Venendo, dopo queste premesse, al tema della cessione dell’azienda, anche per l’ausiliario è opportuno tenere distinte le due fattispecie della vendita dell’azienda o di un ramo di essa in mancanza di una offerta predeterminata o in presenza di offerta da parte di un soggetto individuato contenuta nel piano di liquidazione.
Nel primo caso, determinante è il richiamo dell’art. 94, il quale (dopo le previsioni cui si è fatto cenno) termina con una speciale disciplina dettata proprio per la vendita, oltre che per l’affitto, di aziende, rami della stessa o singoli beni, richiedendo il comma 5, che tali atti siano effettuati tramite procedure competitive, previa stima ed adeguata pubblicità. Di modo che, in mancanza del richiamo dell’art. 216 con l’intero complesso normativo sulla pubblicità sul portale delle vendite e sulle vendite telematiche[28], sono comunque richieste una stima per determinare il valore del complesso da liquidare e una adeguata pubblicità- che, nella genericità della formula che non ne specifica quale sia il contenuto, va adattata al caso concreto- nonché il rispetto del principio di competitività, che implica una gara seppur informale tra più offerenti; ne deriva che il tribunale, nel rilasciare l’autorizzazione, può imporre delle linee da seguire in tema di pubblicità e competitività allo scopo di ottenere che la vendita risponda alla migliore soluzione che il mercato possa offrire nell’ottica di funzionalizzare l’atto al miglior soddisfacimento dei creditori.
I principi di pubblicità e di competitività, tuttavia, vengono meno qualora ricorra l’urgenza in quanto, in tal caso, il comma 6 dell’art. 94 prevede che il tribunale, sentito il commissario giudiziale (nel concordato semplificato l’ausiliario) può autorizzare gli atti di cui al comma precedente (vendita e affitto azienda, ecc.) “senza far luogo a pubblicità e alle procedure competitive quando può essere compromesso irreparabilmente l’interesse dei creditori al miglior soddisfacimento”.
Pur nella fumosità delle espressioni utilizzate, è da ritenere che la norma voglia dire che quando l’attuazione della pubblicità e di procedure competitive può danneggiare i creditori perché nel frattempo la vendita del complesso aziendale potrebbe non essere più realizzabile, da cui l’urgenza a provvedere prima che un tale evento si verifichi, il tribunale “può autorizzare gli atti previsti al comma 5 senza far luogo a pubblicità e alle procedure competitive”. E tutto questo per venire incontro al non meglio precisato interesse dei creditori al loro miglior soddisfacimento rispetto evidentemente alla non vendita immediata e non certo all’interesse di salvaguardare l’unità del complesso aziendale, sia perché una valutazione del genere non è contemplata, sia perché gli atti previsti dal comma 5 non sono soltanto quelli della vendita dell’affitto di azienda o ramo della stessa, ma anche della vendita di “specifici beni”.
Inoltre il legislatore, dopo aver previsto che in caso di urgenza può procedere all’autorizzazione per la vendita dell’azienda senza far luogo alla adeguata pubblicità prevista dal comma 5, continua imponendo che del provvedimento del giudice e del compimento dell’atto “deve comunque essere data adeguata pubblicità e comunicazione ai creditori”, di modo che si elimina l’adeguata pubblicità della proposta di vendita, che avrebbe potuto stimolare altri interessati, e si procede alla adeguata pubblicità del provvedimento già preso, che taglia fuori la possibilità di altri concorrenti di partecipare. Avrebbe un senso questa forma di pubblicità ulteriore rispetto a quella della iscrizione del contratto di cessione nel Registro delle Imprese (prevista dalla norma generale di cui all’art. 2556 c.c.) ove fosse consentito un intervento sollecitativo dei creditori interessati verso il tribunale per i provvedimenti di cui all’art. 217, ma tale norma è, come visto, richiamata, attraverso il rimando all’art. 114 per la fase esecutiva del concordato, ma non per le vendite effettuate in corso di procedura.
Orbene è abbastanza evidente che nel concordato semplificato, ove, per la mancanza della votazione, la fase fino alla omologa è, o dovrebbe essere, molto più breve di quella del concordato ordinario[29], la cessione anticipata dell’azienda prima della omologa, qualora non sia presente una offerta precostituita, è ipotesi abbastanza rara e può essere giustificata proprio dall’urgenza di non poter attendere che venga nominato un liquidatore, come ad esempio, nel caso di una offerta sopravvenuta che contenga termini ristretti per l’accettazione e non siano prospettabili soluzioni ponte, quale il ricorso all’affitto; pertanto la vendita di azienda o di ramo della stessa nella fase ante omologa, in mancanza di offerta preconfezionata, è verosimilmente, ma sarebbe più appropriato dire ineluttabilmente, destinata ad essere assoggettata alla previsione del comma sesto dell’art. 94 in quanto sempre correlata ad una situazione di urgenza, altrimenti si attende l’omologa per dare esecuzione al concordato.
Ad ogni modo, quando tale situazione si verifica, e interviene l’autorizzazione del tribunale, è chiaro che la vendita viene effettuata dal debitore in concordato, che ha la disponibilità dei beni aziendali, seppur sotto la vigilanza dell’ausiliario, senza far luogo a pubblicità (non solo quella di cui all’art. 216, ma neanche quella che potrebbe disporre il tribunale in una circostanza di non urgenza), né a procedure competitive (manca quindi una gara seppur informale); di tal che ove il debitore proponga di procedere alla cessione (di accettare l’offerta sopravvenuta dell’esempio di cui in precedenza), l’autorizzazione del tribunale è sostanzialmente basata sul parere dell’ausiliario che, a norma del comma sesto dell’art. 94, deve essere sentito, in una situazione parallela a quella che può verificarsi in un concordato ordinario nella fase pre omologa in presenza della stessa urgenza, ove ad essere sentito è il commissario giudiziale.
Da qui il problema solito: quali norme sulla circolazione dell’azienda si applicano alla specie?
In questo caso viene in soccorso l’art. 118, applicabile, come già ricordato, alla fase pre omologa del concordato semplificato per il richiamo contenuto nell’art. 25 sexies, comma 8. Il comma ottavo dell’art. 118 dispone che “In deroga all'articolo 2560 del codice civile, l'acquirente o cessionario dell'azienda non risponde dei debiti pregressi, salvo diversa previsione del piano di concordato”, di modo che il cessionario, per default, non diventa condebitore solidale dei debiti inerenti l’esercizio dell’azienda ceduta, ma soltanto di quelli risultanti dai libri contabili obbligatori, a differenza di quanto previsto dall’art. 214, comma 3, CCII di cui si è detto. Questo comma, unitamente al settimo (che tratta della cancellazione delle formalità iscritte e della delega al notaio a rogare l'atto di trasferimento[30]), al primo (che attribuisce all’ausiliario la sorveglianza sull’adempimento) e al secondo (che attiene alle modalità per soddisfare i creditori contestati, condizionali o irreperibili) sono le uniche disposizioni dell’intera norma compatibili con il concordato semplificato, ove manca la possibilità di proposte concorrenti e i tempi sono tali da impedire che il potere di sorveglianza dell’ausiliario si trasformi in un potere gestorio sostitutivo.
Se si attribuisce, come detto in precedenza, all’art. 191 il ruolo di espressione di principi di carattere generale applicabili ad ogni tipo di trasferimento di azienda realizzato nel corso di procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza, anche alle vendite di cui si discute i rapporti di lavoro restano assoggettati alla disciplina dell’art. 47 L. n. 428/1990, nella versione più recente applicabile.
Per il resto trova applicazione la disciplina civilistica sulla circolazione dell’azienda. Non può, infatti, essere invocato il comma 4 dell’art. 114, che, come si è ricordato, estende le disposizioni sulle vendite nella liquidazione giudiziale “alle vendite, alle cessioni e ai trasferimenti legalmente posti in essere dopo il deposito della domanda di concordato o in esecuzione di questo”, e, quindi anche alla fase ante omologa, sia perché tale norma è, per l’art. 25 septies, comma 1, applicabile solo al liquidatore per le vendite in esecuzione del concordato, sia perché per quelle della fase antecedente l’omologa sono richiamati l’art. 94 (integrato dal richiamo dell’art. 46), che detta norme specifiche sugli atti dispositivi del patrimonio del debitore in quella fase con riferimento particolare alla vendita di azienda, e l’art. 118 che pone la deroga all’art. 2560 c.c. e determina effetti purgativi. L’art. 114 sarebbe la chiave per l’applicazione al concordato semplificato della normativa sulle vendite nella liquidazione giudiziale, tra cui l’art. 214 e l’art. 216, che sono inconciliabili con la previsione della vendita in una fase pre omologa dominata dall’urgenza che richiede l’applicazione dell’art. 94, comma 6[31].
L’ultimo caso da esaminare è quello di cui al comma 3 dell’art. 25-septies, per il quale ”Quando il piano di liquidazione prevede che il trasferimento debba essere eseguito prima della omologazione, all'offerta dà esecuzione l'ausiliario, verificata l'assenza di soluzioni migliori sul mercato, con le modalità di cui al comma 2, previa autorizzazione del tribunale”.
Si tratta della stessa disposizione di cui al comma 2 già esaminata per il liquidatore, applicata nel caso all’ausiliario. Ma se la previsione che attribuisce al liquidatore il potere, una volta verificata l'assenza di soluzioni migliori sul mercato, di dare esecuzione all'offerta e alla vendita, alla quale si applicano gli artt. da 2919 a 2929 c.c. è coerente con i poteri attribuiti a tale organo che, come visto, subentra al debitore nella gestione dei beni ceduti nella esclusiva finalità della loro liquidazione, poco, anzi per nulla coerente, è il terzo comma dell’art. 25 septies, per il quale, quando il piano di liquidazione prevede che l'offerta di cui al comma 2 debba essere accettata prima della omologazione, “all'offerta dà esecuzione l'ausiliario”, verificata, anche in questo caso, l'assenza di soluzioni migliori sul mercato, previa autorizzazione del tribunale.
Tale norma, infatti, attribuisce all’ausiliario il potere di procedere alla vendita come se avesse la disponibilità del patrimonio del debitore, nel mentre egli, nonostante alla vendita si applichino gli artt. da 2919 a 2929 c.c.[32], esercita, in forza del richiamo dell’art. 94 contenuto nel secondo comma dell’art. 25 sexies, solo una attività di vigilanza sulla gestione dei beni e sull’esercizio dell’impresa che rimane in capo al debitore.
Per riportare la norma negli schemi delle funzioni affidate all’ausiliario bisognerebbe o ammettere che l’ausiliaria abbia anche un potere di gestione finalizzato alla liquidazione come il liquidatore, ma una tale ipotesi incontrerebbe un ostacolo insormontabile nel richiamo dell’art. 94, oppure ritenere che il legislatore intenda dire che il compito dell’ausiliario sia solo quello di verificare l’assenza di soluzioni migliori sul mercato, fermo restando che la vendita viene stipulata dal debitore concordatario; in tal modo, però, si finisce per attribuire alla medesima locuzione di dare esecuzione all’offerta, ossia accettare l’offerta,- riferita nel comma secondo all’attività del liquidatore e nel comma terzo all’attività dell’ausiliario- un diverso significato.
Attribuendo, come è doveroso, eguale significato all’identica espressione contenuta nella stessa norma, le alternative sono due: se dare esecuzione all’offerta vuol dire che il soggetto che vi dà esecuzione accetta l’offerta e procede alla vendita, la norma è incongrua per l’ausiliario; se, invece, vuol dire che è il debitore che procede alla vendita nel mentre gli organi concorsuali svolgono il solo compito di verificare l’assenza di soluzioni migliori sul mercato, allora la norma è incongrua per il liquidatore, che ha la disponibilità dei beni. Per sopperire alla discrasia normativa non c’è, comunque, altra strada che prescindere, in questo caso, dalla unità organica della norma e attribuire significati diversi alla locuzione di cui si è detto.
Per il resto la norma in esame pone gli stessi problemi già visti per il liquidatore che opera nelle medesime condizioni di prepacked solution, in particolare quanto all’incompatibilità tra discrezionalità della valutazione attribuita all’ausiliario nella scelta della soluzione migliore offerta dal mercato e le offerte concorrenti; incompatibilità che si ripropone con il comma 6 bis dell’art. 94 aggiunto dal decreto correttivo provvisorio, per il quale “Quando il piano prevede l'offerta da parte di un soggetto individuato, avente ad oggetto l'affitto o il trasferimento in suo favore dell'azienda o di uno o più rami d'azienda, si applica l'articolo 91”, essendo evidente la inconciliabilità del meccanismo delle offerte concorrenti con i poteri attribuiti all’ausiliario, di cui si è parlato con riferimento al liquidatore.
Rispetto all’ipotesi di cui al comma 2, quella del comma 3 dell’art. 25 septies prevede la garanzia dell’autorizzazione del tribunale. Posto che l’ausiliario deve verificare l’assenza di soluzioni migliori sul mercato, è logico presumere che la completezza e coerenza della ricerca espletata sia l’oggetto della valutazione del giudice il quale, tuttavia, non gode in questa fase ante omologa del concordato semplificato di particolari poteri di indagini; pertanto, salvo casi di incongruenze manifeste nella valutazione, il vero arbitro diventa, anche nel caso in esame, l’ausiliario che esprime il giudizio sulla mancanza di soluzioni migliori sul mercato.
Quanto agli effetti della vendita giova il richiamo dell’art. 118 e della conseguente applicazione del comma ottavo circa la deroga del secondo comma dell’art. 2560 c.c., dato che tale effetto è collegato alla vendita effettuata dall’ausiliario, senza precisare se in presenza o in assenza di una offerta preconfezionata, sicchè si riproduce la situazione esaminata in precedenza per le vendite pre omologa non preconfezionate.