . Assetto delle regole
Il Codice della crisi ha riproposto in materia di contratto d’appalto la stessa formulazione della legge fallimentare [1].
Difatti, l’art. 186 CCII[2] riproduce pressoché testualmente il previgente art. 81 L. fall., con la sola differenza che l’inciso finale (“Sono salve le norme relative al contratto di appalto per le opere pubbliche”) risulta inserito nell’ultimo comma dell’art. 172 CCII, attraverso il più esteso (e condivisibile) riferimento a tutti i “contratti pubblici”.
Il legislatore ha, tuttavia, dimostrato un maggior appeal per le intersezioni “concorsuali” del contratto di appalto e di quello concessorio, tanto da premurarsi di richiamarli espressamente nell’“esercizio dell’impresa del debitore” di cui all’art. 211 CCII  (i.e. il trascorso “esercizio provvisorio dell’impresa del fallito” di cui all’art. 104 L. fall.) e, segnatamente, all’ottavo e decimo comma, nonché nell’art. 372 CCII, in conseguenza delle modifiche apportate, anche a causa della normativa emergenziale[3], al contratto d’appalto pubblico rispetto alla procedura di fallimento e ora alla liquidazione giudiziale.
2 . La pendenza del contratto d’appalto “privatistico”
Nel caso di contratto d’appalto pendente, cioè di prestazione ancora da eseguire o comunque da completare al momento della dichiarazione di liquidazione giudiziale[4], la regola-base resta lo scioglimento disciplinato dall’art. 186 CCII, anche nel particolare sub-scenario del secondo comma, salva diversa determinazione del curatore, da adottarsi, previa autorizzazione del comitato dei creditori, nello spatium deliberandi di sessanta giorni, in cui il rapporto rimane sospeso. 
Sospensione che, in ogni caso, non incide sulla decorrenza ex nunc dello scioglimento, ovverosia a far data dalla sentenza dichiarativa della liquidazione giudiziale, come affermato dalla prevalente giurisprudenza già sedimentatasi nella vigenza dell’omologa disposizione di cui all’art. 81 L. fall.[5] 
Va, tuttavia, specificato che parte della dottrina era, invece, orientata in una posizione più “bilanciata”, alla stregua della quale, trattandosi di una fattispecie a formazione progressiva, il rapporto rimane in una fase di piena quiescenza sino allo spirare del termine di legge (oppure al subentro del curatore).[6] 
Il Codice della Crisi ha optato per tale ultima soluzione, come può desumersi della previsione, innovativamente esplicitata dall’art. 172, comma 1, CCII,[7]  secondo cui il curatore, in caso di scelta per la prosecuzione del contratto, assume i relativi obblighi solamente dalla data del subentro e quindi, ove non lo faccia, nelle more non succede nulla, restando di conseguenza il contratto in totale stato di stallo, in cui sono inertizzati tutti i relativi effetti sin dalla data della dichiarazione di liquidazione giudiziale.[8]
Dunque, ci troviamo sempre al cospetto della disciplina generale sancita dall’art. 172 CCII, con alcune specificità dettate proprio dalla peculiarità del contratto d’appalto.
Anzitutto, il termine di sessanta giorni, “riservato” al curatore per decidere se proseguire o meno nell’esecuzione del contratto, è stabilito preventivamente dalla legge (anziché dal Giudice Delegato su interpello del contraente in bonis, come nella previsione generale di cui all’art. 172, comma 2, CCII), per evitare così che un rapporto, di siffatto rilievo, possa trattenersi per troppo tempo in una fase di limbo.
In secondo luogo, il curatore che ritenesse più conveniente, per la massa, la prosecuzione dell’appalto, dovrà comunque offrire “idonee garanzie”, che, nel caso di insolvenza del committente, saranno rappresentate dalla capacità del relativo patrimonio di far fronte senz’altro all’impegno economico assunto[9].
Invece, in caso di default dell’appaltatore, dovrà essere data dimostrazione (anche) del persistere di un’adeguata capacità organizzativa della relativa impresa. 
Scenario che lascia supporre che il curatore abbia previamente optato per l’esercizio dell’impresa ex art. 211 CCII, anche limitatamente allo specifico ramo d’azienda inerente all’appalto[10].
 Così, a fronte di una scelta che potrebbe rilevarsi infelice per le obbiettive complessità che un rapporto d’appalto implica, il curatore si premurerà di munirsi, oltre che del previo “suggello” del giudice delegato sull’operazione (attraverso l’autorizzazione ai sensi dell’art. 211, comma 3, CCII, resa dopo l’obbligatorio parere del comitato dei creditori), della facoltà, comunque, di potersi poi sciogliere.
Difatti, durante il corso dell’esercizio dell’impresa, i contratti possono proseguire anche solo provvisoriamente[11], essendo poi sempre possibile, ad esercizio chiuso, sciogliervisi (art. 211, commi 8 e 9, CCII).
E sempre in tale logica - proiettata soprattutto rispetto agli appalti pubblici e al relativo primario interesse al tempestivo e corretto completamento dell’opera - il Codice della Crisi ha previsto che il curatore, pur con esercizio dell’impresa autorizzato, “non può partecipare a procedure di affidamento di concessioni e appalti di lavori, forniture e servizi ovvero essere affidatario di subappalto” (art. 211, comma 10, CCII).
Naturalmente, la scelta del curatore per lo scioglimento del contratto risulterà obbligata allorché, per le peculiarità del contratto d’appalto, le qualità soggettive dell’appaltatore siano state “un motivo determinante del contratto, salvo che il committente non consenta, comunque, la prosecuzione del rapporto” (art. 186, comma 2, CCII, in linea con i precetti in generale previsti innovativamente dall’art. 175 CCII)[12].
Sempre che il curatore - con l’approvazione del comitato dei creditori - abbia previamente apprezzato la convenienza della scelta a favore della massa e il committente in bonis acconsenta alla prosecuzione del rapporto, ritenendo sussistenti anche le “idonee garanzie” per il completamento dell’opera.
Ma quid iuris se dovessero sorgere contestazioni sull’idoneità delle garanzie offerte ovvero sull’eventuale rifiuto del committente rispetto alla prosecuzione del rapporto?
Considerato anche l’anodino silenzio dell’art. 186 CCII, non potrà provvedervi il Giudice Delegato, organo deputato a dirimere controversie prettamente economiche incidenti sul concorso con gli altri creditori (come, ad esempio, nei casi degli equi indennizzi dei contratti d’affitto e di locazione immobiliare di cui, rispettivamente, agli artt. 184 e 185 CCII). Dunque, bisognerà ricorrere al tribunale ordinario, in ogni caso del luogo in cui è stata dichiarata la liquidazione giudiziale, alla luce del disposto dell’art. 32 CCII, che sancisce la relativa competenza funzionale in quanto controversie derivanti dall’apertura della procedura concorsuale de qua[13].
Alla luce della nuova espressa disposizione dell’art. 172, comma 3, CCII, risulta ora chiaro che, in caso di subentro del curatore nel contratto d’appalto, le prestazioni precedenti non beneficiano della prededuzione.
Neppure ove si tratti di un appalto di servizi, e quindi assimilabile ad un rapporto ad esecuzione continuata o periodica[14], considerato anche che l’art. 179 CCII non riproduce più la disposizione in tema dell’omologo art. 74 L. fall., secondo cui “se il curatore subentra in un contratto ad esecuzione continuata o periodica deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute o dei servizi già erogati.”
Anzi, viene ora espressamente chiarito che il curatore paga solo “il prezzo delle consegne avvenute e dei servizi erogati dopo l’apertura della liquidazione giudiziale”, precisandosi, altresì, che per il prezzo delle consegne e servizi pregressi “il creditore può chiedere l’ammissione al passivo” (precisazione, forse, inutile, quanto foriera di possibili dubbi, atteso che anche un credito anteriore con rango prededucibile si invoca attraverso il procedimento di ammissione al passivo)[15].
3 . La tutela extraconcorsuale dei diritti economici dei lavoratori
Risulta pacifico, non essendoci ragioni per ritenere che qualcosa sia mutato con l’avvento della nuova normativa concorsuale (neppure con gli artt. 189, 190 e 191 CCII, regolanti altri aspetti del rapporto di lavoro pendente)[16], che l’azione diretta di cui all’art. 1676 c.c., esercitata dal lavoratore dell’appaltatore nei confronti del debitore committente per i crediti da retribuzione, non diviene improcedibile per l’intervenuta liquidazione giudiziale del relativo datore di lavoro.[17] 
Altrettanto può affermarsi rispetto all’incisiva tutela prevista, sempre, a favore del lavoratore dell’appaltatore (o del subappaltatore) poi divenuto insolvente e di cui alla responsabilità solidale sancita dall’art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 276/2003 (quantunque poi mitigata, quanto a forza propulsiva pro lavoratore, con il regime di sussidiarietà introdotto dall’art. 21, comma 1, D.L. n. 5/2012, conv. in L. n. 35/2012 e con il limite del beneficio di escussione aggiunto dall’art. 4, comma 31, L. n. 92/2012)[18]: infatti, anche in questa ipotesi, diviene invocabile nei confronti delle società private a partecipazione pubblica soggette al Codice dei contratti pubblici[19], sussistendo il divieto legislativo del ricorso a tale azione da parte del lavoratore, unicamente nei confronti delle amministrazioni pubbliche, ferma restando, comunque, la possibilità dell’azione diretta ex art. 1676 c.c.[20]. 
4 . La pendenza del contratto d’appalto pubblico
Come accennato, nel Codice della Crisi viene riprodotto l’inciso in merito alla “specialità” delle norme in materia di contratti pubblici, sebbene venga riportato a chiosa dell’art. 172 CCII, anziché nella norma specifica sul contratto d’appalto di cui all’art. 186 CCII, come, appunto prevedeva l’art. 81 L. fall.[21].
E tra le due leggi speciali - quella che regola il concorso tra creditori in caso di insolvenza del debitore e la normativa che tutela l’interesse collettivo al buon esito del contratto pubblico (ove ancora in corso rispetto alla prestazione attesa) - la disciplina che, oramai, tende a prevalere è quest’ultima[22], in caso di contratto in corso, a differenza di quanto, invece, accade ad avvenuto scioglimento, ove governano i principi del concorso[23]. 
E, in questa logica, si è mosso anche il legislatore, coordinando con l’art. 372 CCII le modifiche tra legge fallimentare e Codice della Crisi rispetto al D.Lgs. n. 50/2016 (cioè al Codice dei Contratti Pubblici, nel prosieguo anche CdAp). 
Viene, così, confermata la facoltà per il curatore di subentrare nel contratto pubblico nel (solo) caso di esercizio dell’impresa del debitore. 
Come risultava già nel testo previgente dell’art. 104, comma 7, L. fall., con l’art. 211, comma 8, CCII, è stata ribadita, in tema di interinale scelta sulla prosecuzione (ovvero sospensione o diretto scioglimento) dei contratti pendenti, la prevalenza delle disposizioni speciali: “è fatto salvo il disposto dell’art. 110, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”  che prevede come “il curatore della procedura di liquidazione giudiziale, autorizzato all'esercizio dell’impresa, può eseguire i contratti già stipulati dall'impresa assoggettata alla liquidazione giudiziale su autorizzazione del giudice delegato.”.
A differenza di quanto avviene nel contratto d’appalto privatistico, ove la scelta per la provvisoria prosecuzione del contratto non richiede alcuna autorizzazione, (neppure quella del comitato dei creditori, necessaria solo all’atto del definitivo subentro ex art. 186, comma 1, CCII), nel contratto d’appalto pubblico, la prioritaria esigenza di salvaguardia dell’interesse generale (al miglior completamento dell’opera o espletamento del servizio) impone al curatore, ove non opti subito per lo scioglimento del contratto, di ricorrere all’esercizio dell’impresa: ciò deve avvenire con una richiesta motivata al giudice delegato in relazione alla capacità di adempiere integralmente, quale interesse della collettività e ai vantaggi che detta prosecuzione comporta per la massa. 
In tale evenienza, il curatore dovrà, pertanto, dar prova di esser in grado di offrire le “idonee garanzie” previste dal primo comma dell’art. 186 CCII, in linea, peraltro, con quanto stabilito dall’art. 95, comma 2, CCII in materia di concordato con continuità aziendale circa l’attestazione speciale di “ragionevole capacità di adempimento”.
E non è un caso che abbiamo parlato di completamento dell’opera: difatti, nel contratto d’appalto pubblico, durante l’esercizio dell’impresa, non è possibile una prosecuzione meramente interinale, visti gli interessi pubblicistici in gioco nonché le posizioni degli altri soggetti aventi il diritto all’interpello di cui al primo comma dell’art. 110 CdAp [24]. Sempre per le stesse ragioni, il curatore non potrà avvalersi della facoltà di sospensione del contratto durante l’esercizio dell’impresa, ai sensi del combinato disposto dell’ottavo e nono comma dell’art. 211 CCII, ma dovrà individuare con rapidità la strada che intende percorrere[25].
La contestazione del diritto al subentro da parte del curatore non potrà essere devoluta al giudice concorsuale e prescinde anche dall’autorizzazione dallo stesso rilasciata ai sensi dell’art. 110, comma 3, CdAp: quest’ultima, infatti, è un mero atto tutorio, interno al rapporto dell’organo concorsuale con il giudice della propria procedura[26], che non può incidere sul diritto della stazione appaltante o sull’interpello per il subentro, ex art. 110, comma 1, CdAp, dei soggetti in graduatoria, tutti, quindi, titolati a far valere le relative ragioni dinanzi al competente giudice amministrativo[27]. 
5 . I raggruppamenti d’impresa nella liquidazione giudiziale
Alla stessa stregua dei precetti contenuti nel precedente Codice Appalti Pubblici (art. 37, commi 18 e 19, D.Lgs. n. 163/2006), anche il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, all’art. 48, commi 17 e 18, ha regolato le ipotesi di crisi e insolvenza, rispettivamente dell’impresa mandataria e mandante, nei contratti d’appalto con operatori riuniti in raggruppamenti temporanei, nonché consorzi ordinari.
E, come accennavamo, l’art. 372, comma 1, CCII ha provveduto a coordinare terminologicamente tali ultime disposizioni, sostituendo “liquidazione giudiziale” a “fallimento”.
Pertanto, continueremo ad avere che:   
•) in ipotesi di liquidazione giudiziale dell’impresa mandataria, venuto meno il rapporto di mandato, in linea con le previsioni di cui all’art. 183, comma 2, CCII, la mandataria estromessa dovrà essere sostituita con una delle imprese mandanti che abbia i requisiti adeguati rispetto alle prestazioni ancora da eseguire; diversamente, la stazione appaltante dovrà recedere dal contratto ai sensi dell’art. 109 CdAp;
••) nello scenario della liquidazione giudiziale di una delle imprese mandanti, sciolto automaticamente il contratto di mandato (ma in tal caso per lex specialis, visto il disposto dell’art. 183, comma 3, CCII), il mandatario, ove nessun componente del raggruppamento risulti in possesso dei requisiti richiesti, dovrà provvedervi direttamente; altrimenti, alla stazione appaltante non resterà che avvalersi del recesso contrattuale ex art. 109 CdAp.
In ogni caso, alla luce dell’art. 110, comma 3, CdAp, le predette due fattispecie dovrebbero[28] atteggiarsi differentemente a seconda della qualifica di mandatario e mandante dell’appaltatore insolvente. 
Nel primo caso, scioltosi ex lege il contratto di mandato, il curatore non potrà subentrare, a valle, nella propria quota del collegato contratto d’appalto. Invece, tale fenomeno potrebbe verificarsi, ove la liquidazione giudiziale abbia interessato un’impresa mandante, atteso che, in tal caso, la regola dell’art. 183 CCII prevede che solo la scelta del curatore conduce allo scioglimento del contratto di mandato e, quindi, questi, autorizzato dal giudice delegato, potrà subentrare nella propria quota di contratto d’appalto [29].
Secondo l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato [30], tanto in un caso quanto nell’altro, le modifiche soggettive possono avvenire sempre e solo all’interno dello stesso raggruppamento.
La soluzione propugnata, tuttavia, non convince: prima di giungere allo scioglimento del contratto d’appalto per mancanza, all’interno del raggruppamento, di un soggetto munito delle qualità dell’impresa insolvente (recte: recesso dal contratto ex artt. 48 e 109 CdAp), dovrebbe essere concessa alla curatela la possibilità di bandire una snella e veloce gara competitiva volta alla cessione della posizione contrattuale dell’insolvente ai sensi dell’art. 106, comma 1, lett. d), n. 2), CdAp[31]. 
D’altro canto, neppure può ignorarsi che l’esigenza di celere completamento dell’opera pubblica non sempre coincide con quella del miglior realizzo possibile pro creditoris perseguito dalla curatela, anche se, tra le due priorità, come poc’anzi evidenziato, tende sempre di più a prevalere la prima, anche sulla scorta di quanto previsto dall’art. 5 del D.L. n. 76/2020, conv. in L. n. 120/2020.
Difatti, la suddetta disposizione, al quarto comma, tende a scavalcare anche la disciplina binaria dell’art. 48 CdAp, allorché sancisce la facoltà per la stazione appaltante pubblica di procedere ad una veloce  risoluzione di diritto del contratto  ex art. 108 CdAp  (anziché  più ragionevolmente attraverso lo stesso strumento del recesso adottato appunto dall’art. 48 CdAp)[32], quando la prosecuzione dei lavori per “qualsiasi motivo” non possa proseguire, neppure “ in caso di esecutore plurisoggettivo, con altra impresa del raggruppamento designato, ove [ndr: anche] in possesso dei requisiti adeguati ai lavori ancora da realizzare”.
In tutti i casi, una volta estinto il rapporto di mandato con l’impresa insolvente, sia essa mandataria o mandante, sarà la curatela ad avere diritto a richiedere il saldo del residuo delle lavorazioni dell’appaltatrice insolvente all’indirizzo della stazione appaltante[33]. Con la conseguenza che il relativo pagamento effettuato alla mandataria non risulta liberatorio per la stazione appaltante, che dovrà ripetere il pagamento a favore della curatela[34]. 
Al contempo, scioltosi per la relativa insolvenza il rapporto di mandato con l’impresa mandataria del raggruppamento, le imprese mandanti non rispondono per le eventuali responsabilità della prima, non verificandosi alcun fenomeno successorio al riguardo[35].
Ciò, ovviamente, purché si tratti di lavori scorporabili: alla luce dell’art. 48, comma 5, CdAp, sussiste, infatti, ab initio la responsabilità solidale di mandanti e mandatari, tra l’altro, non solo nei confronti della stazione appaltante, ma anche verso subappaltatori e fornitori.
6 . Il pagamento “binario” del subappaltatore
Con riguardo al tema della sospensione del pagamento del credito dell’appaltatore fallito, da parte della stazione appaltante, di cui al previgente art. 118, comma 3, D.Lgs. n. 163/2006, e del connesso aspetto della prededucibilità del credito del subappaltatore, sono intervenuti definitivamente due arresti della Suprema Corte, nel suo massimo consesso[36], con argomentazioni che consentono di dirimere anche le aporie esegetiche della disciplina del subappalto nei contratti pubblici di cui all’art. 105, comma 13, CdAp[37]. 
Il pagamento diretto a favore del subappaltatore viene consentito alla stazione appaltante, anche in caso di liquidazione giudiziale, solo in caso di subentro del curatore nel contratto (quindi l’appalto risulti in corso - scenario che oggi il nuovo Codice dei Contratti Pubblici disciplina all’art. 110, comma 3), in quanto l’interesse pubblico alla celere ultimazione dell’opera prevale sui principi, quantunque parimenti pubblicistici, della par condicio creditorum.
Invece, una volta intervenuto lo scioglimento del contratto di appalto per intervenuta liquidazione giudiziale senza subentro del curatore nel contratto pubblico ex art. 110, comma 3, CdAp, il subappaltatore era e rimane un creditore concorrente e, quindi, partecipa pariteticamente al relativo concorso[38].
Allo stesso modo avviene anche per “i prestatori di servizi ed i fornitori di beni o lavori”, richiamati nell’art. 105 CdAp. 
 D’altro canto, anche la recente normativa istitutiva del cd “Fondo Salva Opere”, di cui all’art. 47, commi 1-bis-septies, D.L. n. 34/2019, conv. con modificazioni dalla L. n. 58/2019, sembra indirizzare verso questo contemperamento degli interessi: se, da un lato, tale normativa speciale tende a favorire l’ultimazione delle opere pubbliche, offrendo ai subappaltatori l’aspettativa del pagamento, in ipotesi di insolvenza dell’appaltatore (sino al 70% e nei limiti delle dotazioni del Fondo), dall’altro, attribuisce al Fondo - e per esso del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - un diritto di surroga sempre e solo secondo le regole concorsuali, con la sola attribuzione di antergazione rispetto al residuo credito del subappaltatore “nei riparti ai creditori effettuati nel corso della procedura concorsuale“(cfr. comma 1 ter dell’art. 47 cit.)[39].  
7 . Una normativa ancora “più speciale” per derogare sia al Codice dei Contratti Pubblici che al Codice della Crisi
In conclusione, non possiamo esimerci dall’approfondire la disamina d’una normativa che, pur decisamente limitativa della portata espansiva dell’art. 110, comma 3 CdAp, rischia di passare inosservata (anche perché assunta come emergenziale e, quindi, temporanea, come, invece, probabilmente non è)[40]. 
Ci riferiamo alla previsione relativa alla dirompente facoltà di risoluzione di diritto dei contratti pubblici, attribuita alle stazioni appaltanti e di cui all’art. 5, comma 4 e 5 D.L. n. 76/2020, conv. in L. n. 120/2020[41].
Il suddetto innesto normativo, derogando alla procedura ordinaria prevista dal Codice dei Contratti Pubblici, attribuisce alle stazioni appaltanti la facoltà di dichiarare, ai sensi, quanto in deroga, dell’art. 108 CdAp, l’immediata risoluzione di diritto dei contratti d’appalto d’opere pubbliche, allorché ritengano, previo parere del collegio consultivo tecnico di cui al successivo art. 6, che i lavori non possano proseguire (comma 4 art. 5 cit.), o vi sia  anche solo un ritardo nell’avvio o esecuzione degli stessi  (comma 5 art. 5 cit.) “per qualsiasi motivo, ivi incluse la crisi o l'insolvenza dell'esecutore anche in caso di concordato con continuità aziendale ovvero di autorizzazione all'esercizio provvisorio dell'impresa”.  
In primo luogo, non può passare inosservato come i suddetti commi 4 e 5, relativi alla risoluzione contrattuale ex art. 108 CdAp, vengano collocati a valle dei primi tre commi di una norma che, in rubrica, si riferisce solo al ben diverso e più limitato fenomeno della sospensione lavori dell’opera pubblica di cui all’art. 107 CdAp.
Ma il reale elemento di novità della perentoria misura della norma si annida nel rinvigorito primato dell’interesse pubblico al celere completamento dell’opera, rispetto a quello, comunque di speculare valenza pubblicistica, volto a favorire il buon esito della procedura concorsuale del debitore appaltatore - ovvero, per restare al tema qui indagato, del curatore nell’ipotesi di esercizio dell’impresa - proiettata verso il miglior soddisfacimento dei relativi creditori.
Su tale ultima tematica, nel senso prospettato, milita, a parte la predetta previsione in enfasi del citato comma 4, il comma 6 dell’art. 5 in esame, che così recita: “In sede giudiziale, sia in fase cautelare che di merito, il giudice tiene conto delle probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale o locale alla sollecita realizzazione dell'opera, e, ai fini dell'accoglimento della domanda cautelare, il giudice valuta anche la irreparabilità del pregiudizio per l'operatore economico, il cui interesse va comunque comparato con quello del soggetto pubblico alla celere realizzazione dell'opera. In ogni caso, l'interesse economico dell'appaltatore o la sua eventuale sottoposizione a procedura concorsuale o di crisi non può essere ritenuto prevalente rispetto all'interesse alla realizzazione dell'opera pubblica.” 
Ergo, ricorrendo gli scenari previsti dai predetti commi 4 e 5, dovrà ritenersi prevalente, comunque (dunque, anche a fronte di una diversa valutazione di curatore e giudice delegato ex art. 110, comma 3, CdAp), l’interesse alla realizzazione dell’opera pubblica, atteso che “in ogni caso” non può essere prevalente “l'interesse economico dell'appaltatore o la sua eventuale sottoposizione a procedura concorsuale o di crisi”[42].
E pensare che, così, si rischierà di sottrarre ricchezze ai creditori concorsuali, anche sotto un altro angolo visuale.
Difatti, non solo si impedirà una maggiore marginalizzazione attraverso il completamento dell’opera, ma si priverà la curatela anche della possibilità di cedere in sede competitiva[43] il contratto d’appalto pubblico in corso ai sensi del richiamato art. 106, comma 1, CdAp.[44]
Aspetti economici che, quanto meno, meriterebbero di essere indennizzati in qualche modo pro massa dei creditori. 
Purtroppo, la legge speciale de qua tace sul punto, anzi giunge a “legittimare” anche una diretta riduzione [45] del saldo prezzo per “oneri aggiuntivi”, alla luce del disposto del comma 5 dell’art. 108 CdAp, anche in caso di risoluzione senza colpa (“per qualsiasi motivo”, recita il citato comma 4), come sicuramente è quella che viene a subire il terzo curatore, neppure subentrato nel contratto.
E anche sul piano di ragionevolezza costituzionale (ove trattasi di disposizione effettivamente non transitoria, come, purtroppo, pare), lascia alquanto perplessi, visto che nella specie ben poteva farsi ricorso al più equilibrato strumento del recesso con indennizzo pro appaltatore di cui all’art. 109, comma 1, CdAp, non a caso adottato, all’art. 48, commi 17 e 18, CdAp, da parte di un legislatore, forse meno “ speciale” di quello del 2020 ma, sicuramente, più attento.

Note:

[1] 
Il saggio rappresenta il lavoro dei due Autori per il “Trattato della crisi e dell’insolvenza”, diretto da M. Arato, G. D’Attorre, M. Fabiani, Ed. Giappichelli, in corso di pubblicazione.
[2] 
Art. 186 Contratto di appalto: 1. Il contratto di appalto si scioglie per effetto dell’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti di una delle parti, se il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, non dichiara di voler subentrare nel rapporto dandone comunicazione all'altra parte nel termine di sessanta giorni dall’apertura della procedura ed offrendo idonee garanzie. 2. Nel caso di apertura della liquidazione giudiziale nei confronti dell'appaltatore, il rapporto contrattuale si scioglie se la considerazione della qualità soggettiva dello stesso appaltatore è stata un motivo determinante del contratto, salvo che il committente non consenta, comunque, la prosecuzione del rapporto.
[3] 
Ci riferiamo ai commi 4, 5 e 6 dell’art. 5 D.L. n. 76/2020, conv. in L. n. 120/2020, che, pur radicati all’interno di una normativa emergenziale (che quindi dovrebbe presumersi temporanea), potrebbero provocare ulteriori ricadute, come vedremo infra sub par. n. 4.
[4] 
Diversamente, allorché l’opera risulta ultimata ed accettata dal committente e, quindi, si pone solo un problema di incasso del corrispettivo, siamo fuori dall’alveo dei precetti dell’art. 186 CCII. Cass. 5 ottobre 2020, n. 13261. In dott., cfr. S. Leuzzi, Relazione Ufficio del Massimario, Ricorso n. 16307/2018, pubb. 12 settembre 2022.
[5] 
Cfr., ex multis, Cass. 17 marzo 2022, n. 8591; Cass., Sez. Un., 2 marzo 2020, nn. 5685/6. In dott., sub omologo art. 81 L. fall., cfr. F. Di Marzio, L’appalto, in F. Vassalli-P. Luiso-E. Gabrielli (diretto da), Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, III, Giappichelli, Torino, 2014, p. 373; D. Maltese, Appalto privato, in L. Guglielmucci (a cura di), I contratti in corso di esecuzione nelle procedure concorsuali, Cedam, Padova, 2006, p. 424.
[6] 
Si v. F. Dimundo, Gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, in Schiano di Pepe (a cura di), Il diritto fallimentare riformato, Cedam, Padova, 2007, p. 264; P.F. Censoni, Gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici pendenti, in S. Bonfatti-P.F. Censoni, Manuale di diritto fallimentare, Cedam, Padova, 2011, p. 349. Una terza lettura sulla tematica si muove sul crinale dello stretto collegamento tra il primo e secondo comma della norma e giunge a ritenere che lo  scioglimento contrattuale si abbia solamente con l’avvenuto vano spirare del termine dei 60 giorni di legge; cfr. F. Aprile, Sub art. 81 L. fall., in M. Ferro (a cura di), La legge fallimentare, Cedam, Padova, 2014, p. 1098; F. Lapertosa, Gli effetti del fallimento sull’appalto, in Sanzo (a cura di), Procedure concorsuali e rapporti pendenti, Zanichelli, Bologna, 2009, p. 261.
[7] 
Per una approfondita prima disamina, cfr. R. Brogi, I rapporti pendenti nella liquidazione giudiziale, in Il Fall., 2019, pp. 1183 – 1194. 
[8] 
Va  soggiunto che, comunque,  qualche dubbio persiste, se si consideri, da una parte, che la relazione legis sub art. 186 CCII è espressamente nel senso  propugnato dalla giurisprudenza di legittimità supra citata alla nota n. 4, dall’altra, che nell’art. 186 CCII, a differenza di quanto previsto in  altre  specifiche ipotesi di rapporti pendenti, come quelli   di cui agli  artt. 175, comma 1 e 176, comma 1, CCII, non risulta esplicitata la decorrenza degli effetti dalla data dell’eventuale subentro nel contratto  da parte del curatore, potendo così far propendere ancora  per la tradizionale tesi dell’effetto  ex nunc dello scioglimento.
[9] 
Dunque, di regola, senza ricorrere a fideiussioni o finanza terza, che potrebbero aggravare (recte diminuire) un attivo destinato ai creditori anteriori e rispetto a cui, quand’anche venisse mantenuto l’elemento organizzativo aziendale, il curatore non potrebbe considerarsi imprenditore, ove anche facesse ricorso all’esercizio dell’impresa ex art. 211 CCII. Cfr. sul punto F. Aprile, sub art. 81 L. fall., in M. Ferro (a cura di), La legge fallimentare, cit.
[10] 
Per una prima indagine dell’istituto nel CCII, pur se poi lievemente emendato, si rinvia a S. Leuzzi, L’esercizio (non più provvisorio) dell’impresa del debitore nel quadro del codice della crisi e dell’insolvenza, in Dirittodellacrisi.it, pubb. 31 marzo 2019.
[11] 
Come provvisoria, al contrario di quanto accade nella liquidazione giudiziale ex art. 172 CCII senza esercizio dell’impresa, è la prosecuzione dei rapporti pendenti nel corso dell’amministrazione straordinaria sino alla finale scelta del commissario straordinario ai sensi dell’art. 50, comma 2 D.Lgs. n. 270/1999. Peculiare lo scenario nel Codice Antimafia di cui al D.Lgs. n. 159/2011, nel senso che i primi due commi dell’art. 56 ricalcano l’art. 172 predetto; mentre, il terzo comma prevede la possibilità di una provvisoria esecuzione analoga a quella disciplinata nell’esercizio dell’impresa del debitore.
[12] 
A maggior ragione con l’inserimento della previsione generalizzata dell’art. 175, il riferimento al tradizionale criterio dell’intuitus personae non pare convincente, come, d’altra parte, si è sostenuto già sotto la vigenza della legge fallimentare, visto anche l’art. 1674 c.c. in tema di morte dell’imprenditore; cfr. D. Finardi, Esecuzione del contratto d’appalto e risarcimento del danno del committente, in Fall., 1999, pp. 1104 – 1106.
[13] 
G. Tarzia, Rapporti che si sciolgono per il fallimento, in L. Panzani, Il Fallimento e le altre procedure concorsuali, UTET, Torino, 1999, pp. 281 - 329.
[14] 
Cfr. Cass. 23 maggio 2022, n. 16650, sotto la vigenza del precedente regime.
[15] 
Pur se con maggior sforzo esegetico, anche sotto la vigenza della normativa fallimentare si era giunti alle medesime conclusioni; cfr. Cass. 24 gennaio 2013, n. 3834 e Cass. 20 settembre 2011, n. 11855. In caso di amministrazione straordinaria, proseguendo provvisoriamente i contratti sino a quando il Commissario non decida sulle sorti del contratto (art. 50 D.Lgs. n. 270/1999), la prededuzione assisterà solo i crediti maturati durante tale periodo interinale, ma non nella fase anteriore alla procedura, neppure ove alla fine il Commissario decida di subentrarvi (Cass. 19 giugno 2022, n. 19146).
[16] 
Per una prima disamina, cfr. A. Patti, I rapporti di lavoro nella liquidazione giudiziale, in Fall., 2019, pp. 1195 - 1202.
[17] 
La Suprema Corte è da sempre concorde nel ritenere che tale azione possa utilmente proseguirsi solo se attivata, appunto, ante procedura concorsuale (Cfr. ex multis, Cass. 10 giugno 2019, n. 15558; Cass. 5 marzo 2019 n. 6333; Cass. 15 maggio 2009, n. 11360). Pare aprire alla possibilità che l’azione de qua possa attivarsi anche post fallimento, Cass. 14 gennaio 2016, n. 515, in Il Fall., 2016, p. 542, con nota critica di M. Spadaro Fallimento dell’appaltatore e azione diretta degli ausiliari verso il committente ex art. 1676 c.c., che evidenzia, condivisibilmente, come una ‘si’ tale conclusione, ove confermata, contrasterebbe con i principi fondanti il sistema concorsuale di cristallizzazione della massa attiva al momento del fallimento e di cui agli artt. 42, 45 e 52 L. fall.
[18] 
Si veda, ex multis, Cass. 30 dicembre 2022, n. 38174.
[19] 
In linea, peraltro, con la previsione dell’art. 30, comma 6, D.Lgs. n. 50/2016. Altra speciale normativa pro dipendenti è prevista in tema di somministrazione dall’art. 35, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015, che stabilisce che l’utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e a versare i relativi contributi previdenziali, salvo il diritto di rivalsa verso il somministratore. L’art. 26, comma 4, D.Lgs. n. 81/2008 stabilisce, inoltre, che il committente risponde in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell’INAIL o dell’IPSEMA.
[20] 
Cfr. Cass. 5 marzo 2019, n. 6333.
[21] 
Plaude per la nuova scelta “topografica”, in quanto ritenuta chiarificatrice di alcune incertezze interpretative con il precedente riferimento al solo contratto d’appalto, R. Brogi, I rapporti pendenti nella liquidazione giudiziale, cit., p. 1185
[22] 
In particolare, dopo l’avvento dell’art. 5, commi 4, 5 e 6 D.L. n. 76/2020, conv. in L. n. 120/2020, come meglio vedremo infra.

[23] 
Cass., Sez. Un., 2 marzo 2020, nn. 5685/6.

[24] 
Diversamente, salvo che la stazione appaltante non abbia invocato prima la risoluzione di diritto ai sensi dell’art. 5, commi 4 o 5, D.L. n. 76/2020, conv. in L. n. 120/2020 (come vedremo più diffusamente infra), potrà provare a cedere competitivamente il contratto in corso ex art. 106 CdAp, secondo il cui primo comma : “ …(omissis)I contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi seguenti: …(omissis) ...d) se un nuovo contraente sostituisce quello a cui la stazione appaltante aveva inizialmente aggiudicato l'appalto a causa di una delle seguenti circostanze: 1) una clausola di revisione inequivocabile in conformità alle disposizioni di cui alla lettera a); 2) all'aggiudicatario iniziale succede, per causa di morte o a seguito di ristrutturazioni societarie, comprese rilevazioni, fusioni, scissioni, acquisizione o insolvenza, un altro operatore economico che soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente, purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l'applicazione del presente codice; 3) nel caso in cui l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore si assuma gli obblighi del contraente principale nei confronti dei suoi subappaltatori; omissis ...”. Sulla tematica, ci sia permesso il rinvio a A. Pezzano, M. Ratti, Nuovo codice degli Appalti e procedure concorsuali: prime riflessioni, in Il Fall., 7, 2016, pp.758-764; v. anche, B. Armeli, L’affidatario di contratto pubblico di appalto divenuto insolvente, in IlFallimentarista.it, pubb. 12 settembre 2022; L. D’Orazio, Continuità aziendale e gare per l’affidamento dei contratti pubblici, in Il Fall., 2017, pp. 749-760; Id., Il Concordato preventivo, le commesse e le gare pubbliche, in Il Fall., 2019, pp. 1085-1086.
[25] 
Pena, oggi, rischiare la predetta risoluzione di diritto ai sensi dell’art. 5, comma 5, D.L. n. 76/2020, conv. in L. n. 120/2020.
[26] 
Cass. 16 luglio 2004, n. 13288.

[27] 
cfr. F. Aprile, Sub art. 81 L. fall., in M. Ferro (a cura di), La legge fallimentare, cit., p. 1103. Resta ferma per tutte le altre controversie la competenza speciale del Tribunale delle Imprese ex art. 2 D.L. n. 1/2012, conv. in L. n. 27/2012.

[28] 
Il condizionale è d’obbligo nel silenzio della legge, anzi nell’indice di segno contrario rappresentato dall’uguale incipit dei commi 17 e 18 dell’art. 48 CdAp, in cui solo il comma 5 dell’art. 110 viene richiamato, ma non, invece, il comma 3. 
[29] 
Ritiene, invece, applicabile l’art.110, comma 3, CdAp, tanto in un caso, quanto nell’altro, pur auspicando un intervento normativo chiarificatore, B. Armeli, L’affidatario di contratto pubblico di appalto divenuto insolvente, cit.

[30] 
Cons. Stato, Ad. Plen., 27 maggio 2021, n.10. Cfr. anche, B. Armeli, L’affidatario di contratto pubblico di appalto divenuto insolvente, cit.

[31] 
V. supra nota n. 23.

[32] 
Difatti, mentre nel caso del recesso di cui all’art. 109 CdAp l’appaltatore ha diritto, oltre al saldo delle lavorazioni, ad un indennizzo pari al decimo dell'importo delle opere non eseguite (comma 1), nel caso della risoluzione di cui all’art.108 CdAp, il comma 5 prevede, invece, una diretta riduzione del residuo saldo per non meglio precisati “oneri aggiuntivi” da risoluzione del contratto. Tutto ciò si appalesa oltremodo ingiustificato, ove soprattutto si pensi che nei confronti del curatore non subentrato nel contratto, la risoluzione si verifica a suo danno - recte della massa - senza colpa.
[33] 
Cass., 17 gennaio 2017, n. 973.
[34] 
Cfr. Cass. 19 dicembre 2019, n. 34116. 

[35] 
Cfr. Cass. 22 agosto 2018, n. 20943.
[36] 
Cass., Sez. Un., 2 marzo 2020, nn. 5685/6, con nota di S. Leuzzi, Il credito del subappaltatore di opere pubbliche nel fallimento, in Il Fall., 2020, pp. 468 - 480.
[37] 
Art. 105, comma 13 CdAp: La stazione appaltante corrisponde direttamente al subappaltatore, al cottimista, al prestatore di servizi ed al fornitore di beni o lavori, l'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite nei seguenti casi: …(omissis)…b) in caso di inadempimento da parte dell'appaltatore; …(omissis)…”
[38] 
Cfr. in parte motiva Cass. 21 dicembre 2018, n. 33350, allorché si preoccupa di precisare che “risulta dunque venuto meno [ndr: con l’articolo 105, comma 13, CdAp] l'appiglio ermeneutico in base al quale si era ritenuto che le forme di "autotutela" contemplate dalle disposizioni in esame fossero applicabili anche in caso di fallimento dell'appaltatore, con tutte le conseguenze che se ne sono fatte discendere in tema di prededucibilità del credito del subappaltatore”, limitandosi la norma a parlare di mero inadempimento e non insolvenza, come, ad esempio, effettuato nei casi di cui agli artt. 48, commi 17 e 18 CdAp, ovvero 106, comma 1 lett. d) CdAp. Con riferimento al tema dell’applicabilità dell’art. 105 cit. in caso di concordato in continuità, cfr. Trib. Verona, 18 maggio 2022, in Dirittodellacrisi.it pubb. Il 13 giugno 2022.
[39] 
La normativa in esame, insieme alle altre di settore, risulta raccolta ne I Codici della Concorsualità, a cura di F. Bortolotti, A. Pezzano, M. Ratti, in Ilcodicedeiconcordati.it, pp. 1680 – 1739.
[40] 
Interinalità legata all’emergenza sanitaria che, invece, leggendo anche i successivi commi 4 e 5 (oltre che la relazione legis), sembra concernere la sola, diversa, fattispecie della sospensione dell’esecuzione dell’opera pubblica, cui peraltro – e alquanto singolarmente vista la ben maggiore incidenza del fenomeno risolutorio – è unicamente dedicata la rubrica legis dell’art. 5 L. n. 120/2020: Sospensione dell’esecuzione dell’opera pubblica 1. Fino al 30 giugno 2023 [ndr: termine, tra l’altro, prorogato dall’iniziale 31 dicembre 2021] in deroga all’articolo 107 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, la sospensione, volontaria o coattiva, dell’esecuzione di lavori diretti alla realizzazione delle opere pubbliche:…(omissis)…b) gravi ragioni di ordine pubblico, salute pubblica o dei soggetti coinvolti nella realizzazione delle opere, ivi incluse le misure adottate per contrastare l’emergenza sanitaria globale da COVID-19; :…(omissis)…”.
[41] 
4. Nel caso in cui la prosecuzione dei lavori, per qualsiasi motivo [ndr: quindi non solo per l’emergenza sanitaria, in quel momento, in corso], ivi incluse la crisi o l'insolvenza dell'esecutore anche in caso di concordato con continuità aziendale ovvero di autorizzazione all'esercizio provvisorio dell'impresa, non possa procedere con il soggetto designato, ne', in caso di esecutore plurisoggettivo, con altra impresa del raggruppamento designato, ove in possesso dei requisiti adeguati ai lavori ancora da realizzare, la stazione appaltante, previo parere del collegio consultivo tecnico, salvo che per gravi motivi tecnici ed economici sia comunque, anche in base al citato parere, possibile o preferibile proseguire con il medesimo soggetto, dichiara senza indugio, in deroga alla procedura di cui all'articolo 108, commi 3 e 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, la risoluzione del contratto, che opera di diritto, e provvede secondo una delle seguenti alternative modalità: :…(omissis)….
 5. Le disposizioni del comma 4 si applicano anche in caso di ritardo dell'avvio o dell'esecuzione dei lavori, non giustificato dalle esigenze descritte al comma 1, [ndr: quindi, non germinato dall’emergenza sanitaria, in quel momento, in corso], nella sua compiuta realizzazione per un numero di giorni pari o superiore a un decimo del tempo previsto o stabilito per la realizzazione dell'opera e, comunque, pari ad almeno trenta giorni per ogni anno previsto o stabilito per la realizzazione dell'opera, da calcolarsi a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto. …(omissis)…”.
[42] 
Ancora più esplicita è la relativa relazione legis allorché precisa che “si interviene anche sulla fase giudiziale chiedendosi di valutare in ogni caso l’interesse pubblico alla sollecita realizzazione dell’opera.”
[43] 
Difettante, invece, nella normativa de qua anche rispetto alla stessa normativa dei contratti pubblici, visto che ai sensi dell’art. 5, comma 4, cit. …(omissis)…  d) propone alle autorità governative la nomina di un commissario straordinario per lo svolgimento delle attività necessarie al completamento dell'opera …(omissis)… 
[44] 
Norma che, peraltro, favorisce l’efficienza dell’opera curatoriale anche in caso di concordato, ove l’assuntore possegga i richiesti requisiti soggettivi. Cfr. più in generale sulla possibilità acquisitiva in sede concordataria anche di situazioni di mero interesse legittimo nei confronti della P.A., Cass. 28 luglio 2016, n. 15698.
[45] 
E quindi per compensazione, peraltro neppure contrastabile in sede di accertamento del passivo per la mancata scelta del legislatore delegato di dar attuazione al principio sancito all’art. 7, comma 8, lett. e), L. n. 155/2017, secondo cui era da “attrarre nella sede concorsuale l’accertamento di ogni credito opposto in compensazione ai sensi dell’articolo 56 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267”. 

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