Secondo l’art. 90, co. 3, t.u.b. «la continuazione dell’esercizio dell’impresa disposta all’atto dell’insediamento degli organi liquidatori entro il termine indicato nell’articolo 83, comma 1 [il terzo giorno successivo alla data di adozione del provvedimento che dispone la l.c.a.] esclude lo scioglimento di diritto dei rapporti giuridici preesistenti previsto dalle norme richiamate dal comma 2 del medesimo articolo».
La disposizione segue quella – sulla quale ritorneremo – che prevede la possibilità per i commissari liquidatori, a determinate condizioni, di «continuare l’esercizio dell’impresa [bancaria] o di determinati rami di attività»: per cui è da ritenere che anche la continuazione dell’esercizio dell’attività di singoli rami d’azienda possa essere autorizzata «all’atto dell’insediamento … entro il termine» del terzo giorno successivo alla data di disposizione della l.c.a.
In tale ipotesi i rapporti giuridici (bancari e non) facenti capo all’azienda di credito (od ai rami d’azienda alla quale l’autorizzazione alla continuazione dell’attività si riferisse) non sono soggetti allo “scioglimento di diritto” previsto dagli artt. 72 ss. l.fall.
Ricordando quanto appena osservato al numero che precede, si dovrà dunque concludere – per ciò che interessa in questa sede – che per effetto dell’autorizzazione alla continuazione dell’esercizio (totale o parziale) dell’attività bancaria «all’atto dell’insediamento» dei commissari liquidatori (e quindi ad opera della Banca d’Italia, che in generale è legittimata a «emanare direttive per lo svolgimento della procedura»: art. 83, co. 4, t.u.b.) ed entro il termine del terzo giorno successivo alla disposizione della l.c.a.: (i) non si produca lo scioglimento dei contratti di borsa a termine (art. 76 l.fall.) e dei contratti menzionati dall’art. 203 t.u.f.; e (ii) non si produca lo scioglimento del contratto di conto corrente bancario; nonché (iii) non si produca lo scioglimento dei contratti di mandato, e tra essi – primi tra tutti – i contratti aventi ad oggetto il conferimento di incarichi di riscossione di crediti dei clienti verso terzi, attraverso i circuiti interbancari.
La disposizione è evidentemente tesa a favorire la continuazione dell’attività bancaria, che fosse stata per l’appunto autorizzata: ma il sostegno offerto al con- seguimento di tale obiettivo appare piuttosto limitato.
In via preliminare nessuna eccezione pare introdotta al divieto di «pagamento delle passività di qualsiasi genere» (e di procedere a restituzione di beni di terzi), disposto dall’art. 83 t.u.b. (che parla di «sospensione», ma senza prevedere un termine finale alla stessa).
In secondo luogo, nessuna disposizione esplicita prevede il subentro automatico dei commissari liquidatori nei contratti (bancari) pendenti, che rappresenterebbe ovviamente la misura più idonea a favorire la continuazione dell’attività: e può essere quantomeno dubbio che nel concetto di «continuazione dell’attività d’impresa» debba ritenersi compreso il subentro nei contratti pendenti, comportante oltretutto – per i «contratti ad esecuzione continuata o periodica» – l’obbligo del curatore (i.e. del commissario liquidatore) di «pagare integralmente il prezzo delle consegne già avvenute o dei servizi già erogati» – che qualora ritenuto applicabile ai contratti di conto corrente bancario pendenti alla data di apertura della l.c.a. comporterebbe l’obbligo del commissario liquidatore di pagare «integralmente» – cioè, in sostanza, in prededuzione – anche il rateo di interesse passivo (per la banca) formatosi sul conto di ciascun cliente nel periodo anteriore alla disposi- zione della l.c.a. –.
Lo «scioglimento di diritto» previsto da talune disposizioni della sezione II del capo III del titolo II della legge fallimentare non si produce: ma per il resto: (i) la «sospensione dei pagamenti» (e delle restituzioni) di cui all’art. 83, co. 1, t.u.b., parrebbe continuare a prodursi; e (ii) le altre norme della legge fallimentare richiamata dall’art. 83, co. 2, t.u.b., con eccezione di quelle (sole) che dispongono lo «scioglimento automatico» di taluni contratti (contratto di borsa a termine e assimilati; conto corrente bancario; mandato), parrebbero dover continuare a trovare applicazione.
Dovrebbe continuare ad applicarsi pure all’ipotesi di autorizzazione alla continuazione dell’esercizio dell’impresa bancaria, pertanto, anche il principio generale di sospensione del contratto in corso con facoltà del curatore (i.e. del commissario liquidatore) di subentrare nello stesso o di sciogliersene; nonché l’articolato sistema autorizzatorio previsto per taluni contratti (con i necessari adattamenti già segnalati per l’applicazione alla banca assoggettata alla l.c.a.).
Così ricostruita, la disciplina degli effetti dell’“esercizio provvisorio” – se così vogliamo chiamarlo – dell’impresa bancaria non coincideva prima della riforma della legge fallimentare, e non coincide neppure dopo la riforma, con quella dettata per l’esercizio provvisorio delle imprese di diritto comune assoggettate al fallimento.
L’art. 90 l.fall. previgente, disponendo «la continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa del fallito», non disciplinava la sorte dei rapporti giuridici preesistenti (in modo diverso da quanto facessero gli artt. 72 ss. l.fall. in generale). L’art. 104, co. 7, l.fall. riformato prevede oggi che «durante l’esercizio provvisorio [dell’impresa fallita] i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non intenda sospendere l’esecuzione o scioglierli».
La norma viene intesa come esclusivamente produttiva di una deroga al principio (della sospensione automatica dell’esecuzione dei rapporti giuridici in corso) affermato dall’art. 72 l.fall. (riformato): quindi, in buona sostanza, come produttiva della semplice inversione tra regola (sospensione automatica) ed eccezione possibile (prosecuzione del rapporto) previsto dall’art. 72 l.fall., in luogo delle quali si afferma che la “regola” è la continuazione del rapporto, e la “eccezione” è la disposizione (ad opera del curatore fallimentare) della sospensione (con ripristino, parrebbe, dell’applicazione dell’art. 72 l.fall.), oppure dello scioglimento.
Per il resto, ed in particolare per quel che concerne la restante disciplina contenuta negli artt. 73 ss. l.fall., nulla cambierebbe nell’ipotesi di disposizione dell’esercizio provvisorio dell’impresa, rispetto ai casi nei quali esso non fosse stato disposto.
Si adduce, a sostegno di tale conclusione, che le disposizioni speciali de quibus non sempre si fondano sull’interruzione dell’attività dell’impresa; che esse talora prendono in considerazione anche la posizione del contraente in bonis; che la disposizione dell’art. 72-quater l.fall., in materia di locazione finanziaria – secondo la quale «se è disposto l’esercizio provvisorio dell’impresa il contratto continua ad avere esecuzione salvo che il curatore dichiari di volersi sciogliere del contratto» – dimostrerebbe come la continuazione derivante dall’esercizio provvisorio dell’impresa riguarderebbe solo i contratti che diversamente resterebbero sospesi ai sensi dell’art. 72 l.fall. riformato.
In tale contesto, si afferma altresì – ed è ciò che interessa a noi in questa sede – che l’art. 104, co. 7, l.fall., pur affermando che durante l’esercizio provvisorio dell’impresa i contratti pendenti proseguono, non impedirebbe l’operatività delle disposizioni della legge fallimentare che prevedono l’automatico scioglimento degli altri contratti specificamente disciplinati.
La conclusione appare assi discutibile, anche in termini generali: e certamente avrebbe effetti nefasti in caso di applicazione alla l.c.a della banca (a non dir d’altro, tutti i conti correnti bancari con la clientela si scioglierebbero!; tutti gli incarichi di riscossione di crediti dei clienti verso terzi, attraverso i circuiti inter- bancari, diverrebbero ineseguibili!; ecc.).
La richiamata previsione dell’art. 90, co. 3, t.u.b. rappresenta comunque, fuor di ogni possibile dubbio, una norma speciale, destinata a prevalere nel passato sulla disciplina previgente degli effetti dell’esercizio provvisorio dell’impresa sui rapporti giuridici in corso (quale che essa fosse); e destinata tuttora a prevalere sulla nuova disciplina degli effetti sui contratti pendenti della disposizione dell’esercizio provvisorio dell’impresa fallita (quale che essa sia), escludendo lo scioglimento di diritto dei rapporti di conto corrente bancario (e di mandato, e dei contratti di borsa a termine ed assimilati), ove pure si volesse ritenere che analogo risultato non si produca per l’impresa di diritto comune autorizzata all’esercizio provvisorio nell’ambito della procedura di fallimento “comune”.
Secondo l’art. 90, co. 3, t.u.b. «i commissari [liquidatori] possono, nei casi di necessità e per il miglior realizzo dell’attivo, previa autorizzazione della Banca d’Italia, continuare l’esercizio dell’impresa o di determinati rami di attività, secondo le cautela indicate dal comitato di sorveglianza».
Trattasi di quella che deve essere definita “ripresa” dell’esercizio dell’attività d’impresa, in contrapposizione con la vera e propria «continuazione» (la prosecuzione, cioè, senza soluzione di continuità), che deve ritenersi confinata alla diversa ipotesi – considerata al punto che precede – di un «esercizio provvisorio» della banca disposto (dalla Banca d’Italia) «all’atto dell’insediamento degli organi liquidatori, entro il termine indicato nell’articolo 83, comma 1».
La continuazione (rectius: “ripresa”) disposta dai commissari liquidatori dopo la scadenza del termine del terzo giorno successivo alla data di disposizione della l.c.a. – sulla base dei presupposti dell’esigenza di un «miglior realizzo» e «nei casi di necessità», con l’autorizzazione della Banca d’Italia e tenuto conto delle «cautele» indicate dal comitato di sorveglianza – non si collega direttamente all’esercizio dell’attività d’impresa in essere al momento dell’apertura della procedura, e non si può “saldare” con esso.
La scadenza del termine indicato dall’art. 83, co. 1, t.u.b. ha prodotto (e “cristallizzato”) gli effetti (degli artt. 42, 44, 45 e 66 l.fall. nonché) degli artt. da 51 a 63 l.fall., e con essi: (i) lo scioglimento di diritto dei contratti di borsa a termine e assimilati, dei contratti di conto corrente bancario, e dei contratti di mandato; nonché (ii) gli articolati effetti degli artt. 73 ss. l.fall.
È difficile inoltre escludere che si sia prodotto l’effetto generale di scioglimento di diritto dei «contratti bancari» propriamente detti, conseguente alla revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività creditizia, consustanziale alla disposizione della l.c.a e non “sospeso” – se così si può concepire il risultato dell’istituto – dalla autorizzazione alla continuazione dell’esercizio dell’attività d’impresa concessa all’atto dell’insediamento degli organi liquidatori.
Deve pertanto ritenersi che gli effetti, sopra ricordati, dell’assoggettamento della banca a l.c.a. senza contestuale autorizzazione alla continuazione dell’esercizio dell’attività d’impresa, non possano più essere posti nel nulla con la “ripresa” dell’esercizio dell’attività bancaria.
Se mai è da ritenere che per i rapporti giuridici pendenti rimasti “sospesi” in conseguenza dell’apertura della procedura, e la cui sorte dipende dall’esercizio di poteri autorizzatori attribuiti alle autorità creditizie, la circostanza della “ripresa” dell’attività bancaria comporterà prevedibilmente l’autorizzazione alla loro prosecuzione piuttosto che la disposizione del loro scioglimento.
Ciò del resto è quanto deve ritenersi accadere anche nel diritto fallimentare “comune”, laddove l’esercizio provvisorio dell’impresa fallita sia disposto non già (dal tribunale fallimentare e) «con la sentenza dichiarativa di fallimento» (art. 104, co. 1, l.fall.), bensì solo «successivamente», ad opera del giudice delegato, su proposta del curatore fallimentare e previo parere favorevole del comitato dei creditori – la cui partecipazione al procedimento autorizzatorio di questo “esercizio provvisorio” dimostra che esso potrà intervenire solo alquanto tempo dopo la sen- tenza dichiarativa (cfr. art. 40 l.fall. sulla nomina del comitato dei creditori) –.
Anche nel procedimento di fallimento gli effetti dell’esercizio provvisorio sui rapporti giuridici preesistenti (la prosecuzione dei contratti: art. 104, co. 7 l.fall.) potranno spiegarsi nell’ipotesi di continuazione dell’esercizio dell’impresa propriamente detta (cioè “saldata” all’attività precedente alla apertura del falli- mento per essere stata disposta «con la sentenza dichiarativa»: art. 104, co. 1); mentre saranno ostacolati, in tutto o in parte, nell’ipotesi di “ripresa” dell’esercizio dell’impresa disposta dal giudice delegato, «successivamente», in conseguenza della già intervenuta produzione – ad esempio – degli effetti dello scioglimento di diritto per i contratti che vi sono soggetti, o degli altri effetti derivanti dalle attività poste in essere, anche da parte dei contraenti in bonis, ai sensi degli artt. 72 ss. l.fall.