Commento
Il controllo sulla fattibilità del concordato con continuità aziendale nel CCII: una prima applicazione dello standard europeo*
Niccolò Usai, Assegnista di ricerca in Diritto commerciale nell’Università di Firenze
9 Aprile 2024
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Visualizza: Trib. Trieste, 15 settembre 2023, Pres. Picciotto, Est. Venier
Sommario:
2 . La pronuncia del Tribunale di Trieste e il mutato contesto normativo
3 . La pronuncia delle Sezioni Unite del 2013 e la manifesta inattitudine del piano
4 . Il controllo di fattibilità nella Direttiva (UE) 2019/1023 e nel Codice della crisi
5 . Il mutamento del controllo di fattibilità: tra il precedente regime e il CCII
6 . La legittimazione a intervenire nel procedimento di omologazione
A parte l’utilizzo di un’espressione linguistica differente[11], è possibile cogliere l’essenza della differenza tra la verifica attuata attraverso la lente della “manifesta inattitudine” nel previgente assetto e la verifica oggi richiesta proprio grazie alla pronuncia in commento[12].
Il Tribunale di Trieste osserva, in relazione alle sue prerogative in sede di omologazione in ordine al vaglio di fattibilità del piano approvato dai creditori, che “oggetto d’esame non è l’accertamento dell’idoneità del piano a regolare la crisi, ma la non implausibilità dello stesso a consentire il risanamento dell’impresa”, facendo pieno affidamento, al fine accertare che il piano non sia privo di ragionevoli prospettive di risanamento, sulle relazioni sia del professionista indipendente, sia del commissario giudiziale, la cui attività di verifica aveva dato esito positivo[13].
In quest’ottica, ed è questa la cifra caratterizzante rispetto al precedente assetto - il tribunale, da una parte, si è astenuto dal richiedere la dimostrazione della realizzabilità del piano e, dall’altra parte, ha compiuto una verifica “negativa” avente ad oggetto la (non) assenza di ragionevoli prospettive di risanamento, per il tramite di un vaglio della completezza e coerenza di quanto attestato dai professionisti sopra richiamati: l’esito positivo di tale verifica ha consentito di ritenere che il piano proposto dal debitore non era “prima facie inadeguato, non evidentemente inadatto a raggiungere gli obiettivi prefissati”[14].
Il Tribunale di Trieste ha altresì verificato - inter alia e come richiesto nella parte finale dell’art. 112, comma 1, lett. f), CCII - che i nuovi finanziamenti fossero (i) “necessari per l’attuazione del piano” e che (ii) non pregiudicassero “ingiustamente gli interessi dei creditori”, richiamando le condizioni e la finalità di tali finanziamenti evidenziate nel piano. La tipologia di attività svolta dalla società debitrice, che per sua natura richiede la concessione di ingenti finanziamenti sotto forma di garanzie, nonché la constatazione che i finanziamenti in questione erano funzionali al mantenimento della continuità aziendale e, comunque, in linea con gli obiettivi di risanamento della debitrice, ha indotto il tribunale a ritenere superata con esito positivo anche tale ulteriore verifica[15].
Di minor pregio appare, invece, il successivo e ulteriore richiamo da parte della pronuncia in commento all’art. 112, comma 1, lett. g), CCII. Tale disposizione richiede infatti che il tribunale - “in ogni altro caso” rispetto a quanto previsto alla precedente lett. f) dello stesso articolo con riferimento al concordato con continuità aziendale - verifichi la “non manifesta inattitudine” del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati. Il Tribunale di Trieste sembrerebbe infatti aggiungere alla verifica prevista per il concordato con continuità aziendale dall’art. 112, comma 1, lettera f, CCII (della quale ora si è detto) anche un’ulteriore verifica di fattibilità, che la legge espressamente prevede per tutti gli altri casi, cioè per i casi diversi dal concordato con continuità aziendale.
L’ambito di tale ulteriore verifica, del tutto ultronea ed espressamente inapplicabile al caso di specie, è tuttavia circoscritto dallo stesso tribunale, laddove afferma che la verifica in questione deve essere condotta “similmente a quanto previsto con riferimento al requisito di cui alla lettera f) dello stesso articolo 112”.
In quest’ottica, il tribunale è chiamato a valutare la completezza e la coerenza delle relazioni di tali professionisti al fine di verificare che, nell’accettare il rischio, i creditori abbiano ricevuto una corretta informazione e che, pur in presenza di rischi anche elevati di esecuzione, il piano non sia privo di una ragionevole prospettiva di portare al risanamento dell’impresa, essendo da evitare, in un’ottica di sistema, solo l’omologazione di piani che già ex ante appaiano del tutto privi di qualsiasi possibilità di successo.
Note: