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Saggio

I finanziamenti bancari nelle procedure di crisi*

Sido Bonfatti, Professore di Diritto della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza nell’Università di Modena e Reggio Emilia, già Ordinario di Diritto Commerciale nel medesimo Ateneo

17 Novembre 2025

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Il contributo, che riprende i temi della Relazione svolta dall’Autore nel recente Convegno organizzato dalla Rivista (“Il ruolo dei professionisti e i doveri delle parti nella gestione delle crisi d’impresa”, Mantova, 3 e 4 ottobre 2025), ha per oggetto gli effetti sui finanziamenti bancari delle “procedure di crisi” alle quali possono accedere le imprese in difficoltà. L’argomento è sviluppato in due parti: la prima concerne gli effetti sui finanziamenti già in essere (c.d. “nuova finanza in progress”); la seconda concerne gli effetti sui finanziamenti accordati successivamente all’avvio della procedura di crisi (c.d. “nuova finanza ex nunc”). 
Il contributo si conclude con la considerazione degli effetti che si possono produrre sui finanziamenti bancari ed i relativi crediti nell’ipotesi di insuccesso della “procedura di crisi”. 
Riproduzione riservata

Sommario:

SEZIONE I . La “Nuova Finanza” in progress. La prosecuzione dei contratti di finanziamento pendenti

1 . Introduzione. “Nuova Finanza “in progress” e “Nuova Finanza” ex nunc

2 . La Nuova Finanza “in progress” - La disciplina dei contratti bancari pendenti nell’ambito della “Convenzione di Moratoria”, dell'Accordo di Ristrutturazione “ad efficacia estesa”, e del “Piano Attestato di Risanamento” c.d. “ordinario”

3 . Segue. I contratti bancari pendenti nell’ambito del “Piano Attestato di Risanamento” c.d. “avallato”

4 . I contratti bancari pendenti nella Composizione Negoziata per la soluzione della Crisi d’Impresa

5 . I contratti bancari pendenti nella procedura di concordato preventivo

5.1 . La disciplina dei “contratti pendenti” in generale

5.2 . I contratti pendenti destinati al sostegno finanziario dell’impresa

5.3 . La disciplina dei contratti di finanziamento bancario “autoliquidanti”

5.4 . Effetti del Concordato preventivo sul contratto bancario di “finanziamento” tout court

5.5 . Effetti del Concordato preventivo sul contratto di apertura di credito in conto corrente

5.6 . Effetti del concordato preventivo sul contratto di mutuo (assistito da garanzia reale su beni strumentali all’esercizio dell’impresa)

5.7 . Effetti del concordato preventivo sul contratto di leasing

5.8 . Effetti del concordato preventivo sull’apertura di credito per crediti di firma

6 . I contratti bancari pendenti nell’ambito del “concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio”

7 . I contratti bancari pendenti nel “piano di ristrutturazione omologato”

SEZIONE II . La “Nuova Finanza” ex nunc - La disciplina dei nuovi contratti di finanziamento

1 . La disciplina dei nuovi “finanziamenti” nella Composizione Negoziata per la soluzione delle Crisi d’Impresa

2 . La disciplina dei nuovi “finanziamenti” nella “Convenzione di Moratoria” e nel “Piano Attestato di Risanamento”

3 . La disciplina dei nuovi “finanziamenti” negli Accordi di Ristrutturazione e nel Concordato preventivo

4 . Il presupposto della “continuazione dell’attività aziendale”

5 . I requisiti di autorizzabilità dei “finanziamenti prededucibili”

6 . Le diverse categorie di “finanziamenti prededucibili”

7 . I “finanziamenti-ponte”. La innovazione rappresentata dalla esigenza di una “Relazione Attestativa”

8 . I “finanziamenti interinali”

9 . La “decadenza” dalla prededuzione dei crediti derivanti da “finanziamenti-ponte”, da “finanziamenti interinali” e da “finanziamenti in corso”

10 . I finanziamenti erogati “in esecuzione” del Concordato preventivo o dell’Accordo di Ristrutturazione omologato

11 . Le ipotesi di “decadenza” dal diritto della collocazione in prededuzione dei crediti derivanti da “finanziamenti in esecuzione”

12 . Gli effetti degli “scostamenti” nel corso della esecuzione del “Piano” e della affermazione del principio della “permanenza” della prededuzione nelle “successive procedure esecutive e concorsuali” (art. 6, comma 2, CCII)

13 . Il pagamento dei (crediti derivanti da) “finanziamenti prededucibili” nel Concordato preventivo

14 . La disciplina dei nuovi finanziamenti nella procedura di Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio

15 . La disciplina dei nuovi “finanziamenti” nel “Piano di Ristrutturazione Omologato”

1 . Introduzione. “Nuova Finanza “in progress” e “Nuova Finanza” ex nunc
Per una impresa già attiva sul mercato, che si trovi a dovere affrontare – ovvero a volere prevenire – una situazione di “crisi”, l’esigenza del sostegno finanziario alla gestione corrente ed all’adozione delle misure necessarie a superare; ovvero comporre; o magari anticipare una situazione di “crisi” è effettivamente insopprimibile. 
La soddisfazione di tale esigenza può provenire, principalmente, da due direzioni: a) il mantenimento del sostegno finanziario sino ad allora assicurato dall’esterno (banche; soci; finanziatori in genere); e b) l’incremento del sostegno finanziario “pendente”, vuoi allo scopo di compensare le prevedibili defezioni dei finanziatori meno propensi a condividere il rischio connesso ad una ristrutturazione dell’attività di impresa; vuoi per sostenere il prevedibile aumento del fabbisogno finanziario conseguente non solo alla presumibile esigenza di effettuare investimenti straordinari, ma anche più semplicemente ad assorbire gli effetti della inevitabile modificazione dei rapporti commerciali con i fornitori (che reclameranno pagamenti più ravvicinati) e con i clienti (che pretenderanno dilazioni più pronunciate). 
Tradotto in termini giuridici questo fenomeno economico-finanziario impatta, principalmente, sulla considerazione dei presupposti e degli effetti della prosecuzione dei contratti di “finanziamento” in essere fra l’impresa ed i soggetti terzi-finanziatori; e sull’esame delle condizioni e delle conseguenze della accensione di nuovi rapporti di finanziamento, ad integrazione di quelli già in essere (come detto, per aumentarne il livello complessivo ovvero per compensarne le eventuali riduzioni). 
Per ragioni di comodità espositiva i due fenomeni verranno presi in considerazione separatamente: ci si renderà agevolmente conto, peraltro, che taluni profili problematici sono comuni ad entrambi, donde l’opportunità – in talune circostanze – di reciproci rinvii dall’uno all’altro, e viceversa. 
Oltre a ciò, si approfondiranno separatamente i profili problematici connessi all’interpretazione della “normativa primaria” (le norme del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza – CCII - applicabile all’argomento trattato), e le disposizioni della “disciplina secondaria”, vale a dire le disposizioni regolamentari che disciplinano l’attività delle imprese bancarie e finanziarie.
2 . La Nuova Finanza “in progress” - La disciplina dei contratti bancari pendenti nell’ambito della “Convenzione di Moratoria”, dell'Accordo di Ristrutturazione “ad efficacia estesa”, e del “Piano Attestato di Risanamento” c.d. “ordinario”
La “Convenzione di moratoria” e gli “Accordi di Ristrutturazione” definiti “ad efficacia estesa” sono caratterizzati dalla previsione della possibilità che determinati accordi tra l’imprenditore ed una maggioranza qualificata di creditori producano “effetti estensivi” nei confronti della minoranza dei dissenzienti, vincolandoli alla volontà espressa dai primi. 
L’art. 62 CCII ha provveduto a consentire di individuare alcune possibili risposte ai dubbi risultanti dalla disciplina originaria dei due istituti (art. 182 septies L. fall., commi da cinque a otto), in via preliminare collocando la disciplina della “Convenzione di moratoria” in una disposizione autonoma, separata rispetto a quella dedicata alla regolamentazione degli “Accordi di Ristrutturazione ad Efficacia Estesa” – art. 61 CCII -. 
La disciplina della nuova “Convenzione di moratoria”, estesa – come anche gli “Accordi di Ristrutturazione” – a tutti i creditori, e non più soltanto alle banche ed agli intermediari finanziari non bancari, risulta integrata – inter alia - dalla precisazione della tipologia di accordi con la maggioranza qualificata (del 75 per cento) dei creditori, suscettibili di estensione anche alla minoranza (di non oltre il 25 per cento) dissenzienti: trattasi degli accordi diretti a regolare: i) la dilazione della scadenza dei crediti; ii) la rinuncia agli atti esecutivi; iii) la sospensione delle azioni esecutive; e (iv) ogni altra misura conservativa, salvo la rinuncia al credito. 
Già da questa precisazione è agevole ricavare che gli eventuali accordi, pur contenuti nella “Convenzione di moratoria” approvata da oltre il 75 per cento dei creditori rappresentati da banche ed intermediari finanziari non bancari, che avessero ad oggetto la prosecuzione dell’utilizzo delle linee di credito in essere, non potrebbero vedere estesi i relativi effetti ai creditori bancari e finanziari dissenzienti, per quanto espressivi di una esigua minoranza (non oltre il 25 per cento). La conclusione è confermata dal dall’art. 62, comma 4, CCII, secondo il quale “la convenzione va comunicata, insieme alla relazione del professionista indicato al comma 2, lettera d), ai creditori non aderenti mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o presso il domicilio digitale”. 
La conclusione alla quale si è pervenuti per la “Convenzione di moratoria” - propensa ad escludere che la erogazione di “Nuova Finanza”, in esecuzione di contratti di finanziamento pendenti, possa derivare dallo “effetto estensivo” della adesione alla proposta dell’imprenditore, da parte di tanti creditori finanziari rappresentanti il 75 per cento delle passività facenti parte di una categoria omogenea – deve essere confermata anche con riguardo all’istituto degli Accordi di Ristrutturazione c.d. “ad efficacia estesa”, come disciplinato dall’art. 61, comma 4, CCI, venendo ribadito quanto già affermato per la Convenzione di moratoria dal già richiamato articolo 62, comma 4. Tali conclusioni sono destinate a valere, a parere di chi scrive, anche per gli altri “Accordi di Ristrutturazione” cc.dd. “speciali”, in quanto: 
a) Per ciò che concerne agli Accordi cc.dd. “agevolati”, l’unica caratteristica che li contraddistingue è rappresentata dalla riduzione alla metà della percentuale (ordinariamente pari al 60% delle passività dell’imprenditore) delle adesioni necessarie a conseguire l’omologa dell’Accordo (in presenza dei presupposti di legge): il ché non incide sulla disciplina dei contratti di finanziamento pendenti;
b) per ciò che concerne, infine, agli Accordi di Ristrutturazione ad efficacia este sa cc.dd. “avallati” (in quanto “risultanti” della relazione finale dell’esperto nominato per la conduzione del procedimento di “Composizione Negoziata” della crisi d’impresa – art. 23, comma 2, lett. b), CCII -), trattasi di disciplina che incide soltanto sulla percentuale rilevante di adesioni, idonea a produrre l’“effetto estensivo” dello “Accordo” (il 60 per cento invece che il 75 per cento “ordinario”).
Infine occorre richiamare la disciplina del contratto di leasing nel contesto della procedura di Accordo di Ristrutturazione c.d. “ad efficacia estesa”, riproduttivo della figura già denominata Accordo di Ristrutturazione “con intermediari finanziari”; e nel contesto della “Convenzione di moratoria”. 
La nuova disciplina (art. 61, comma 4 e art. 62, comma 4, CCI) esclude dal perimetro degli “effetti estensivi“ (sui creditori – oggi non più necessariamente finanziari – non aderenti) della volontà della maggioranza qualificata (75 per cento) dei creditori aderenti, la concessione di “nuova finanza“ all’imprenditore in difficoltà, anche nella forma del “mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti” - vale a dire di continuare ad avvalersi del contratto di credito pendente –: e tuttavia precisa che non è considerata nuova prestazione – e quindi non può ritenersi esclusa dallo “effetto estensivo” produttivo di vincoli anche per i creditori non aderenti – “la prosecuzione della concessione del godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria già stipulati”. 
Ciò significa che nell’ipotesi di accettazione da parte di una maggioranza qualificata (del 75 per cento) di operatori finanziari titolari di rapporti di leasing dell’Accordo proposto dall’imprenditore – poniamo, anche di postergare al termine del periodo di durata del contratto il pagamento dei canoni di leasing arretrati e non pagati –, la stessa sorte (continuazione del contratto e differimento del pagamento dei canoni arretrati alla scadenza dello stesso) dovrebbe essere accettata anche dagli Istituti titolari di contratti di leasing versanti nelle stesse condizioni, e tuttavia dissenzienti rispetto alla proposta dell’imprenditore. 
La disciplina del “Piano Attestato di Risanamento” [1] non dedica specifica attenzione ai contratti bancari pendenti: del resto, nessuna specifica attenzione riserva ad alcuna operazione particolare. L’assunzione di “finanziamenti” (e di “mutui”) è libera: conseguentemente le obbligazioni derivanti dalla erogazione di somme o dalla prestazione di garanzie nell’interesse dell’imprenditore – in esecuzione di contratti di finanziamento preesistenti - risultano pienamente opponibili agli altri creditori. 
Laddove i pagamenti effettuati dall’imprenditore e le garanzie dallo stesso costituite (su propri beni) risultino essere stati “posti in essere in esecuzione” del “Piano”, si produrranno gli “effetti speciali” propri di questa procedura di composizione negoziale della crisi d’impresa: come, peraltro, per il compimento di qualsiasi altro atto di esercizio dell’impresa, posto in essere in esecuzione del “Piano Attestato”. Tali “effetti speciali”, come è noto, sono rappresentati dalla “esenzione” da revocatoria (art. 166, comma 3, lett. d), CCI); e dalla “esimente” penale con riguardo ai reati di bancarotta semplice e di bancarotta preferenziale (art. 324 CCII).
In tale contesto i “finanziamenti” assunti in esecuzione di contratti (bancari o finanziari) già pendenti genereranno crediti opponibili agli altri creditori senza la necessità dell’adempimento di alcuna condizione ovvero della verificazione di alcun altro presupposto
Nessuna prededucibilità peraltro assisterà i crediti derivanti dai “finanziamenti” e dai “mutui” erogati all’imprenditore che abbia posto in essere tale “procedura”, mancando – per un verso - norme specifiche che la dispongano; e non essendo applicabile – per un altro verso - la disposizione generale concernente la prededucibilità dei crediti sorti “successivamente alla domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza” (art. 6 CCII), non prevedendo la disciplina del “Piano Attestato” alcuna “domanda di accesso”. 
Rimane quindi confermata la contraddizione, già denunciata, di apprestare una tutela per i creditori “scaltri” (quelli che si fanno pagare subito: perché i pagamenti che ricevono non sono soggetti all’azione revocatoria), e di negarla invece ai creditori “corretti” (quelli che concedono al debitore-imprenditore un po’ di respiro: ed i cui crediti, se non già soddisfatti al momento della evoluzione del “Piano” in liquidazione giudiziale – proprio in conseguenza della dilazione concessa al debitore –, non saranno collocati in prededuzione – perché di “prededuzione”, nei “Piani Attestati”, non si parla mai –). [2] 
3 . Segue. I contratti bancari pendenti nell’ambito del “Piano Attestato di Risanamento” c.d. “avallato”
L’art. 23, comma 1, lett. c), CCII prevede che “quando è individuata [a conclusione di una procedura di Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa] una soluzione idonea al superamento della situazione” di crisi, le parti possono “concludere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto, che produce gli effetti di cui all’articolo 166, comma 3, lettera d) e 324”. 
Producendo gli effetti previsti dall’art. 166, comma 3, lett. d) CCI, lo “accordo” in questione può essere ricompreso nel perimetro dell’istituto del “Piano Attestato di Risanamento”: ma è caratterizzato dalla circostanza che, se sottoscritto (vale a dire: “avallato”) anche dall’esperto [nominato nel contesto della procedura di Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa], può fare a meno della relazione attestativa altrimenti pretesa dalla medesima norma. 
L’istituto non presenta altre differenze rispetto alla versione che abbiamo definito “ordinaria”: onde varranno per esso le considerazioni già formulate a proposito della disciplina dei contratti bancari proseguiti in funzione del mantenimento del sostegno finanziario alle imprese in crisi. 
4 . I contratti bancari pendenti nella Composizione Negoziata per la soluzione della Crisi d’Impresa
La “Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa” (“CNC”) rappresenta uno “strumento” (che solo per ragioni di comodità espositiva talora denomineremo “procedura”) particolarmente raccomandato per le situazioni di crisi reversibili, e – potremmo dire – passeggere: o, comunque, superabili. 
Alla luce di tale considerazione è evidente la rilevanza che assume la individuazione dei presupposti per il mantenimento del sostegno finanziario bancario: giacché se l’impresa-tipo dell’economia italiana non può fare a meno – come non può fare a meno – del sostegno bancario in condizioni normali, tanto meno potrebbe rimanerne priva, anche soltanto in parte, nelle situazioni nelle quali si accinge ad affrontare – e si impegna a superare – una situazione di “crisi”. 
La banca, per converso, di fronte alla alternativa, se mantenere (allo scopo di salvaguardare le esposizioni pregresse) o non mantenere (allo scopo di evitare l’ampliamento del rischio creditizio) il sostegno finanziario bancario all’impresa in crisi, auspicherebbe: 
(i) di potere contare su una disciplina (possibilmente favorevole, ma soprattutto) priva di incertezze e di equivoci interpretativi ed applicativi; nonché 
(ii) di potersi determinare in totale libertà, valutando caso per caso l’atteggiamento maggiormente funzionale a conseguire quello, tra i due interessi contrapposti, considerato preferibile nel singolo caso di specie. 
La disciplina del credito bancario (c.d. in progress, cioè per l’utilizzo di linee di credito già in essere) nell’ambito della procedura di Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa offre un interessante esempio di tentativo di contemperamento degli interessi (delle banche e delle imprese in crisi) in gioco, nel momento in cui regola gli effetti dell’apertura della procedura sui contratti di finanziamento bancari (“affidamenti”) pendenti. 
In via generale l’accesso al procedimento di “Composizione Negoziata” della crisi d’impresa non produce effetti traumatici sui rapporti giuridici in corso, né – in particolare – sui contratti bancari pendenti. Se mai, si registra la volontà di conseguirne il “consolidamento” in favore dell’imprenditore che facesse ricorso al nuovo istituto (art. 16, comma 5 e art. 18, comma 5, CCII). 
I “contratti pendenti” (anche di credito) possono pertanto continuare ad essere eseguiti regolarmente, ivi compresa - come vedremo in appresso - la effettuazione dei pagamenti dovuti, e nonostante l’eventuale ricorso a “misure protettive” (art. 18, comma 1, ultima parte: “Non sono inibiti i pagamenti”); o la eventuale costituzione di garanzie (essendo esclusi soltanto i diritti di prelazione “non concordati” - art. 18, comma 1, CCII-). 
La considerazione della disciplina che caratterizza la “Composizione Negoziata” (per la soluzione della Crisi d’Impresa) ne evidenzia un carattere marcatamente stragiudiziale, che induce ad escluderne la natura di “procedura concorsuale. 
Con riguardo al tema della continuazione del sostegno finanziario all’impresa attraverso la prosecuzione dell’esecuzione dei contratti bancari pendenti, l’affermazione di tale principio generale comporta: 
  1.  la legittimità dell’adempimento di passività pregresse, quali rate di mutuo scadute; canoni di leasing già pervenuti a scadenza; “effetti” (ricevute bancarie; cambiali; fatture) precedentemente anticipati, ritornati insoluti; eccetera;
  2.  la legittimità del ricorso da parte degli istituti bancari e finanziari a misure cautelari ed esecutive (salvo l’intervento di “misure protettive”);
  3. la legittimità dell’acquisizione di garanzie: in ogni caso, se “concordate con l’imprenditore “; e anche contro la sua volontà, in mancanza dell’intervento di “misure protettive”; 
  4.  la compensabilità dei crediti della banca con debiti della stessa sorti successivamente all’apertura della procedura (per esempio, la compensazione dei crediti per anticipazioni erogate prima dell’apertura del procedimento con il debito da retrocessione conseguente al successivo incasso dei crediti anticipati, senza alcuna condizione – per esempio con riguardo a ciò che avviene nel contesto delle linee di credito “ant/sbf” -; 
  5.  la piena ed incondizionata operatività, ove stipulato, del pactum de compensando[3] - per esempio, nelle linee di affidamento per anticipo di crediti commerciali, in generale -;
  6. l’opponibilità (all’imprenditore e) agli altri creditori:
    1. delle cessioni di credito poste in essere in favore delle banche finanziatrici, benché non seguite dal compimento delle formalità idonee a rendere opponibili le cessioni anche ai terzi - per esempio, nel contesto delle linee dei crediti “ant/fatture” -; nonché 
    2.  della escussione del pegno costituito in favore della banca, nonostante l’eventuale mancanza di un atto di data certa, contenente sufficiente indicazione del credito garantito e del bene costituito in pegno – per esempio, nelle linee di credito per “anticipo/merci” -. 
A tale proposito non rileva la “discriminazione” effettuata dall’art. 24, commi secondo e terzo, CCII, che distingue: i) gli atti di ordinaria amministrazione da quelli di straordinaria amministrazione e dai pagamenti; e ii) nell’ambito della prima categoria (a quel che parrebbe di potere intendere), tra gli atti “coerenti con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento esistenti al momento in cui sono stati compiuti”, e gli atti privi di tali requisiti.
Tali distinzioni non sono operate ai fini della valutazione della legittimità o meno (e della opponibilità o meno) degli atti di gestione posti in essere dall’imprenditore: bensì allo scopo di individuare quegli atti che, oltre ad essere validi ed opponibili – ché tali comunque sono -, possono essere considerati anche “non soggetti alla azione revocatoria di cui all’articolo 166, comma 2”, CCII (art. 24, commi secondo e terzo): il ché rappresenta un fenomeno completamente diverso.
L’art. 16, comma 5, CCII ha riprodotto il divieto di “revoca” degli “affidamenti” bancari pendenti, introdotto dal D.L. n. 118/2021, aggiungendo che “in ogni caso la sospensione o la revoca degli affidamenti possono essere disposte se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, con comunicazione che dà conto delle ragioni della decisione assunta. In questo modo nella procedura di CNC la “finanza bancaria” viene in considerazione già solo per il profilo della possibilità o meno di proseguire nella esecuzione del contratto bancario di credito in corso, ove il relativo (importo) “accordato” non risulti ancora interamente “utilizzato”; ovvero ove la relativa provvista si ricostituisca, in conseguenza del progressivo “scarico” dello “utilizzato” presente al momento dell’apertura del procedimento di Composizione Negoziata.
A tale proposito è necessario precisare, in via preliminare, che il divieto confermato dall’art. 16, comma 5, CCII è circoscritto all’ipotesi nella quale la banca sarebbe in condizione di addurre, a “giustificazione” – rectius: spiegazione – della “revoca” (soltanto ed unicamente) il fatto dello “accesso alla composizione Negoziata”.
In secondo luogo ci si deve domandare se il divieto di “revoca” (ovvero di recesso; o anche di risoluzione, in presenza di contratti di apertura di credito conclusi a tempo determinato) affermato dall’art. 16, comma 5, CCII, abbracci anche le prestazioni ancora da eseguire: vale a dire con riguardo agli “utilizzi” di cui l’imprenditore avesse ancora il diritto contrattuale di avvalersi (perché relativi alla porzione di affidamento “accordato” risultante non utilizzata alla data di accesso alla “Composizione Negoziata”); ovvero a quelli che si ricreassero in conseguenza della riduzione dello “utilizzato” precedente (per effetto del “rientro” della originaria esposizione, nelle aperture di credito bancario cc.dd. “rotative” e/o “autoliquidanti”) [4].
L’attribuzione alla norma in commento dell’effetto della introduzione di un obbligo di finanziamento, in capo alla banca, con riguardo alla prosecuzione dell’esecuzione dei contratti bancari (di finanziamento) pendenti, per i quali sussistano (ovvero si riproducano) disponibilità di utilizzo – rispetto all’ammontare originariamente “accordato” – da parte dell’imprenditore ammesso alla CNC, rappresenta una ipotesi interpretativa che si scontra con almeno quattro obiezioni: i) la contraddizione, in termini generali, con il principio affermato nel contesto di altre procedure di composizione negoziale della crisi d’impresa, di incoercibilità dell’attività di finanziamento (art. 61, comma 4, CCII; art. 62, comma 3, CCII); ii) la contraddizione con disposizioni contenute in altri testi normativi che, mirando a conseguire tale risultato, lo hanno esplicitato in modo circostanziato come oggetto di un obbligo della banca finanziatrice - art. 56, comma 2, lett. d), D.L. n. 18/2020 - ; iii) la previsione di tale obbligo nell’ambito della disciplina della stessa procedura di CNC, ma in una distinta sede – ed in presenza di presupposti differenti – (art. 18, comma 5); e (iv) il coordinamento sistematico della disciplina in commento con la disciplina assegnata alla conferma delle “misure protettive” conseguite dall’imprenditore con l’accesso alla CNC, integrato dalla iscrizione nel Registro delle Imprese della istanza prevista dall’art. 18, comma 1, CCII [5].
L’ art. 16, comma 5, CCII, in occasione della trasposizione nel Codice del divieto di revoca dello “affidamento” bancario, già affermato dall’ art. 4, comma 6, D.L. n. 118/2021, ha integrato la relativa disciplina precisando che “in ogni caso la sospensione o la revoca degli affidamenti possono essere disposte se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, con comunicazione che dà conto delle ragioni della decisione assunta.
Ad avviso di chi scrive tale previsione intende fare riferimento al complesso regolamentare che disciplina l’attività dell’impresa bancaria nel settore della erogazione del credito: ovvero ad un complesso di norme che, anche e soprattutto in una prospettiva sistematica, si pone a presidio della solidità dei bilanci bancari.
Conseguentemente si deve concludere che le banche non soltanto potranno disporre la revoca e/o la sospensione degli affidamenti per ragioni di ordine diverso rispetto al mero accesso alla Composizione Negoziata da parte di un’impresa affidata (quali ad esempio percentuali anomale di insoluti sul portafoglio anticipato, ovvero distrazione di incassi su portafoglio anticipato che l’impresa abbia riscosso direttamente, ovvero volutamente “decanalizzato” presso altro intermediario): ma, in aggiunta, potranno altresì procedere con la revoca e/o la sospensione degli affidamenti anche per ragioni di ordine “prudenziale”, sotto il profilo della necessaria osservanza del principio di “sana e prudente gestione” della banca (principio al quale la stessa, del resto, deve attenersi, laddove aspiri non soltanto ad essere osservante della disciplina di vigilanza, ma anche a sottrarsi al rischio di responsabilità per “concessione inadeguata di credito”).
Benché il mantenimento della utilizzabilità del credito all’impresa in crisi, successivamente all’avvio, da parte della stessa, della CNC, possa comportare l’aggravamento degli effetti economici per la banca, a causa della necessità del peggioramento della classificazione della posizione, con conseguente esigenza di appostamento di maggiori accantonamenti a “fondo-rischi”, ciò parrebbe non giustificare - di per sé – la sospensione ovvero la revoca dell’utilizzo.
L’obiettivo di favorire il risanamento dell’impresa che abbia avviato la procedura di CNC attraverso la regolare prosecuzione dell’esecuzione dei “contratti pendenti” (anche, se non soprattutto, bancari) è perseguito anche prevedendo la producibilità di effetti impositivi, idonei a giustificare la pretesa dell’imprenditore in crisi di potere continuare ad avvalersi delle prestazioni inerenti contratti pendenti nonostante l’eventuale (apertura della procedura di CNC, nonché) inadempimento di obbligazioni pregresse.
L’art. 18 CCII consente infatti all’imprenditore di avvalersi di “misure protettive” (soggette alla successiva - ma tempestiva - conferma da parte del tribunale), le quali possono comprendere (e, di norma, saranno proprio rappresentate da) non solo il divieto di promuovere azioni esecutive o cautelari in conseguenza del mancato pagamento dei debiti pregressi: ma anche il divieto: i) sia di risolvere il contratto (ovvero anticiparne la scadenza; o ancora modificarlo in danno dell’imprenditore) a causa degli inadempimenti pregressi menzionati; ii) sia di sospendere o rifiutare l’adempimento delle prestazioni poste a carico del contraente in bonis dal contratto stesso, nonostante l’inadempimento dell’imprenditore in crisi: il chè equivale ad affermare un vero e proprio obbligo di finanziamento a carico della banca, sub specie di diritto dell’imprenditore a continuare ad utilizzare le linee di credito costituenti l’oggetto di contratti bancari pendenti.
Il diritto attribuito all’imprenditore di continuare ad avvalersi della esecuzione, da parte della banca, dei contratti di finanziamento pendenti, può comportare la nascita di passività incidenti sul patrimonio dell’imprenditore stesso, in conseguenza: i) dei vincoli connaturati alla forma tecnica interessata (cessione di credito nelle linee di credito “autoliquidanti”; pegno sulla merce nella linea di credito dell’anticipazione bancaria; ipoteca sull’immobile finanziato nella linea di credito del mutuo “a stato d’avanzamento lavori”; eccetera); ovvero ii) in conseguenza delle trattative intercorse con la banca, alla quale l’imprenditore potrebbe offrire la costituzione di garanzie pur non necessariamente intrinseche alla forma tecnica interessata (per es. l’apertura di credito in c/c. originariamente “in bianco”), in cambio della mancata opposizione, in sede giudiziale, alla conferma delle “misure protettive”.
Nulla si oppone alla realizzabilità di entrambe le ipotesi.
La costituibilità di titoli di prelazione è consentita, ed opponibile ai creditori, anche nell’ipotesi nella quale l’imprenditore avesse pure imposto agli stessi la par condicio conseguente al ricorso (eventualmente confermato dal tribunale) a “misure protettive”: infatti l’art. 18, comma 1, consente anche in questo caso la costituzione di titoli di prelazione, se “concordati con l’imprenditore”.
A tale proposito occorre considerare che laddove la prosecuzione dell’esecuzione del contratto di finanziamento bancario, sia pure assistito da garanzie sul patrimonio dell’imprenditore, rappresenti l’effetto della conferma da parte del tribunale delle “misure protettive” prodottesi con la iscrizione di cui all’art. 18, comma 1, CCII e con il deposito del ricorso di cui all’articolo 19, si deve ritenere per ciò stesso assolto il requisito della coerenza “con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento esistenti al momento” in cui le garanzie sono state costituite, posto dall’art. 24, comma 2, CCII, come condizione alla applicabilità della esenzione dall’azione revocatoria (di cui all’art. 166, comma 2, CCII).
In altre parole: in presenza della autorizzazione giudiziale delle “misure protettive”, che comporta la prosecuzione del descritto “obbligo di finanziamento”, le garanzie acquisite dalla banca ovvero i pagamenti dalla stessa conseguiti non potranno non essere esentati dall’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 24, comma 2, CCII.
In mancanza di garanzie (ovvero nell’ipotesi di garanzie non interamente capienti) si pone il problema della individuazione della collocazione del credito derivante dall’utilizzo dei contratti bancari di finanziamento pendenti, di cui si sia vietata la risoluzione o l’interruzione, in conseguenza della conferma delle “misure protettive” (e del rigetto della eventuale opposizione della banca alla produzione di tale effetto).
Si deve ritenere che a tali crediti debba essere riconosciuta la collocazione in prededuzione, non potendosi dubitare che ricorrano i presupposti previsti dalla disciplina di tale fenomeno nell’ambito della CNC [6].
Pare evidente che la valutazione richiesta al tribunale quando è investito della istanza di autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili – art. 22, comma 1, lett. a) – non sia diversa da quella richiestagli nell’occasione della domanda di conferma delle “misure protettive” – art. 19, comma 4, CCII -, comportanti lo “obbligo di finanziamento” conseguente al divieto di interruzione della esecuzione dei contratti pendenti di finanziamento bancario – art. 18, comma 5, CCII -. Da qui l’effetto della collocabilità in prededuzione dei crediti relativi, per il solo fatto della conferma delle “misure protettive” in presenza di contratti di finanziamento bancario suscettibili di ulteriori utilizzi in corso di CNC, senza necessità di acquisizione di autorizzazione ai sensi dell’articolo 22 CCII.
Occorre infine segnalare la disciplina concernente l’equa rideterminazione delle condizioni dei contratti (bancari) pendenti.
La possibile “rideterminazione” del contenuto dei contratti “ad esecuzione continuata o periodica ovvero differita” si atteggia, nel CCII (art. 17, comma 5), in modo diverso da come era originariamente declinata nel D.L. n. 118/2021, convertito nella legge n. 147/2021 (art. 10, comma 2). In primo luogo, il CCII prevede soltanto l’iniziativa dell’Esperto, e non prevede - di per sé - il possibile intervento del Tribunale. In secondo luogo, il presupposto del possibile intervento (dell’Esperto) è rappresentato dalla condizione che “la prestazione [sia] divenuta eccessivamente onerosa o che [sia] alterato l’equilibrio del rapporto in ragione di circostanze sopravvenute”, laddove il presupposto dell’applicabilità della corrispondente disciplina del d.l. n. 118/20221 era rappresentato (ed è rappresentato, per quanto si dirà) dalla condizione che “la prestazione [fosse] divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemia da SARS-CoV-2”.
In argomento occorre preliminarmente precisare che le disposizioni sopra richiamate sono tuttora applicabili entrambe: l’art. 17, comma 5, CCII, perché fa parte della disciplina della CNC in vigore dal 15 luglio 2022; e l’art. 10, comma 2, D.L. n. 118/2021, perché mai abrogato.
Per ciò che concerne la legittimazione dell’Autorità giudiziaria, un intervento in materia è ammesso dunque – allo stato degli atti – esclusivamente nell’ipotesi nella quale la alterazione sopravvenuta (in danno dell’imprenditore ammesso alla CNC) dell’originario equilibrio del contratto pendente possa dirsi intervenuta “per effetto della pandemia da SARS-CoV-2”.
Si può allora osservare che sino a quando l’ammissibilità dell’intervento dell’autorità giudiziaria in funzione del “riequilibrio” di un contratto (bancario) pendente, divenuto eccessivamente oneroso per l’imprenditore ammesso alla CNC, sarà limitato – come oggi è limitato – all’ipotesi che l’eccessiva onerosità sopravvenuta sia stata causata dalla “pandemia da SARS-CoV-2”, l’effetto della disposizione sul successo del tentativo di risanamento intrapreso dall’impresa deve ritenersi assai ridotto (e destinato ad una probabilmente rapida estinzione).
Tutt’altra conclusione dovrebbe formularsi, invece, nell’ipotesi nella quale – semplicemente – i presupposti della legittimità (della invocazione) dell’intervento giudiziale fossero (nuovamente) accomunati ai presupposti del possibile “invito” dell’Esperto a che le parti ridetermino il contenuto dei contratti (ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita), in tutte le ipotesi nelle quali “la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa” ovvero “è alterato equilibrio del rapporto in ragione di circostanze sopravvenute”, a prescindere da quali siano state le circostanze produttive di tale fenomeno. In tale ipotesi, infatti, la legittimazione dell’autorità giudiziaria ad “intervenire” per riequilibrare i contenuti economici dei contratti pendenti avrebbe una ben maggiore rilevanza.
5.1 . La disciplina dei “contratti pendenti” in generale
L’art. 97 CCII afferma in modo esplicito che i “contratti pendenti” alla data della domanda di accesso al Concordato preventivo “proseguono anche durante il concordato” [7]. La norma tuttavia precisa, in secondo luogo, che il debitore concordatario “può chiedere… l’autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento di uno o più contratti”, a certe condizioni ed a seguito di un determinato procedimento: ed aggiunge che eventuali patti contrari sono inefficaci. Tali principi sono però riferiti ai “contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti nelle prestazioni principali da entrambe le parti”: la individuazione delle fattispecie interessate può non essere agevole, ma per ciò che concerne i contratti bancari talune disposizioni speciali li sottopongono comunque alla disciplina in commento, come vedremo. L’art. 21 dello “Schema di d.lgs. di recepimento della direttiva (UE) 2019/1023” ha previsto l’inserimento di una nuova norma nel CCII, che ha costituito l’art. 94-bis, contenente “disposizioni speciali per i contratti pendenti nel Concordato in continuità aziendale”. Tali disposizioni generalizzano, adattandoli, principi già introdotti dalla disciplina della “Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa”, oggi contenuta negli artt. 12 e segg. CCII. Le nuove norme dispongono il divieto di procedere unilateralmente a rifiutare l’adempimento dei “contratti in corso di esecuzione”, o di provocarne la risoluzione, ovvero di anticiparne la scadenza, o ancora modificarli in danno dell’imprenditore, “per il solo fatto del deposito della domanda di accesso al Concordato in continuità aziendale; dell’emissione del decreto di apertura di cui all’articolo 47 [apertura del Concordato preventivo] e della concessione delle misure protettive o cautelari”. Sono dichiarati inefficaci eventuali patti contrari; ed è disposto il divieto, per i creditori “interessati dalle misure protettive concesse ai sensi dell’articolo 54, comma 2” [divieto di iniziare a proseguire azioni esecutive e cautelari di cui il debitore abbia fatto richiesta nella domanda di accesso ai quadri di ristrutturazione preventiva e alla liquidazione giudiziale] di procedere unilateralmente a rifiutare l’adempimento dei “contratti essenziali” in corso di esecuzione, o provocarne la risoluzione, ovvero anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore, “per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla presentazione della domanda di accesso al Concordato preventivo in continuità aziendale”. 
La norma precisa che “sono essenziali i contratti necessari per la continuazione della gestione corrente dell’impresa, inclusi i contratti relativi alle forniture la cui interruzione impedisce la prosecuzione dell’attività del debitore”. 
Le due disposizioni riprendono il contenuto dell’art. 16, comma 4, CCII - divieto di revoca degli affidamenti bancari per il solo fatto dell’accesso dell’imprenditore alla procedura di “Composizione negoziata” –; e dell’art. 18, comma 5, CCII – divieto di interruzione dello adempimento dei contratti pendenti, in caso di conferma delle “misure protettive”, per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori -: per tale ragione è possibile rinviare a quanto già osservato a proposito delle possibili ricadute sui contratti di finanziamento pendenti in seguito alla operatività dei due generi di divieti rappresentati. 
La istanza per la sospensione di uno o più “contratti pendenti” può essere depositata già nel momento del deposito della “domanda di accesso al Concordato”: intendendo con ciò che la domanda di sospensione può essere depositata già “contestualmente” alla domanda di Concordato preventivo c.d. “prenotativa”, con la quale – cioè – si chiede la concessione di un termine per il deposito successivo della proposta concordataria e del piano funzionale a darvi esecuzione (cfr. art. 44, comma 1, lett. a), CCII). 
Per ciò che concerne la istanza di scioglimento di uno o più “contratti pendenti”, essa richiede, in via preliminare, che la domanda di ammissione al Concordato preventivo risulti integrata (contestualmente al deposito; ovvero a seguito della concessione del termine eventualmente richiesto con una domanda c.d. “prenotativa”) dalla proposta concordataria definitiva e dal “Piano” funzionale a darvi esecuzione (art. 97, comma 2, CCII). Il presupposto per la concessione della autorizzazione è rappresentato dalla circostanza che la prosecuzione del contratto o dei contratti intervenuti non sarebbe “coerente con le previsioni del Piano né funzionale alla sua esecuzione” (comma 1, seconda parte). Non si richiede – almeno espressamente – la dimostrazione che lo scioglimento del contratto o dei contratti sia giustificato dal perseguimento dell’obiettivo del “miglior soddisfacimento dei creditori”: ma si può ritenere che ciò sia implicito nella necessaria coerenza degli effetti dello scioglimento con l’esecuzione del “Piano”, necessariamente sottoposto alla valutazione, per l’appunto, dei creditori. 
Il comma 3 dell’art. 97 CCII dispone che “con l’istanza” il debitore debba proporre anche una quantificazione dell’indennizzo dovuto alla controparte in conseguenza della “istanza” stessa (beninteso, ove seguita dalla autorizzazione giudiziale): ed in mancanza di ulteriori precisazioni, si deve intendere che tale proposta debba essere formulata anche per l’ipotesi di sola istanza di “sospensione” – eventualmente per segnalare che nessun indennizzo si ritiene necessario proporre, ove nessun pregiudizio investa la controparte “in bonis” -. 
Prima ancora che la quantificazione dell’indennizzo proposta dal debitore concordatario sia stata accolta dal contraente in bonis; e prima ancora che tale importo sia definito, in caso di dissenso, in sede giudiziale; dell’importo proposto si deve tenere conto nel “Piano” – quando sarà risultato predisposto – “per la determinazione del fabbisogno concordatario”: ciò tenendo presente la circostanza che “l’indennizzo è soddisfatto come credito chirografario anteriore al Concordato” (salvo i crediti già maturati per “prestazioni eseguite legalmente e in conformità agli accordi o agli usi negoziali” dopo l’apertura della procedura). 
La domanda di autorizzazione alla sospensione ovvero allo scioglimento di uno o più “contratti pendenti” deve sempre essere depositata “con autonoma istanza”, anche quando contestuale al deposito della domanda concordataria (“prenotativa” o “piena”): ciò “al fine di favorirne la trattazione celere”. 
Fino al deposito del decreto di apertura della procedura concordataria previsto dall’art. 47 sull’istanza provvede il tribunale, “con decreto motivato e reclamabile”; dopo il decreto di apertura “provvede il Giudice delegato”. 
Il comma 6 dell’art. 97 CCII collega l’efficacia del provvedimento autorizzatorio della sospensione o dello scioglimento del contratto alla sua notificazione all’altro contraente, “effettuata a cura del debitore”. 
L’attribuzione dell’incombente al debitore non va spiegata come un alleggerimento dei compiti della Cancelleria fallimentare e neppure – si ritiene – “ai fini della tutela della parte contrattuale in bonis…”: bensì con la volontà di attribuire al debitore concordatario la facoltà di decidere quando e se procedere alla produzione degli effetti del provvedimento ottenuto. 
5.2 . I contratti pendenti destinati al sostegno finanziario dell’impresa
Anche a seguito dell’entrata in vigore del CCII si deve prendere atto della circostanza che la disciplina dei “finanziamenti” (ovvero dei “mutui”) all’imprenditore impegnato in un Concordato preventivo non può essere desunta da quella che concerne gli atti di ordinaria o straordinaria amministrazione; ovvero da quella relativa alle condizioni ed agli effetti della proseguibilità dei contratti pendenti: ma deve essere ricavata da norme speciali, quelle stesse dettate per gli “Accordi di Ristrutturazione” (99 e 101 CCII), integrate dal principio dettato dall’art. 94 per ciò che concerne le operazioni poste in essere nel corso del Concordato. 
5.3 . La disciplina dei contratti di finanziamento bancario “autoliquidanti”
L‘art. 97, comma 14, CCII rende applicabile la disciplina dei “contratti pendenti” nel Concordato preventivo anche ai contratti bancari cc.dd. “autoliquidanti”: in conseguenza di ciò l’imprenditore è legittimato a chiederne la sospensione o lo scioglimento. La disposizione fa riferimento ai contratti di finanziamento bancario nei quali il finanziatore è tenuto a procedere alla “riscossione diretta… nei confronti dei terzi debitori della parte finanziata”. Si deve ritenere che rientrino in tale descrizione i contratti di anticipo fatture; anticipo s.b.f. di ricevute bancarie; factoring; forfaiting; sconto di portafoglio commerciale. 
Lo scioglimento rappresenta lo strumento con il quale il cliente persegue il fine di legittimare il fenomeno conosciuto sotto il nome di “decanalizzazione”, in forza del quale l’imprenditore finanziato perviene a riscuotere direttamente e personalmente i crediti già anticipatigli dalla banca (ovvero, che è lo stesso: ad obbligare la banca a retrocedergli i relativi incassi), così conseguendo due volte il corrispettivo per i beni venduti ed i servizi prestati (una volta grazie alla anticipazione della banca, ed una seconda volta grazie alla riscossione diretta – ovvero la retrocessione - dei crediti anticipati). 
La seconda parte dell’art. 97, comma 14, CCII dispone che in caso di scioglimento del contratto il finanziatore ha diritto di trattenere le somme riscosse (in corso di procedura) fino al rimborso integrale delle anticipazioni effettuate “nel periodo compreso tra i centoventi giorni anteriori antecedenti il deposito della domanda di accesso di cui all’articolo 40 e la notificazione di cui al comma 6” dell’articolo 97. Si può condividere l’ipotesi che la ratio della norma fosse rivolta ad individuare “un bilanciamento di contrapposte esigenze…”: ma non si è posti in condizione di appurare sino a qual punto l’obiettivo sia stato conseguito: per il semplice fatto che non si è in condizione di stabilire quale sia il contenuto effettivo della disposizione normativa. 
La disposizione ingenera più perplessità che motivi di soddisfazione, in quanto: 
(i) equipara gli effetti del Concordato preventivo sulle anticipazioni effettuate nei 120 giorni antecedenti il deposito della domanda di accesso al Concordato a quelle erogate in corso di Concordato e fino alla “notificazione di cui al comma 6” – cioè la notificazione della autorizzazione giudiziale allo scioglimento del contratto –: laddove (all’incontrario!) le sorti dei crediti pregressi verso l’impresa e quella dei crediti successivi verso la (impresa assoggettata alla) procedura dovrebbero essere mantenute rigorosamente distinte (derivando l’obbligo del rimborso dei secondi già solo dalla loro collocabilità in prededuzione e dalla loro sottrazione al principio della “cristallizzazione” delle passività pregresse); 
(ii) non precisa se il diritto di trattenere le somme riscosse a seguito dell’adempimento di crediti anticipati nel “periodo interessato” (quello identificato sopra) postuli un qualsiasi titolo giustificativo della riscossione e dell’incameramento (se una cessione di credito – opponibile o non –; se un mandato all’incasso – puro e semplice –; ovvero se un patto di compensazione – integrativo della prima o del secondo –); oppure nulla di tutto ciò (per esempio in mancanza della produzione del contratto di finanziamento e delle relative clausole, ovvero in mancanza – comunque – delle stesse) [8]. 
(iii) non precisa se l’inopponibilità del diritto a trattenere le somme riscosse a seguito dell’incasso di crediti anticipati in conseguenza di operazioni risalenti ad una data anteriore al 120° giorno precedente l’apertura della procedura concordataria riguardi anche le anticipazioni interessate da cessione del credito opponibile ai terzi – quindi produttive del trasferimento della titolarità nel patrimonio della banca cessionaria fin dal perfezionamento del contratto di anticipazione, con effetti anche nei confronti dei creditori concorrenti – [9]. 
5.4 . Effetti del Concordato preventivo sul contratto bancario di “finanziamento” tout court
Il già ricordato comma 14 dell’art. 97 CCII fa riferimento, genericamente, al “contratto di finanziamento bancario”: ma poi lo caratterizza richiamando la prestazione della banca rappresentata dalla “riscossione… nei confronti dei terzi debitori della parte finanziata”, così richiamando la fattispecie dei contratti di finanziamento bancario “autoliquidanti”. I contratti di “finanziamento” tout court sembrano sfuggire all’applicabilità della disposizione in commento, ed essere piuttosto soggetti al disposto dell’art. 154, comma 2 (reso applicabile dall’art. 96), che ne comporta lo scioglimento (dichiarando scaduto il relativo credito alla data di apertura della procedura), e dall’art. 100, comma 2 (che a certe condizioni ne consente la prosecuzione, ma soltanto nell’ipotesi nella quale rivestano la forma di “mutuo con garanzia reale gravante su beni strumentali all’esercizio dell’impresa”). 
La conseguenza di ciò è rappresentata dalla immediata esigibilità dell’intero credito residuo del soggetto finanziatore, in applicazione dell’art. 154, comma 2, CCII: con l’effetto di rendere estremamente problematica la predisposizione di un Piano di Ristrutturazione dotato di sufficiente liquidità prospettica [10]. 
5.5 . Effetti del Concordato preventivo sul contratto di apertura di credito in conto corrente
L’affermazione ricavabile dall’art. 97, comma 1, CCII, secondo la quale i “contratti pendenti” – che rappresentano la rubrica della norma – sarebbero quelli “ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti nelle prestazioni principali da entrambe le parti” -, potrebbe fare dubitare dell’applicabilità della norma al contratto di apertura di credito bancario in conto corrente. 
Se è chiara la prestazione non ancora compiutamente eseguita da parte della banca, infatti (la erogazione della differenza tra l’importo della apertura di credito “accordato” e quello “utilizzato”, anche a seguito dei “rientri” conseguiti alla “rotatività” degli utilizzi), meno chiara è la prestazione ancora ineseguita da parte del Cliente, che in linea di principio non è obbligato ad esaurire gli utilizzi che la banca ha messo a sua disposizione nel momento in cui ha quantificato l’importo “accordato”. 
In effetti, ad una prima valutazione la sussistenza del presupposto della incompiutezza dell’esecuzione del contratto di carattere bilaterale, parrebbe alquanto dubbia, non individuandosi facilmente quali siano le prestazioni ancora ineseguite da parte del cliente affidato, tendenzialmente arbitro nel decidere se avvalersi o meno del diritto di utilizzare l’apertura di credito ottenuta con la stipulazione del relativo contratto. 
A ben vedere, tuttavia, ciò non corrisponde – almeno oggi – totalmente al vero, in quanto sul cliente affidato incombono obbligazioni, per effetto della conclusione del contratto di apertura di credito bancario – che, quindi, non sono ancora “compiutamente adempiute”; e che rendono il contratto non ancora “compiutamente eseguito” anche da parte sua –: in particolare, l’obbligazione di corrispondere la “commissione di messa a disposizione fondi”, che è dovuta anche – e soprattutto - nell’ipotesi di mancato utilizzo – finanche integrale – dell’apertura di credito bancario. 
Così stando le cose, la presenza di obbligazioni attuali tanto della banca (l’obbligazione di consentire i prelevamenti corrispondenti alla differenza tra “accordato” ed “utilizzato”), quanto del cliente affidato (l’obbligazione di pagare la “commissione di messa a disposizione fondi” in corso di durata del contratto di apertura di credito, anche in mancanza di qualsiasi utilizzo), giustificherebbe la conclusione favorevole a considerare applicabile la disciplina in esame nella ipotesi di ricorso al Concordato preventivo del cliente affidato attraverso la forma tecnica dell’apertura di credito bancario in conto corrente. A parte ciò, si deve anche osservare che l’obiettivo di conseguire la sospensione o lo scioglimento del contratto può in questa ipotesi – per lo più – essere conseguito molto più agevolmente che invocando l’applicazione dell’art. 97 CCII: bastando all’imprenditore di cessare di utilizzare l’affidamento (pur ancora capiente) resogli disponibile.
5.6 . Effetti del concordato preventivo sul contratto di mutuo (assistito da garanzia reale su beni strumentali all’esercizio dell’impresa)
Con riguardo agli effetti della procedura di Concordato preventivo sui contratti di finanziamento pendenti a rimborso rateale (in pratica, i contratti di mutuo) il CCII non ha derogato alla disciplina già ricavabile dalla legge fallimentare previgente: l’art. 100, comma 2, CCII, infatti, dichiara espressamente applicabile al contratto di “mutuo” pendente al momento del Concordato preventivo – anche (anzi: proprio) quando caratterizzato dalla “continuità aziendale” – il principio dettato “dall’articolo 154, comma 2”: norma che regola gli effetti della liquidazione giudiziale sui “crediti pecuniari”, disponendo che gli stessi “si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data della dichiarazione di apertura” della procedura. 
La medesima norma dispone anche una eccezione alla regola, rappresentata dalla pendenza di un contratto di mutuo assistito da garanzia reale su beni strumentali all’esercizio della impresa. 
L’espresso richiamo, da parte dell’articolo 100, comma 2, CCII, al secondo comma dell’art. 154 (per prevederne una ipotesi di deroga), comporta la immediata esigibilità dell’obbligazione pur scadente in epoca successiva (non solo alla apertura, ma anche) all’omologazione del Concordato preventivo: con la conseguenza che l’imprenditore concordata rio acquisisce bensì il diritto a non eseguire la prestazione nei termini contrattuali originariamente stabiliti, ma è contemporaneamente costretto a prevedere il pagamento dell’intero debito residuo nei termini di adempimento della Proposta concordataria, senza possibilità di ripristinare le scadenze dell’originario piano di ammortamento, se non attraverso la conclusione di un accordo individuale para-concordatario con ogni singolo soggetto mutuante. 
L’eccezione disposta dal comma 2 dell’art. 100 CCII riguarda la fattispecie rappresentata dalla pendenza di un contratto di “mutuo” caratterizzato dalla presenza di una “garanzia reale gravante su beni strumentali all’esercizio dell’impresa”136 (nonché dalla previsione del rimborso mediante corresponsione di rate periodiche): giacché a determinate condizioni lo scioglimento del contratto di “mutuo” (avente le caratteristiche precisate) è escluso, e l’imprenditore conserva il diritto di adempiere le relative obbligazioni (con scadenza protratta nel tempo) “alla scadenza convenuta” (secondo l’originario piano di ammortamento). 
Tali condizioni sono rappresentate essenzialmente dal conseguimento della autorizzazione giudiziale già prevista per il pagamento dei “fornitori strategici” da parte del primo comma della norma.
5.7 . Effetti del concordato preventivo sul contratto di leasing
Per ciò che concerne gli effetti del Concordato preventivo sui contratti di leasing finanziario, l’originario art. 97, comma 12, CCII, è stato pressoché riscritto dal decreto “correttivo” del CCII (D.Lgs. n. 147/2020, art. 15), “al solo scopo di rendere più scorrevole la lettura della disposizione ed evitare che una scrittura poco chiara determini incertezze sul piano interpretativo”.
Vengono qui disciplinati gli effetti dello “scioglimento” del contratto di locazione finanziaria (leasing): e si deve intendere che si tratti della fattispecie originata dall’ottenimento, da parte dell’imprenditore concordatario utilizzatore, dell’autorizzazione giudiziale a sciogliere il contratto (o i contratti) di leasing pendente alla data di apertura della procedura. La disciplina è mutuata da quella che oggi investe il contratto di locazione finanziaria in generale (legge n. 124/2017), a sua volta ispirata alla disciplina dello scioglimento del contratto c.d. di leasing abitativo giovanile (legge n. 208/2015 – art. 1, commi 76, 77, 78, 79 80 e 81). 
Detti effetti sono pressoché identici a quelli dettati per la risoluzione del contratto di leasing in generale, e si deve ritenere si applichino a qualsiasi contratto di locazione finanziaria di cui sia stato chiesto e disposto lo scioglimento ai sensi della norma in commento. Trattasi di effetti vistosamente difformi da quelli che venivano ricavati dall’applicazione analogica al contratto di leasing della disciplina dettata per il contratto di vendita con riserva della proprietà (art. 1526 c.c.), e sono così sintetizzabili: i) diritto del concedente alla restituzione del bene; ii) obbligo del concedente di versare “al debitore” quanto ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene; iii) obbligo del concedente di effettuare la vendita (ovvero di conseguire altra collocazione) a “valori di mercato”; iv) obbligo del concedente di applicare, a tale fine, “i criteri e le modalità di cui all’articolo 1, comma 139, della legge 4 agosto 2017, n. 124”; v) diritto del concedente di trattenere un importo corrispondente alla somma dei seguenti fattori: a) ammontare dei canoni scaduti e non pagati fino alla data di scioglimento del contratto; b) canoni a scadere, “solo in linea capitale”; c) prezzo della opzione di acquisto; d) spese anticipate per il recupero del bene; e) spese affrontate per la stima del bene; f) spese per la conservazione del bene fino alla vendita: trattasi di disciplina identica a quella dettata per la risoluzione del contratto di leasing in diritto comune (salvo che per il contratto di leasing c.d. “abitativo giovanile”, per il quale l’art. 1, comma 78, legge n. 208/2015, detta una disciplina meno completa); g) diritto del concedente di fare valere nel Concordato preventivo, “come credito anteriore al Concordato”, l’eventuale differenza tra il credito complessivo verso l’utilizzatore concordatario ed il ricavato dalla vendita (o altra collocazione) del bene [11].
5.8 . Effetti del concordato preventivo sull’apertura di credito per crediti di firma
In presenza di una apertura di credito utilizzabile per la richiesta di prestazione, da parte della banca, di garanzie in favore di terzi e nell’interesse del cliente affidato, si pongono – nell’ottica della considerazione del possibile effetto “finanziario” della pendenza di un simile contratto all’atto dell’accesso dell’imprenditore alla procedura di Concordato preventivo – problemi interpretativi analoghi a quelli già incontrati a proposito della possibile pendenza di contratti di apertura di credito bancario c.d. “per cassa”. 
Sorge infatti anche a proposito di tale linea di credito, come già osservato, il problema di accertare la sussistenza del presupposto della incompiutezza dell’esecuzione del contratto di carattere bilaterale, cui l’art. 97 condiziona l’applicabilità della disciplina dallo stesso poi dettata. 
Tenuto conto della sussistenza, anche in questo caso, della obbligazione del cliente di corrispondere la “commissione di messa a disposizione fondi”, che è dovuta anche – e soprattutto – nell’ipotesi di mancato utilizzo – finanche integrale – dell’apertura di credito bancario (anche “per crediti di firma”); e tenuto conto della persistente obbligazione da parte della banca a prestare le “firme” che fossero chieste dal cliente in utilizzo dell’apertura di credito, nei limiti della capienza residua; si può concludere per la applicabilità della disciplina degli effetti del Concordato preventivo sui “contratti pendenti” anche alla ipotesi di ricorso alla procedura da parte del cliente affidato attraverso la forma tecnica dell’apertura di credito per crediti di firma. 
6 . I contratti bancari pendenti nell’ambito del “concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio”
Gli artt. 25 sexies e 25 septies CCII disciplinano l’istituto del “Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio” dell’imprenditore. 
L’istituto non è dotato di una propria autonomia: nel senso che può essere invocato soltanto a seguito della conclusione di un precedente procedimento di “Composizione negoziata”, nell’ipotesi nella quale “l’esperto dichiara che le trattative non hanno avuto esito positivo” (art. 25 sexies, comma 1); ovvero “all’esito delle trattative” (art. 11, comma 2, lett. c). 
La procedura in questione, peraltro, non è disciplinata – come ci si sarebbe potuti aspettare – da alcune disposizioni particolari e caratterizzanti, e per il residuo attraverso un rinvio alla disciplina del Concordato preventivo (magari di tipo “liquidativo”), resa applicabile “in quanto compatibile”: bensì attraverso il richiamo di alcune disposizioni puntuali dettate per la procedura concordataria “ordinaria”, con l’inevitabile risultato di costringere a ritenere inapplicabili le norme non richiamate. 
Ai fini che interessano in questa sede occorre tenere presente che non sono richiamati (inter alia) gli artt. 97; 99; 100 e 101 CCII: mentre è richiamato – inter alia – l’art. 94. 
In conseguenza di ciò, per un verso non si potrà fare riferimento, per la individuazione della disciplina dei rapporti di finanziamento pendenti, a quanto previsto, a tale proposito, in materia di Concordato preventivo, per ciò che concerne: i) la facoltà dell’imprenditore di conseguire la sospensione o lo scioglimento del contratto; ii) la disciplina speciale dei contratti “autoliquidanti”; iii) la disciplina speciale del mutuo con garanzia reale su beni strumentali all’esercizio dell’impresa; e iv) la disciplina speciale del contratto di leasing; e per un altro verso dovrà farsi applicazione del principio della necessaria soggezione alla autorizzazione del Giudice delegato per i “mutui” (ed i finanziamenti in genere), anche derivanti da contratti pendenti, come richiesto dall’art. 94, comma 2, CCII.
7 . I contratti bancari pendenti nel “piano di ristrutturazione omologato”
Gli artt. 64 bis, 64 ter e 64 quater CCII disciplinano il “Piano di Ristrutturazione soggetto ad omologazione” – che per ragioni di sintesi definiremo “Piano di Ristrutturazione Omologato” –. 
Il nuovo istituto, come spiega la Relazione illustrativa allo “Schema di d.lgs. di recepimento della direttiva (UE) 2019/1023”, attua la previsione dell’art. 11, paragrafo 1, della direttiva stessa, il quale richiede la previsione di un quadro di ristrutturazione che possa prescindere dalle regole distributive proprie delle procedure concorsuali (diverse dal “Piano” in esame), purché approvato “da tutte le parti interessate in ciascuna classe di voto”. 
Tra le caratteristiche essenziali della disciplina del nuovo istituto si segnala la disciplina degli effetti sui contratti pendenti. 
L’art. 64 bis, comma 9, richiama – inter alia - le disposizioni del CCII sulla procedura di Concordato preventivo rappresentate da:
(i) art. 94 bis, in materia di “Disposizioni speciali per i contratti pendenti nel concordato in continuità aziendale”; 
(ii) art. 95, in materia di “Disposizioni speciali per i contratti con le pubbliche amministrazioni”; 
(iii) art. 96, comportante l’applicabilità degli artt. 145 e da 153 a 162 CCII;
(iv) art. 97, in materia di “contratti pendenti”; 
(v) art. 98, in materia di soddisfacimento dei crediti prededucibili; 
(vi) art. 99, in materia di finanziamenti prededucibili prima della omologa zione; 
(vii) art. 101, in materia di finanziamenti prededucibili in esecuzione del “Piano”. 
Nonostante i ripetuti rinvii alla disciplina dei contratti pendenti nel Concordato preventivo, gli effetti dell’avvio di un Piano di Ristrutturazione Omologato presentano profili di innovatività. 
Innanzitutto, in via preliminare, occorre prendere le mosse dalla affermazione del principio (art. 64 bis, comma 5) secondo il quale “l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa”: principio che legittima l’imprenditore a continuare l’esecuzione dei contratti in corso, anche allorquando produttivi di passività, ed anche quando caratterizzati dal carattere della straordinarietà. 
Testimone di tutto ciò è il mancato richiamo (“mirato”), a disciplinare il “Piano” de quo, dell’art. 94 CCII, che assoggetta alla autorizzazione giudiziale i “mutui” (e per essi i finanziamenti) che l’imprenditore intendesse (assumere ovvero) proseguire. E nello stesso senso dispone il mancato richiamo della disciplina dell’art. 100 CCII, che per il Concordato preventivo conferma il principio della immediata esigibilità dei crediti aventi scadenza successiva all’apertura della procedura: scadenza che nel “Piano” non si produce, con la conseguenza della normale prosecuzione del contratto pendente (e con esso, per i mutui, dell’originario piano di ammortamento). 
La conclusione deve essere quindi nel senso che i contratti di finanziamento pendenti al momento dell’apertura della procedura di “Piano di Ristrutturazione Omologato”: 
(i) proseguono secondo la disciplina originaria, anche se aventi scadenza successiva (come sarebbe l’ipotesi del mutuo in corso di ammortamento); 
(ii) possono trovare esecuzione senza necessità di autorizzazioni “esterne” anche se comportanti il compimento di atti di straordinaria amministrazione. L’eventuale dissenso del Commissario giudiziale potrebbe condurre, previa denuncia al tribunale, alla revoca del provvedimento di ammissione alla procedura (ma occorrerebbe che il comportamento dell’imprenditore fosse caratterizzato da profili fraudolenti), ma non condizionerebbe la validità e la opponibilità dell’atto; 
(iii) sono caratterizzati dalla circostanza che gli atti posti in essere nel contesto della esecuzione di un contratto di finanziamento pendente (pagamento; costituzione di garanzie) sono esentati dall’azione revocatoria fallimentare – nonché, alla luce della portata “allargata” dall’art. 166, comma 3, lett. e), CCII, dall’azione revocatoria anche ordinaria -, nell’ipotesi di liquidazione giudiziale consecutiva; 
(iv) legittimano la effettuazione di pagamenti di debiti pregressi – per es., rate di mutuo in mora; insoluti rimasti impagati prima dell’apertura della procedura -, stante la “chirurgica” omissione del richiamo dell’art. 100 CCII, che condiziona ciò ad una specifica autorizzazione giudiziale (l’art. 64 bis, comma 9, richiama gli artt. da 89 a 102 CCII, “saltando” proprio l’art. 100); 
(v) laddove conseguano le autorizzazioni giudiziali di cui agli artt. 99 e 101, avranno l’attitudine a generare crediti “prededucibili”;
(vi) laddove abbiano conseguito l’omologazione, vedranno esentati i pagamenti e le garanzie posti in essere dall’azione revocatoria fallimentare (ed ordinaria), ai sensi dell’art. 166, comma 3, lett. e), CCII (come modificato dall’art. 27 dallo “Schema di d.lgs. di recepimento della direttiva (UE) 2019/1023”). 
1 . La disciplina dei nuovi “finanziamenti” nella Composizione Negoziata per la soluzione delle Crisi d’Impresa
Come si avrà modo di constatare, tra le procedure di composizione negoziale della crisi d’impresa che il Codice riunisce nella definizione di “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza” (art. 56 ss.) alcune prevedono la possibilità che i crediti maturati nei confronti dell’imprenditore impegnato nel tentativo di superamento delle situazioni di crisi siano prededucibili (pressoché) sempre – si rinvia alla disciplina del Concordato preventivo –; oppure a condizione di essere autorizzati, se derivanti dalla concessione di “finanziamenti” all’imprenditore – si rinvia alla disciplina degli Accordi di Ristrutturazione –; ovvero mai – si rinvia alla disciplina della Convenzione di Moratoria e del Piano Attestato di Risanamento –. 
La disciplina della procedura di Composizione Negoziata si avvicina a quella dettata per gli Accordi di Ristrutturazione (e, con riguardo ai crediti derivanti da “finanziamenti”, per il Concordato preventivo), dal momento che, su istanza dell’imprenditore, il tribunale, “verificata la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori”, può: a) autorizzare l’imprenditore a contrarre finanziamenti prededucibili; b) autorizzare l’imprenditore a contrarre finanziamenti dai soci prededucibili; c) autorizzare una o più società appartenenti ad un gruppo di imprese a contrarre finanziamenti prededucibili (art. 22). 
Le fattispecie rappresentate dai “finanziamenti dai soci” e dai finanziamenti da “una o più società appartenenti ad un gruppo di imprese” non presentano difficoltà interpretative. 
La fattispecie dei restanti “finanziamenti” deve essere accompagnata, a seguito dell’intervento del decreto legislativo “correttivo” n. 136/2024, dalle precisazioni secondo le quali: 
(i) i finanziamenti possono essere concessi da qualsiasi soggetto; 
(ii) i finanziamenti possono assumere “qualsiasi forma “compresa “la richiesta di emissione di garanzie” (i cc.dd. “crediti di firma”, originati dalla prestazione da parte di un soggetto – di norma, una banca – di una garanzia nell’interesse dell’imprenditore, ed in favore di un terzo, suo creditore); 
(iii) i finanziamenti possono essere rappresentati dalla “riattivazione di linee di credito sospese” con imprese bancarie. 
La giurisprudenza, inoltre, ha ritenuto applicabile la disciplina in questione anche ai crediti commerciali integrati da una funzione finanziaria, come sono i crediti derivanti da forniture di beni o da prestazioni di servizi (quindi caratterizzati da una natura commerciale) che prevedano una dilazione dei tempi di pagamento significativamente superiore a quella definibile “di mercato”, così integrando la funzione commerciale con una funzione anche finanziaria – favorendo, con la rateizzazione extra ordinem, lo sforzo finanziario dell’imprenditore interessato –. 
Sempre in conseguenza del decreto legislativo “correttivo” n. 136/2024 è stato precisato che “l’attuazione del provvedimento di autorizzazione concesso dal tribunale può avvenire prima o successivamente alla chiusura della Composizione Negoziata”, se ciò risulta previsto nel provvedimento autorizzatorio ovvero se indicato nella relazione finale dell’Esperto: da ciò consegue che la prededuzione dei finanziamenti così autorizzati può riguardare anche i crediti generati da “utilizzi” posti in essere successivamente alla chiusura della CNC (presumibilmente, in funzione dell’esecuzione delle obbligazioni assunte per la regolazione delle passività dell’impresa). 
Il decreto legislativo “correttivo”, infine, ha precisato direttamente (senza un rinvio ai principi contenuti nell’articolo 6, come avveniva precedentemente) i termini della “operatività” della prededuzione, precisando che la stessa opera “qualunque sia l’esito della Composizione Negoziata, nell’ambito delle procedure esecutive o concorsuali e permane quando si susseguono più procedure”: dove l’utilizzo dell’espressione “si susseguono più procedure” fa dubitare che la “permanenza” così disposta sia limitata alla riconoscibilità della collocazione prededucibile del credito, derivante dall’utilizzo di un finanziamento autorizzato nell’ambito di una procedura di CNC, soltanto in una successiva procedura (di natura concorsuale oppure anche individuale) legata alla Composizione Negoziata da un rapporto di consecutività (cioè, in estrema sintesi, generata dalla stessa crisi che aveva suggerito e consentito l’avvio della CNC). 
2 . La disciplina dei nuovi “finanziamenti” nella “Convenzione di Moratoria” e nel “Piano Attestato di Risanamento”
Come detto, la disciplina della nuova “Convenzione di moratoria” è stata integrata – inter alia - dalla precisazione della tipologia di accordi con la maggioranza qualificata (del 75 per cento) dei creditori, suscettibili di estensione anche alla minoranza (di non oltre il 25 per cento) dissenzienti: trattasi degli accordi diretti a regolare: i) la dilazione della scadenza dei crediti; ii) la rinuncia agli atti esecutivi; iii) la sospensione delle azioni esecutive; e (iv) ogni altra misura conservativa, salvo la rinuncia al credito.
Già da questa precisazione è agevole ricavare che gli eventuali accordi, pur contenuti nella “Convenzione di moratoria” approvata da oltre il 75 per cento dei creditori rappresentati da banche ed intermediari finanziari non bancari, che avessero ad oggetto la concessione di “nuova finanza” non potrebbero vedere estesi i relativi effetti ai creditori bancari e finanziari dissenzienti, per quanto espressivi di una esigua minoranza (non oltre il 25 per cento). La conclusione è confermata dal dall’art. 62, comma 3, CCII, secondo il quale “in nessun caso, per effetto della convenzione, ai creditori della medesima categoria non aderenti possono essere imposti l’esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, .... l’erogazione di nuovi finanziamenti”
Per ciò che concerne l’istituto del “Piano Attestato di Risanamento” occorre premettere che gli articoli 99-102 CCII, disciplinano i “finanziamenti” erogati alle procedure di composizione negoziale della crisi rappresentate dal Concordato preventivo e dall’Accordo di Ristrutturazione. Ne sono esclusi gli accordi in esecuzione di “Piani Attestati di Risanamento” (art. 56 CCII), così riproducendo l’incoerente assetto che il tema in questione registrava nella legge fallimentare previgente: assetto (incoerente e contraddittorio) in forza del quale il finanziamento erogato all’imprenditore in funzione della esecuzione di un “Piano Attestato”, se rimborsato non è soggetto all’azione revocatoria (cfr. art. 166, comma 3, lett. d), CCII): laddove se non rimborsato non è collocabile in prededuzione (con la conseguenza che il potenziale finanziatore o non erogherà alcun finanziamento, o ne pretenderà il rimborso il prima possibile, giacché il rimborso è “protetto”, mentre la perdurante esposizione non lo è!). 
Per ciò che concerne la disciplina dei “finanziamenti” concessi in funzione della composizione o del superamento di una situazione di crisi d’impresa mediante il ricorso all’istituto del “Piano Attestato di Risanamento”, l’unica innovazione rispetto alla legge fallimentare previgente pare essere rappresentata dalla estensione della “esenzione” da revocatoria anche alla (non) proponibilità dell’azione revocatoria ordinaria (art. 166, comma 3, lett. CCII). Si tratta di un principio di sicuro rilievo, essendo intuibile il rischio di vedere assoggettati a revocatoria (sia pure ordinaria) degli atti posti in essere da un imprenditore dichiaratamente “in stato di crisi o di insolvenza”, quale è quello che ricorrerà all’istituto in commento (cfr. artt. 56, comma 1, CCII). 
Per il resto, come detto, la disciplina dei “Piani” prefigurata nel CCII non pare discostarsi, a prima vista, da quella previgente. 
Sono peraltro da segnalare due profili di possibile interesse: (i) l’inserimento di una novità, che non merita di essere condivisa; (ii) il mancato approfondimento di un argomento, che avrebbe invece dovuto essere affrontato. 
Sotto il primo profilo, la rubrica dell’art. 56 CCII enuncia la introduzione di una disciplina degli “Accordi” in esecuzione di “Piani attestati”. Il testo della disposizione prevede a sua volta che l’imprenditore possa conseguire determinati effetti “protettivi” ed “incentivanti” allorché predisponga, e sottoponga all’attestazione di un professionista qualificato ed indipendente, un “piano, rivolto ai creditori, che appaia idoneo” a consentire il risanamento dell’impresa e il riequilibrio della sua situazione finanziaria. 
Il “Piano”, pertanto, sarebbe tale – cioè produrrebbe i noti effetti protettivi ed incentivanti – (soltanto) se fosse “rivolto ai creditori”; e soltanto se si concretizzasse in “Accordi” con gli stessi: e ciò – se le espressioni hanno un senso - costituisce (ovvero rischia di costituire) un grave limite, di cui non si sentiva il bisogno. 
Il pregio più rilevante che doveva essere riconosciuto ai “Piani” ex art. 67, comma 3, lett. d), L. fall. era rappresentato dalla estrema flessibilità dalla quale erano caratterizzati: potendo essi – ieri – essere rivolti tanto a dare esecuzione ad un accordo con i creditori; quanto a dare esecuzione ad un accordo con soggetti terzi (per es.: un cessionario dell’azienda; il sottoscrittore di un aumento di capitale; un’altra società con la quale concordare una operazione straordinaria – fusione; conferimento; eccetera –); come, ancora, a dare esecuzione ad atti unilaterali, posti in essere dall’imprenditore per conseguire il risanamento dell’impresa ed il suo riequilibrio finanziario. Tutti questi “atti” – “accordi” o non “accordi” che fossero; conclusi con i creditori o con soggetti diversi dai creditori; ovvero di natura unilaterale – avrebbero potuto beneficiare degli effetti protettivi ed incentivanti previsti dalla legge, perché il “Piano”, grazie al quale tali effetti avrebbero potuto prodursi, avrebbe potuto trovare esecuzione con l’adozione di misure anche diverse da un accordo con i creditori
Da quanto si legge nell’art. 56, comma 1, CCII, oggi parrebbe non essere più così: e questo è un primo motivo di grave insoddisfazione. 
Per converso, permane­­­­ nell’odierna disciplina un dubbio di coerenza e correttezza sistematica, che sarebbe stato auspicabile fosse chiarito, in occasione dell’intervento riformatore operato anche sull’istituto in commento. 
Lo “effetto premiante” più significativo previsto per l’ipotesi che il “Piano” predisposto dall’imprenditore in crisi assuma le caratteristiche volute dalla legge (con particolare riguardo all’integrazione con una “Attestazione” rilasciata da un professionista competente ed indipendente) è rappresentato dalla esenzione dalla azione revocatoria degli atti di esecuzione del “Piano” stesso: in primis, i pagamenti effettuati…” (art. 166, comma 3, lett. d), CCII.). 
Per converso, come detto in premessa, a differenza di quello che è previsto per gli “Accordi di Ristrutturazione” e per i Concordati preventivi, i crediti sorti per l’esecuzione del “Piano” non godono di alcun trattamento “preferenziale” – se non già pagati – nell’eventuale concorso con gli altri creditori (in primis, i creditori pregressi): nessuna disposizione specifica attribuisce loro carattere prededucibile; e neppure si può invocare l’applicabilità del principio che attribuisce carattere prededucibile ai crediti sorti “successivamente alla domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza” (art. 6, CCII), non prevedendo la disciplina del “Piano Attestato” alcuna “domanda di accesso”. 
3 . La disciplina dei nuovi “finanziamenti” negli Accordi di Ristrutturazione e nel Concordato preventivo
Anche nel contesto del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza la disciplina degli Accordi di Ristrutturazione e del Concordato preventivo recepisce in via preliminare, per quanto concerne gli “incentivi” – anche finanziari – al sostegno alle imprese in crisi, quanto già previsto nel contesto dei “Piani Attestati di Risanamento”. Sono così assicurate, anche per “Accordi” e Concordati, la esenzione da revocatoria (art. 166, comma 3, lett. e) CCII), e la esimente penale (art. 324 CCII). 
Sulla disciplina della “esenzione” da revocatoria ci si è già soffermati con riguardo ai finanziamenti erogati in esecuzione di un contratto di credito già pendente, anche nell’ottica di individuarne la variabile portata nelle singole procedure di composizione negoziale della crisi d’impresa: ed a quanto è stato rappresentato in quelle sedi è possibile fare rinvio. 
Oltre a ciò i finanziamenti erogati in funzione dell’avvio, dello svolgimento o dell’esecuzione di un “Accordo di Ristrutturazione” ovvero di un Concordato preventivo potranno giovarsi della collocazione in prededuzione dei relativi crediti, al ricorrere di determinate condizioni (riportate negli articoli 99 e 101 CCII, integrati, per il Concordato preventivo, dall’articolo 94). 
4 . Il presupposto della “continuazione dell’attività aziendale”
La disciplina speciale dei crediti derivanti da finanziamenti concessi all’impresa che accede alle procedure di composizione negoziale della crisi del Concordato preventivo e degli Accordi di Ristrutturazione (tanto se “completi”, quanto se nello stadio “prenotativo”) riguarda le sole fattispecie nelle quali essi siano funzionali a sostenere “la continuazione dell’attività aziendale”: non, quindi, le fattispecie nelle quali tali procedure siano funzionali alla liquidazione dell’impresa. 
Fanno eccezione i finanziamenti funzionali all’accesso ed allo svolgimento di tali procedure, qualora la liquidazione sia perseguita attraverso la continuazione dell’attività aziendale (probabilmente parziale; sicuramente temporanea). 
Tale eccezione non è peraltro consentita per i finanziamenti “effettuati… in esecuzione” di un Concordato preventivo, ovvero di Accordi di Ristrutturazione omologati (cfr. art. 101 CCII, su cui torneremo in appresso): soluzione criticabile, perché è certamente prefigurabile la situazione nella quale, per dare “esecuzione” ad una proposta concordataria ovvero ad un Accordo di Ristrutturazione – pure tesi alla liquidazione del patrimonio dell’impresa –, sia necessario il ricorso a risorse finanziarie (basti per tutti l’esempio dei mutui a stato di avanzamento lavori, il ricorso ai quali, in funzione della ultimazione delle opere destinate ad una liquidazione finale, può rivelarsi irrinunciabile, ai fini della migliore valorizzazione del “costruito”, ed in definitiva del migliore soddisfacimento dei creditori). 
5 . I requisiti di autorizzabilità dei “finanziamenti prededucibili”
Sul presupposto, come detto, che le procedure di Concordato preventivo o di Accordo di Ristrutturazione prevedano “la continuazione dell’attività aziendale” – nel senso precisato sopra –, la collocazione in prededuzione dei crediti erogati all’impresa “in crisi” è condizionata alla presenza dei seguenti requisiti: (i) funzionalità all’esercizio dell’attività aziendale; (ii) funzionalità alla migliore soddisfazione dei creditori. Trattasi di requisiti non esplicitati per i finanziamenti cc. dd. “in esecuzione” (art. 101 CCII): ma la circostanza che questi ultimi debbano essere rispettosi dei requisiti di: (i) essere funzionali alla “continuazione dell’attività aziendale”, con esclusione dell’ipotesi che la stessa sia rivolta a favorire la liquidazione dell’impresa; e (ii) essere “espressamente previsti nel Piano” funzionale a dare esecuzione alla Proposta concordataria ovvero all’Accordo di ristrutturazione, induce a concludere che valgano per tali “finanziamenti” gli stessi requisiti che caratterizzano quelli rivolti a sostenere le procedure al momento della loro “apertura” e durante il loro “svolgimento”. 
6 . Le diverse categorie di “finanziamenti prededucibili”
L’art. 99 CCII, insieme alle norme che ad esso seguono immediatamente (segnatamente: l’art. 101 e l’art. 102 CCII), disciplina le categorie di “finanziamenti (comportanti la nascita di crediti) prededucibili”, che la prassi ha ormai identificato facendo ricorso alle seguenti definizioni: (i) “finanziamenti-ponte”; (ii) “finanziamenti interinali attestati”; (iii) “finanziamenti interinali urgenti”; (iv) finanziamenti “in corso di procedura”; (v) finanziamenti “in esecuzione”; (vi) “finanziamenti-soci”. 
Tutte queste categorie, con la sola esclusione dell’ultima, sono caratterizzate dalla circostanza che la produzione dell’effetto premiante (la collocabilità in prededuzione) è condizionata all’intervento di una autorizzazione giudiziale (di norma preventiva; talvolta successiva). Per i “finanziamenti-soci”, invece, si assiste alla semplice previsione dell’attribuibilità del beneficio della prededuzione “previsto dagli articoli 99 e 101” (talora in misura integrale; talora in misura parziale), senza precisazioni ulteriori. 
7 . I “finanziamenti-ponte”. La innovazione rappresentata dalla esigenza di una “Relazione Attestativa”
 Con l’espressione “finanziamenti-ponte” si vuole indicare l’insieme degli interventi di sostegno finanziario funzionali a favorire il deposito della domanda di ammissione al Concordato preventivo (anche “prenotativo”), ovvero della domanda di omologazione di un Accordo di Ristrutturazione ex art. 57 CCII: trattasi dunque di una fase anteriore alla apertura della procedura (di Concorda- to preventivo ovvero di omologa dell’Accordo), quindi di una fase caratterizzata dalla mancanza di una procedura in atto, e conseguentemente dalla incertezza su quando (e, soprattutto, su se) una procedura sarà aperta. 
La circostanza che tale genere di finanziamenti dovesse ritenersi ricompreso tra quelli autorizzabili, in funzione della collocabilità in prededuzione dei relativi divieti, era stata messa in dubbio: ma la integrazione all’art. 99 CCII apportata dal d.l. “correttivo” n. 147/2020, non lascia più spazio ad incertezze. 
Le esigenze sottese alla richiesta di questo genere di “finanziamenti” sono per lo più puntuali: si citano, di norma, le esigenze connesse al pagamento dei professionisti investiti di incarichi funzionali alla predisposizione della domanda di Concordato o dell’Accordo di Ristrutturazione; alla costituzione preventiva del deposito giudiziale di cui all’art. 44, comma 1, lett. d) ed all’art. 47, comma 1, lett. d), CCII – oggi: art. 163, comma 2, n. 4, L. fall. –; ecc. [12] 
Tuttavia ci si deve domandare se i finanziamenti de quibus non possano essere costituiti anche (dall’utilizzo) di linee di credito funzionali al semplice sostegno finanziario dell’attività d’impresa, nell’intervallo di tempo che la separa dal deposito della domanda di ammissione al Concordato (anche “prenotativo”) o di omologazione dell’Accordo – quindi non necessariamente funzionali soltanto a sostenere i costi “puntuali” di cui si è detto sopra –. 
La risposta che si fa preferire è quella positiva, non potendo esservi dubbio che “funzionale” alla presentazione delle domande de quibus possa risultare anche il ricorso al credito rivolto a sostenere l’esercizio dell’impresa; e che in un contesto di “crisi” conclamata nel quale si collocherebbe l’attività di finanziamento sollecitata, almeno la possibile prospettiva di un collocamento in prededuzione – avverandosene le condizioni: infra – possa rivestire un ruolo fondamentale. Ciò tanto più in ragione della considerazione che il contesto di cui si parla è necessariamente costituito da una impresa della quale è prevista “la continuità dell’attività aziendale”. 
Questa considerazione introduce il tema della individuazione dei requisiti necessari per potere sostenere l’attribuibilità ai (crediti derivanti dai) finanziamen ti in questione della collocazione in prededuzione. 
Il comma (numero 5) aggiunto all’articolo 99 dal decreto legislativo “correttivo” 26 ottobre 2020, n. 147 richiama, per i “finanziamenti-ponte”, le disposizioni dettate, nei commi precedenti, per i “finanziamenti interinali” (nonché per i “finanziamenti in corso” di procedura: infra), tra i quali, per l’appunto, come si vedrà, la circostanza che l’introducenda procedura preveda “la continuazione dell’attività aziendale” (anche se, in ipotesi, “unicamente in funzione della liquidazione”). 
Ai requisiti comuni ai “finanziamenti interinali” – su cui verremo più dettagliatamente in prosieguo – la disposizione in commento aggiunge la necessaria previsione del “finanziamento-ponte” nel “Piano” sotteso alla Proposta concordataria ovvero all’Accordo di Ristrutturazione. A tale proposito pare necessario chiarire che la circostanza che tale requisito non sia espressamente previsto per i “finanziamenti interinali” (mentre è espressamente richiesto a proposito dei “finanziamenti in esecuzione”, per come vedremo in appresso) non dovrebbe giustificare la conclusione che la disciplina dei “finanziamenti-ponte” sia più severa. La necessaria previsione nel “relativo piano” non implica che il “Piano” debba risultare sussistente già al momento della erogazione del “finanziamento-ponte”: richiede soltanto che, in sede di sottoposizione al Tribunale della richiesta di “espressa” disposizione della collocazione in prededuzione dei crediti relativi, il “Piano” dia atto della necessità del (già intervenuto) ricorso al finanziamento de quo per la sua esecuzione. 
Nello stesso modo anche la richiesta di autorizzazione dei “finanziamenti in- terinali”, mentre è possibile “anche prima del deposito della documentazione che deve essere allegata alla domanda” di Concordato (o di omologa dell’Accordo) - art. 99, comma 1 –: tuttavia dovrà essere necessariamente seguita (in particolar modo per ciò che concerne i “finanziamenti interinali attestati”) dall’inserimento dei finanziamenti autorizzati nel “Piano” funzionale all’adempimento della Proposta concordataria (ovvero dell’Accordo di Ristrutturazione), trattandosi di condizione necessaria alla rilasciabilità dell’attestazione del Professionista indipendente circa “la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1”, tra i quali la funzionalità del finanziamento “all’esercizio dell’attività aziendale sino all’omologa… ovvero all’apertura e allo svolgimento della procedura” e, in ogni caso “alla migliore soddisfazione dei creditori”. 
La sostanziale riproduzione della disciplina dei “finanziamenti-ponte” presente nella legge fallimentare previgente comporta la riproduzione delle perplessità che l’avevano accompagnata: perplessità generate dalle considerazioni che (i) nessuna garanzia della “ratifica” successiva, da parte del Tribunale, della ritenuta applicabilità della norma alle singole fattispecie di volta in volta interessate, può confortare il finanziatore nell’aderire alla richiesta dell’imprenditore di sostenerne finanziariamente il tentativo di superamento (ovvero di composizione) della situazione di “crisi” in questa fase “preparatoria”; e (ii) l’espressione utilizzata dalla disposizione (aggiunta dal “correttivo”), che fa riferimento alla “erogazione” del finanziamento, non lascia spazio a possibili alternative rispetto al materiale “trasferimento” dell’importo finanziato al patrimonio dell’imprenditore [13]. 
Mentre la seconda osservazione esprime probabilmente un falso problema (perché se l’imprenditore può attendere che la materiale messa a disposizione della somma finanziata sia disposta dopo l’apertura della procedura, può fare ricorso ai “finanziamenti prededucibili” di cui all’art. 99, comma 1, CCII); la prima invece evidenza una oggettiva difficoltà, rappresentata dalla intuibile riluttanza dei finanziatori professionali (le banche) ad assumere un rischio di credito in un contesto (i) caratterizzato per definizione da profili di “crisi”; (ii) esposto al rischio che la domanda di Concordato preventivo ovvero di omologa dell’Accordo non vengano poi effettivamente neppure depositate; e (iii) esposto all’ulteriore rischio che il Tribunale non ammetta l’imprenditore al Concordato, ovvero non ne omologhi lo “Accordo”; e (iv) esposto al rischio che il Tribunale, in sede di successiva apertura della procedura, non integri il provvedimento ammissivo con la “espressa” disposizione della prededucibilità dei crediti sorti dal “finanziamento-ponte”. Il ché induce a concludere che o l’imprenditore concordatario sarà in condizione di costituire garanzie “personali” (o comunque supplementari rispetto al patrimonio dell’impresa), eventualmente soggette alla condizione risolutiva dell’effettivo intervento della “espressa” disposizione giudiziale della prededucibilità dei crediti originati dal “finanziamento-ponte”; oppure questa figura rimarrà confinata nel mondo delle buone intenzioni. 
8 . I “finanziamenti interinali”
Con la espressione “finanziamenti interinali” si vuole (o si vorrebbe) definire quei finanziamenti che sono necessari per sostenere l’attività aziendale tra il deposito della domanda e il provvedimento giudiziale su di essa. Successivamente, infatti, laddove il procedimento prosegua, si potrà presentare la necessità di ricorrere a “finanziamenti in corso” di procedura, chiusa la quale vi potrà ancora essere la necessità di finanziamenti da assumere “in esecuzione” della stessa.
Nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, a differenza di quanto era disposto nella legge fallimentare previgente, i “finanziamenti interinali” ed i “finanziamenti in corso”, sono disciplinati da una identica norma, e precisamente dall’art. 91. La norma condiziona la autorizzabilità alla assunzione di finanziamenti prededucibili (interinali ovvero in corso di procedura) alla ricorrenza dei “requisiti generali” rappresentati da: (i) previsione della continuazione dell’attività aziendale, anche se unicamente in funzione della liquidazione; (ii) funzionalità all’esercizio dell’attività aziendale; e (iii) funzionalità alla migliore soddisfazione dei creditori. Il ricorso rivolto a conseguire la autorizzazione alla assunzione di finanziamenti prededucibili deve presentare alcuni “requisiti speciali”: necessità di specificazione della destinazione del finanziamento; impossibilità di reperirli altrimenti; indicazione della ragione per cui la loro mancanza determinerebbe “grave pregiudizio per l’attività aziendale o per il prosieguo della procedura”. Il ricorso deve altresì essere accompagnato da una Relazione di un professionista indipendente “che attesti la sussistenza dei requisiti”, sopra ricordati, nonché che i finanziamenti sono funzionali “alla migliore soddisfazione dei creditori”: ma la Relazione attestativa può essere omessa, “quando il tribunale ravvisa l’urgenza di provvedere per evitrae un danno grave e irreparabile alla attività aziendale”.
9 . La “decadenza” dalla prededuzione dei crediti derivanti da “finanziamenti-ponte”, da “finanziamenti interinali” e da “finanziamenti in corso”
L’art. 99 CCII si chiude prevedendo una sorta di “decadenza” dal beneficio della collocazione in prededuzione dei (crediti derivanti dai) “finanziamenti prededucibili” erogati quali “finanziamenti-ponte”, “finanziamenti interinali”, ovvero “finanziamenti in corso” allorché “in caso di successiva apertura della procedura di liquidazione giudiziale” risulti congiuntamente che: (i) il ricorso per la richiesta di autorizzazione giudiziale all’assunzione del finanziamento, ovvero l’attestazione rilasciata dal professionista indipendente – quando necessaria – “contengono dati falsi ovvero omettono informazioni rilevanti o comunque quando il debitore ha commesso atti in frode ai creditori per ottenere l’autorizzazione”; e (ii) “il curatore dimostra che i soggetti che hanno erogato i finanziamenti, alla data dell’erogazione, conoscevano le circostanze” di cui sopra. 
La disposizione, che presenta carattere innovativo rispetto alla disciplina previgente (che nulla prevedeva di specifico a tale proposito), ha sollevato forti critiche, che sono andate nella direzione di (i) proporne la eliminazione tout court; o quanto meno (ii) disporre la riduzione delle fattispecie adducibili come presupposto per la disposizione della “decadenza” in questione. 
Per un verso si è osservato che “la revoca della prededuzione, infatti – anche alla luce della disposizioni della Direttiva – non ha alcun fondamento considerato che il Codice (così come la Legge fallimentare) adotta la disciplina più restrittiva (tra le due opzioni previste dalla Direttiva) per il riconoscimento della preducibilità ai nuovi finanziamenti e a quelli interinali, subordinando tale beneficio all’omologa del piano di ristrutturazione da parte del giudice o all’autorizzazione preventiva sempre da parte del giudice (quest’ultima peraltro non richiesta – nemmeno in via opzionale – dalla Direttiva che parla soltanto di un controllo ex ante senza specificarne la natura). Considerato, quindi, che, secondo la normativa nazionale la concessione della preducibilità è soggetta ad un preventivo controllo giudiziario, non si rinvengono ragioni per mantenere la previsione che consente di revocare tale beneficio in caso di successiva apertura della liquidazione giudiziale. Si tratta di un’eventualità, questa della revoca successiva, non contemplata dalla Direttiva, che non garantisce certezza e rende ancora più complessa la concessione di nuova finanza” (Associazione Bancaria Italiana, Schema di decreto legislativo recante disposizioni modificative ed integrative del codice della crisi dell’insolvenza, 14.). 
Per un altro verso si è osservato che “Qualora la possibilità di revoca non sia eliminata in toto, sarebbe comunque necessario limitarla ai soli casi di atti in frode ai creditori commessi dal debitore, eliminando gli ulteriori riferimenti ai dati falsi od omissioni di informazioni rilevanti nel ricorso o nell’attestazione del professionista. Permane ovviamente la necessità che il curatore dimostri la conoscenza da parte dei soggetti finanziatori degli atti in frode ai creditori” (Associazione Bancaria Italiana, Schema di decreto legislativo ecc., cit., 15.). 
A parte ciò, la disposizione in commento pone alcune questioni interpretative, ed in particolare: 
(i) se la “decadenza” così disposta si produca effettivamente solo nell’ipotesi di “successiva apertura della procedura giudiziale”, ovvero anche a prescindere da ciò, laddove comunque emergano i profili rilevanti (“atti in frode”, di cui sia dimostrata la conoscenza da parte dei soggetti finanziatori): la lettera della norma impone una risposta nel primo senso (specificando la condizione dell’apertura della “procedura di liquidazione giudiziale”; e richiedendo la prova della “mala fede” del soggetto finanziatore da parte del “curatore”), ma la soluzione è criticabile, non trattandosi in questo caso di un fenomeno “revocatorio”, che richieda l’apertura di una procedura concorsuale (rimanendo oltretutto assolutamente indeterminata l’entità, nel caso di specie, del “periodo sospetto” rilevante per la assoggettabilità al rimedio ipotizzato degli atti aspiranti a produrre l’effetto che si intende rimuovere – il collocamento in prededuzione –); 
(ii) se la procedura giudiziale in conseguenza della quale la prededuzione originata dagli “atti in frode” descritti debba presentare elementi di consecutività con la procedura di Concordato preventivo o di Accordo di Ristrutturazione nel contesto dei quali la prededucibilità si sarebbe prodotta, ovvero se ciò non sia necessario: dove la risposta parrebbe dovere essere nel secondo senso, dovendosi tenere conto della circostanza che l’effetto prededuttivo avrebbe potuto “permanere” – cfr. art. 6, comma 2, CCII – anche in mancanza di qualsiasi legame tra la procedura concorsuale (forse di liquidazione giudiziale) finale ed il Concordato o l’Accordo nel cui contesto fossero stati erogati i “finanziamenti prededucibili” interessati; e infine 
(iii) quali siano gli effetti della “decadenza” così disposta nei confronti dei (crediti derivanti dai) “finanziamenti prededucibili” che fossero stati già rimborsati in conseguenza del collocamento preferenziale loro assegnato dai commi 1 e 5 della disposizione in commento: dove la risposta potrebbe essere rappresentata dalla affermazione del diritto del curatore di ripetere i pagamenti ottenuti dai finanziatori consapevoli degli “atti in frode” commessi dall’imprenditore o dall’attestatore, con collocazione al chirografo dei crediti generati dalla restituzione dei pagamenti conseguiti. 
10 . I finanziamenti erogati “in esecuzione” del Concordato preventivo o dell’Accordo di Ristrutturazione omologato
Il primo comma dell’art. 101 CCII declina il concetto espresso dalla rubrica (“finanziamenti… in esecuzione” – di un Concordato preventivo ovvero di un Accordo di Ristrutturazione omologato –) riferendolo ai finanziamenti “effettuati… in esecuzione di un Concordato preventivo ovvero di accordi di ristrutturazione del debito omologati…”. 
Per “effettuazione” dei finanziamenti de quibus si deve intendere la individuazione del momento di compimento dell’atto d’utilizzo del finanziamento: atto di utilizzo che può coincidere (come per lo più sarà) con la “erogazione”, ma che potrebbe essere rappresentato da modalità anche diverse (come per esempio la richiesta di emissione di una fideiussione bancaria, in utilizzo di un c.d. “castelletto per crediti di firma”). Non pare rilevante, invece, la considerazione della circostanza se la approvazione del finanziamento sia avvenuta prima ovvero dopo l’omologazione del Concordato, ovvero dell’Accordo, giacché anche i finanziamenti deliberati, o contrattualmente perfezionati, prima dell’omologa, possono generare crediti (aspiranti, per l’appunto, alla prededuzione), solo nel momento in cui sono utilizzati. 
A questa stregua, la circostanza che il contratto di finanziamento sia stato (approvato; deliberato; e) perfezionato prima o dopo l’omologazione, non pare rilevante. Così che rientreranno nella disciplina in commento anche i crediti derivanti da atti di “utilizzo” a valere su finanziamenti (per esempio, caratterizzati dalla “rotatività”) concessi in epoca precedente all’omologa, allorché detti utilizzi avvengano ad omologa già acquisita. 
Ciò precisato, le modalità della concessione (ovvero dell’utilizzo) del “finan- ziamento” possono essere rappresentate da “qualsiasi forma”: ivi compresa – per esplicita previsione normativa – la prestazione di garanzie nell’interesse dell’im- prenditore concordatario (ovvero protagonista di un “Accordo” ex art. 57 CCII) ed in favore di terzi. 
La collocabilità in prededuzione dei crediti derivanti da finanziamenti posti in essere “in esecuzione” di un Concordato preventivo o di Accordi di Ristrutturazione dei debiti postula: 
(i) la presenza di un Concordato preventivo o di un Accordo di Ristrutturazione (omologati) per i quali sia “prevista la continuazione della attività aziendale”; e 
(ii) la previsione dei finanziamenti in questione “nel piano… sottostante” al Con- cordato o allo Accordo. 
Sotto il primo profilo, parrebbe inammissibile pretendere l’applicazione della norma quando il Concordato o l’Accordo avesse una funzione finale liquidativa, se pure da perseguire con la (iniziale) prosecuzione dell’attività d’impresa – diversamente da quanto previsto per i “finanziamenti-ponte”, per i “finanziamenti interinali” e per i finanziamenti “in corso” dall’art. 99, comma 1, L. fall. –. 
Sotto il secondo profilo, parrebbe ragionevole concludere che la previsione nel “Piano” sotteso alla Proposta concordataria ovvero all’Accordo omologato ex art. 57 CCII, per quanto necessariamente “espressa” (cioè, esplicita), non debba necessariamente comportare la identificazione del contratto di “finanziamento” nel momento e nel contesto della predisposizione del “Piano” stesso – tanto meno con riguardo alla identificazione del soggetto o dei soggetti finanziatori –: dovendosi ritenere sufficiente la descrizione della linea di credito (finanziamento per apertura di credito in conto corrente; finanziamento per anticipo s.b.f. di crediti commerciali; finanziamento per emissione di garanzie in favore di terzi; eccetera), e l’indicazione dell’ammontare massimo complessivo programmato.
11 . Le ipotesi di “decadenza” dal diritto della collocazione in prededuzione dei crediti derivanti da “finanziamenti in esecuzione”
Il secondo comma dell’art. 101 CCII prevede le ipotesi nelle quali, pur trovandocisi in presenza di un finanziamento “effettuato” in esecuzione di un Concordato preventivo o di un Accordo di Ristrutturazione; e pur ricorrendo i presupposti della funzionalità al sostegno della continuazione dell’attività aziendale e della espressa previsione dei finanziamenti interessati nel “Piano”; l’attesa collocabilità in prededuzione non si produce, a causa della emersione di un fatto “ostativo”. 
Tale fatto può essere rappresentato: 
(i) dalla scoperta di “atti in frode ai creditori” (rappresentati dalla falsità dei dati rappresentati nel “Piano”; dalla omissione di informazioni rilevanti; da altri atti di carattere fraudolento commessi dall’imprenditore); e 
(ii) dalla “mala fede” del soggetto finanziatore. 
Occorre sottolineare, a tale proposito, che la “mala fede” de qua deve essere positivamente dimostrata dal curatore, senza che rilevi la “conoscibilità” delle falsità (o delle omissioni) riscontrate, ove fosse stata utilizzata una maggiore diligenza. In altre parole, il soggetto finanziatore che per ingenuità ovvero per insufficiente perizia abbia ignorato i profili fraudolenti poi emersi in sede di evoluzione del Concordato – o dell’Accordo – in liquidazione giudiziale, non è sanzionabile con la perdita della prededuzione, laddove non ne sia dimostrata la collusione con l’imprenditore (appunto, la “mala fede”). 
L’esclusiva rilevanza della condizione di “mala fede” del soggetto finanziatore, che finisce con l’identificarsi nella limitazione dell’effetto sanzionatorio decadenziale al novero dei soli complici dell’imprenditore protagonista degli “atti in frode”, avrebbe dovuto forse indurre a comminare tale forma di sanzione in qualsiasi contesto l’interessato avesse preteso di fare valere la collocazione in prededuzione del credito così (fraudolentemente) erogato, anziché nella sola ipotesi – che, invece, è l’unica a venire in rilievo – della apertura consecutiva della procedura di liquidazione giudiziale. 
12 . Gli effetti degli “scostamenti” nel corso della esecuzione del “Piano” e della affermazione del principio della “permanenza” della prededuzione nelle “successive procedure esecutive e concorsuali” (art. 6, comma 2, CCII)
L’art. 101, comma 2, CCII, come detto, prevede la “decadenza” dalla collocabilità del credito in prededuzione (ovvero l’inefficacia della sussistenza dei presupposti in astratto per la prededucibilità del credito da finanziamento “in esecuzione” del Concordato preventivo o dello “Accordo”) quando al momento della constatazione dell’insuccesso del “Piano” sotteso all’uno o all’altro (al punto, che si produce “la successiva ammissione del debitore alla procedura di liquidazione giudiziale”) si scopra che lo stesso era basato su dati falsi, o su dati inquinati da omissioni rilevanti (e il soggetto finanziatore ne era consapevole). 
A tale proposito è necessario ricordare la disposizione (originariamente non estesa al Concordato preventivo) contenuta nell’art. 58 CCII. Tale previsione, infatti, finisce per disciplinare gli effetti dei richiamati “scostamenti”, qualora concernenti un “Piano” sotteso ad un Accordo di Ristrutturazione, consentendo di mantenere il diritto della collocazione in prededuzione dei crediti relativi, in presenza di un “rinnovo”: (i) del “Piano”; (ii) della sua attestazione; e (iii) dell’Accordo (implicito nella mancata opposizione, ovvero nel rigetto delle opposizioni eventualmente proposte da parte) dei creditori, ai quali deve essere data comunicazione delle modifiche sostanziali apportate al “Piano” originario, perché possano proporre le eventuali, consentite opposizioni. 
Più in particolare, l’art. 58 CCII prevede che nelle ipotesi nelle quali gli sco- stamenti de quibus richiedano di apportare “modifiche sostanziali” al “Piano” sotteso all’Accordo di Ristrutturazione; 
(i) in caso di “modifiche sostanziali” del “Piano” (così come in caso di modifiche sostanziali degli accordi con i creditori aderenti), resesi necessarie prima della omologazione dello “Accordo”, l’attestazione dell’esperto indipendente sulla (veridicità dei dati aziendali e sulla) fattibilità economica del “Piano” sia rinnovata, e sia ugualmente rinnovato il consenso dei creditori già aderenti; e 
(ii)  in caso di “modifiche sostanziali” del “Piano” resesi necessarie dopo l’omologazione dello “Accordo”, l’imprenditore proceda a: 
1) apportare le modifiche necessarie al “Piano”; 
2) acquisire il rinnovo della “attestazione”; 
3) pubblicare il “Piano” modificato e l’attestazione nel Registro delle Imprese; 
4) dare notizia dell’intervenuta pubblicazione ai creditori, con lettera raccomandata od a mezzo di posta elettronica certificata. 
Entro il termine di 30 giorni è ammessa opposizione davanti al Tribunale, negli stessi termini previsti per la proposizione dell’opposizione alla omologazione dello “Accordo”. 
L’introduzione della ricordata disciplina di cui all’art. 58 CCII induce a ritenere che l’accertamento della sussistenza, nel momento della “effettuazione” di un finanziamento ad un imprenditore protagonista di un Accordo di Ristrutturazione omologato, di “scostamenti” tali che avrebbero dovuto condurre alla adozione di modificazioni al “Piano” di esecuzione dell’Accordo, da sottoporre poi al procedi- mento previsto dall’articolo 58 CCII, giustifichi la esclusione della collocabilità in prededuzione del credito del soggetto finanziatore, che ne abbia consentito il (pur “espressamente previsto” dal “Piano”) perdurante utilizzo, senza fare applicazione della norma. 
13 . Il pagamento dei (crediti derivanti da) “finanziamenti prededucibili” nel Concordato preventivo
La proposta di Concordato preventivo, come è noto, deve prevedere non soltanto l’entità ed i modi del soddisfacimento delle passività concorsuali, ma anche i relativi tempi. In considerazione di ciò le scadenze originarie dei singoli crediti perdono di rilievo: per quelli non ancora scaduti, la esigibilità viene anticipata alla data di apertura della procedura (art. 154 CCII, richiamato dall’articolo 96), ma poi rimodulata nella proposta concordataria; per quelli già scaduti la esigibilità è impedita – come per i primi – dal divieto di avvio o di prosecuzione di azioni esecutive (art. 54 CCII). 
Ciò non vale per le obbligazioni che sorgono per effetto di un titolo formatosi successivamente all’apertura della procedura di Concordato: alla condizione di essere opponibili ai creditori concorrenti, esse vanno adempiute non solo integralmente, ma anche puntualmente – in relazione alle rispettive scadenze –, e non in occasione dei riparti previsti per l’esecuzione della proposta concordataria. 
Il principio, che deve considerarsi applicabile anche nel vigore dell’attuale legge fallimentare, è enunciato, nel contesto del CCII, da apposita disposizione (l’articolo 98), che con riguardo alla procedura di Concordato preventivo ne dispone l’applicazione a tutti i “crediti prededucibili”: ivi compresi, quindi, quelli derivanti da “finanziamenti”. 
14 . La disciplina dei nuovi finanziamenti nella procedura di Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio
Come già osservato l’istituto del “Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio” non è dotato di una propria autonomia: nel senso che può essere invocato soltanto a seguito della conclusione di un precedente procedimento di “Composizione negoziata”, nell’ipotesi nella quale “l’esperto dichiara che le trattative non hanno avuto esito positivo” (art. 25-sexies, comma 1); ovvero “all’esito delle trattative” (art. 11, comma 2, lett. c). 
Come pure già osservato l’istituto non è disciplinato, come ci si sarebbe potuti aspettare, da alcune disposizioni particolari e caratterizzanti, e per il residuo attraverso un rinvio alla disciplina del Concordato preventivo (magari di tipo “liquidativo”), resa applicabile “in quanto compatibile”: bensì attraverso il richiamo di alcune disposizioni puntuali dettate per la procedura concordataria “ordinaria”, con l’inevitabile risultato di costringere a ritenere inapplicabili le norme non richiamate. 
Ai fini che interessano in questa sede occorre tenere presente che non sono richiamati (inter alia) gli artt. 97; 99; 100 e 101 CCII: mentre è richiamato – inter alia – l’art. 94. 
In conseguenza di ciò, e per quanto interessa in questa sede, dovrà farsi applicazione anche nel “Concordato semplificato” del principio della necessaria soggezione alla autorizzazione del Giudice delegato per i “mutui”, e quindi per la erogazione di finanziamenti in genere, come richiesto dal richiamato articolo 94, comma 2, CCII. 
15 . La disciplina dei nuovi “finanziamenti” nel “Piano di Ristrutturazione Omologato”
Le caratteristiche passate in rassegna allo scopo di individuare la disciplina riservata ai contratti di finanziamento già pendenti al momento dell’apertura del nuovo istituto rappresentato dal “Piano di Ristrutturazione Omologato” consentono di rispondere rapidamente alla corrispondente domanda concernente la “Nuova Finanza” ex nunc. 
Rinviando dunque all’analisi già compiuta si può sintetizzare quanto segue: libertà di accensione di nuovi finanziamenti, stante la legittimazione dell’imprenditore a compiere tanto gli atti di ordinaria amministrazione, quanto gli atti di straordinaria amministrazione (art. 64 bis, comma 5, CCII, come modifica- to dall’art. 16 “Schema di D.Lgs.”); 
(i) libertà – per la stessa ragione – di procedere alla effettuazione di pagamenti ed alla costituzione di garanzie; 
(ii) non rilevanza della eventuale manifestazione del dissenso da parte del Commissario giudiziale – interpellato nell’ipotesi di compimento di un atto di straordinaria amministrazione – sulla perdurante validità ed opponibilità dell’atto stesso; 
(iii) collocabilità in prededuzione del credito derivante dalla “Nuova Finanza ex nunc” alla condizione dell’ottenimento delle autorizzazioni giudiziali già previste per il Concordato preventivo e l’Accordo di Ristrutturazione (artt. 99 e 101 CCII, resi applicabili al “Piano” dall’art. 64 bis, comma 9); 
(iv) applicabilità della esenzione dall’azione revocatoria fallimentare e dalla dell’azione revocatoria ordinaria, in caso di fallimento consecutivo, per effetto di quanto previsto dall’art. 166, comma 3, lett. e), CCII, come modificato dall’art. 27 dello “Schema”; 
(v) pagamento dei crediti prededucibili sorti nel corso del “Piano” “alla scadenza prevista dalla legge o dal contratto” (art. 98 CCII, reso applicabile dall’art. 64 bis, comma 9); 
(vi) regolare proseguimento dei contratti di finanziamento a rimborso rateizzato (mancato richiamo dell’art. 100 e dell’art. 154, comma 2, CCII).

Note:

[1] 
In argomento v. S. Leuzzi e M.R. Schiera, Gli accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento, in Diritto della crisi, 13 gennaio 2025; M. Sciuto, I piani attestati di risanamento: natura, funzione, effetti, in Accordi di ristrutturazione, piani di risanamento e convenzioni di moratoria a cura di G. Ferri jr e D. Vattermoli, Pisa, 25; S. Pacchi, Il piano di risanamento tra la disciplina in vigore, prossimo codice e presente pandemico, in Le crisi d’impresa e del consumatore dopo il d.l. 118/2021, a cura di S. Ambrosini, Bologna, 2021,441 s.s. 
[2] 
S. Bonfatti, La natura giuridica dei “piani di risanamento attestati “e degli “accordi di ristrutturazione”, in Ilcaso.it., 31 gennaio 2018; Id., “Piani attestati, accordi di ristrutturazione e crediti prededucibili “, in dir. banc., 2018, II, 166; Id., La nuova finanza bancaria in progress nella composizione negoziata della crisi d’impresa, in Bancaria, 2022, (9), 2: Id., Profili della composizione negoziata della crisi d’impresa - Natura giuridica, presupposti e valutazioni comparative, in diritto della crisi, 3 febbraio 2022. 
[3] 
S. Bonfatti, La nozione di finanziamento. Le forme negoziali tipiche e atipiche, in Fallimento, 2021,1187. 
[4] 
G. Presti, Le banche e la composizione negoziata della crisi, in diritto della crisi, 9 febbraio 2023, 2. 
[5] 
S. Bonfatti, La disciplina e gli effetti della prosecuzione dei contratti bancari pendenti nella composizione negoziata della crisi d’impresa, in Dirittodellacrisi.it, 29 marzo 2023. 
[6] 
S. Bonfatti, La disciplina gli effetti della prosecuzione dei contratti bancari pendenti, cit. 
[7] 
P. F. Censoni, Gli effetti del concordato preventivo nei confronti dei creditori dalla legge fallimentare al codice della crisi e dell’insolvenza, in Il Fall., 2019, 865. 
[8] 
V. Caridi, Contratti pendenti e procedimenti per la soluzione negoziata della crisi, in Giur. comm., 2023, I, 301ss. 
[9] 
S. Bonfatti, Il sostegno finanziario alle imprese in crisi, Pacini giuridica, 2022, 242 ss. 
[10] 
S. Bonfatti, Il sostegno finanziario ecc., cit. 
[11] 
A. Didone, I rapporti pendenti, in Il Fall., 2020,1286. 
[12] 
L. M. Del Majno, Brevi riflessioni sulla “finanza-ponte” ex art. 182-quater, comma 2, l. f., in Ilcaso.it, opinioni, 6 febbraio 2018. 
[13] 
L. M. Del Majno, Brevi riflessioni sulla “finanza-ponte” ex art. 182-quater, comma 2, l. f., cit. 

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