L’articolo 9 del disegno di legge delega, nell’ambito “degli istituti disciplinati dal codice della crisi e dell’insolvenza (D.Lgs 14/2019 come modificato dal DLgs 83/2022)” delinea “i seguenti principi e criteri direttivi specifici”.
Trattasi di 5 criteri che di seguito vengono analizzati:
1) Il reddito delle imprese, comprese quelle minori (intendendosi per tali quelle così definite dall’art. 2, comma 1, lett. d) CCII) e le grandi imprese che fanno ricorso agli istituti di gestione della crisi di cui al CCII, viene come di seguito individuato:
1.1) per gli istituti liquidatori da cui discende l’estinzione dell’impresa debitrice, il reddito di impresa si determina sulla base del residuo attivo conseguito in un unico periodo di imposta.
Trattasi della previsione oggi contenuta nell’art. 183, comma 2, Tuir sulla base della quale: “…………… il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio e la chiusura del procedimento concorsuale quale che sia la durata di questo ed anche se vi è stato esercizio provvisorio, è costituito dalla differenza tra il residuo attivo e il patrimonio netto dell’impresa o della società all’inizio del procedimento, determinato in base ai valori fiscalmente riconosciuti. Il patrimonio netto dell’impresa o della società all’inizio del procedimento concorsuale è determinato mediante il confronto secondo i valori riconosciuti ai fini delle imposte sui redditi, tra le attività e le passività risultanti dal bilancio di cui al comma 1, redatto e allegato alla dichiarazione iniziale del curatore o dal commissario liquidatore. Il patrimonio netto è considerato nullo se l’ammontare delle passività è pari o superiore a quello delle attività”.
Utile sul tema sarà la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 42/E del 4/10/2004 “Procedure concorsuali-trattamento fiscale del residuo attivo-art. 183 Tuir”, che ha analizzato nello specifico il tema sopra evidenziato.
La previsione in esame (art. 9, comma 1, lett. a) 1.1 del disegno di legge delega) merita qualche riflessione rispetto all’indicazione: “istituti liquidatori da cui discende l’estinzione dell’impresa debitrice”.
Il termine estinzione dell’impresa si auspica venga ben chiarito nei decreti legislativi attuativi posto che possono rilevare istituti liquidatori che non determinano necessariamente “l’estinzione”; si ricorda ad esempio il concordato nella liquidazione giudiziale (art. 240 CCII) che si prefigge la chiusura anticipata della liquidazione attraverso la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti in qualsiasi forma anche attraverso operazioni straordinarie con l’obiettivo, spesso realizzato, della continuazione dell’impresa attraverso la cessione della azienda.
1.2) Per gli istituti di risanamento, per i quali l’estinzione (dell’impresa debitrice) non si verifica, si applica, per determinare il reddito/perdita imponibile, l’ordinaria disciplina del reddito di impresa.
Gli obblighi e gli adempimenti anche di carattere dichiarativo vanno definiti considerando a carico delle procedure liquidatorie anche gli adempimenti riferiti all’esercizio precedente.
La prima parte del principio enunciato conferma l’attuale situazione secondo cui per gli istituti che hanno quale finalità quella del risanamento e del recupero dell’impresa soggiacciono alle ordinarie regole del reddito di impresa di cui al capo VI del Tuir.
Con riferimento alla seconda parte, con particolare riferimento alle procedure liquidatorie, sembra dedursi che il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio dell’esercizio e la dichiarazione di fallimento (liquidazione giudiziale) è determinato in base al bilancio redatto dal curatore o dal commissario liquidatore con ciò confermandosi l’attuale disciplina di cui all’art. 183, comma 1, Tuir.
2) Estendere, ai fini Iva, per gli istituti liquidatori, nonché al concordato preventivo e all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese anche non liquidatorie, il regime di adempimenti previsti dall’art. 74 bis DPR 633/72 (legge Iva) per il fallimento (liquidazione giudiziale).
I decreti attuativi dovranno considerare che il CCII prevede varie “categorie” di concordati preventivi oltre a quello classico e precisamente:
- concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 25 sexies CCII);
- concordato minore (Art. 74 CCII).
Il riferimento sarà da intendersi riferito anche alle tipologie sopraindicate?
3) Estendere, ai fini delle imposte dirette e dell’Iva, a tutti gli istituti disciplinati dal codice della crisi e dell’insolvenza delle disposizioni previste dagli articoli:
· 88comma4 ter Tuir;
· 101comma5 Tuir;
· 26 commi 3 bis, 5, 5 bis e 10 bis D.P.R. 633/1972 (legge Iva);
· Esclusione delle responsabilità ex art. 14 D.Lgs. 478/73 e art. 2560 cc.
Il riferimento “a tutti gli istituti disciplinati dal CCII” prevede quindi che l’indicazione si dovrebbe riferire, ai di seguito indicati istituti:
· composizione negoziata della crisi di cui al titolo II capo I CCII;
· piano attestato di risanamento (art. 56 CCII);
· accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 57 CCII);
· accordi di ristrutturazione agevolata (art. 60 CCII);
· accordi di ristrutturazione a efficacia estesa (art. 61 CCII);
· convenzione di moratoria (art. 62 CCII);
· concordato minore (art. 74 CCII);
· concordato preventivo in continuità aziendale (art. 84 CCII);
· concordato preventivo con liquidazione di patrimonio (art. 84 CCII);
· concordato preventivo misto (art. 84 CCII);
· piano di ristrutturazione soggetto ad omologa (art. 64 bis CCII);
· liquidazione giudiziale (art. 121 CCII e ss.);
· liquidazione controllata (art. 268 CCII e ss.);
· liquidazione coatta amministrativa (art. 293 CCII e ss.);
Passando ad analizzare i riferimenti normativi si ricorda:
- Art. 88, comma 4, Tuir:
la norma prevede che non si considerano sopravvenienze attive:
· la riduzione dei debiti dell’impresa derivanti dall’esecuzione di un concordato fallimentare o preventivo liquidatorio o di procedure estere equivalenti (bonus da esdebitazione senza limiti);
· la riduzione dei debiti dell’impresa derivanti dall’esecuzione di un concordato di risanamento [art. 186 bis R.D. 267/1942 a seguire LF) accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (art. 182 bis LF), piano attestato ai sensi dell’art. 67comma3 lett. d) LF pubblicato nel Registro delle Imprese o di procedure estere equivalenti] per la parte che eccede le perdite pregresse e di periodo senza considerare il limite dell’80% e gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati. La norma di cui al disegno di legge delega supera i riferimenti limitativi che l’art. 88 Tuir fa alle procedure ivi indicate per ricomprendervi tutti gli istituti disciplinati dal CCII.
- Art. 101, comma 5, Tuir:
la norma prevede che le perdite su crediti sono deducibili:
· se risultano da elementi certi e precisi;
· se riferite a crediti di modesta entità e sia decorso il termine di 6 mesi dalla scadenza del pagamento;
· in ogni caso se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali (LF) o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ex art. 182 bis L. fall., o un piano attestato ai sensi dell’art. 67, comma 3, lett. d) L. fall. o è assoggettato a procedure estere equivalenti.
La norma di cui al disegno di legge delega supera i riferimenti limitativi che l’art. 101, comma 5, Tuir fa alle procedure ivi indicate per ricomprendervi tutti gli istituti disciplinati dal CCII.
- Art. 26, commi 3 bis, 5, 5 bis e 10 bis del D.P.R. 633/72 legge Iva;
Le disposizioni della legge Iva richiamate dall’articolo 9 della delega si occupano:
1) del momento – individuato nell’inizio della procedura concorsuale – in cui il creditore può recuperare l’Iva compresa nel credito che si presume legalmente insoddisfatto. Nel concordato preventivo al netto della quota di cui viene assicurato il pagamento (Agenzia delle Entrate, circolante 29 dicembre 2021, n. 20/E);
2) dell’obbligo di emettere una nota di variazione in aumento per assolvere l’imposta compresa negli importi incassati successivamente a tale momento.
L’individuazione delle nuove procedure andrà eseguita anche per il comma 5 dell’art. 26, legge Iva, secondo cui -conformemente all’art. 185, § 2 della direttiva 2006/112/CE- il debitore non deve rettificare la detrazione dell’imposta sulla parte di credito non soddisfatto.
- Esclusione dalle responsabilità previste dall’art. 14 del D.Lgs 472/1997 e dall’art. 2560 cc.
Trattasi rispettivamente della esclusione da responsabilità del cessionario nella cessione di azienda e della esclusione da responsabilità per i debiti relativi all’azienda ceduta, favorendo di conseguenza l’operatività per gli istituti disciplinati dal CCII.
4) Introdurre disposizioni che disciplinano gli effetti derivanti dall’accesso delle imprese a uno dei predetti istituti relativamente:
n. 1: al rimborso e alla cessione dei crediti di imposta maturati nel corso delle procedure, prevedendo per le procedure liquidatorie che tali operazioni siano possibili anche prima della loro chiusura, previo accertamento dei crediti da parte del fisco;
n. 2: alla notifica degli atti impositivi prevedendo l’obbligo nei riguardi degli organi giudiziali e dell’impresa debitrice e attribuendo nelle procedure liquidatorie la legittimazione processuale degli organi giudiziali ferma restando, in ogni caso, quella dell’impresa debitrice.
5) Estendere la disciplina della transazione fiscale a tutti gli istituti regolati dal CCII (e in precedenza indicati) con introduzione dell’autorizzazione del tribunale anche per la composizione negoziata della crisi nonché l’applicazione a tutti i tributi inclusi quelli locali, con indicazione degli effetti conseguenti alla presentazione della proposta di transazione con estensione dell’ambito di applicazione dell’omologa forzosa.