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I limiti (e i vincoli) della continuità nel concordato semplificato: convenienza e criticità

Alessia Schiavo, Avvocato in Padova

20 Giugno 2025

La natura ontologicamente liquidatoria dell’istituto del concordato semplificato deve essere calata in concreto nel contesto esperienziale; è fondamentale valorizzare le proposte di concordato semplificato miranti a realizzare forme di continuità indiretta, da ponderarsi, attentamente, con la convenienza delle stesse per il ceto creditorio. 
Riproduzione riservata
1 . La concezione codicistica del concordato semplificato: snellezza, rapidità e cessione dei beni
È noto che il concordato semplificato, di cui agli articoli 25 sexies e ss. del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (“CCII”), rappresenta uno strumento di gestione della crisi aziendale concepito per la rapidità e la semplificazione procedurale, teso alla dismissione dei beni facenti parte dell’impresa. 
È proprio questa intrinseca caratteristica - che permea la finalità primaria della procedura concorsuale in esame – che conduce la dottrina maggioritaria ad enfatizzarne gli aspetti positivi[1], nella misura in cui la flessibilità, la snellezza e la rapidità della procedura si esplicano nella mancanza di sottoposizione della proposta al voto dei creditori[2] e nell’assenza di necessario assoggettamento del piano alla preventiva attestazione dell’esperto indipendente. 
La speditezza dell’istituto si acuisce ulteriormente allorquando, emesso il decreto che omologa il concordato (art. 25 sexies, comma 6) il liquidatore unico, nominato con il provvedimento di cui sopra, procede ad eseguire la proposta ed il piano, sempre secondo logiche di massima celerità: emblematici sono i casi di prepacked solution, ovvero quelle situazione in cui la proposta contiene già ex ante un’indicazione precisa del beneficiario della cessione: si giunge, in questi casi, a pretermettere addirittura le procedure di vendita di cui all’art. 114 CCII, favorendo un più informale sondaggio di mercato[3]. 
I tratti di sveltezza che accomunano le proposte e i piani di concordato semplificato sono così apprezzati dai professionisti del settore poiché, dopotutto, si discute pur sempre di una procedura recante finalità puramente e meramente liquidatorie; a tal punto che la dottrina maggioritaria (soprattutto nel vigore del D.L. n. 118/2021[4]) esclude si possa far corso a formule concordatarie diverse da quella sopra menzionata[5]. 
Tuttavia, pare a chi scrive che la sua natura intrinsecamente e ontologicamente liquidatoria non deve precludere la ricerca di soluzioni innovative che consentano di massimizzare il valore per i creditori e, al contempo, preservare il tessuto economico e sociale legato all'impresa in crisi; in ultima analisi, è l’art. 25 septies, comma 2 CCII che apre all’ipotesi di un trasferimento d’azienda e, dunque, a proposte di continuità indiretta.
2 . L’esclusione delle ipotesi di continuità diretta: il baricentrismo della cessione aziendale “immediata”
Quantunque, dal punto di vista attuativo, come vedremo infra, l’accesso alla procedura di concordato semplificato (la disamina dei cui presupposti oggettivi e soggettivi di accesso esula dal perimetro della presente trattazione: per vero, in merito, molto è già stato scritto[6]), non implica uno schema liquidatorio fisso, aprendo di contro, il dato esperienziale, a proposte e piani concordatari di questo tipo diversi dalla mera disgregazione del plesso aziendale, la giurisprudenza di merito più recente appare invece particolarmente severa e in alcuni casi restia ad ammettere ipotesi di continuità strictu sensu considerata nel perimetro della procedura in analisi.
Ciò che gli interpreti tendono ad escludere, con un certo grado di categoricità, è la possibilità di far precedere la cessione dell’azienda da una fase di gestione in continuità[7], anche al fine – se del caso – di ottenere ulteriori flussi finanziari (un incremento, talvolta apprezzabile, del cash flow) da destinare alla soddisfazione dei creditori. 
La ratio di tale esclusione risiede nel fatto che l'accesso al concordato semplificato presuppone 
che l'impresa sia stata giudicata non risanabile attraverso la composizione negoziata della crisi[8]. Pertanto, la permanenza della gestione in capo al debitore insolvente non è contemplata, se non per il tempo strettamente necessario a realizzare la liquidazione nel modo più proficuo per i creditori. 
Le conclusioni poc’anzi descritte sono state accolte, e peraltro ben argomentate, da due recentissime pronunce di merito le quali, pur decidendo in ordine all’ammissibilità di proposte di concordato semplificato basate su presupposti fattuali differenti, ambivano al medesimo concreto risultato: l’omologazione di un piano che prevedesse un periodo di gestione diretta dell’azienda (pari a tre in un caso e a cinque nell’altro, anni) prima di addivenire alla vendita della stessa. 
L’impianto argomentativo dei provvedimenti sopra citati rivela un considerevole avanzamento dell’estremo superiore del primario requisito della procedura in esame, che mira, come più volte ribadito, all’immediata dismissione dell’attività aziendale ed esclude in radice una precedente prospettiva temporale di gestione imprenditoriale continuativa. 
È opinione della Corte d’appello di Firenze che un periodo di continuità diretta, ancorché finalizzato alla futura cessione dell’azienda, non sia compatibile con l’istituto del concordato semplificato. Invero, sebbene la normativa non preveda una durata massima per la fase liquidatoria, l'ambito temporale deve essere limitato al periodo necessario per liquidare i beni, massimizzandone il valore. Una gestione in continuità da parte del debitore può essere ammessa solo se limitata all'ordinaria amministrazione, al fine di non disperdere il patrimonio, e non può costituire l'aspetto saliente della proposta, né essere finalizzata a generare flussi per il pagamento dei creditori, dovendo questi provenire dalla vendita del compendio aziendale[9]. 
Sulla scorta di quanto precede, vedasi anche il Tribunale di Milano che ha dichiarato inammissibile un concordato semplificato che prevedeva la prosecuzione diretta dell’attività per tre anni chiarendo che la cessione dell'azienda in esercizio, pur prevista dall'art. 25-septies CCII, non è valorizzata in funzione della continuità d'impresa (ipotesi ormai preclusa dall'esito negativo della composizione negoziata della crisi), ma è funzionale alla maggior soddisfazione dei creditori, in linea con l'art. 214, comma 1, CCII. Il debitore, accedendo al concordato semplificato, è titolare di un'impresa non risanabile, per la quale si invoca la liquidazione in un contesto alternativo ma funzionalmente affine alla liquidazione giudiziale, implicando quindi una "improcrastinabile, definitiva cessione dei beni”[10]. 
Le pronunce sopra citate pur non obliterando in toto l’idea di concordato semplificato contemplante una proposta funzionalmente finalizzata (anche) ad evitare lo smembramento del going concern, tuttavia lo ritengono possibile solo nel novero di una cessione immediata dell’attività. 
Pare che gli approdi giurisprudenziali sopra citati intendano mantenere una certa coerenza con le finalità primarie dell’istituto in commento; vista la mancanza di uno spazio di voto a disposizione del ceto, non è possibile per la platea creditoria esprimere un parere in ordine all’opportunità della conservazione in capo all’imprenditore dell’azienda; di talchè, il debitore intenzionato a ad optare per tale forma di continuità, dovrà procedere con una domanda di concordato preventivo tradizionale[11]. 
3 . La valorizzazione della continuità indiretta “semplificata”
Fermo e incontestabile il fatto che il meccanismo connaturato all’istituto in parola sia quello di favorire una cessione traslativa, mirata a liquidare i beni (in forma, auspicabilmente, aggregata), non può non valorizzarsi, in questo contesto, il dato letterale che ci offrono i commi 2 e 3  dell'art. 25 septies, che, dal canto loro, aprono la strada alla possibilità di includere nel piano di liquidazione un'offerta avente ad oggetto il trasferimento dell'azienda o di uno o più dei suoi rami, con esecuzione che può avvenire sia prima che dopo l'omologazione. Questa previsione normativa, se positivamente interpretata, può trasformare il concordato semplificato da una mera procedura di liquidazione dei beni in una piattaforma per la conservazione e il rilancio della continuità aziendale in forme indirette (e solo mediante esse)[12].
In buona sostanza pare a chi scrive che, sebbene in seno alla procedura di concordato semplificato la cessione dell’azienda non sembra essere valorizzata (e neppure è valorizzabile) in ottica continuativa (risultando la cessione, di converso, come sostiene il collegio milanese, funzionale alla maggior soddisfazione dei creditori in linea con la previsione di cui all’articolo 214 CCII) il dato empirico ed esperienziale conduce a risultati meno recisivi. 
Ciò, peraltro, appare totalmente in linea con i requisiti primari della procedura in esame che viene a determinarsi quale anello finale di una catena particolarmente complessa che prende avvio dalla richiesta di accesso al percorso di composizione negoziata della crisi. È nel corso delle trattative che permeano la natura di essa, invero, che molto spesso l’imprenditore tenta di addivenire a soluzioni più cautelative; tentando, in buona sostanza, di sondare il mercato alla ricerca di esiti improntati alla continuità, seppur indiretta, miranti a produrre vantaggi per l’azienda sul piano commerciale, fiscale e sociale. 
Dopotutto, ad eccezione di casi estremi ove la decozione risulta irreversibile, una maggior propensione a proporre piani di continuità indiretta da parte dell’advisory del debitore (propensione che, tuttavia, deve emergere con un certo grado di serietà anche nel corso delle trattative in cui si articola il percorso di composizione negoziata), potrebbe condurre le imprese, pure se non sottodimensionate, a preferire la soluzione concordataria semplificata, evitando costi e lungaggini tipicamente connessi alle procedure “minori” tradizionali. 
È comunque un dato incontestabile, come lucidamente osservato, che la continuità indiretta generalmente intesa e afferente alla maggior parte delle proposte concordatarie depositate ai sensi dell’articolo 84 CCII non può essere paragonata alla continuità indiretta che trova fonte in una proposta di concordato semplificato; in quest’ultimo caso la gestione, temporanea, dell’attività da parte di un terzo è finalizzata ad una cessione unitaria dell’azienda mirante a massimizzarne il valore con primaria tutela dei diritti dei creditori[13].
Esaminando i dati contenuti nella seconda edizione dell’Osservatorio Unioncamere Crisi di Impresa, emerge come l’istituto in parola, particolarmente “ingessato”, opera da fanalino di coda degli strumenti regolatori della crisi. Nel corso del 2024 sono state presentate 85 istanze di concordato semplificato; il numero di addetti medi per impresa è pari a 15 ed il valore della produzione è pari a 4 milioni di Euro. È evidente, quindi, che resta molto limitato il ricorso a esso e che richiedono l’accesso a tale strumento le aziende più sottodimensionate - sia come addetti che come valore della produzione - rispetto a quelle che generalmente ricorrono alla composizione negoziata. Per quanto riguarda il settore merceologico di appartenenza, il 23,8% delle imprese esercita attività manifatturiere, il 19% commercio all’ingrosso e al dettaglio e il 16,7% rientra nel settore delle costruzioni.[14] 
Valorizzare, dunque, sin dalla fase delle trattative, le ipotesi di continuità aziendale indiretta può fungere da potenziamento per l’istituto in commento mirando esso a rivitalizzare un’entità economica destinata, da ultimo, alla cessazione della sua gestione; naturalmente, tramite il supporto di un progetto di piano che ne consenta un effettivo risanamento e che scongiuri ipotesi di abuso strutturate al mero fine di evitare una liquidazione giudiziale[15]. 
Ciò considerato, peraltro, che le modalità attraverso cui può realizzarsi la continuità indiretta appaiono varie: è recente il caso di un’azienda che ha presentato una proposta di concordato semplificato che prevedeva l'acquisto dell'azienda in continuità da parte di una newco costituita da terzi. Il pagamento del prezzo sarebbe avvenuto in parte tramite accollo di debiti (TFR e mutuo ipotecario, previo accordo con l'istituto di credito) e in parte mediante rateazione triennale, con riserva di dominio a favore della società proponente il concordato. Il piano concordatario semplificato è stato ritenuto assimilabile al concordato preventivo in continuità indiretta ex art. 84 CCII (in quanto la newco confidava di generare i flussi per il pagamento delle rate attraverso la gestione dell'azienda) ed è stato omologato[16].
4 . L’auspicabile positiva prognosi ex ante di una soluzione improntata alla continuità indiretta
Come già rappresentato nei paragrafi che precedono, accade infatti sempre più spesso che la valutazione della soluzione della continuità indiretta (l’unica consentita nel concordato semplificato) non venga rimandata dal debitore a una valutazione ex post – che sconterebbe naturali errori e incertezze imprenditoriali e/o professionali – ma venga prioritariamente considerata alla stregua di unica soluzione possibile già nell’ambito delle trattative della composizione negoziata (seppur esse mirino, almeno per tabulas, ad altri risultati)[17]. 
Ed infatti è oramai dato appreso all’esperienza che i creditori, anche se dubbiosi o dissenzienti in ordine al progetto di risanamento, potrebbero comunque trovare (su basi razionali) motivi di collaborazione gestionale a favore della continuità aziendale già nelle more dei colloqui della composizione, perché questa, anche nell’eventualità della cessione di azienda o di rami aziendali in sede di concordato semplificato, comunque produrrà vantaggi comparativi - in quanto dimostrabili - rispetto alla liquidazione giudiziale, sia in termini di soddisfacimento diretto riveniente dai realizzi, sia in termini di utilità economiche connesse con rinnovazioni e continuazioni di rapporti con i cessionari.
Anzi, al maggior soddisfacimento creditorio che implica la gestione indiretta dell’azienda (consentendo di generare flussi utili ad incrementare l’attivo) si accompagna un ulteriore elemento da apprezzare (pure esso già accennato); ci si riferisce alla semplificazione connessa alla procedura di vendita nel concordato semplificato che, a differenza della forte competitività richiesta dal concordato preventivo (con applicazione severa delle regole di cui all’art. 91 CCII) è finalizzata solo a verificare l’esistenza sul mercato di soluzioni migliori[18].
Sulla base di quanto rappresentato, la rigida interpretazione che la recente giurisprudenza di merito ci offre in ordine alle finalità del concordato semplificato (vieppiù nella parte in cui afferma che lo strumento residuale in esame possa contemplare una continuità finalizzata alla immediata cessione dell’attività), risulta, forse, estremamente risolutiva e, si ritiene, scollegata dal dato empirico, dalle esigenze imprenditoriali e dalle esperienze quotidiane che le realtà aziendale e imprenditoriale riserva ai professionisti del settore. 
Di converso, come anticipato, il concordato semplificato appare sempre di più una piattaforma atta a valorizzare (in ottica dismissiva, si intende) una continuità indiretta di impresa; è attraverso cessioni di rami d'azienda e partecipazioni che si possono preservare posti di lavoro, competenze e relazioni con i fornitori, generando benefici per creditori e stakeholders.
Chiaro che, trattandosi pur sempre di un contesto liquidatorio, si dovrà dimostrare che il maggior periodo temporale concesso all’acquirente è funzionale alla massimizzazione del valore di cessione dell’azienda e dunque al maggior soddisfacimento dei creditori ovvero che, comunque, non sussistono alternative per cedere il complesso aziendale al medesimo valore in tempi più contenuti[19].
In questa prospettiva, si ritiene che ragionare secondo un’ottica meramente ed esclusivamente liquidatoria ab origine disincentiva le parti, non consente di preservare il valore del going concern, conducendo da ultimo allo smembramento dell'attività e alla dispersione del know-how.
5 . Conclusioni
Tenuto conto di quanto esposto, è chiaro che la cessione dell'azienda o di rami di essa a un nuovo operatore, da eseguirsi anche non immediatamente (anche se pur sempre in un lasso di tempo non troppo dilatato e debitamente giustificato, come sopra esposto), può consentire il rilancio dell'attività in un contesto aziendale e di mercato più favorevole, generando un maggior soddisfacimento dei creditori rispetto alla liquidazione giudiziale. Inoltre, la continuità indiretta può salvaguardare i posti di lavoro, i rapporti con i fornitori e i clienti, e la produzione di valore aggiunto per l'erario e gli enti previdenziali, contribuendo a preservare il tessuto economico e sociale legato all'impresa in crisi. 
In altri termini, alla sostenuta improcrastinabilità della cessione dei beni (che i collegi  fiorentino e  milanese assegnano quale fine ultimo al concordato semplificato) fa da contraltare, almeno nell’esperienza quotidiana, il robusto incentivo che possiede agli occhi delle parti (non solo per i creditori, ma altresì per gli altri soggetti intrinsecamente coinvolti nelle sorti aziendali) la dimostrabilità, da parte dell’azienda, di possedere convincenti fattori di continuità aziendale, anche indiretta, finalizzati a evitare una deriva liquidatoria. 
Pare necessario, a fronte di quanto sopra e allineandosi al dato esperienziale, un cambio di rotta (anche rispetto all’orientamento ermeneutico più restrittivo) che trasformi il concordato semplificato da una mera procedura di liquidazione in uno strumento di valorizzazione del patrimonio aziendale, capace di generare benefici per tutti gli operatori coinvolti.

Note:

[1] 
Pone enfasi sulle “luci” che denotano il concordato semplificato, R. Bonivento, Opportunità e criticità del concordato semplificato: aspetti operativi, in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 16 febbraio 2024.
[2] 
Seppure l’assenza del voto rischi di rendere il concordato semplificato soggetto al rischio di utilizzi strumentali e potenzialmente distorti da parte del debitore, oltre che di un potenziale squilibrio tra le esigenze del debitore e le aspettative dei creditori; così F. Farneti, Concordato semplificato: uno strumento potenzialmente molto efficace, in Dirittodellacrisi.it, 14 aprile 2025. 
[3] 
In questi termini, A. Maffei Alberti, M. Speranzin, Commentario breve alle leggi su crisi di impresa ed insolvenza, Cedam, 2025, 179.
[4] 
Trai primi saggi sull’istituto, S. Ambrosini, Il concordato semplificato: primi appunti, in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 23 settembre 2021. 
[5] 
Sul punto, G. Bozza, Il concordato semplificato introdotto dal D.L. 118 del 2021, convertito, con modifiche, dalla l. 147 del 2021, in Fallimentiesocietà.it, 6. 
[6] 
Sul punto, S. Pacchi, Il concordato semplificato: un epilogo ragionevole della composizione negoziata, in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 23 ottobre 2023; T. Senni, Il concordato liquidatorio semplificato e le sue insidie: la pronuncia del tribunale di Como del 27 ottobre 2022, in Dirittodellacrisi.it, 5 gennaio 2023, 4 F. Farneti, Concordato semplificato: uno strumento potenzialmente molto efficace, in Dirittodellacrisi.it, op. cit., 2.
[7] 
In tema, per una disamina in ordine alle pronunce di merito che, di converso, ammettono la temporanea prosecuzione diretta dell’attività di impresa anche in ipotesi di concordato semplificato, v. F. Slucca, A. Turchi, Contenuto della proposta di concordato semplificato e del piano di liquidazione: spunti dalla giurisprudenza, in Dirittodellacrisi.it, 10 giugno 2025. 
[8] 
Sulla concezione del concordato semplificato come extrema ratio, Trib. Bergamo, 23 settembre 2022 in Dirittodellacrisi.it. 
[9] 
Sul punto, Corte d’Appello di Firenze, 2 febbraio 2025, in Dirittodellacrisi.it; nel caso sottoposto all’esame della Corte, il piano presentato proponeva di continuare a gestire l’azienda al fine di ottenere flussi di cassa sufficienti per un piano pluriennale di pagamento dei debiti, con l’indicazione di una possibilità solo eventuale per un soggetto terzo di rilevare l’azienda, all’esito di tale periodo. Nella proposta, dunque, le risorse aziendali assumevano un ruolo determinante costituendo buona parte dell’attivo individuato per il pagamento dei creditori, mentre la vendita aziendale era prospettata in termini poco certi; cfr. F. Giommoni, Concordato semplificato e piano di continuità indiretta, in euroconferencenews.it, 28 maggio 2025. 
[10] 
Trib. Milano, 15 aprile 2025 in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it 
[11] 
G. D’Attorre, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, in Il Fall., 2021, 135.
[17] 
P. Bastia, Il concordato semplificato. Il banco di prova delle esperienze, in Osservatorio sulla Crisi di Impresa, op. cit, 7.
[18] 
R. Bonivento, Opportunità e criticità del concordato semplificato: aspetti operativi, in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, cit. 
[19] 
Si badi che, peraltro, gli effetti della vendita, sia essa da eseguirsi ai sensi del comma 2 o del comma 3 dell’art. 25 septies CCII, contemplano la deroga al disposto di cui all’art. 2560, comma 2, c.c.; sul punto, F. Fimmanò, L’azienda nel codice della crisi, in Riv. Not, 1 gennaio 2025, 53. 

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