Dopo aver appurato la correttezza dei dati contabili, l’attestatore deve, nel contempo, verificare che i criteri di valutazione utilizzati ai fini dell’elaborazione del piano siano coerenti con le finalità di risanamento del piano medesimo.
A tal riguardo, come noto, il piano può prevedere tre ipotesi alternative, che implicano diversi criteri di valutazione:
a) la continuazione dell’attività aziendale;
b) la liquidazione del patrimonio aziendale;
c) continuità indiretta, mediante la cessione del complesso aziendale.
Le ipotesi suddette implicano diversi criteri di valutazione.
Nel caso in cui il piano di risanamento preveda la continuazione dell’attività aziendale i criteri di valutazione da utilizzare sono i medesimi applicati in sede di redazione del bilancio d’esercizio. Pertanto, si dovrà verificare se le considerazioni e le valutazioni degli amministratori siano improntate sul principio della ragionevolezza e della prudenza, non mancando di evidenziare che, nell’eventualità, si potrà anche procedere alla svalutazione di taluni elementi patrimoniali.
Nell’ipotesi in cui il piano preveda la liquidazione del patrimonio aziendale, dopo aver proceduto alla revisione dei dati storici, è necessario appurare se i valori di ciascuna attività, qualunque sia la natura, siano ancora sostenibili in relazione alla loro realizzabilità. In altri termini, nella fase liquidatoria, la destinazione del patrimonio aziendale subisce un radicale mutamento passando dalla dimensione del funzionamento a quella appunto della liquidazione[21]. Ne consegue che, i principi in base ai quali deve essere stimato il patrimonio aziendale non devono più soggiacere ai caratteri della strumentalità e della complementarietà, i quali, come è noto, contraddistinguono il complesso aziendale nella fase del funzionamento.[22]
A tal proposito, i criteri di valutazione da applicare, sono quelli indicati dalla dottrina aziendalistica[23], vale a dire:
- per le attività patrimoniali, il presunto valore di realizzo per stralcio;
- per le passività patrimoniali, il presunto valore di estinzione.
Nell’ipotesi di continuità indiretta che consente la continuazione dell’attività aziendale in capo ad un altro soggetto, il piano di ristrutturazione deve essere basato su criteri che mirano alla determinazione del capitale economico dell’impresa. Ne consegue la necessità che l’organo amministrativo presenti all’attestatore una perizia di stima del complesso aziendale da parte di un soggetto terzo, nonché eventuali proposte di acquisto o manifestazioni di interesse, ciò al fine di verificare la concretezza dell’operazione, nonché la congruità del prezzo di cessione. E’ di tutta evidenza che eventuali proposte di acquisto e manifestazioni di interesse dovranno essere oggetto di attento scrutinio da parte dell’attestatore onde verificare la consistenza patrimoniale da parte dell’offerente attraverso l’acquisizione e l’esame dei bilanci d’esercizio, nonché delle visure storiche.
I principi di attestazione (principio 4.5.9) chiariscono che il professionista non deve verificare la correttezza dei criteri di individuazione delle eventuali classi poichè la suddivisione in classi rappresenta la proposta ai creditori sulla quale l’attestatore non è chiamato ad esprimersi e la correttezza dei criteri di individuazione delle eventuali classi rientra nei compiti del Tribunale, cui compete il giudizio sulla fattibilità giuridica della proposta.
In effetti, a parere di chi scrive, l’attestatore è invece tenuto ad appurare la correttezza della individuazione delle diverse classi poiché una errata qualificazione e quantificazione delle singole classi può comportare un differente fabbisogno finanziario che può pregiudicare la fattibilità del piano.
I Principi di attestazione dei piani di risanamento (principio 4.9.1) chiariscono che l’attestatore non sia tenuto a esprimere giudizi circa l’esperibilità di eventuali azioni di responsabilità nei confronti degli organi di amministrazione e di controllo della società, salvo che le stesse non siano esplicitamente previste o menzionate nel piano e che non compete all’attestatore la valutazione del comportamento degli amministratori e degli organi di controllo per la gestione passata, al di là delle considerazioni utili per identificare le cause della crisi.
La giurisprudenza di merito, in una recente decisione, ha invece ritenuto che nell’ambito di un concordato preventivo in continuità indiretta con annessa transazione fiscale, l’attestatore, nel confrontare la prospettiva concordataria con quella fallimentare, deve tenere conto anche del possibile ulteriore attivo ricavabile dalle azioni di responsabilità nei confronti degli organi sociali ed evidenziare le prospettive di recupero con specifico riferimento alla solvibilità degli stessi[24].
Anche l’art. 87 del Codice della crisi e dell’insolvenza prevede espressamente che il piano di concordato indichi «le azioni risarcitorie e recuperatorie esperibili, con indicazione di quelle eventualmente proponibili solo nel caso di apertura della procedura di liquidazione giudiziale e delle prospettive di realizzo». Alla luce di quanto precede l’attestatore dovrà invece svolgere, limitatamente ad attestazione relativa ad un piano di concordato preventivo, una accurata disamina dei fatti gestionali al fine di verificare se sussistono gli estremi per poter esperire eventuali azioni di responsabilità a carico dell’organo amministrativo e di controllo, effettuando al contempo una verifica sulla consistenza patrimoniale degli stessi al fine di verificare se siano utilmente esperibili a vantaggio della massa dei creditori e la loro incidenza sull’attivo astrattamente recuperabile nel caso in cui la società sia sottoposta a liquidazione giudiziale.[25]
A tal proposito dovrà quindi verificare se l’organo amministrativo, allorquando erano già presenti i sintomi della crisi, abbia posto in essere atti di disposizione del patrimonio della società ed in caso affermativo verificare la congruità del prezzo pattuito, le modalità di pagamento, e la destinazione dei flussi finanziari conseguenti.
L’attestatore è tenuto a verificare che la strategia di risanamento presenti una significativa discontinuità rispetto ai fattori che hanno determinato la situazione di crisi e che sia finalizzata a superare, eliminandoli, quegli stessi fattori di crisi evidenziati nel piano. Pertanto, nell’ipotesi di piano di concordato in continuità, deve incentrare la propria analisi sui fattori che si prevede determinino significativi miglioramenti delle marginalità operative, verificando altresì l’evoluzione prevista dal mercato di riferimento. Nel caso in cui il piano preveda la dismissione di significativi elementi del patrimonio, il professionista deve verificare l’interesse di eventuali potenziali acquirenti o, alternativamente, valuti detti elementi di patrimonio con criteri coerenti con la loro funzione nella società e nel piano, ovverosia con criteri di liquidazione.
La relazione di attestazione può contenere un giudizio positivo sulla veridicità dei dati aziendali anche se, limitatamente ad alcune poste, riscontra carenze ed errori. Ciò purché queste non siano tali da compromettere la veridicità complessiva dei dati contabili.
In assenza di un giudizio positivo in merito alla veridicità dei dati non si ritiene possibile, però, giungere a esprimere un giudizio finale positivo sulla fattibilità del piano ed è, pertanto, inopportuno che in tale caso il professionista si esprima in merito alla fattibilità del piano; il giudizio sulla veridicità dei dati può pertanto essere considerato (cfr. par. 1) come attività prodromica a quello sulla fattibilità del piano[26].
In conclusione «con riferimento alla veridicità dei dati aziendali la relazione deve soffermarsi ed indicare i riscontri effettuati per le singole poste ed offrire una adeguata motivazione circa la conferma o meno dei valori nominali espressi nella documentazione contabile messa a disposizione dall’impresa e dal professionista, comunque, in ogni caso ricercata e scrutinata, in quanto i dati aziendali non sono solo quelli risultanti, esclusivamente, dalle scritture contabili, la cui regolare tenuta, dopo la riforma, non è neppur più prevista tra le condizioni di ammissibilità del concordato. E’ tuttavia, evidente che la relazione dovrà sottolineare la eventuale diversa consistenza materiale giuridica degli elementi patrimoniali ovvero l’incongruenza della relativa determinazione, che è stata di essi formulata con la proposta»[27].
In altri termini le verifiche dell’attestatore con riferimento alla veridicità dei dati aziendali devono avere ad oggetto sia gli elementi dell’attivo del piano concordatario, che il riesame del passivo attraverso il riscontro della documentazione contabile con quella proveniente dagli stessi creditori ed una valutazione prudenziale in relazione all’insorgenza di ulteriori passività.[28]
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