Saggio
I finanziamenti bancari nelle procedure di crisi*
Sido Bonfatti, Professore di Diritto della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza nell’Università di Modena e Reggio Emilia, già Ordinario di Diritto Commerciale nel medesimo Ateneo
17 Novembre 2025
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Sommario:
SEZIONE I . La “Nuova Finanza” in progress. La prosecuzione dei contratti di finanziamento pendenti
1 . Introduzione. “Nuova Finanza “in progress” e “Nuova Finanza” ex nunc
4 . I contratti bancari pendenti nella Composizione Negoziata per la soluzione della Crisi d’Impresa
5 . I contratti bancari pendenti nella procedura di concordato preventivo
5.1 . La disciplina dei “contratti pendenti” in generale
5.2 . I contratti pendenti destinati al sostegno finanziario dell’impresa
5.3 . La disciplina dei contratti di finanziamento bancario “autoliquidanti”
5.4 . Effetti del Concordato preventivo sul contratto bancario di “finanziamento” tout court
5.5 . Effetti del Concordato preventivo sul contratto di apertura di credito in conto corrente
5.7 . Effetti del concordato preventivo sul contratto di leasing
5.8 . Effetti del concordato preventivo sull’apertura di credito per crediti di firma
7 . I contratti bancari pendenti nel “piano di ristrutturazione omologato”
SEZIONE II . La “Nuova Finanza” ex nunc - La disciplina dei nuovi contratti di finanziamento
4 . Il presupposto della “continuazione dell’attività aziendale”
5 . I requisiti di autorizzabilità dei “finanziamenti prededucibili”
6 . Le diverse categorie di “finanziamenti prededucibili”
8 . I “finanziamenti interinali”
13 . Il pagamento dei (crediti derivanti da) “finanziamenti prededucibili” nel Concordato preventivo
15 . La disciplina dei nuovi “finanziamenti” nel “Piano di Ristrutturazione Omologato”
b) per ciò che concerne, infine, agli Accordi di Ristrutturazione ad efficacia este sa cc.dd. “avallati” (in quanto “risultanti” della relazione finale dell’esperto nominato per la conduzione del procedimento di “Composizione Negoziata” della crisi d’impresa – art. 23, comma 2, lett. b), CCII -), trattasi di disciplina che incide soltanto sulla percentuale rilevante di adesioni, idonea a produrre l’“effetto estensivo” dello “Accordo” (il 60 per cento invece che il 75 per cento “ordinario”).
Infine occorre richiamare la disciplina del contratto di leasing nel contesto della procedura di Accordo di Ristrutturazione c.d. “ad efficacia estesa”, riproduttivo della figura già denominata Accordo di Ristrutturazione “con intermediari finanziari”; e nel contesto della “Convenzione di moratoria”.
In tale contesto i “finanziamenti” assunti in esecuzione di contratti (bancari o finanziari) già pendenti genereranno crediti opponibili agli altri creditori senza la necessità dell’adempimento di alcuna condizione ovvero della verificazione di alcun altro presupposto.
- la legittimità dell’adempimento di passività pregresse, quali rate di mutuo scadute; canoni di leasing già pervenuti a scadenza; “effetti” (ricevute bancarie; cambiali; fatture) precedentemente anticipati, ritornati insoluti; eccetera;
- la legittimità del ricorso da parte degli istituti bancari e finanziari a misure cautelari ed esecutive (salvo l’intervento di “misure protettive”);
- la legittimità dell’acquisizione di garanzie: in ogni caso, se “concordate con l’imprenditore “; e anche contro la sua volontà, in mancanza dell’intervento di “misure protettive”;
- la compensabilità dei crediti della banca con debiti della stessa sorti successivamente all’apertura della procedura (per esempio, la compensazione dei crediti per anticipazioni erogate prima dell’apertura del procedimento con il debito da retrocessione conseguente al successivo incasso dei crediti anticipati, senza alcuna condizione – per esempio con riguardo a ciò che avviene nel contesto delle linee di credito “ant/sbf” -;
- la piena ed incondizionata operatività, ove stipulato, del pactum de compensando[3] - per esempio, nelle linee di affidamento per anticipo di crediti commerciali, in generale -;
- l’opponibilità (all’imprenditore e) agli altri creditori:
- delle cessioni di credito poste in essere in favore delle banche finanziatrici, benché non seguite dal compimento delle formalità idonee a rendere opponibili le cessioni anche ai terzi - per esempio, nel contesto delle linee dei crediti “ant/fatture” -; nonché
- della escussione del pegno costituito in favore della banca, nonostante l’eventuale mancanza di un atto di data certa, contenente sufficiente indicazione del credito garantito e del bene costituito in pegno – per esempio, nelle linee di credito per “anticipo/merci” -.
Tali distinzioni non sono operate ai fini della valutazione della legittimità o meno (e della opponibilità o meno) degli atti di gestione posti in essere dall’imprenditore: bensì allo scopo di individuare quegli atti che, oltre ad essere validi ed opponibili – ché tali comunque sono -, possono essere considerati anche “non soggetti alla azione revocatoria di cui all’articolo 166, comma 2”, CCII (art. 24, commi secondo e terzo): il ché rappresenta un fenomeno completamente diverso.
L’art. 16, comma 5, CCII ha riprodotto il divieto di “revoca” degli “affidamenti” bancari pendenti, introdotto dal D.L. n. 118/2021, aggiungendo che “in ogni caso la sospensione o la revoca degli affidamenti possono essere disposte se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, con comunicazione che dà conto delle ragioni della decisione assunta”. In questo modo nella procedura di CNC la “finanza bancaria” viene in considerazione già solo per il profilo della possibilità o meno di proseguire nella esecuzione del contratto bancario di credito in corso, ove il relativo (importo) “accordato” non risulti ancora interamente “utilizzato”; ovvero ove la relativa provvista si ricostituisca, in conseguenza del progressivo “scarico” dello “utilizzato” presente al momento dell’apertura del procedimento di Composizione Negoziata.
A tale proposito è necessario precisare, in via preliminare, che il divieto confermato dall’art. 16, comma 5, CCII è circoscritto all’ipotesi nella quale la banca sarebbe in condizione di addurre, a “giustificazione” – rectius: spiegazione – della “revoca” (soltanto ed unicamente) il fatto dello “accesso alla composizione Negoziata”.
In secondo luogo ci si deve domandare se il divieto di “revoca” (ovvero di recesso; o anche di risoluzione, in presenza di contratti di apertura di credito conclusi a tempo determinato) affermato dall’art. 16, comma 5, CCII, abbracci anche le prestazioni ancora da eseguire: vale a dire con riguardo agli “utilizzi” di cui l’imprenditore avesse ancora il diritto contrattuale di avvalersi (perché relativi alla porzione di affidamento “accordato” risultante non utilizzata alla data di accesso alla “Composizione Negoziata”); ovvero a quelli che si ricreassero in conseguenza della riduzione dello “utilizzato” precedente (per effetto del “rientro” della originaria esposizione, nelle aperture di credito bancario cc.dd. “rotative” e/o “autoliquidanti”) [4].
L’attribuzione alla norma in commento dell’effetto della introduzione di un obbligo di finanziamento, in capo alla banca, con riguardo alla prosecuzione dell’esecuzione dei contratti bancari (di finanziamento) pendenti, per i quali sussistano (ovvero si riproducano) disponibilità di utilizzo – rispetto all’ammontare originariamente “accordato” – da parte dell’imprenditore ammesso alla CNC, rappresenta una ipotesi interpretativa che si scontra con almeno quattro obiezioni: i) la contraddizione, in termini generali, con il principio affermato nel contesto di altre procedure di composizione negoziale della crisi d’impresa, di incoercibilità dell’attività di finanziamento (art. 61, comma 4, CCII; art. 62, comma 3, CCII); ii) la contraddizione con disposizioni contenute in altri testi normativi che, mirando a conseguire tale risultato, lo hanno esplicitato in modo circostanziato come oggetto di un obbligo della banca finanziatrice - art. 56, comma 2, lett. d), D.L. n. 18/2020 - ; iii) la previsione di tale obbligo nell’ambito della disciplina della stessa procedura di CNC, ma in una distinta sede – ed in presenza di presupposti differenti – (art. 18, comma 5); e (iv) il coordinamento sistematico della disciplina in commento con la disciplina assegnata alla conferma delle “misure protettive” conseguite dall’imprenditore con l’accesso alla CNC, integrato dalla iscrizione nel Registro delle Imprese della istanza prevista dall’art. 18, comma 1, CCII [5].
L’ art. 16, comma 5, CCII, in occasione della trasposizione nel Codice del divieto di revoca dello “affidamento” bancario, già affermato dall’ art. 4, comma 6, D.L. n. 118/2021, ha integrato la relativa disciplina precisando che “in ogni caso la sospensione o la revoca degli affidamenti possono essere disposte se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, con comunicazione che dà conto delle ragioni della decisione assunta”.
Ad avviso di chi scrive tale previsione intende fare riferimento al complesso regolamentare che disciplina l’attività dell’impresa bancaria nel settore della erogazione del credito: ovvero ad un complesso di norme che, anche e soprattutto in una prospettiva sistematica, si pone a presidio della solidità dei bilanci bancari.
Conseguentemente si deve concludere che le banche non soltanto potranno disporre la revoca e/o la sospensione degli affidamenti per ragioni di ordine diverso rispetto al mero accesso alla Composizione Negoziata da parte di un’impresa affidata (quali ad esempio percentuali anomale di insoluti sul portafoglio anticipato, ovvero distrazione di incassi su portafoglio anticipato che l’impresa abbia riscosso direttamente, ovvero volutamente “decanalizzato” presso altro intermediario): ma, in aggiunta, potranno altresì procedere con la revoca e/o la sospensione degli affidamenti anche per ragioni di ordine “prudenziale”, sotto il profilo della necessaria osservanza del principio di “sana e prudente gestione” della banca (principio al quale la stessa, del resto, deve attenersi, laddove aspiri non soltanto ad essere osservante della disciplina di vigilanza, ma anche a sottrarsi al rischio di responsabilità per “concessione inadeguata di credito”).
Benché il mantenimento della utilizzabilità del credito all’impresa in crisi, successivamente all’avvio, da parte della stessa, della CNC, possa comportare l’aggravamento degli effetti economici per la banca, a causa della necessità del peggioramento della classificazione della posizione, con conseguente esigenza di appostamento di maggiori accantonamenti a “fondo-rischi”, ciò parrebbe non giustificare - di per sé – la sospensione ovvero la revoca dell’utilizzo.
L’obiettivo di favorire il risanamento dell’impresa che abbia avviato la procedura di CNC attraverso la regolare prosecuzione dell’esecuzione dei “contratti pendenti” (anche, se non soprattutto, bancari) è perseguito anche prevedendo la producibilità di effetti impositivi, idonei a giustificare la pretesa dell’imprenditore in crisi di potere continuare ad avvalersi delle prestazioni inerenti contratti pendenti nonostante l’eventuale (apertura della procedura di CNC, nonché) inadempimento di obbligazioni pregresse.
L’art. 18 CCII consente infatti all’imprenditore di avvalersi di “misure protettive” (soggette alla successiva - ma tempestiva - conferma da parte del tribunale), le quali possono comprendere (e, di norma, saranno proprio rappresentate da) non solo il divieto di promuovere azioni esecutive o cautelari in conseguenza del mancato pagamento dei debiti pregressi: ma anche il divieto: i) sia di risolvere il contratto (ovvero anticiparne la scadenza; o ancora modificarlo in danno dell’imprenditore) a causa degli inadempimenti pregressi menzionati; ii) sia di sospendere o rifiutare l’adempimento delle prestazioni poste a carico del contraente in bonis dal contratto stesso, nonostante l’inadempimento dell’imprenditore in crisi: il chè equivale ad affermare un vero e proprio obbligo di finanziamento a carico della banca, sub specie di diritto dell’imprenditore a continuare ad utilizzare le linee di credito costituenti l’oggetto di contratti bancari pendenti.
Il diritto attribuito all’imprenditore di continuare ad avvalersi della esecuzione, da parte della banca, dei contratti di finanziamento pendenti, può comportare la nascita di passività incidenti sul patrimonio dell’imprenditore stesso, in conseguenza: i) dei vincoli connaturati alla forma tecnica interessata (cessione di credito nelle linee di credito “autoliquidanti”; pegno sulla merce nella linea di credito dell’anticipazione bancaria; ipoteca sull’immobile finanziato nella linea di credito del mutuo “a stato d’avanzamento lavori”; eccetera); ovvero ii) in conseguenza delle trattative intercorse con la banca, alla quale l’imprenditore potrebbe offrire la costituzione di garanzie pur non necessariamente intrinseche alla forma tecnica interessata (per es. l’apertura di credito in c/c. originariamente “in bianco”), in cambio della mancata opposizione, in sede giudiziale, alla conferma delle “misure protettive”.
Nulla si oppone alla realizzabilità di entrambe le ipotesi.
La costituibilità di titoli di prelazione è consentita, ed opponibile ai creditori, anche nell’ipotesi nella quale l’imprenditore avesse pure imposto agli stessi la par condicio conseguente al ricorso (eventualmente confermato dal tribunale) a “misure protettive”: infatti l’art. 18, comma 1, consente anche in questo caso la costituzione di titoli di prelazione, se “concordati con l’imprenditore”.
A tale proposito occorre considerare che laddove la prosecuzione dell’esecuzione del contratto di finanziamento bancario, sia pure assistito da garanzie sul patrimonio dell’imprenditore, rappresenti l’effetto della conferma da parte del tribunale delle “misure protettive” prodottesi con la iscrizione di cui all’art. 18, comma 1, CCII e con il deposito del ricorso di cui all’articolo 19, si deve ritenere per ciò stesso assolto il requisito della coerenza “con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento esistenti al momento” in cui le garanzie sono state costituite, posto dall’art. 24, comma 2, CCII, come condizione alla applicabilità della esenzione dall’azione revocatoria (di cui all’art. 166, comma 2, CCII).
In altre parole: in presenza della autorizzazione giudiziale delle “misure protettive”, che comporta la prosecuzione del descritto “obbligo di finanziamento”, le garanzie acquisite dalla banca ovvero i pagamenti dalla stessa conseguiti non potranno non essere esentati dall’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 24, comma 2, CCII.
In mancanza di garanzie (ovvero nell’ipotesi di garanzie non interamente capienti) si pone il problema della individuazione della collocazione del credito derivante dall’utilizzo dei contratti bancari di finanziamento pendenti, di cui si sia vietata la risoluzione o l’interruzione, in conseguenza della conferma delle “misure protettive” (e del rigetto della eventuale opposizione della banca alla produzione di tale effetto).
Si deve ritenere che a tali crediti debba essere riconosciuta la collocazione in prededuzione, non potendosi dubitare che ricorrano i presupposti previsti dalla disciplina di tale fenomeno nell’ambito della CNC [6].
Pare evidente che la valutazione richiesta al tribunale quando è investito della istanza di autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili – art. 22, comma 1, lett. a) – non sia diversa da quella richiestagli nell’occasione della domanda di conferma delle “misure protettive” – art. 19, comma 4, CCII -, comportanti lo “obbligo di finanziamento” conseguente al divieto di interruzione della esecuzione dei contratti pendenti di finanziamento bancario – art. 18, comma 5, CCII -. Da qui l’effetto della collocabilità in prededuzione dei crediti relativi, per il solo fatto della conferma delle “misure protettive” in presenza di contratti di finanziamento bancario suscettibili di ulteriori utilizzi in corso di CNC, senza necessità di acquisizione di autorizzazione ai sensi dell’articolo 22 CCII.
Occorre infine segnalare la disciplina concernente l’equa rideterminazione delle condizioni dei contratti (bancari) pendenti.
La possibile “rideterminazione” del contenuto dei contratti “ad esecuzione continuata o periodica ovvero differita” si atteggia, nel CCII (art. 17, comma 5), in modo diverso da come era originariamente declinata nel D.L. n. 118/2021, convertito nella legge n. 147/2021 (art. 10, comma 2). In primo luogo, il CCII prevede soltanto l’iniziativa dell’Esperto, e non prevede - di per sé - il possibile intervento del Tribunale. In secondo luogo, il presupposto del possibile intervento (dell’Esperto) è rappresentato dalla condizione che “la prestazione [sia] divenuta eccessivamente onerosa o che [sia] alterato l’equilibrio del rapporto in ragione di circostanze sopravvenute”, laddove il presupposto dell’applicabilità della corrispondente disciplina del d.l. n. 118/20221 era rappresentato (ed è rappresentato, per quanto si dirà) dalla condizione che “la prestazione [fosse] divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemia da SARS-CoV-2”.
In argomento occorre preliminarmente precisare che le disposizioni sopra richiamate sono tuttora applicabili entrambe: l’art. 17, comma 5, CCII, perché fa parte della disciplina della CNC in vigore dal 15 luglio 2022; e l’art. 10, comma 2, D.L. n. 118/2021, perché mai abrogato.
Per ciò che concerne la legittimazione dell’Autorità giudiziaria, un intervento in materia è ammesso dunque – allo stato degli atti – esclusivamente nell’ipotesi nella quale la alterazione sopravvenuta (in danno dell’imprenditore ammesso alla CNC) dell’originario equilibrio del contratto pendente possa dirsi intervenuta “per effetto della pandemia da SARS-CoV-2”.
Si può allora osservare che sino a quando l’ammissibilità dell’intervento dell’autorità giudiziaria in funzione del “riequilibrio” di un contratto (bancario) pendente, divenuto eccessivamente oneroso per l’imprenditore ammesso alla CNC, sarà limitato – come oggi è limitato – all’ipotesi che l’eccessiva onerosità sopravvenuta sia stata causata dalla “pandemia da SARS-CoV-2”, l’effetto della disposizione sul successo del tentativo di risanamento intrapreso dall’impresa deve ritenersi assai ridotto (e destinato ad una probabilmente rapida estinzione).
Tutt’altra conclusione dovrebbe formularsi, invece, nell’ipotesi nella quale – semplicemente – i presupposti della legittimità (della invocazione) dell’intervento giudiziale fossero (nuovamente) accomunati ai presupposti del possibile “invito” dell’Esperto a che le parti ridetermino il contenuto dei contratti (ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita), in tutte le ipotesi nelle quali “la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa” ovvero “è alterato equilibrio del rapporto in ragione di circostanze sopravvenute”, a prescindere da quali siano state le circostanze produttive di tale fenomeno. In tale ipotesi, infatti, la legittimazione dell’autorità giudiziaria ad “intervenire” per riequilibrare i contenuti economici dei contratti pendenti avrebbe una ben maggiore rilevanza.
(i) art. 94 bis, in materia di “Disposizioni speciali per i contratti pendenti nel concordato in continuità aziendale”;
Nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, a differenza di quanto era disposto nella legge fallimentare previgente, i “finanziamenti interinali” ed i “finanziamenti in corso”, sono disciplinati da una identica norma, e precisamente dall’art. 91. La norma condiziona la autorizzabilità alla assunzione di finanziamenti prededucibili (interinali ovvero in corso di procedura) alla ricorrenza dei “requisiti generali” rappresentati da: (i) previsione della continuazione dell’attività aziendale, anche se unicamente in funzione della liquidazione; (ii) funzionalità all’esercizio dell’attività aziendale; e (iii) funzionalità alla migliore soddisfazione dei creditori. Il ricorso rivolto a conseguire la autorizzazione alla assunzione di finanziamenti prededucibili deve presentare alcuni “requisiti speciali”: necessità di specificazione della destinazione del finanziamento; impossibilità di reperirli altrimenti; indicazione della ragione per cui la loro mancanza determinerebbe “grave pregiudizio per l’attività aziendale o per il prosieguo della procedura”. Il ricorso deve altresì essere accompagnato da una Relazione di un professionista indipendente “che attesti la sussistenza dei requisiti”, sopra ricordati, nonché che i finanziamenti sono funzionali “alla migliore soddisfazione dei creditori”: ma la Relazione attestativa può essere omessa, “quando il tribunale ravvisa l’urgenza di provvedere per evitrae un danno grave e irreparabile alla attività aziendale”.
Note: