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Saggio

I limiti di accesso alla CNC in pendenza di un ricorso per l'apertura della liquidazione giudiziale*

Maurizio Zonca e Jacopo Fossati, Avvocati in Milano

29 Febbraio 2024

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Il contributo si inserisce nel dibattito in merito all'ammissibilità (o meno) dell'avvio del percorso di composizione negoziata della crisi in pendenza di un procedimento per l'apertura della liquidazione giudiziale, per proporre una chiave di lettura sul rapporto tra i predetti istituti coerente con le previsioni del Codice della Crisi, anche alla luce delle contrapposte interpretazioni sino ad oggi offerte dalla giurisprudenza di merito.  

This paper focuses on the debate concerning the admissibility (or otherwise) of the negotiated crisis resolution procedure ("Composizione Negoziata della Crisi") pending judicial liquidation proceedings, in order to provide an insight on the relationship between the aforesaid procedures consistent with the provisions of the Italian Code of Business Crisis, also in the light of the contrasting interpretations offered to date by Italian courts. 
Riproduzione riservata
1 . La quaestio iuris
Come è noto, l'art. 25 quinquies CCII, rubricato "Limiti di accesso alla composizione negoziata", dispone che: "L'istanza di cui all'articolo 17, non può essere presentata dall'imprenditore in pendenza del procedimento introdotto con ricorso depositato ai sensi dell’articolo 40, anche nelle ipotesi di cui agli articoli 44, comma 1, lettera a), 54, comma 3, e 74. L’istanza non può essere altresì presentata nel caso in cui l’imprenditore, nei quattro mesi precedenti l’istanza medesima, abbia rinunciato alle domande indicate nel primo periodo". 
Vi è conseguentemente da domandarsi se l’istanza per l'avvio della composizione negoziata della crisi ("CNC"), che come noto è un percorso essenzialmente stragiudiziale, collocato al di fuori degli "strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza" inseriti nel titolo IV del CCII [1], possa essere legittimamente presentata nel caso in cui sia già pendente il procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale e, più nello specifico, se il divieto riguardi soltanto l’ipotesi in cui il debitore abbia egli stesso introdotto il suddetto procedimento (c.d. "liquidazione giudiziale in proprio" o "autoliquidazione", come previsto ai sensi dell'art. 37, comma 2, CCII) oppure anche quando la richiesta sia presentata da un creditore o dagli altri soggetti diversi dal debitore legittimati oltre che dal già citato art. 37, comma 2, dall'art. 40, comma 6, CCII. 
Di primo acchito il dato testuale si presta indubbiamente ad una lettura estensiva, volta a precludere l'accesso alla CNC tutte le volte in cui sia pendente un procedimento finalizzato all'apertura della liquidazione giudiziale ex art. 40 CCII, a prescindere da chi lo abbia in concreto avviato. 
Tale lettura, tuttavia, rischia di essere superficiale e fuorviante, e dunque non pienamente condivisibile, non tenendo debitamente conto del ben più complesso quadro normativo.
2 . L'orientamento della giurisprudenza di merito: l'inammissibilità della CNC
La giurisprudenza di merito che ha già avuto occasione di pronunciarsi sulla problematica in esame in occasione della conferma delle misure protettive richieste dal debitore ai sensi e per gli effetti degli artt. 18 e 19 CCII ha preso posizioni tutt'altro che univoche. 
Tra i precedenti noti, la lettura più estensiva della norma, e quindi più restrittiva per il debitore che intende accedere alla CNC, è stata offerta anzitutto dal Tribunale di Lagonegro[2], il quale ha affermato che l’art. 25 quinquies CCII ricomprende, tra le condizioni preclusive di accesso alla CNC, anche l’ipotesi di pendenza del procedimento di apertura della liquidazione giudiziale ex art. 40 CCII proposto da terzi e ciò in considerazione dell'esigenza di evitare l’utilizzo distorto e strumentale della CNC da parte del debitore: dunque quale presidio a tutela del creditore da condotte intempestive, negligenti o strumentali del debitore, il quale, in assenza di tale norma, potrebbe servirsi, in ogni momento, delle misure di favore previste per la CNC al solo fine di neutralizzare le iniziative dei creditori. 
Nella stessa direzione si è posto anche il Tribunale di Palermo[3], che ha respinto la domanda di conferma delle misure protettive avanzata dal debitore ex artt. 18 e 19 CCII, con conseguente revoca delle stesse, in quanto "La tecnica legislativa del rinvio formale all’art. 40 CCII privo di eccezioni espresse, adottata dagli autori della riforma,  conduce l’interprete a vagliare - quale limite all’accesso della  composizione negoziata - la pendenza di un procedimento  unitario per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale, proposto da qualsiasi soggetto legittimato. Da ciò consegue che, un’interpretazione dell’art. 25 quinquies CCII legata al dettato normativo determina inevitabilmente l’inibizione all’accesso della composizione negoziata in tutte le ipotesi in cui sia stato già depositato un ricorso di apertura di liquidazione giudiziale, proposto non soltanto dallo stesso debitore, ma anche da un creditore, da coloro che hanno funzioni di controllo e vigilanza sull’impresa o dal pubblico Ministero". 
In linea con la lettura più estensiva della norma si colloca altresì il Tribunale di Busto Arsizio[4], ad avviso del quale, in pendenza di un'istanza per l'apertura della liquidazione giudiziale, resta consentito depositare, a pena di decadenza entro la prima udienza, solamente uno strumento di regolazione dell'insolvenza alternativo, nelle forme dell'art. 44 CCII, in un equilibrato bilanciamento dei contrapporti interessi in gioco e dunque circondando tale facoltà da limiti e termini stringenti, dovendosi escludere che l’istituto di cui agli artt. 12 e ss. CCII, non a caso denominato “composizione negoziata della crisi”, costituisca strumento (stragiudiziale) di regolazione dell’insolvenza e, per l’effetto, che ne sia consentito l’accesso in pendenza di un’istanza per l’apertura della liquidazione giudiziale. 
Inoltre, sempre ad avviso del suddetto tribunale, consentire l’accesso alla CNC anche ad un imprenditore insolvente non risponderebbe affatto all’esigenza di dare attuazione alla Direttiva 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 (c.d. Direttiva Insolvency), ma ne determinerebbe, al contrario, la frustrazione dell’effetto utile, atteso che scopo della suddetta direttiva dovrebbe essere quello di anticipare il momento di emersione della crisi e "prevenire l’insolvenza, perché -anche se reversibile- i costi e i tempi di ristrutturazione sarebbero a quel punto maggiori, diminuirebbero i tassi di recupero per i creditori, si distruggerebbe ricchezza e si perderebbero posti di lavoro". In tale contesto, prosegue il Tribunale, parrebbe del tutto incoerente dal punto di vista sistematico e teleologico che i benefici propri della CNC e i termini maggiori a disposizione, da un lato, e i minori limiti e controlli, dall’altro lato, siano riconosciuti ad un’impresa in condizione di insolvenza (ancorché reversibile), che ha omesso di predisporre adeguati assetti ed iniziative volte ad affrontare tempestivamente la crisi. 
La citata ordinanza del Tribunale di Busto Arsizio, reclamata ex artt. 19,comma 7, CCII, e 669 terdecies c.p.c., ha trovato conferma ad opera del Collegio[5], il quale ha ritenuto di tutta evidenza che una volta che risulti pendente un ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale, la disciplina codicistica impone che la soluzione della crisi sia affrontata in via esclusiva all’interno del procedimento unitario e in tempi ristretti, con lo scopo di evitare comportamenti dilatori dell’imprenditore atti a procrastinare la definizione dei procedimenti giudiziali, precisando che: "l’interpretazione dell’art. 25 quinquies ccii sostenuta dalla reclamante che consente all’imprenditore di utilizzare la composizione negoziata come difesa contro la domanda di apertura della liquidazione giudiziale e non quale strumento per affrontare tempestivamente la crisi, si risolverebbe, paradossalmente, in un generalizzato disincentivo al ricorso all’istituto ed in minori possibilità di riuscita del medesimo".
3 . Segue. Le pronunce a favore dell'ammissibilità della CNC
In senso diametralmente opposto si pone, invece, la prevalente giurisprudenza di merito, sia con pronunce che si sono espressamente soffermate sulla controversa questione di diritto, sia con pronunce che, di fatto, hanno avallato il legittimo avvio della CNC tramite la conferma delle misure protettive richieste dal debitore. 
Sul punto ha avuto modo di pronunciarsi il Tribunale di Bologna[6], affermando che il divieto del primo periodo dell’art. 25 quinquies CCII non si riferisce anche alla pendenza di un procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale su istanza di soggetti diversi dall’imprenditore, atteso che la soluzione del problema ermeneutico della lettura del citato articolo non può prescindere dalla ratio del divieto e da una interpretazione della norma coerente con le finalità della Direttiva Insolvency di salvataggio dell’impresa tutte le volte in cui sia "ragionevolmente perseguibile il risanamento dell'impresa" e ciò a prescindere dalla condizione iniziale dell'imprenditore che vi accede (se di pre-crisi, crisi o vera e propria insolvenza, purché reversibile), peraltro in piena continuità con l'abrogato art. 23, comma 2, D.L. n. 118/2021, che menzionava solo strumenti proponibili dal debitore e non da soggetti diversi. Ad avviso del suddetto Tribunale, "è evidente che l’art. 25 quinquies CCI, interpretato esclusivamente secondo il suo tenore letterale, ancorché non privo di un proprio spazio applicativo anche in rapporto alle altre disposizioni testé esaminate, condurrebbe a soluzioni disfunzionali e inique, perché introdurrebbe una preclusione alla composizione negoziale fondata su un acritico meccanismo di prevenzione, anche di iniziative dei creditori del tutto strumentali. E ciò nonostante il legislatore del Codice abbia previsto, in caso di richiesta di misure protettive, l’immediata inibizione della declaratoria di apertura della liquidazione giudiziale fino alla conclusione della composizione negoziata senza distinzioni in base al momento in cui è avvenuta la richiesta di protezione (cfr. comma 4 art. 17 in rapporto al comma 1)". 
Nello stesso senso si è pronunciato anche il Tribunale di Torre Annunziata[7], il quale ha ritenuto di non poter prescindere dalla considerazione dei principi informatori ed ispiratori della riforma, protesa verso definizioni pattizie della crisi in un'ottica di conservazione della società in dissesto: conseguentemente, l'interpretazione della norma non potrebbe che essere quella che nega rilievo impeditivo alla pendenza di procedimenti giudiziari promossi dai terzi (che possono, quindi, essere paralizzati dalla richiesta di misure protettive, salva la verifica che in concreto sia perseguibile la strategia di risanamento) e attribuisce effetti preclusivi (peraltro temporanei) solo alle iniziative dell'imprenditore. 
In senso conforme si è pronunciato anche il Tribunale di Trani[8], confermando che l'istanza di accesso alla CNC può essere inoltrata anche in pendenza del ricorso per la liquidazione giudiziale, posto che l'art. 12,comma 1, CCII, con il riferimento all'insolvenza, esplicita che la composizione può essere avviata anche in una situazione critica così avanzata da essere potenzialmente idonea ad attivare quanto meno l'istanza (se non la dichiarazione) di liquidazione giudiziale, tanto più che l'art. 18,comma 4, CCII, nel disporre che "Dal giorno della pubblicazione dell'istanza di cui al comma 1 e fino alla conclusione delle trattative o all'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata, la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata", non distingue tra situazione in cui l'istanza di liquidazione giudiziale preceda la pubblicazione dell'istanza per l'accesso alla CNC e la situazione inversa. 
Infine, per l'interpretazione più restrittiva della norma in commento si è pronunciato, da ultimo, anche il Tribunale di Tempio Pausania[9], sostenendo che: "L'imprenditore può essere ammesso alla composizione negoziata della crisi anche nell'ipotesi in cui sia già stata presentata nei suoi confronti domanda di liquidazione giudiziale e ciò in ragione di una interpretazione sistematica e teleologica dell'art. 25 quinquies CCI del favor del legislatore per la soluzione negoziata della crisi e dei principi espressi dalla Direttiva Insolvency".
4 . Una diversa lettura della fattispecie, alla luce dell'interpretazione letterale, funzionale e sistematica del CCII
Nell'esaminare con attenzione la fattispecie, occorre considerare che il tenore letterale delle disposizioni che compongono il CCII (che, come noto, racchiude in sé diverse anime, frutto di interventi e ripensamenti distribuiti in un arco temporale di diversi anni, a fronte di pulsioni e obiettivi che si sono fortemente modificati tra la prima stesura del gennaio 2019 e la versione ultima del giugno 2022) non può certamente essere l'unica chiave di lettura per offrire una corretta interpretazione delle norme e degli istituti che ne vengono disciplinati: infatti, che le disposizioni del CCII siano piuttosto "ostili al lettore" è un dato ormai pacifico e riconosciuto. 
Alla luce di ciò, l'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale (c.d. "preleggi" o "disciplina preliminare al Codice civile") ci ricorda che: "Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore". 
Ebbene, ci pare di poter serenamente affermare che il senso delle norme e l'intenzione del legislatore convergono verso l'obiettivo di evitare che in pendenza di iniziative del debitore volte ad accedere ad uno strumento di regolazione della crisi o dell'insolvenza, lo stesso debitore possa, parallelamente, accedere anche alla CNC; ma ciò senza poter attribuire alcun rilievo specifico alla pendenza, o meno, di un'istanza per la liquidazione giudiziale promossa da soggetti terzi diversi dal debitore. 
Difatti, il significato proprio delle parole esprime un senso tutt'altro che palese se, unitamente all'art. 25 quinquies CCII, leggiamo, ad esempio, l'art. 17, comma 3, lett. d), CCII, il quale, ai fini dell'accesso alla CNC, onera l'imprenditore di inserire nella piattaforma telematica due differenti dichiarazioni: 
(i) la prima, "sulla [eventuale - n.d.r.] pendenza, nei suoi confronti, di ricorsi per l’apertura della liquidazione giudiziale o per l'accertamento dello stato di insolvenza"; 
(ii) la seconda, "con la quale attesta di non avere depositato ricorsi ai sensi dell’articolo 40, anche nelle ipotesi di cui agli articoli 44, comma 1, lettera a), e 54, comma 3". 
La prima dichiarazione è dunque prevista in termini positivi, avendo natura prettamente informativa e ricognitiva, ed è relativa alla pendenza nei confronti del debitore di ricorsi per l'apertura della liquidazione giudiziale; la seconda, per contro, viene posta in termini negativi, al fine di escludere quelli che sono gli elementi ostativi all'accesso della CNC, tra cui è ricompreso il deposito da parte dello stesso debitore (e non invece da parte di terzi) di un'istanza per l'apertura della liquidazione giudiziale. 
Ma anche volendo restringere il campo di azione al solo articolo 25 quinquies CCII, tutto si può dire, ma non che il dato letterale sia assolutamente chiaro ed incontrovertibile nella sua formulazione: basti considerare che mentre il primo capoverso richiama integralmente l’art. 40 CCII ("in pendenza del procedimento introdotto con ricorso depositato ai sensi dell'articolo 40"), la stessa norma prosegue richiamando le ipotesi di accesso alle procedure di regolazione della crisi e dell'insolvenza a sola ed esclusiva iniziativa di parte (le procedure c.d. “con riserva” di cui agli artt. 44, comma 1, e 54, comma 3, CCII, nonché la procedura di cui all'art. 74 CCII), legandole alla precedente e più generica indicazione con l'avverbio “anche”, che ha una previsione indubbiamente rafforzativa rispetto all’ipotesi precedentemente prevista; e del resto, con l’ultimo periodo del medesimo ed unico comma la norma prevede che: ”L'istanza non può essere altresì presentata nel caso in cui l'imprenditore, nei quattro mesi precedenti l'istanza medesima, abbia rinunciato alle domande indicate nel primo periodo”. 
Evidentemente, collegando l’art. 40 CCII agli artt. 44, comma 1, 54, comma 3, e 74 CCII, nonché all’ipotesi di una rinuncia da parte del debitore, il legislatore con l’art. 25 quinquies CCII ha inteso porre implicitamente l'accento sulle iniziative del solo debitore, ciò che porta a ritenere che l’istanza di accesso alla CNC non possa essere legittimamente presentata solo quando il debitore abbia già acceduto al tribunale per risolvere la propria situazione di crisi, ovverosia quando abbia già scelto autonomamente la strada giudiziale[10]. 
E questa "intenzione del legislatore" (per ritornare al citato art. 12 delle preleggi) sembra oltremodo chiara se si scorre la relazione illustrativa in sede di approvazione del D.Lgs 83/2022, anche in continuità col disposto del D.L. 118/2021, da cui la CNC trae origine. 
Si legge infatti a pagina 16 della suddetta relazione illustrativa[11] che: “L’articolo 25 quinquies riproduce il comma 2 dell’articolo 23 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, che non consente l’accesso alla composizione negoziata in pendenza del procedimento per l’accesso ad uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza ai sensi dell’articolo 40, anche nelle ipotesi di cui agli articoli 44, comma 1, lettera a) e 54, comma 3, o dell’articolo 74. A tale disposizione è stata aggiunta la previsione del secondo periodo con la quale i medesimi limiti di accesso sussistono anche in caso di rinuncia dell’imprenditore alle domande indicate nel medesimo periodo, intervenuta nei quattro mesi precedenti la presentazione dell’istanza. Si tratta di integrazione con la quale si intende scoraggiare l’abbandono di una procedura di ristrutturazione giudiziale al solo fine di entrare nel percorso stragiudiziale della composizione per evitare eventuali abusi e possibili danni ai creditori". 
Dunque, come indicato nella citata relazione illustrativa, l’intenzione del legislatore è dichiaratamente quella di riprodurre (e non stravolgere) il contenuto dell’art. 23,comma 2, del D.L. n. 118/2021, come convertito in legge, disposizione che così recitava: "L'istanza di cui all'articolo 2, comma 1, non può essere presentata dall'imprenditore in pendenza del procedimento introdotto con domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione, con ricorso per l'ammissione al concordato preventivo, anche ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, con ricorso depositato ai sensi dell'articolo 182-bis, sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o con ricorso per l'accesso alle procedure di accordo di ristrutturazione dei debiti o di liquidazione dei beni di cui agli articoli 7 e 14 ter della legge 27 gennaio 2012, n. 3". 
Nessun riferimento veniva qui fatto alla pendenza di istanze per la dichiarazione di fallimento, circostanza che sin dalla prima introduzione della CNC non ha mai costituito un elemento ostativo al suo accesso, né può esserlo oggi posto che il legislatore del CCII non ha inteso intervenire in tal senso, ampliando i suddetti elementi ostativi, ma anzi, come chiaramente riferisce la relazione illustrativa, ha invece inteso riproporre (recita la relazione: "L’articolo 25 quinquies riproduce il comma 2 dell’articolo 23 del decreto-legge n. 118 del 2021") i medesimi contenuti e concetti (dunque i medesimi limiti) già presenti del precedente testo normativo[12]. 
Conseguentemente, tenendo in debita considerazione la genesi della CNC, che ha visto la luce con il D.L. 118/2021 poi incorporato senza grosse variazioni nel CCII, e le chiare intenzioni del legislatore che traspaiono dalla propria relazione illustrativa, il richiamo all’art. 40 CCII, o comunque al suo intero contenuto (comprensivo tra l'altro anche del ricorso per l'apertura della liquidazione giudiziale), non può che essere letto come un errato rinvio, generato probabilmente dalla semplificazione portata dall'introduzione del procedimento unico (di cui proprio all'art. 40 CCII), ma senza alcuna intenzione del legislatore di modificare la disciplina precedente introducendo un nuovo e diverso elemento ostativo all'avvio della CNC, legato non più (o non solo) all'iniziativa del debitore bensì all'iniziativa (imprevedibile ed ingovernabile; e magari pure infondata) di soggetti terzi. 
È evidente come l'obiettivo della disposizione da ultimo richiamata sia quello di scoraggiare l’abbandono di una procedura di ristrutturazione giudiziale già avviata al solo fine di intraprendere un percorso stragiudiziale: ancora una volta il focus resta, dunque, sulle iniziative e le intenzioni del debitore, non certamente su quelle di soggetti terzi, dovendo tutto questo portarci a ritenere che il rinvio all’art 40 CCII non possa estendersi anche alle istanze per l’apertura della liquidazione giudiziale, soprattutto se avviate su impulso di soggetti diversi dal debitore[13]. 
In tale quadro giuridico, giova precisare che l'accesso alla CNC non è in alcun modo impedito dalla presenza dello stato di insolvenza del debitore[14]. 
Il termine "insolvenza", infatti, ricorre in più d'una delle disposizioni normative: l'art. 21, comma 1, CCII prevede che "L'imprenditore in stato di crisi gestisce l'impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell'attività. Quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l'imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l'impresa nel prevalente interesse dei creditori. Restano ferme le responsabilità dell'imprenditore", mentre l'art. 23, comma 1, lett. c), CCII prevede quale esito della composizione negoziata che si possa "concludere un accordo sottoscritto dall'imprenditore, dai creditori e dall'esperto che produce gli effetti di cui agli articoli 166, comma 3, lettera d), e 324. Con la sottoscrizione dell’accordo l’esperto dà atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza". 
Il Decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia del 21 marzo 2023 toglie poi ogni ombra di dubbio nella misura in cui, descrivendo la piattaforma informatica, a pag. 48, precisa che: "La piattaforma contiene un campo nel quale l’impresa inserisce la sintesi del contenuto della domanda e, in particolare, le seguenti informazioni: a. se l’impresa si trova in stato di pre-crisi, di crisi o di insolvenza reversibile; b. […]", ammettendo apertamente che già in fase di domanda introduttiva l'impresa possa dunque essere insolvente[15]. 
Da quanto sopra si ricava che la CNC, pur non essendo uno "strumento", è certamente un percorso idoneo per regolare non solo lo stato di crisi, ma anche l'insolvenza e dunque, anche sotto il profilo sistematico, è ben possibile escludere qualsivoglia incompatibilità di sorta, sempre che, ovviamente, l'insolvenza sia reversibile. D'altronde, nessuno mette in dubbio che uno dei principali obiettivi del legislatore sia quello di prevenire l'insolvenza, ma ciò non vuol certo dire che in ipotesi di insolvenza già conclamata il debitore non possa più accedere al percorso della CNC, sempre che, come si è detto, la suddetta insolvenza sia reversibile ed il risanamento risulti ragionevolmente perseguibile. 
A tale riguardo, è utile sottolineare che uno dei fini principali delle misure protettive è proprio quello di impedire, dal giorno della pubblicazione della relativa istanza, la pronuncia della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza, come espressamente previsto dall'art. 18, comma 4, CCII. Vi è dunque una specifica tutela a riguardo. 
Ebbene, per quale ragione logica o di sistema il legislatore dovrebbe tutelare il debitore insolvente, ma con prospettive di reversibilità, che sia destinatario di un'istanza per la liquidazione giudiziale magari proprio il giorno dopo l'avvio della CNC (con richiesta di misure protettive) e non dovrebbe invece tutelare lo stesso debitore nel caso in cui tale istanza (magari pure infondata ed in presenza di ancor più solide e concrete prospettive di reversibilità e risanamento) sia presentata da un terzo magari proprio il giorno prima? Evidentemente non vi è alcuna ragione sostanziale, salvo difendere mere petizioni di principio. 
La verità, ci sembra di poter affermare, è che il legislatore, non solo per esaltare la natura contrattuale delle procedure di risanamento e l'importanza delle "trattative", ma anche per evidenti ragioni deflattive, ha incentivato il più possibile il ricorso alla CNC, demandando ogni valutazione all'esperto e alla presenza, o meno, di concrete prospettive di risanamento, in presenza delle quali non vi è ragione per sforzarsi di immaginare preclusioni o sbarramenti in punto di ammissibilità del percorso; ed è solo in presenza delle suddette concrete prospettive di risanamento, la cui valutazione è come si è detto demandata all'esperto (dunque ad una figura professionale, adeguatamente formata e di garanzia per il risanamento e per i creditori), che, a prescindere dall'insolvenza o meno, si "può giustificare un provvedimento giudiziale di compressione delle azioni dei creditori in un contesto di natura stragiudiziale, come quello della composizione negoziata, privo delle garanzie che assistono gli strumenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza quali gli obblighi informativi periodici e la nomina di un commissario giudiziale che riveste la qualità di pubblico ufficiale"[16]. 
Il tutto nella piena consapevolezza che in mancanza di concrete prospettive di risanamento tale percorso stragiudiziale sarebbe destinato ad arrestarsi in breve tempo, anche prima dei sessanta giorni previsti dall'art. 44, comma 1, lett. a), CCII, con piena facoltà per il tribunale di pronunciare, allora si, la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale. E del resto ancora una volta viene in gioco la figura chiave dell'esperto, quale presidio di garanzia per i creditori, al quale è tra l'altro riconosciuta la facoltà, ogni qual volta dovesse riscontrare il venir meno delle concrete prospettive di risanamento, di chiedere la revoca delle misure protettive, quelle stesse misure che, in effetti e a ben guardare, nel prevedere all'art. 18,comma 4, CCII che "la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata" non pongono alcun distinguo tra il caso in cui l'istanza di liquidazione giudiziale preceda la pubblicazione dell'istanza per l'accesso alla CNC e la situazione inversa[17].
5 . Conclusioni
In definitiva, vi sono a nostro avviso numerosi argomenti, anche piuttosto robusti, per poter ritenere che non esista alcun contrasto tra le norme di cui agli artt. 25 quinquies e 18, comma 4, CCII, perché il riferimento all’art. 40 CCII ben può essere limitato alle sole procedure originariamente contemplate dall’art. 23, comma 2, D.L. n. 118/2021, o comunque alle procedure, di qualsiasi tipo, avviate solo ed esclusivamente su impulso dello stesso debitore. 
Conseguentemente, se vogliamo che l’interpretazione dell'art. 25 quinquies CCII sia coerente non solo con il dato letterale ma anche con le chiare intenzioni del legislatore, oltre che da un punto di vista sistematico, storico e logico, non possiamo che condividere l'orientamento giurisprudenziale e dottrinale oggi prevalente, escludendo che i limiti di accesso alla CNC possano estendersi anche alla pendenza di un procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale precedentemente incardinato su istanza di soggetti terzi diversi dal debitore. 

Note:

[1] 
Tra i numerosi contributi in merito, si veda S. Rossetti, Presupposti e condizioni per l’accesso alla composizione negoziata. Il valore perseguibile: il risanamento dell’impresa, in Dirittodellacrisi.it, 3 aprile 2023; G. D’Attorre, in Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, Seconda Edizione, Giappichelli Editore, pag. 9. 
[2] 
Cfr. Trib. Lagonegro, 28 febbraio 2023 e 14 aprile 2023, inedite. Ad avviso del suddetto tribunale, l'interpretazione estensiva della norma appare supportata dall’analisi del dato sistematico e si pone, altresì, in maniera coerente con i principi ispiratori del CCII, dovendosi osservare come, sotto il profilo sistematico, l’art. 25 quinquies si pone quale “norma di chiusura” del Capo I, rubricato "composizione negoziale della crisi", in cui sono ricomprese le norme che disciplinano il presente procedimento, ossia l’art. 17 CCII e seguenti. Il conflitto tra l’art. 18, comma 4, CCII e la statuizione contenuta nell’art. 25 quinquies sarebbe pertanto solo apparente, in quanto le due norme, sebbene possano risultare apparentemente confliggenti, sarebbero destinate a convivere armonicamente in ragione della circostanza che esse disciplinano ipotesi differenti, conseguenti alle diverse condizioni e alla diversa fase temporale in cui è stata presentata l’istanza di cui all’art. 17 CCII: in altri termini, se da una parte il comma 4 dell’art. 18 CCII ha inteso tutelare l’imprenditore – che ha chiesto la nomina dell’esperto per risanare l’impresa con contestuale applicazione delle misure protettive del patrimonio – dal rischio che i creditori, mediante l’introduzione della domanda di apertura della liquidazione giudiziale, possano vanificare non solo la buona volontà dell’imprenditore rivelatosi diligente ma anche le prospettive di risanamento dell’impresa, dall’altra parte l’art. 25 quinquies CCII, per contraltare, ha inteso accordare tutela al creditore al fine di porlo al riparo dal nocumento derivante dalla negligenza del debitore, dalla sua intempestività o, addirittura, dall’utilizzo strumentale delle misure predisposte dal CCII per favorirlo. Ne discenderebbe, pertanto, che il divieto previsto dall’art. 18, comma 4, CCII, di pronunciare la sentenza di aperura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza, non potrebbe che riferirsi all’ipotesi in cui l’imprenditore in crisi abbia, diligentemente e tempestivamente, ossia prima dell’iniziativa dei creditori, presentato istanza ex art. 17 CCII senza aspettare di essere aggredito da eventuali creditori. Ipotesi diversa, per quanto complementare, sarebbe invece quella disciplinata dall’art. 25 quinquies CCII, in cui, per converso, è fatto espresso divieto all’imprenditore di presentare l’istanza di cui all’art. 17 CCII in pendenza del procedimento introdotto con ricorso depositato ai sensi dell’art. 40 CCII. 
[3] 
Cfr. Trib. Palermo, 22 maggio 2023, Est. Rubino, reperibile su Dirittodellacrisi.it. Secondo il suddetto tribunale, tra l'altro, lo spartiacque fra la possibilità di instaurare un percorso di CNC in pendenza di un procedimento unitario troverebbe conferma nell’art. 54, comma 4, CCII ai sensi del quale prima del deposito della domanda di cui all’articolo 40, le misure protettive di cui al comma 2, primo e secondo periodo, possono essere richieste dall’imprenditore presentando la domanda di cui agli articoli 17, 18 e 44, comma 1; da ciò conseguirebbe che, dopo il deposito del ricorso ex art. 40 CCII, le misure protettive potrebbero essere richieste unicamente all’interno del procedimento unitario, congiuntamente ad uno strumento di regolazione della crisi. 
[4] 
Cfr. Trib. Busto Arsizio, 4 luglio 2023, Est. Grimaudo, reperibile su Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it. 
[5] 
Cfr. Trib. Busto Arsizio, 16 agosto 2023, Pres. Tosi, Est. Ballarini, reperibile su Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it. Con la suddetta ordinanza, il Collegio ha ritenuto l'art. 25 quinquies CCII "assolutamente chiaro nella sua formulazione", quale norma che non pone alcun dubbio interpretativo, atteso che viene sancita l’impossibilità per l’imprenditore di presentare istanza per l’avvio della CNC in pendenza di procedimento introdotto con ricorso depositato ai sensi dell’art. 40 CCII, il quale, a sua volta, nel disciplinare le modalità di presentazione del ricorso per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale individua quali soggetti legittimati a presentare la relativa domanda, oltre allo stesso debitore, anche i creditori, coloro che hanno funzioni di controllo e di vigilanza sull’impresa e il pubblico ministero: dunque, l’art. 25 quinquies CCII inibisce il ricorso alla CNC non solo quando l’istanza per l’apertura della liquidazione giudiziale sia proposta dall’imprenditore, ma anche quando essa risulti proposta dagli altri soggetti a ciò legittimati. 
Giunge alla stessa conclusione, più di recente, Trib. Bergamo, 23 gennaio 2024, Pres. Panzeri, Est. Fuzio, reperibile su Dirittodellacrisi.it, secondo cui "il procedimento di composizione negoziata non può essere attivato ogni qual volta lo stato di crisi/insolvenza dell’imprenditore si sia già manifestato al punto da determinare l’accesso ad una delle procedure disciplinate dal CCII In queste ipotesi, la soluzione stragiudiziale prospettata dallo strumento in esame appare superata dalla già intervenuta proposizione di procedura giudiziale, di qualunque genere essa sia. Tanto più se tale procedura è quella di liquidazione giudiziale, che presuppone lo stato di insolvenza e l’impossibilità di risanamento, l’esatto contrario di quanto invece aspira ad ottenere la composizione negoziata". 
[6] 
Cfr. Trib. Bologna, 23 giugno 2023, Est. Mirabelli reperibile su Dirittodellacrisi.it. Con la suddetta ordinanza, il tribunale sottolinea il fatto che la dichiarazione che l’imprenditore deve rendere e inserire fin dall’inizio nella piattaforma e poi aggiornare in caso di richiesta di misure protettive (artt. 17, comma 3, lett. d), e 18, comma 2, CCI) si atteggia diversamente in relazione a se nei suoi confronti siano stati proposti “ricorsi per l’apertura della liquidazione giudiziale o per l’accertamento dello stato di insolvenza” o egli abbia depositato ricorso ex artt. 40 o 44 o 54, comma 3, CCII: nel primo caso egli deve solo dichiarare se vi sia la “pendenza”, mentre nel secondo deve espressamente attestare “di non avere depositato” la domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi. Conseguentemente: "Il diverso tenore della dichiarazione che l’imprenditore rende sotto la propria responsabilità non può non avere una sua rilevanza (perché se la preclusione vi fosse in entrambi i casi sarebbe stato sufficiente richiedere all’imprenditore di dichiarare la non pendenza del procedimento, ricalcando il testo dell’art. 25 quinquies CCI) e conduce a ritenere che il procedimento unitario incardinato da terzi non sia preclusivo, perché solo il ricorso depositato dal debitore è incompatibile con l’accesso alla composizione negoziata; l’art. 25 quinquies primo periodo si riferirebbe quindi esclusivamente a questa seconda ipotesi: il “ricorso” che genera la pendenza preclusiva sarebbe solo quello dell’imprenditore, che infatti è l’unico a poter presentare anche le domande ex artt. 44, 54 comma 3 e 74 CCI, rinunciate le quali dovrà comunque attendere quattro mesi prima di richiedere la nomina dell’esperto". 
[7] 
Cfr. Trib. Torre Annunziata, 20 luglio 2023, reperibile su Unijuris.it
[8] 
Cfr. Trib. Trani, 30 settembre 2023, Est. Rana reperibile su Dirittodellacrisi.it. Ad avviso del suddetto tribunale: "La non applicabilità alla specie del combinato disposto degli artt. 7 e 40, ultimi due commi, CCII non significa affatto che non sia presente nel sistema un criterio legale di coordinamento, dato proprio dagli artt. 18, 4º comma e 25 quinquies CCII, con la sola precisazione che ovviamente non è ipotizzabile (e non lo sarebbe in ogni caso) una riunione tra procedura amministrativa e procedura soggetta alle regole di cui all’art. 7. Nel contempo, però, non vi sono ostacoli (a parte la diversità di registro informatico) alla riunione, o almeno ad un coordinamento organizzavo/tabellare, da realizzarsi innanzi ad unico magistrato delegato, tra procedimento protettivo e cautelare ex art 19 CCII e procedimento ex art. 40". Inoltre: "Le eventuali condotte dilatorie che potrebbero essere poste in essere rendendo recessiva la precedente istanza di liquidazione proposta da1 creditore trovano i loro contrappesi nella sempre possibile revoca del regime protettivo da parte del giudice con la conseguente caduta dell’impedimento processuale alla pronuncia di liquidazione (art. 18, 4º comma, u.p.); al contrario, l'interpretazione estensiva dell’art. 25 quinquies condurrebbe alla ben peggiore conseguenza che basterebbe al creditore giocare di anticipo circa il deposito del ricorso per liquidazione per rendere questo procedibile a dispetto delle buone intenzioni di quel debitore che abbia voluto, sia pure con qualche ritardo, proporre l’istanza di apertura della composizione negoziata". 
[9] 
Cfr. Trib. Tempio Pausania, 12 ottobre 2023, reperibile su Dirittodellacrisi.it
[10] 
Cfr. G. Noschese, L'art. 25 quinquies CCII e la pendenza del procedimento per liquidazione giudiziale - Rinvio ex art.363 bis c.p.c.?, in Linkedin, 12 luglio 2023. 
[11] 
La relazione illustrativa è consultabile sul seguente sito internet: http://documenti.camera.it/apps/nuovosito/attigoverno/Schedalavori/getTesto.ashx?file=0374_F001.pdf&leg=XVIII#pagemode=none. 
[12] 
Del resto, e non a caso, nessun riferimento all'istanza di fallimento viene fatto neppure nella relazione illustrativa al suddetto D.L. n. 118/2021, dove all'art. 23 leggiamo: "Il comma 2 limita l'accesso alla composizione negoziata prevedendo che l'istanza di nomina dell'esperto indipendente non può essere presentata dall'imprenditore in pendenza del procedimento introdotto con domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione o ricorso per l'ammissione al concordato preventivo, anche ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267." (relazione illustrativa consultabile sul seguente sito: https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_2_1.page?facetNode_1=1_8%282021%29&facetNode_2=1_8%28202108%29&contentId=SAN346544&previsiousPage=mg_1_2#rel). 
[13] 
Cfr. F. Lamanna, Il codice della crisi e dell’insolvenza dopo il secondo correttivo, Giuffrè, 2022, 143, per il quale: "Va rimarcato che, tra le procedure che hanno efficacia preclusiva rispetto all'avvio della composizione negoziata, non rientrano, per esclusione implicita, quelle finalizzate all'apertura della liquidazione giudiziale o all'accertamento dello stato di insolvenza instaurate su impulso di terzi (creditori, PM, organi di controllo). Infatti, come vedremo tra poco, la composizione negoziata è compatibile con la pendenza e la prosecuzione di tali procedure, anche se impedisce la declaratoria di apertura della liquidazione giudiziale o dell'accertamento dell'insolvenza". Ad analoghe conclusioni giunge anche I. Pagni, L’impresa collettiva tra squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, crisi e insolvenza: opportunità e criticità della composizione negoziata, in Le Società, n. 2, 1 febbraio 2024, p. 233, secondo cui "La norma [...] vuole riferirsi, come quello, al solo caso in cui il debitore abbia fatto accesso a uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza o proceda col preaccordo, mentre, in caso di pendenza di ricorsi per la liquidazione giudiziale, la composizione negoziata non è impedita [...] Sbagliano, dunque, quelle pronunce che escludono l’accesso alla composizione negoziata in caso di pendenza di un ricorso per liquidazione giudiziale di un creditore (Trib. Siracusa 14 settembre 2022; Trib. Busto Arsizio 16 agosto 2023). Corretta è invece la lettura offerta da Trib. Bologna 8 novembre 2022, il quale osserva che quel che conta è “non tanto il punto di partenza, ma il punto di approdo, e cioè il risanamento della impresa attraverso le trattative con i creditori, ai quali si presenta un piano che dovrebbe convincerli ad accettare la sospensione del potere di azione ex art. 2740 c.c. a fronte di una ragionevole risanabilità”. 
[14] 
In punto, cfr. Trib. Ravenna, Est. Gilotta, 17 marzo 2023 in Dirittodellacrisi.it, secondo cui: "Non è condivisibile l'assunto pretorio il quale postula l'assoluta inconciliabilità tra stato di insolvenza e composizione negoziata della crisi; si ritiene infatti, d'accordo con la giurisprudenza largamente maggioritaria da ultimo formatasi sul punto, che l'elemento davvero dirimente consti nella reversibilità della condizione di crisi o di insolvenza, e non già sulla già raggiunta situazione di illiquidità che comporta l'impossibilità di adempimento, ogniqualvolta quest'ultima non sia divenuta irreversibile". Si veda altresì Trib. Salerno, 7 febbraio 2023, reperibile su Unijuris.it, secondo cui: "L'accesso al procedimento di composizione negoziata della crisi non è di per sé precluso dalla condizione di insolvenza dell'imprenditore, ma dalla sua irreversibilità, presupposto questo che costituisce anche condizione necessaria per la conferma delle misure protettive, posto che soltanto una prognosi positiva in ordine al buon esito delle iniziative assunte o prospettate per la regolazione della crisi o dell'insolvenza può giustificare un provvedimento giudiziale di compressione delle azioni dei creditori in un contesto di natura stragiudiziale, come quello della composizione negoziata, privo delle garanzie che assistono gli strumenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza quali gli obblighi informativi periodici e la nomina di un commissario giudiziale che riveste la qualità di pubblico ufficiale." Cfr. ancora Trib. Bologna, 8 novembre 2022, Est. Atzori, in Dirittodellacrisi.it, secondo cui: "Non è condivisibile la tesi secondo la quale l’accesso alla composizione negoziata della crisi d'impresa sia precluso alle imprese già insolventi e che l’istituto sia dunque applicabile alle sole insolvenze sopravvenute nel corso del percorso di composizione negoziata in quanto apparirebbe incongrua la scelta del legislatore di costruire una norma applicabile alle rare ipotesi in cui l’impresa divenga insolvente nell’arco di tempo dei pochi mesi di durata delle trattative". Nonché Trib. Roma, 10 ottobre 2022, Pres. Est. La Malfa, in Dirittodellacrisi.it e Trib. Mantova, 20 dicembre 2022, Est. Bernardi, su Unijuris.it
[15] 
Decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia del 21 marzo 2023 consultabile su: https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_8_1.page?contentId=SDC421515&previsiousPage=mg_1_8.
[16] 
 Così Trib. Salerno, 7 febbraio 2023, già precedentemente citato. 
[17] 
In senso conforme, oltre agli Autori già precedentemente citati, A. Maffei Alberti, Commentario breve alle leggi su crisi d'impresa ed insolvenza, Padova, 2023, 117, il quale, a commento dell'art. 18, comma 4, CCII, in punto di divieto di pronunciare la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale, ritiene sussistere "L'impedimento temporaneo sia se la pubblicazione dell'istanza è precedente alla domanda di accesso ad una procedura di insolvenza, sia se è successiva a quest'ultima". Cfr. altresì L. Baccaglini, Le misure protettive e cautelari nella composizione negoziata della crisi, 9, in https://www.ildirittodegliaffari.it/articolo/173/browse, secondo cui: "Quella fondata sul dato letterale (che induce a precludere l’accesso alla composizione negoziata della crisi in presenza di un ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale, proposto da un soggetto diverso dal debitore) è, a mio modo di vedere, una lettura non condivisibile, che trova a mio avviso smentita proprio nell’art. 19 CCII. La norma, nel chiedere al tribunale, adito per la conferma delle misure protettive nella composizione negoziata, di tener conto di eventuali misure cautelari, concesse nel procedimento di liquidazione giudiziale, dimostra come l’istanza di cui all’art. 40 CCII (quando ovviamente non provenga dal debitore stesso) possa precedere l’istanza di nomina dell’esperto ex art. 17 CCI". 

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