L’articolo 19 del decreto legislativo modifica radicalmente la disciplina del concordato preventivo, al fine di armonizzarla con le disposizioni degli articoli 9, 10 e 11 della direttiva.
L'articolo 84 del codice viene integralmente sostituito, nella rubrica (ora “Finalità del concordato preventivo e tipologie di piano”) e nel contenuto.
Come esplicato nella Relazione illustrativa, la norma modificata contiene al suo interno, innanzitutto, la descrizione della funzione del concordato preventivo, come “concordato che realizzi, sulla base di un piano avente il contenuto di cui all’articolo 87, il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale mediante la continuità aziendale, la liquidazione del patrimonio, l’attribuzione delle attività ad un assuntore o in qualsiasi altra forma”.
Vengono poi descritte le diverse forme di concordato utilizzabili partendo dal concordato in continuità aziendale (comma 2).
In particolare, sono analiticamente indicate le condizioni di soddisfazione dei creditori nel concordato in continuità, con eliminazione, ai fini qualificatori del tipo di concordato, del criterio della prevalenza quantitativa contenuto nell’attuale disciplina (comma 3).
Il comma 5, infine, riprende la disposizione vigente dell’art. 160, secondo comma, l.fall, sulla possibilità di pagamento non integrale dei creditori privilegiati e sul declassamento al chirografo della parte incapiente ed il comma 6 recepisce, per il concordato in continuità aziendale, la regola della priorità relativa sulla parte di valore del patrimonio generata dalla prosecuzione dell’attività con la quale è stato attuato l’articolo 11, paragrafo 1, lettera c) della direttiva.
La Relazione illustrativa precisa che “la regola di distribuzione contenuta nel comma 6 dell’articolo 84 detta due principi distinti da osservare nella ripartizione dell’attivo concordatario e che dipendono dalla natura delle risorse distribuite. Essa prevede, in particolare, che il valore di liquidazione dell’impresa sia distribuito nel pieno rispetto delle cause legittime di prelazione e cioè secondo la regola della priorità assoluta (che impedisce la soddisfazione del creditore di rango inferiore se non vi è stata la piena soddisfazione del credito di grado superiore) mentre il valore ricavato dalla prosecuzione dell’impresa, il c.d. plusvalore da continuità, può essere distribuito osservando il criterio della priorità relativa (secondo il quale è sufficiente che i crediti di una classe siano pagati in ugual misura rispetto alle classi di pari grado e in misura maggiore rispetto alla classe di rango inferiore)”.
Chiarisce infine la Relazione che “Nel recepire la regola della priorità relativa (c.d. RPR) non ci si è avvalsi della deroga consentita dal paragrafo 2 dell’articolo 11 della direttiva”.
Il testo dei nuovi commi richiamati dispone pertanto che “5. I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, possono essere soddisfatti anche non integralmente, purché in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione dei beni o dei diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, al netto del presumibile ammontare delle spese di procedura inerenti al bene o diritto e della quota parte delle spese generali, attestato da professionista indipendente. La quota residua del credito è trattata come credito chirografario”. e che “6. Nel concordato in continuità aziendale il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione; per il valore eccedente quello di liquidazione è sufficiente che i crediti inseriti in una classe ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore”.
Il nuovo settimo comma detta quindi disposizioni a tutela dei lavoratori in attuazione dell’articolo 13 della direttiva e della più generale “clausola di non regresso”, di matrice comunitaria, secondo la quale ogni intervento normativo che incide sui diritti dei lavoratori non può determinare una riduzione delle garanzie e dei diritti già garantiti dal singolo ordinamento nazionale.
Pertanto, residua una isola di applicazione obbligatoria della regola della priorità assoluta, per cui ai crediti da lavoro subordinato privilegiati ai sensi dell’art. 2751-bis c.c. si applica la regola della priorità assoluta, sia sul valore di liquidazione, sia sul valore di continuità e fa salvi le prestazioni pensionistiche garantite dall’articolo 2116 del codice civile, in attuazione dell’articolo 1, paragrafo 6 della direttiva.
Va inoltre rilevato che il nuovo art. 85, terzo comma, del Codice della Crisi prevede che, nel concordato in continuità aziendale la suddivisione in classi è “in ogni caso obbligatoria” e, in particolare, dispone l’obbligatoria suddivisione in classi autonome dei creditori privilegiati quando il loro pagamento sia previsto oltre i termini indicati dal (nuovo) articolo 109, comma 5, del CCII, ipotesi in cui essi sono considerati sempre parti interessate, anche per la parte privilegiata.
Dispone la norma da ultimo richiamata che “I creditori muniti di diritto di prelazione non votano se soddisfatti in denaro, integralmente, entro centottanta giorni dall’omologazione, e purché la garanzia reale che assiste il credito ipotecario o pignoratizio resti ferma fino alla liquidazione, funzionale al loro pagamento, dei beni e diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. Nel caso di crediti assistiti dal privilegio di cui all’articolo 2751-bis, n. 1, del codice civile, il termine di cui al quarto periodo è di trenta giorni. Se non ricorrono le condizioni di cui al primo e secondo periodo, i creditori muniti di diritto di prelazione votano e, per la parte incapiente, sono inseriti in una classe distinta”.
Si legge nella Relazione illustrativa che “La qualificazione dei creditori muniti di diritto di prelazione non integralmente soddisfatti quali parti interessate dal piano, con conseguente diritto di voto, rappresenta una regola innovativa per il nostro ordinamento, nel quale il creditore privilegiato non vota se non per la parte incapiente degradata al chirografo o alle condizioni previste in caso di moratoria dall’attuale articolo 86” e che la previsione è stata “introdotta in quanto strettamente funzionale alla piena attuazione delle regole della ristrutturazione trasversale previste nell’articolo 11 della direttiva ed in particolare della definizione di “parti interessate” di cui all’articolo 2, paragrafo 1 n. 2, e di quanto disposto dall’articolo 11, paragrafo 1, lettera a)”.
La scelta del legislatore delegato, si osserva nella Relazione, è ispirata dalla considerazione che “il considerare sempre i creditori privilegiati quali parti interessate aventi diritto di voto imporrebbe, nel concordato in continuità, in cui la formazione delle classi è obbligatoria, la predisposizione di classi distinte per ciascun grado di privilegio. Ciò significa che, considerato l’ingente numero delle cause legittime di prelazione esistenti nell’ordinamento nazionale, le proposte di concordato in continuità diverrebbero ancor più complesse da predisporre (per il debitore, o per i creditori ed i soci in caso di proposte concorrenti) e da verificare (per il commissario giudiziale e per il tribunale), rendendo la procedura più lunga e farraginosa. La disposizione in esame dunque propone una soluzione di compromesso che da un lato fa salvo il sistema attuale e, dall’altro, persegue gli obiettivi di agevolazione della ristrutturazione che ispirano e permeano di sé la direttiva”.
Infine, l’ultimo comma dell’articolo 85 riproduce il disposto dell’attuale comma 6 dello stesso articolo, per cui “il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione”, ma facendo salve le disposizioni dell’articolo 84 sulla regola di distribuzione della priorità relativa, che dunque viene – con rilevanza sistematica – qualificata esplicitamente come eccezione, nell’ambito del concordato in continuità aziendale, al principio di cui all’art. 2741 c.c.
Risolta così, con nitida chiarezza, la questione della distribuzione del plusvalore della continuità, ci si dovrà ancora chiedere se la “finanza esterna” c.d. pura, nella accezione di “apporto neutrale del terzo”, come delimitata dalla S.C. nelle pronunce ora richiamate, possa ritenersi di libera distribuzione (come parrebbe, a contrario, a prima lettura) ovvero se tali valori debbano comunque essere computati al fine di verificare il rispetto (complessivo) della regola di priorità relativa.