La tesi restrittiva, invece, si fonda sulle seguenti argomentazioni.
A) Anzitutto nella relazione illustrativa del D.Lgs. n. 83/2022 viene ricordato che la disposizione dell’art. 25 quinquies CCII riproduce “il comma 2 dell’articolo 23 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021”, ossia il D.L. che ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto della composizione negoziata della crisi di impresa.[9]
Ebbene, proprio l’art. 23 del D.L. n. 118/2021, al secondo comma, prevedeva quali uniche ipotesi in grado di inibire l’accesso al percorso di composizione negoziata della crisi i ricorsi presentati esclusivamente dal debitore e non anche quelli promossi da soggetti terzi quali creditori o Pubblico Ministero, così statuendo: “l’istanza di cui all'articolo 2, comma 1, [di accesso al percorso di composizione negoziata della crisi ora art. 17 CCII] non può essere presentata dall'imprenditore in pendenza del procedimento introdotto con domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione, con ricorso per l'ammissione al concordato preventivo, anche ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, con ricorso depositato ai sensi dell'articolo 182 bis, sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o con ricorso per l'accesso alle procedure di accordo di ristrutturazione dei debiti o di liquidazione dei beni di cui agli articoli 7 e 14 ter della legge 27 gennaio 2012, n. 3”. Nessun accenno alla pendenza (all’epoca) di un’istanza di fallimento (ora liquidazione giudiziale) da chiunque presentata, ma solamente ad istituti la cui legittimazione attiva spettava in esclusiva al debitore.
Ne deriva che se per assurdo si interpretasse la norma secondo l’orientamento offerto dalla tesi estensiva, si sarebbe indotti a ritenere illogicamente che (i) mentre nella vigenza dell’art. 23 D.L. n. 118/2021 si sarebbe potuta “paralizzare” l’istanza di fallimento del creditore con la richiesta di applicazione delle misure protettive, (ii) al contrario, con la trasposizione del D.L. 118/2021 nel Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza tale possibilità sarebbe venuta meno, valendo tuttalpiù soltanto per le istanze di apertura della liquidazione giudiziale introdotte successivamente all’accesso alla CNC da parte del debitore.
La medesima relazione illustrativa del D.Lgs. n. 83/2022 afferma che l’art. 25 quinquies CCII “non consente l’accesso alla composizione negoziata in pendenza del procedimento per l’accesso ad uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza ai sensi dell’articolo 40, anche nelle ipotesi di cui agli articoli 44, comma 1, lettera a) e 54, comma 3, o dell’articolo 74”. Il riferimento ad uno “strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza” contenuto nella relazione illustrativa esclude in radice che l’istanza di apertura della liquidazione giudiziale presentata dal creditore possa inibire l’accesso del debitore alla CNC essendo pacifico che la liquidazione giudiziale non sia annoverata tra gli strumenti di regolazione della crisi.[10]
B) L’interpretazione (letterale) dell’art. 18, comma 4, CCII impedisce al Tribunale di dichiarare l’apertura della liquidazione giudiziale a far data dalla pubblicazione dell’istanza di applicazione delle misure protettive nel Registro Imprese “e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata” (salva la revoca delle misure, che può avvenire ex art. 19, comma 6, CCII, “quando esse non soddisfano l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti”).[11]
La norma non opera alcuna distinzione tra i ricorsi per l’apertura della liquidazione giudiziale presentati (dal creditore) anteriormente all’accesso del debitore alla CNC da quelli avviati successivamente. Nondimeno una tale distinzione diverrebbe - per vero - esiziale laddove si accogliesse l’interpretazione estensiva dell’art. 25 quinquies CCII, atteso che l’impossibilità di dichiarare l’apertura della liquidazione giudiziale di cui al comma quarto dell’art. 18 CCII opererebbe limitatamente ai ricorsi presentati successivamente al deposito dell’istanza di accesso al percorso di CNC (e non per quelli anteriori).[12]
C) L’art. 17, comma 3, lett. d) CCII elenca la documentazione a corredo dell’istanza di nomina dell’esperto: fra gli altri, menziona il deposito di “una dichiarazione resa ai sensi dell’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 sulla pendenza, nei suoi confronti, di ricorsi per l’apertura della liquidazione giudiziale o per l'accertamento dello stato di insolvenza e una dichiarazione con la quale attesta di non avere depositato ricorsi ai sensi dell’articolo 40, anche nelle ipotesi di cui agli articoli 44, comma 1, lettera a), e 54, comma 3”.
La norma è chiara nel connotare il contenuto delle due dichiarazioni: (i) l’una in termini positivi avete natura prettamente informativa e ricognitiva, relativa alla pendenza nei confronti del debitore di ricorsi per l’apertura della liquidazione giudiziale (ii) ed una formulata in termini negativi, volta quindi ad indicare la sussistenza degli elementi considerati ostativi all’accesso alla CNC quali il deposito da parte dello stesso debitore (e non di terzi) di ricorsi ex artt. 40, 44 e 54 (tra i quali va annoverato finanche il ricorso per l’auto-liquidazione giudiziale).
Pertanto se la pendenza dell’istanza per l’apertura della liquidazione giudiziale avesse carattere impeditivo dell’accesso alla CNC, anche la prima dichiarazione sarebbe stata posta da legislatore in termini negativi (ovvero come dichiarazione in ordine all’insussistenza della pendenza di un ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale).
D) L’art. 18, comma 2, CCII, nell’indicare la documentazione da allegare alla richiesta di applicazione delle misure protettive, onera l’imprenditore di depositare nella piattaforma telematica “…un aggiornamento sui ricorsi indicati nella dichiarazione resa ai sensi dell'articolo 17, comma 3, lettera d)”, senza precisare alcunché in ordine agli effetti eventualmente scaturenti da una tale positiva dichiarazione. E ciò dovrebbe far concludere che la pendenza di un’istanza di liquidazione non porti ad alcuna statuizione in ordine all’inammissibilità della domanda di accesso alla CNC.
Conclusione, peraltro, che collima con l’impianto del CCII, laddove all’art. 7 viene assegnato carattere prioritario alle soluzioni della crisi alternative alla liquidazione giudiziale, la quale assume una funzione quasi di chiusura del sistema (percorribile ogni qual volta il tentativo di risanamento fallisca o sia stato proposto con evidenti caratteri di inammissibilità).
E) D’altronde se la pendenza di un ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale presentato dal creditore fosse ostativa all’avvio del percorso di CNC, nel CCII si sarebbe dovuta rinvenire una disposizione che o (i) avrebbe impedito alla Commissione istituita ex art. 13, comma 6, CCII di nominare l’esperto o (ii) avrebbe imposto all’esperto, se nominato, di archiviare immediatamente l’istanza ex art. 17, comma 5, CCII per mancanza di un requisito necessario per l’avvio del percorso di composizione negoziata (l’insussistenza di procedimenti per l’apertura della liquidazione giudiziale pendenti). E ciò a maggior ragione se si considera l’onere di disclosure di cui è onerato il debitore ai sensi dell’art. 17, comma 3, lett. d) CCII. Ma tali disposizioni non vi sono nel CCII.
F) Ai sensi dell’art. 12 CCII, l’accesso al percorso di composizione negoziata è consentito all’imprenditore che “si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa”: nel requisito oggettivo è pertanto compresa la c.d. “insolvenza reversibile”.[13]
D’altronde il tenore letterale della norma di cui all’art. 12, comma 1, CCII è coerente con la possibilità che alla composizione negoziata acceda l’impresa già insolvente, in quanto il sostantivo “probabilità” si rivolge sia allo stato di crisi che allo stato di insolvenza mettendoli sullo stesso piano, mentre di portata decisiva appare la circostanza che risulti ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.[14]
Ciò conferma l’obiettivo (dichiarato) della Direttiva Insolvency: il ragionevole perseguimento del risanamento dell’impresa che verrebbe inammissibilmente frustrato laddove si escludesse a priori l’accesso dell’imprenditore al percorso di composizione negoziata per il solo fatto della pendenza di un’istanza di apertura della liquidazione giudiziale. [15]
Anche sostenere che la pendenza di un’istanza di liquidazione sia già di per sé indice di uno stato di insolvenza non appare sostenibile, se si considera che i presupposti di cui all’art. 121 CCII devono essere accertati in concreto dal giudice al quale è proposta la domanda, non potendo desumersi ex ante dalla mera iniziativa del creditore che, spesso, si avvale di tale strumento al solo scopo di ottenere, forzosamente, il pagamento del proprio credito.