Saggio
La disciplina sostanziale delle azioni di responsabilità nella liquidazione giudiziale: tra adeguatezza degli assetti, monitoraggio della continuità e gestione tempestiva della crisi*
Francesco Macario, Ordinario di diritto privato dell’Università Roma Tre
26 Maggio 2025
Il contributo costituisce la rielaborazione della relazione tenuta al convegno, organizzato dalla Rivista e svoltosi a Mantova, nei giorni 4 e 5 ottobre 2024, sul tema “La crisi delle società e dei gruppi dopo il decreto correttivo”.
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Sommario:
2 . I nuovi scenari normativi: regole e principi giuridici nella prospettiva economico-aziendale
3 . La specificazione degli obblighi gestori all’insegna della continuità aziendale:
a . assicurare assetti organizzativi adeguati alle caratteristiche dell’impresa
b . monitorare e rilevare tempestivamente la crisi
c . adottare tempestivamente gli strumenti di regolazione della crisi
4 . Diligenza e discrezionalità degli amministratori secondo la business judgment rule
a . legittimazione attiva e natura dell’azione
Posta la diversità e la separazione dei due ambiti, se non altro nella tradizione degli studi civilistici, un primo interrogativo attiene allo stessa cornice normativa attuale del dissesto dell’impresa, se esso non sia rivelatore di una sorta di nuovo - si direbbe, inedito e, per certi versi, difficilmente prevedibile, prima che fosse avviata la riforma - crocevia tra la responsabilità patrimoniale (legata e conseguente all’insolvenza e, più in generale, al dissesto dell’impresa) e la responsabilità civile (intesa in senso lato, ossia per danni derivanti tanto dall’inadempimento, quanto dall’illecito extracontrattuale).
La prima attiene ai nuovi doveri, obblighi e alle conseguenti responsabilità a carico in primo luogo dei gestori dell’impresa, ma anche di chi deve vigilare sull’attività gestoria - oggetto specifico di altra relazione, immediatamente successiva, affidata a Bruno Inzitari -, da ricostruire secondo i nuovi principi e le altrettanto innovative norme specifiche. La seconda tematica, che non verrà trattata in questa sede, si riferisce a una delle più rilevanti novità della riforma, ossia l’introduzione delle norme sulla composizione negoziata della crisi, ove, com’è noto, il legislatore ha disciplinato, in modo particolarmente analitico, anche nell’individuazione di diritti e obblighi delle parti coinvolte, un percorso negoziale, caratterizzato da una trattativa funzionale alla gestione della situazione di crisi, nella prospettiva (auspicata) del suo superamento.
Gli sviluppi successivi non potranno che estendersi alla materia, non meno delicata e complessa, del danno risarcibile lamentato dai creditori e a carico dei soggetti imputabili della violazione degli obblighi relativi all’attività, tanto di gestione (che include, evidentemente, l’organizzazione degli assetti societari adeguati, ma anche ora la corretta e, dunque, razionale utilizzazione degli strumenti negoziali per la gestione della crisi, a cominciare dalla trattativa regolamentata in vista della composizione negoziata, cui si faceva cenno), quanto di controllo, a seguito della crisi e dell’assoggettamento della società alle procedure per la sua gestione[12].
Nel nuovo sistema della responsabilità degli organi sociali, a cominciare da chi ha compiti gestori evidentemente, è prevedibile un significativo incremento del contenzioso relativo alle azioni di responsabilità (contro amministratori e sindaci, in primo luogo), in cui il giudice potrà – verosimilmente, dovrà, attrezzandosi in modo adeguato anche sul piano tecnico-valutativo – rendere effettivo il duplice nesso, che diventa sempre più stretto con l’evolversi del diritto della crisi e delle procedure per la sua gestione, tra: (a) la disciplina dei rapporti societari (con particolare riferimento a compiti, obblighi e responsabilità degli organi) e quella della crisi d’impresa e, per altro verso, (b) principi, regole e prassi di corretta gestione, in chiave economico-aziendale (anche alla luce della logica della discrezionalità alla stregua della business judgment rule: infra, n. 4) e norme giuridiche (vecchie e nuove), sempre più spesso formulate come clausole generali, implicanti perciò l’esigenza della loro concretizzazione in base alle circostanze del caso e alla luce di principi e regole delle scienze economico-aziendali[13].
La prospettiva giuridica, peraltro, impone di considerare le particolari difficoltà connesse alla ricostruzione e dimostrazione di un adeguato nesso causale tra il danno lamentato e l’illecito imputabile (anche in forma omissiva, s’intende), che dovrebbe far capo alla (lamentata) inadeguatezza dell’assetto organizzativo, ma anche – si direbbe, soprattutto - al mancato o colpevolmente infruttuoso ricorso a uno degli strumenti per la regolazione della crisi, dovendosi altresì presumere che l’assetto ritenuto - in linea di pura ipotesi, s’intende - adeguato, così come la corretta adozione e utilizzazione dello strumento avrebbe potuto evitare il danno specificamente reclamato (almeno, in situazioni di normalità, ossia in assenza di scenari eccezionali, che determinano la sostanziale ingestibilità della situazione)[14].
La complicazione sembra acuirsi, se si considera che il danno costituisce, assai spesso, l’esito finale di una serie di violazioni di obblighi desumibili dalla normativa e dal sistema nel suo complesso, sicché non può derivare soltanto, evidentemente, dall’inadempimento all’obbligo di predisporre l’assetto organizzativo adeguato, posto che vi sono gli obblighi di monitoraggio, così come di salvaguardia della continuità anche e soprattutto attraverso il ricorso tempestivo alle procedure idonee, gli “strumenti” disciplinati dal codice, in relazione alla specificità delle circostanze[15].
In questo senso, se i tratti generali della nuova cornice normativa sono stati ben tracciati dal legislatore, la definizione più analitica delle fattispecie lesive e degli effetti delle condotte in violazione degli obblighi rappresenta una storia ancora da scrivere ed è persino scontato considerare che un ruolo fondamentale lo svolgerà la giurisprudenza, impegnata nel trovare i punti di equilibrio tra le nuove norme (particolarmente impegnative per l’imprenditore, ma anche i diversi soggetti che concretamente operando nel contesto della crisi d’impresa) e le scelte gestorie, inevitabilmente connotate dalla discrezionalità (v. infra).
La sensazione che sia in atto una sorta di ricomposizione dell’intero sistema relativo al diritto dell’impresa sembra confermata dal collegamento ideale della norma in esame, innanzitutto con l’art. 3 CCII, ma anche con l’art. 12 CCII, che richiama “l’assetto organizzativo adeguato” in ambito di “procedure di allerta”, senza trascurare le diverse disposizioni del diritto societario (ad esempio, artt. 2086, 2257, 2475, 2380 bis, 2477, 2486 c.c., in aggiunta al riferimento centrale dell’art. 2381 c.c.)[28]. Si comprende come l’attenzione alla conservazione della “continuità aziendale” e, pertanto, il monitoraggio costante, affidato in primo luogo agli assetti organizzativi adeguati – da ritenersi tali, se consentono in termini effettivi il monitoraggio -, debbano connotare la vita del soggetto economico collettivo (ossia operante in forma societaria) in ogni momento, proprio per la funzione di prevenzione affidata alla nuova disposizione normativa.
Va da sé che l’obbligo, gravante sull’imprenditore in termini generali, comporta il sorgere di doveri di nuovo conio per tutti gli organi della società – amministratori, sindaci e soci, ciascun organo con i suoi propri compiti e prerogative -, non tipizzabili ex ante, in quanto desumibili (anche e soprattutto) dalla specificità del contesto e con la precisazione che, rispetto ai soci, al diritto di controllo (previsto dalle diverse disposizioni, a seconda della tipologia societaria) si aggiungono i doveri (non tipizzabili, s’è detto, ma desumibili dal contesto) derivanti dalla generale anteposizione - quale carattere, se si preferisce una sorta di principio, del nuovo assetto sistematico - della tutela dei diritti dei creditori agli interessi degli stessi soci. La conseguenza è che costoro, sempre ragionando in termini generali, non potranno ostacolare le decisioni dell’organo gestorio intese a tutelare i creditori, senza incorrere in una condotta illecita (astrattamente suscettibile di valutazione in termini di effetti pregiudizievoli e dunque di tutela risarcitoria).
In questo senso, tuttavia, si spiega anche la competenza esclusiva dell’organo amministrativo a decidere, con quanto ne consegue in termini di potere e responsabilità per le conseguenze delle decisioni, sulle diverse opzioni organizzative e gestionali, sino alla “adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e della perdita della continuità aziendale” (art. 2086, comma 2, c.c.).
Una decisione, quella dell’organo gestorio, che in linea di principio potrebbe risultare in conflitto con gli interessi dei soci (come espressi dalla volontà della maggioranza), fermo, da un lato, il principio della necessaria informazione da rendere a questi ultimi, dall’altro lato il diritto degli stessi soci di opporsi (come soggetti “interessati”) all’omologazione dell’accordo di ristrutturazione o del concordato preventivo, facendo valere ragioni rilevanti, tuttavia, soltanto sul piano della valutazione in termini di legittimità (e non di opportunità, ossia nel merito delle scelte gestionali).
La modifica dell’impostazione sul piano sistematico appare pertanto radicale, rispetto al passato, in quanto i (nuovi) doveri gravanti sugli amministratori non vedrebbero i soli soci quali ‘controparti’ del rapporto obbligatorio – al di là della relazione con i diritti e gli obblighi originati dal mandato, che comunque lega l’amministratore alla società e caratterizza il relativo rapporto -, ma tutti i (diversi e variegati) soggetti, i cui interessi possono essere pregiudicati dalla crisi, secondo il principio generale di cui è espressione l’art. 3 CCII[29].
È indubbio che, dal punto di vista dei contenuti degli obblighi aventi a oggetto gli assetti organizzativi e la loro adeguatezza, la formulazione normativa generale debba trovare riscontro concreto in specifiche regole di condotta, che consentano di valutare l’idoneità delle scelte e le conseguenze delle stesse (così come delle omissioni colpevoli), rispetto ai criteri generali enunciati, ma anche agli obiettivi del legislatore, rappresentati in primo luogo, s’è detto più volte, dalla tutela dei diritti dei creditori. La formula normativa, inevitabilmente generale, non potrà, pertanto, non essere applicata con riferimento alle regole e alle prassi della corretta gestione amministrativa e contabile, nel contesto dell’attività economica in questione e, dunque, in primo luogo alla luce delle condizioni contingenti in cui la stessa attività si svolge.
La questione al centro del nuovo sistema attiene, come del resto tutti gli studiosi hanno rilevato sin dall’inizio, al rapporto tra gli obblighi degli amministratori (ma non solo loro, evidentemente, all’interno della compagine societaria) e la discrezionalità delle scelte, rilevando i criteri gestionali ispirati al noto principio che fa capo all’espressione anglosassone business judgment rule. Un principio, quest’ultimo, che non potrà mai essere cancellato (essendo connaturale alla gestione di un’attività economica e, dunque, non può essere condizionato dalla nuova normativa), ma che, allo stesso tempo, non può non avere un limite, si direbbe intrinseco alla stessa discrezionalità che esso esprime[30]. Il limite va così individuato, in termini generali, nell’irrazionalità delle scelte, rispetto alla situazione in cui si svolge in concreto l’attività d’impresa, ma che oggi opera anche nella prospettiva della tutela, in via preventiva secondo la ratio della riforma, dei diritti dei creditori[31]. Sul punto occorre ritornare, trattandosi di un punto nodale nell’esame della responsabilità dei gestori dell’impresa (infra, n. 4).
La discrezionalità tecnica degli amministratori non è dunque soppressa, né potrebbe mai esserlo invero, attesa la sua - ontologica, si direbbe tentati di dire - appartenenza ai compiti e, in generale, alla funzione gestoria[32], ma tanto la predisposizione, quanto la verifica, ossia il monitoraggio (non in se stesso considerato, bensì) funzionale all’attivazione – ove la situazione aziendale lo esiga, s’intende - delle misure idonee a contenere e comunque gestire la crisi, si realizzano in un contesto di discrezionalità gestoria orientata e caratterizzata dal principio, più volte ricordato, della massima tutela dei creditori. Lo scenario, quindi, si presenta ben più complesso e articolato, rispetto ai vecchi (sempre validi, peraltro) divieti di porre in essere nuove operazioni, in funzione di una gestione – come si diceva – di natura conservativa).
Le decisioni e gli atti posti in essere dagli amministratori, dal contenuto normativamente non predeterminato, dovranno pertanto rispondere alle finalità che, invece, vengono individuate dal legislatore con estrema chiarezza. Tali finalità, esprimendo principi dell’ordinamento (nella materia in esame) e criteri generali che devono guidare le scelte operative, costituiranno il parametro o, se si preferisce, il filtro per valutare anche le condotte degli amministratori predeterminate dal legislatore, in presenza di determinati presupposti (ossia gli obblighi in qualche modo tipizzati, nel tessuto del diritto societario contenuto nel codice civile innanzitutto, senza considerare tuttavia le nuove tendenze evolutive del sistema).
Delicate questioni potranno porsi, nel contenzioso che alla luce dei nuovi obblighi sorgerà, tanto all’interno dei rapporti tra organi societari – in primo luogo, alla luce del mandato che lega gli amministratori alla società -, quanto all’esterno, ossia per il pregiudizio sofferto dai creditori, in relazione all’onere probatorio, che vede a carico dell’attore la dimostrazione dell’irrazionalità delle scelte e della condotta gestionale, oltre che del danno, quale conseguenza immediata e diretta della gestione, che si assume in violazione degli obblighi, tanto di predisposizione e monitoraggio degli assetti organizzativi, quanto di attivazione tempestiva delle procedure di gestione della crisi.
Sempre sul piano probatorio, all’amministratore, quale preteso danneggiante, spetterà invece dimostrare la rispondenza della sua condotta alle regole e alle prassi di corretta e oculata gestione – avvalendosi anche dei modelli delle scienze aziendalistiche, non di rado ordinati e resi concretamente fruibili nelle elaborazioni di regole e principi da parte delle associazioni professionali ovvero nei codici di autodisciplina -, ma soprattutto dovrà essere provato il rispetto del principio di tutela (prioritaria) degli interessi e dei diritti dei creditori, con riferimento alle situazioni specifiche e dunque ai contesti in cui la condotta gestoria è stata posta in essere.
Se entrambe le prove appaiono prima facie complesse, è la prova ‘liberatoria’ a carico dell’amministratore, che sembra tutt’altro che agevole, in quanto lo stesso esito infausto dell’attività d’impresa, agevolando in un certo senso la dimostrazione a carico dell’attore dell’irrazionalità delle scelte gestorie (così come delle colpevoli omissioni) nel contesto dato, nonché del nesso causale tra la (pretesa) violazione e il pregiudizio economico, complicherà, all’opposto, la difesa dell’organo gestorio, il quale dovrebbe probabilmente ricorrere alla dimostrazione di circostanze imprevedibili e in nessun modo gestibili, secondo le tecniche e le prassi della diligente e corretta amministrazione, tali da vanificare gli assetti organizzativi, ancorché in astratto adeguati alla natura e alle dimensioni dell’attività[33].
L’intreccio che inevitabilmente viene a crearsi tra gli obblighi relativi alla predisposizione degli assetti adeguati e quelli, successivi ed eventuali, relativi al ricorso alle procedure per la gestione tempestiva della crisi ovvero della situazione di difficoltà, non può che complicare le valutazioni da compiere in sede contenziosa, rispetto alle quali occorrerà attendere con pazienza che si sedimentino gli orientamenti giurisprudenziali, in termini di diritto vivente dell’innovato sistema normativo.
Note: