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Saggio

L’accesso “con riserva” al procedimento unitario

Laura De Simone, Presidente di Sezione procedure concorsuali nel Tribunale di Bergamo

7 Ottobre 2022

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
*Lo scritto è destinato, con eventuali variazioni, allo Speciale di Diritto della crisi, di prossima pubblicazione, dal titolo “Studi sull’avvio del Codice della crisi” a cura di Laura De Simone, Massimo Fabiani e Salvo Leuzzi.
L’Autore disamina l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza con riserva di deposito della documentazione. Vengono scandagliate, in un contesto contrassegnato dal tramonto dell’automatic stay, le regole che nel quadro del procedimento unitario ha assunto l’istituto che nella vigenza della legge fallimentare era denominato nel lessico degli operatori “concordato in bianco”, o alternativamente “prenotativo”, “con riserva” o “preconcordato”.
Riproduzione riservata
1 . Introduzione
Sul paradigma del procedimento unitario, orientato a raccogliere entro un solo contenitore processuale tutte le procedure di regolazione della crisi, anche la fase interinale tradizionalmente propria del c.d. “concordato in bianco” ex art. 161, comma 6, L. fall. è stata sensibilmente rimodulata nel Codice della crisi. Nella nuova disciplina, l’intervallo temporale finalizzato all’elaborazione specifica dell’ipotesi di affronto della crisi è stato organizzato in modo unitario in relazione a tutti gli strumenti di cui al nuovo art. 2, comma 2, lett. m) bis. Del segmento temporale utile a riempire di contenuti il progetto di ristrutturazione, l’imprenditore potrà fruire, infatti, quale che sia l’approdo conclusivo a cui è indirizzato, sia esso, dunque, il concordato preventivo, nelle sue varie articolazioni, l’accordo di ristrutturazione o il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione.
Il modello processuale unitario, su cui è imperniato il Codice della crisi, è il precipitato della sua impostazione sostanziale, ispirata ad un tangibile favor per le soluzioni negoziate delle crisi e delle insolvenze e tesa a confinare le soluzioni liquidatore al rango di extrema ratio.
La L. 19 ottobre 2017 n. 155 (c.d. “legge delega”), disarticolando il precedente, variegato assetto processuale delle procedure concorsuali, ha introdotto all’art. 2 uno spazio processuale unico per l’accertamento dei dissesti, quale che sia la categoria di debitore che viene in rilievo, con la sola eccezione degli enti pubblici.
La struttura prescelta è conforme al collaudato schema dell’art. 15 L. fall.
Nella compilazione del Codice e nei suoi successivi interventi modificativi, in ultimo con il Decreto Legislativo 17 giugno 2022 n. 83, resosi indispensabile per dare attuazione in extremis ad alcune essenziali previsioni della Direttiva (UE) 2019/1023, l’impostazione rigidamente unitaria prospettata nella legge delega è stata temperata. Pur conservandosi un avvio processuale univoco, i procedimenti finiscono per subire in seguito notevoli divaricazioni sul piano del percorso, a seconda che rispondano ad una finalità di regolazione concordata piuttosto che coattiva, conservativa piuttosto che liquidatoria. Nell’elaborato codicistico entrato in vigore il 15 luglio 2022, la semplificazione attiene specialmente alla forma della domanda d’accesso ai quadri di ristrutturazione preventiva e alla liquidazione giudiziale, alla forma dei provvedimenti che definiscono i vari procedimenti, nonché al sistema delle impugnazioni, perché per il resto la disciplina dei differenti procedimenti si va a distinguere e dettagliare.
Quello che preme garantire è ora l’armonizzazione tra i vari procedimenti, la trattazione congiunta di domande distinte e contrapposte dirette a regolare la stessa situazione di crisi (o insolvenza), quali quella di ammissione al concordato preventivo proposta dall’imprenditore e quella di liquidazione giudiziale introdotta dai creditori o dal Pubblico Ministero. Queste sono le domande contrapposte che nella pratica dei Tribunali sino ad ora più frequentemente hanno convissuto sulle scrivanie dei giudici. Ad esse il sistema processuale della legge fallimentare non consentiva di dare una piana regolamentazione, tanto che nella giurisprudenza degli ultimi anni si è giunti a soluzioni variegate e tra loro in contrasto, che hanno reso necessario l’intervento delle Sezioni Unite[1].
I “principi di carattere processuale” funzionali alla trattazione unitaria delle domande in parola, sono codificati agli artt. 7 e s. CCII, attraverso un catalogo di regole d’impostazione generale e raccordo, mentre il dipanarsi dei procedimenti trova la sua collocazione nella specifica Sezione II, che comprende gli articoli da 40 a 53 CCII, ora denominata “Procedimento unitario per l'accesso agli strumenti di ristrutturazione preventiva e alla liquidazione giudiziale”.
Il presente scritto si concentrerà sull’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza con riserva di deposito della documentazione, per scandagliare le potenzialità e regole che nel contesto del procedimento unitario ha assunto quell’istituto, tanto utilizzato e abusato, che nella vigenza della legge fallimentare era denominato nel lessico degli operatori “concordato in bianco”, o alternativamente “prenotativo”, “con riserva” o “preconcordato”.
2 . Il “vecchio” concordato con riserva
L’art. 161, comma 6, L. fall. consentiva all’imprenditore di depositare una domanda di concordato “in bianco” e quindi un ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e all'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo entro un termine fissato dal giudice, compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni. Nello stesso termine, in alternativa e con conservazione sino all'omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore poteva depositare domanda di omologa di un accordo di ristrutturazione[2]. 
Questo istituto era stato introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, e da subito era stato ampiamente utilizzato consentendo all’imprenditore di beneficiare immediatamente del blocco delle azioni cautelari ed esecutive sul patrimonio, di cui all’art. 168 L. fall., senza la necessità di rappresentare né al Tribunale né ai creditori la soluzione negoziata che intendeva proporre. Se da un lato questo permetteva all’imprenditore e ai suoi professionisti di elaborare con una maggior tranquillità il piano, essendo il patrimonio del debitore posto al riparo delle iniziative dei creditori, dall’altro poteva comportare un ritardo nell’accertamento dell’insolvenza delle imprese, tutte le volte che il termine era richiesto solo per paralizzare le iniziative dei creditori e senza che sussistessero i presupposti e/o la volontà di organizzare una ristrutturazione dell’impresa.
A poco tempo di distanza dal varo dell’istituto, il D.L. 21 giugno 2013, n. 69 convertito dalla L. 9 agosto 2013 n. 98, aveva quindi cercato di arginare le prassi non virtuose che si stavano diffondendo, introducendo l’obbligo per l’imprenditore di informazioni periodiche relative anche alla gestione finanziaria dell’impresa e alla attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta del piano (sostituendo il verbo "dispone" riferito al giudice al più incisivo "deve disporre" obblighi informativi), prevedendone altresì la pubblicazione nel Registro delle imprese; l’obbligo di messa a disposizione del Commissario e del giudice delle scritture contabili; e soprattutto disciplinando la possibilità di nomina di un Commissario.
Il Commissario giudiziale, che da lì a poco nella prassi dei tribunali venne frequentemente nominato, era autorizzato ad accedere alla documentazione contabile dell’impresa, era chiamato a vigilare sulle attività poste in essere dall’imprenditore per la predisposizione del piano di ristrutturazione dell’indebitamento, nonché a sorvegliare sull'adempimento degli obblighi informativi, a verificare l’eventuale presenza delle condotte di cui all’art. 173 L. fall. e a fornire il proprio parere sul compimento degli atti di straordinaria amministrazione, ove ne fosse richiesta al Tribunale l’autorizzazione.
Ciò ha reso meno imperscrutabili i percorsi concordatari con riserva, assicurando un livello di trasparenza funzionale a riequilibrare l’asimmetria informativa fra le parti, tenendo conto delle loro contrapposte esigenze e aspettative[3].
3 . La domanda di accesso agli strumenti di regolazione delle crisi e dell’insolvenza con riserva
L’art. 40 CCII ora individua un identico alveo processuale di partenza destinato a regolare tutte le domande di accesso agli strumenti di ristrutturazione preventiva e alle procedure di insolvenza, al fine di comporre, per quanto possibile, un tessuto di regole in linea di principio omogeneo per qualsiasi soluzione negoziale della crisi e dell’insolvenza.
In maniera del tutto speculare l’art. 44, come riscritto dal D.Lgs. n. 83/2022[4], regola l’ipotesi in cui il debitore, non ancora in grado di prospettare ai creditori uno scenario risolutivo del proprio indebitamento, ma intenzionato a giocarsi una chance diversa dalla liquidazione giudiziale, presenti la domanda di cui all’art. 40 riservandosi di proporre la proposta, il piano e gli accordi.
Il ventaglio degli strumenti a disposizione del debitore che ha presentato una domanda prenotativa sono esplicitate dall’art. 45 e si identificano nel concordato preventivo, negli accordi di ristrutturazione di cui all'articolo 44, comma 1, lettera a) e nella novità rappresentata dal piano di ristrutturazione di cui all’articolo 64 bis
L’importante opportunità di questa fase interinale andrà utilizzata per maturare una visione programmatica e strategica sia sullo strumento da scegliere, che sul progetto di ristrutturazione di cui riempirlo, anche tenendo conto delle reazioni dei creditori. Tuttavia, affinché il procedimento unitario con riserva non si risolva in un mero strumento utile a ritardare l’apertura del concorso liquidatorio giudiziale, costituisce una modalità operativa certamente corretta e diligente quella costituita dall’esposizione a grandi linee in domanda ab origine del percorso che, allo stato, si aspira ad intraprendere. Nulla esclude, infatti, che all’emergere in seguito successive nuove esigenze, nei rapporti periodici informativi si possa dar conto di un motivato cambio di rotta, quindi anche dell’eventuale, meditata opzione per un diverso strumento tra quelli fungibili.
4 . I requisiti della domanda “prenotativa”
Ai sensi dell’art. 40 CCII, l’atto introduttivo di qualsivoglia domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, è un ricorso, sottoscritto da difensore munito di procura, e contenente – come nella vigenza della legge fallimentare - le indicazioni minime previste per qualsiasi ricorso processuale: l'ufficio giudiziario, l'oggetto, le ragioni della domanda, le conclusioni. A monte il debitore dovrà rappresentare di essere un imprenditore almeno in situazione di crisi, come evincibile dai bilanci e dall’altra documentazione a tali fine allegati[5].
Alla stregua di quanto ritenuto in passato[6] con riguardo al concordato “in bianco” , deve affermarsi che anche la domanda prenotativa di cui all’art. 44 è già domanda di accesso ad uno degli strumenti di cui all’art. 2, comma 2, lett. m), bis, perché l’opzione consentita al debitore di procrastinare il deposito della documentazione piuttosto che di presentarla unitamente alla domanda introduttiva, non modifica la natura del procedimento introdotto, non lo trasforma in un’attività prodromica alla presentazione di uno strumento di regolazione negoziale della crisi, ma già di per sé costituisce l’avvio del procedimento di regolazione della crisi e dell’insolvenza con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di forma della domanda e di effetti del deposito della stessa[7].
La necessità della procura alle liti è per la prima volta espressamente disciplinata, così da superare le incertezze interpretative sorte nel contesto della legge fallimentare[8].  
Circa il contenuto della domanda, per quanto la richiesta di concessione del termine possa essere stringata, non può prescindere da quel minimo di elementi che consentano al Tribunale di valutarsi competente e di provvedere positivamente. Chi intende proporla deve quindi rappresentare di essere un imprenditore commerciale, di avere sede nel circondario del Tribunale adito, di non essere sotto- soglia (art. 2, comma 1 lett.d) CCII), e di versare quanto meno in stato di crisi. Se poi con la domanda si intende richiedere la concessione del termine massimo, l’istante dovrà necessariamente argomentare sul punto arricchendo il ricorso di ogni dato utile sul percorso che ritiene di compiere, così che da giustificare la richiesta nei confronti del Tribunale[9]. Il contenuto può eventualmente estendersi, accompagnandosi in tal caso ad un’assai più ampia illustrazione del progetto ristrutturatorio in gestazione, alla richiesta di autorizzazione a compiere atti urgenti di straordinaria amministrazione, a pagare creditori anteriori strategicamente coessenziali all’ipotesi di continuità che si sta coltivando, a contrarre nuovi finanziamenti prededucibili, a procedere già nell’immediato a sospendere o sciogliere rapporti contrattuali pendenti, a vendere asset aziendali più o meno vitali.
Quanto alla documentazione da allegare al ricorso, se la domanda del debitore è finalizzata unicamente alla richiesta di un termine, il comma 3 dell’art. 39 espressamente prevede che il debitore depositi unicamente i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi o, per le imprese non soggette all’obbligo di redazione del bilancio, le dichiarazioni dei redditi e le dichiarazioni IRAP concernenti i tre esercizi precedenti, l'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione, oltre che con l’indicazione del loro domicilio digitale, se ne sono muniti.
L’ulteriore documentazione prevista dai commi 1 e 2 sarà poi allegata nel termine assegnato dal Tribunale ai sensi dell’art. 44, comma 1, lettera a). 
Le allegazioni indicate parzialmente replicano quanto precedentemente disposto dall’art. 161, comma 6, L. fall. e la puntualizzazione ora offerta dal legislatore consente, almeno in parte, di superare le incertezze interpretative che si erano ravvisate nella disciplina previgente.
Sicuramente vengono risolti i dubbi che si riscontravano nelle ipotesi in cui le imprese che chiedono di accedere allo strumento non sono soggette all’obbligo di redazione dei bilanci[10], come le imprese individuali, essendo ora letteralmente prevista la fungibilità dei bilanci con le dichiarazioni dei redditi e le dichiarazioni IRAP concernenti i tre esercizi precedenti.
Rimane viceversa non chiarito dal dettato testuale il tema, sovente dibattuto, del deposito da parte del debitore di documentazione “equipollente” ai bilanci, tutte le volte in cui l’imprenditore sia tenuto a produrli, ma gli stessi non siano stati confezionati o non ne si è completato l’iter formativo con l’approvazione da parte dell’assemblea dei soci. Si consideri che quando l’impresa è in difficoltà sono più frequenti i ritardi nella gestione contabile – amministrativa e soprattutto i dissidi interni tra soci e/o amministratori che comportano ricadute nella formazione dei bilanci d’esercizio.
La Corte di legittimità più volte è tornata sulla questione ed anche recentemente[11] ha affermato che la ratio della produzione richiesta è quella di consentire al Tribunale di verificare la sussistenza del presupposto soggettivo del superamento delle soglie dimensionali di cui alla L. fall., art. 1, comma 2, in parallelo con la previsione contenuta nell’art. 14, laddove l'imprenditore che chiede il proprio fallimento deve depositare le scritture contabili e fiscali obbligatorie concernenti i tre esercizi precedenti. In questo quadro, è il debitore intenzionato ad accedere all'una o all'altra procedura a dover dimostrare la ricorrenza dei requisiti dimensionali a tal fine necessari e specularmente, quando il fallimento è richiesto dagli altri soggetti legittimati, è sempre il debitore, per non fallire, a dover dimostrare la insussistenza dei requisiti dimensionali di cui all’art. 1, comma 2, L. fall.
Corollario di questo approdo interpretativo è l’orientamento consolidato per cui l'imprenditore può avvalersi non solo dei bilanci, ma di qualunque altra documentazione che possa nel concreto risultare utile, veicolando informazioni relative alla situazione patrimoniale e finanziaria dell'impresa analoghe a quelle ritraibili dai bilanci delle società, comprese le “situazioni patrimoniali” approntate dallo stesso imprenditore in vista della domanda; queste ultime potranno essere riscontrate dal Commissario giudiziale o dallo stesso Tribunale a cui dovranno essere messe a disposizione le scritture contabili e fiscali dell’imprenditore[12]. Questa documentazione alternativa potrà, quindi, valutarsi adeguata sempre che non appaia prima facie assolutamente inidonea allo scopo e denoti un comportamento abusivo del debitore[13]. 
L’elenco nominativo dei creditori, di cui è confermata la necessità di deposito, è di estrema utilità per il Tribunale e il Commissario giudiziale in quanto consente agli stessi di disporre di una situazione aggiornata dei debiti dell'imprenditore, sovente non chiaramente evincibili nei bilanci, che per lo più riportano il dato in maniera aggregata e comunque non attuale rispetto al deposito del ricorso.
L’elencazione è tanto più indispensabile se si considera che per la conferma delle misure protettive o per la concessione di misure cautelari ex art. 54 CCII potrà anche comportare l’esigenza di contraddittorio con i creditori dell’imprenditore, che quindi è del tutto opportuno siano partitamente individuati sin dalle prime battute.
L’elenco è anche funzionale a consentire al giudice di effettuare una attività di sorveglianza più penetrante sulle attività che il debitore sta ponendo in essere nell’ottica della predisposizione del piano e della proposta, permettendo al Tribunale di attivare i meccanismi di convocazione e di controllo dei creditori ogni qualvolta ciò si imponga come necessario[14].
Non è stato previsto dalla norma il deposito del certificato di iscrizione nel Registro delle imprese. Benché detto deposito non sia neppure in linea di principio condizionante ai fini dell’accesso alle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza, è ragionevole immaginare che le imprese maggiormente avvedute vi provvedano se non altro al fine di documentare opportunamente la propria sede, scongiurando eventuali richieste di integrazione documentale da parte del giudice. 
Il terzo comma dell’art. 40 stabilisce che, come nel vigore della legge fallimentare, la domanda del debitore, entro il giorno successivo al deposito, sia comunicata dal cancelliere al Registro delle imprese. L'iscrizione è eseguita entro il giorno seguente e quando la domanda contiene la richiesta di misure protettive il conservatore, nell'eseguire l'iscrizione, ne fa espressa menzione. 
È pure previsto che la domanda, unitamente ai documenti allegati, sia trasmessa al Pubblico Ministero, il quale potrà determinarsi discrezionalmente rispetto al procedimento segnalatogli. Egli non riveste la posizione di interveniente obbligatorio per cui l’omessa comunicazione non comporta la nullità del procedimento, essendo sempre possibile per detto organo partecipare al procedimento quale mero interveniente volontario ai sensi e per gli effetti dell’art. 70 c.p.c. ed in tal modo fare ingresso sulla scena del procedimento di regolazione della crisi per far constare in via formale la ritenuta inammissibilità del concordato, rendendo noti elementi attinti da indagini in corso che depongono per la inammissibilità della proposta; potrà, inoltre, promuovere richiesta di liquidazione giudiziale ove il Tribunale si pronunci negativamente sulla domanda di concordato ovvero il ricorrente per la liquidazione giudiziale desista dall’istanza.
Sicuramente non riguarda la domanda in bianco ex art. 44 CCII la previsione dell’art. 120 bis CCII.
La norma indicata riserva agli amministratori in via esclusiva la scelta di individuare lo strumento di ristrutturazione preventiva a cui accedere, svincolando la decisione (e la responsabilità ad essa sottesa) da interlocuzioni preventive o posteriori con gli altri organi sociali, quindi subordinandola al rispetto di un mero obbligo di trasparenza e informazione. In quest’ottica alla scelta viene data un’affidabile dimensione formale essendo previsto che gli amministratori, oltre a deliberare e sottoscrivere la proposta, consacrino in un verbale redatto da un notaio il contenuto della proposta e le condizioni del piano, depositando e iscrivendo detto documento nel Registro delle imprese. 
La regola esposta riprende parzialmente la disposizione di cui all’art. 152 L. fall., distinguendosene, tuttavia, sia per il più chiaro riferimento alla proposta e al piano, piuttosto che alla domanda in genere, sia per l’unitarietà della disciplina che ora governa qualsiasi tipologia di società e, con il vincolo di compatibilità, anche gli strumenti di ristrutturazione presentati dagli imprenditori collettivi diversi dalle società[15]. 
La previsione dell’art. 120 bis CCII conferma ora esplicitamente l’orientamento, espresso dalla giurisprudenza di legittimità, che esclude la necessità di una deliberazione ai sensi dell’art.152 L. fall. per la domanda di concessione del termine nel concordato in bianco, restringendola a quella completa[16]. Analogamente, sulla base del rinnovato testo normativo, per la domanda di concessione del termine, in adesione della più recente giurisprudenza della Corte deve quindi ritenersi sufficiente che il ricorso sia sottoscritto dal difensore munito di procura, non occorrendo che sia personalmente sottoscritto anche dal debitore[17]. 
5 . Il diniego del termine
Nella vigenza della legge fallimentare la giurisprudenza si è in più occasioni soffermata sul tema della sussistenza di un “obbligo” per il Tribunale, a fronte del deposito di una domanda prenotativa, di pronunciarsi positivamente e di concedere il termine richiesto, astenendosi da qualsiasi valutazione in ordine ai dati forniti, ovvero se fosse possibile il diniego del termine, in ragione di un apprezzamento critico della documentazione allegata alla domanda.
Si è così affermato che il debitore, ove presenti una domanda corredata da tutti gli elementi stabiliti dall'art. 161, comma 6, L. fall. ha diritto alla concessione del termine per predisporre la proposta, il piano e la documentazione di cui al secondo ed al terzo comma, sempre tuttavia che siano allegati i documenti previsti e la condotta del debitore non sia palesemente abusiva[18] .
Anche recentemente la Suprema Corte[19] ha puntualizzato che se la documentazione prodotta fa emergere l'intento dilatorio perseguito attraverso la presentazione della domanda di concordato, nulla impedisce che il Tribunale possa dichiararne l'inammissibilità, senza concedere il termine di cui all'art. 161, comma 6, L. fall., procedendo senz'altro all'esame dell'istanza di fallimento, non potendosi consentire al debitore di produrre documenti assolutamente inidonei per ritardare la definizione del procedimento in pregiudizio degli interessi dei creditori.
Il Codice della crisi, già nei principi di carattere processuale, la lettera dell’art. 7 al comma 2 sancisce che la trattazione prioritaria della domanda diretta a regolare la crisi o l'insolvenza con strumenti diversi dalla liquidazione giudiziale o dalla liquidazione controllata deve essere prevista “a condizione che a) la domanda medesima non sia manifestamente inammissibile; b) il piano non sia manifestamente inadeguato a raggiungere gli obiettivi prefissati; c) nella proposta siano espressamente indicate la convenienza per i creditori o, in caso di concordato in continuità aziendale, le ragioni della assenza di pregiudizio per i creditori.
La corsia preferenziale per l’ipotesi di soluzione alternativa della crisi è condizionata alla contestuale sussistenza di tre circostanze, che il Tribunale è chiamato a vagliare in via immediata.
È quindi ben possibile che, già al momento della proposizione della domanda con riserva, si palesi la prima delle circostanze esposte e che la domanda come formulata sia manifestamente inammissibile. In tal caso l’istanza di regolazione della crisi perda la “priorità” riconosciuta dalla norma rispetto alla domanda di liquidazione giudiziale che quindi potrà essere immediatamente esaminata.
Se l’impresa è intenzionata a proporre uno strumento di risoluzione negoziale della propria situazione di crisi o insolvenza deve esserle consentito di tentare, ma se già la domanda, anche prenotativa, è del tutto priva dei requisiti minimi di legittimità formale e sostanziale previsti dalla legge la stessa è inammissibile e il Tribunale non è tenuto a riservare l’esame della soluzione liquidatoria ad un momento successivo[20]. 
L’imprenditore, quindi, ha diritto ad accedere ad una soluzione negoziale e paralizzare temporaneamente un’eventuale istanza di liquidazione (fatta salva sempre la possibilità per i creditori e il Pubblico Ministero di richiedere medio tempore l’applicazione di misure cautelari a tutela delle posizioni creditorie) ma questo solo se la sua domanda presenta i requisiti minimi da poter consentire una valutazione comparativa degli assetti.
6 . Il provvedimento di accoglimento
In ordine al contenuto del provvedimento l’art. 44 CCII a grandi linee ripercorre il contenuto di cui all’art. 161, commi 6 e 8, L. fall., per cui in ipotesi di domanda con riserva il Tribunale con decreto motivato fissa un termine per consentire all’imprenditore di integrare la domanda di accesso a un quadro di ristrutturazione preventiva[21]. 
Maggior rigore si rinviene, rispetto alla legge fallimentare, sul piano dei tempi,  essendo il termine concedibile compreso tra i trenta ed i sessanta giorni  (in luogo del termine tra i sessanta e i centoventi giorni descritto dall’art. 161, comma 6, L. fall.); trattandosi inoltre di un termine di decadenza, il suo mancato rispetto impone la sanzione di inammissibilità della domanda.
L’eventuale termine supplementare assegnabile,  come in precedenza, non può superare i sessanta giorni e presuppone la sussistenza di giustificati motivi da esporre, a cura dell’imprenditore,  in sede di formulazione dell’istanza.
Nessuna modifica rispetto alla disciplina attualmente vigente si riscontra con riguardo agli obblighi informativi posti a carico del debitore, il quale con periodicità almeno mensile riferirà in ordine alla gestione finanziaria dell’impresa e all’attività svolta per la predisposizione del piano e della proposta. 
Unitamente al rapporto deve essere ora fornita, quanto meno mensilmente, dall’imprenditore anche una relazione patrimoniale, economica e finanziaria, da iscriversi nel Registro delle imprese a cura del cancelliere. Precedentemente era prevista solo una relazione sulla situazione finanziaria, mentre ora è richiesta una costante ostensione anche dei dati economici e patrimoniali dell’impresa che sta predisponendo il piano, affinché tutti i creditori siano posti nella condizione di conoscere i flussi di cassa ma anche l’andamento della redditività aziendale, nonché il rapporto, nel suo divenire, tra fonti ed impieghi.
È sempre possibile che il Tribunale adatti il contenuto degli obblighi informativi richiesti alla peculiarità del contesto imprenditoriale, così come è immaginabile che la cadenza dell’incombente possa essere anche inferiore al mese quando la situazione è particolarmente fluida e rischiosa per i creditori, tanto da necessitare un monitoraggio più stringente.
In forza della lett. b) dell’art. 44, il Tribunale nomina, in ogni caso, un Commissario giudiziale, tenuto a vigilare sull’assolvimento degli obblighi informativi e tenuto a relazionare al Tribunale su ciascun atto di frode ai creditori non dichiarato nella domanda e su ogni circostanza o condotta del debitore suscettibile da pregiudicare una soluzione efficace della crisi. La scelta della “standardizzazione” della nomina commissariale si lega all’esigenza di assicurare un controllo permanente ed effettivo anche nella fase di progettazione della soluzione negoziale, presidiando il diritto dei creditori a rimanere costantemente edotti sull’evoluzione del percorso intrapreso e su eventuali abusi del debitore. La fase interinale può essere in bianco, ma non “al buio”, pertanto il contrappeso dell’opportunità attribuita all’imprenditore in crisi di partorire gradualmente, nell’involucro del procedimento unitario, la soluzione da prospettare ai titolari delle pretese è costituito proprio dal diritto di questi ultimi alla piena informazione, con l’ausilio della “lente” commissariale. 
La nomina del Commissario giudiziale diviene quindi nel contesto del Codice obbligatoria, non più facoltativa, salva l’unica ipotesi, contemplata dall’art. 40, comma 4, ultima parte, in cui sia già chiaramente rappresentato nella domanda che il debitore si prefigge l’obiettivo di chiedere l’omologazione di un accordo di ristrutturazione. In questo caso la nomina del Commissario è facoltativa e prevista solo ove sia pendente un’istanza per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale e la nomina si palesi necessaria a tutela delle parti istanti, valutandosi preferibile in difetto di essa consentire al proponente una maggiore libertà d’azione senza l’ombra del Commissario -controllore e senza l’aggravio dei costi conseguenti.
Al Commissario nominato, per lo svolgimento della propria attività di vigilanza e controllo, il Tribunale riconosce identici poteri riservati dall’art. 49, comma 3, lettera f) al Curatore dal momento dell’apertura della liquidazione giudiziale, e questo in virtù del richiamo operato dall’art. 44, comma 1, lett. b) ultima parte alla disposizione sopra menzionata. Il Commissario potrà quindi de plano senza necessità di formulare al Giudice delegato apposita istanza ex artt. 492 bis, 155 sexies disp.att. c.p.c., ove necessario per una compiuta ricostruzione di attività e passività: 1) accedere alle banche dati dell'anagrafe tributaria e dell'archivio dei rapporti finanziari; 2) accedere alla banca dati degli atti assoggettati a imposta di registro e ad estrarre copia degli stessi; 3) acquisire l'elenco dei clienti e l'elenco dei fornitori di cui all'articolo 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni; 4) acquisire la documentazione contabile in possesso delle banche e degli altri intermediari finanziari relativa ai rapporti con l'impresa debitrice, anche se estinti; 5) acquisire le schede contabili dei fornitori e dei clienti relative ai rapporti con l'impresa debitrice.
Desta qualche perplessità che il richiamo all’art. 49, comma 3, lett. f), previsto per il Commissario nominato nel periodo di decorso del termine di riserva, non sia invece operato dal Codice per l’ipotesi di apertura del concordato preventivo non preceduta dalla domanda in bianco. Pertanto, qualora l’imprenditore depositi il concordato “pieno”, senza passare per la fase prenotativa, il Commissario giudiziale parrebbe doversi ritenere, a meno di una plausibile interpretazione estensiva della norma, sprovvisto dei poteri descritti. 
Nel medesimo decreto con cui è assegnato all’imprenditore il termine richiesto, il Tribunale ordina al debitore il deposito entro dieci giorni di una somma per spese di procedura “nella misura necessaria fino alla scadenza del termine” concesso. La somma è funzionale a rendere maggiormente credibile la domanda e verosimilmente dovrebbe essere rapportata al compenso per l’attività commissariale qualora la procedura si arrestasse in questa fase senza approdare al deposito del piano e della proposta.
Il successivo comma 3 dell’art. 44, riprendendo il principio generale già espresso dall’art. 8 CCII, ribadisce che i termini per il deposito della documentazione completa nonché quelli per l’adempimento degli obblighi informativi e per il deposito del fondo spese non soggiacciono alla sospensione feriale.
Ai sensi dell’art. 45 il decreto del Tribunale di concessione del termine è comunicato entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, al debitore, al Pubblico Ministero e a coloro che hanno richiesto l’apertura della liquidazione giudiziale e tramesso per estratto, sempre a cura del cancelliere, al Registro delle imprese per la iscrizione che deve avvenire entro il giorno successivo. All’iscrizione dell’estratto, contenente il nome del debitore e dell’eventuale Commissario giudiziale, il dispositivo e la data del deposito, si provvede presso il Registro delle imprese della sede legale nonché, qualora la sede effettiva sia diversa, presso il Registro corrispondente al luogo in cui la procedura è stata aperta. Qualora con la domanda siano richieste anche misure protettive (come ora previsto dall’art. 54, comma 2, CCII), il conservatore è tenuto a farne espressa menzione.
7 . Gli effetti della domanda di accesso
Gli effetti della domanda di accesso sono descritti unicamente in relazione al concordato preventivo dall’art. 46 CCII.
La prima conseguenza del concordato in bianco era, ed è, costituita dal c.d. “spossessamento attenuato”, che conserva in capo al debitore la gestione corrente dell’impresa, ma sottopone al placet giudiziale ogni atto suscettibile di riverberarsi finanziariamente sul patrimonio dell’impresa, ormai destinato alla soddisfazione concorsuale dei creditori.
La segnalata norma disciplina, quindi, innanzitutto il compimento degli atti di straordinaria amministrazione, i quali soggiacciono, al pari di quanto accaduto sotto il vigore dell’art. 161, comma 7, L. fall., all’autorizzazione del Tribunale, in composizione ovviamente collegiale, mancando in questa fase il giudice delegato. 
Anche nel contesto applicativo del Codice potranno essere richiamati i criteri individuati dalla giurisprudenza nomofilattica per distinguere tra ordinaria e straordinaria amministrazione[22], essendo compresi nella seconda categoria gli atti suscettibili incidere sul patrimonio destinato a soddisfare i creditori gravandolo di pesi o vincoli.
Viene precisato che, ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione di cui si tratta, il debitore debba operare una parziale disclosure sui contenuti della ristrutturazione in fase di elaborazione, nell’ottica di spiegare la strumentalità rispetto ad essa dell’atto che ci si prefigge nell’immediato di compiere. In tal senso, sembra doversi leggere l’onere espressamente posto a carico dell’imprenditore di depositare una domanda corredata da “idonee informazioni sul contenuto del piano”. Il debitore deve chiarire qual è l’itinerario che intende seguire e perché abbia urgenza di compiere un atto che potrebbe creare una posizione di favore o di sfavore, essendo proprio questo che nel perimetro concorsuale, in linea di principio, occorre scongiurare ove non sia strettamente funzionale alle esigenze del risanamento.
Il Tribunale procederà ad una disamina essenzialmente documentale, ma non è escluso decida di sentire i creditori e di assumere informazioni.
Sebbene il riferimento della norma corra solo al concordato, il contenuto precettivo di essa abbraccia all’evidenza e per razionalità di sistema anche le ipotesi in cui manchi nella domanda di termine una specificazione dello strumento prescelto. Il termine, d’altronde, è funzionale proprio a selezionarlo, optando, fra quelli possibili, per lo strumento più adatto in concreto alla regolazione della crisi o dell’insolvenza. L’idea del legislatore è, in altri termini, di consentire che l’intervallo temporale concesso non sia adoperato soltanto in funzione della costruzione di un piano ristrutturatorio, ma valga anche come spatium deliberandi utile a individuare lo strumento più adatto a veicolarlo, strumento che può essere costituito dal concordato, ma anche dall’ADR e, ora, dal PRO. Non può trascurarsi che la scelta dipende sovente dalle reazioni dei principali creditori.
La disciplina relativa alla sorte degli atti compiuti senza autorizzazione nel periodo prenotativo è, dunque, da ritenersi omogenea e si risolve nell’inefficacia di essi, comportando la revoca del decreto di concessione del termine. 
Il secondo effetto, sebbene precisato dal comma 4 dell'art. 46, è immanente al sistema concorsuale. Fisiologico è infatti che i crediti di terzi sorti a seguito di atti compiuti nel rispetto della previsione del primo comma, essendo successivi all’avvio di una procedura di concorso, siano prededucibili.
Il terzo effetto attiene all’esclusione della possibilità per i creditori di acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia l'autorizzazione prevista dai commi 1, 2 e 3. Le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione nel registro delle imprese della domanda di accesso sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori.
Mal si comprende se in ipotesi di domanda prenotativa scattino gli effetti connessi alla regola della sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione dalla data di deposito della domanda sino all’omologazione. In effetti, manca una disciplina unitaria mirata ai tre strumenti utilizzabili del concordato preventivo, dell’accordo di ristrutturazione e del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (nella legge fallimentare questi effetti erano regolati all’art. 182 sexies mentre nel Codice le norme di riferimento sono l’art. 64 comma 1, art. 64 bis, comma 9, e l'art. 89). In particolare, con riguardo all’accordo di ristrutturazione, viene meno ex art. 64 il collegamento fra la domanda di accesso prenotativo al procedimento unitario e la sospensione automatica degli obblighi di capitalizzazione. Per beneficiare dell'esonero dalla regola “trasforma, ricapitalizza o liquida” è imprescindibile che sia stata avanzata una richiesta di misure cautelari o protettive ai sensi dell'art. 54 CCII. In buona sostanza la regola anzidetta si collega all'evenienza di una protezione del patrimonio dell'impresa.
Viceversa, in forza dell'articolo 89 viene rieditata in relazione al concordato preventivo la regola della sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione già prevista dell'art. 182 sexies legge fallimentare e basata su un automatismo.
8 . Il provvedimento di revoca del termine
A tenore del comma 2 dell’art. 44, il Tribunale su segnalazione di un creditore, del Commissario giudiziale o del Pubblico Ministero, con provvedimento “non soggetto a reclamo”, sentiti il debitore e i creditori che hanno proposto il ricorso per l'apertura della liquidazione giudiziale, e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, revoca il decreto di concessione del termine ove constino atti di frode non dichiarati, oppure il debitore tenga una condotta incompatibile con una soluzione efficace della crisi ovvero ometta di adempiere agli obblighi informativi o di versare il fondo spese.
Altra ipotesi di revoca del decreto è prevista dall’art. 46, comma. 1, ultima parte, quando dopo la proposizione della domanda di concessione del termine, siano compiuti dal debitore atti di straordinaria amministrazione senza la previa autorizzazione del Tribunale. 
Come già esposto l'art. 46 consente, infatti, all’imprenditore, dopo il deposito della domanda prenotativa, di compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione solo previa autorizzazione del Tribunale. La domanda deve contenere idonee informazioni sul contenuto del piano, chiarire la funzionalità dell’atto che si intende compiere rispetto al percorso intrapreso e specificare le ragioni per cui l’operazione è indifferibile. Nell'ipotesi in cui l'atto sia compiuto senza la prevista autorizzazione non solo lo stesso è inefficace ma comporta la revoca del termine concesso ai sensi dell'art. 44, comma 1.
Manca una disposizione espressa che escluda la riproponibilità della domanda una volta che sia stato revocato il termine. In dottrina si è ritenuto che il debitore, sebbene decaduto dal termine, sia legittimato a presentare proposta e piano “completi”, salvi gli effetti derivanti dalla contestuale pendenza o dalla successiva presentazione di domande di apertura della liquidazione giudiziale[23]. Peraltro, al netto dell’ipotizzabile abuso, nel caso concreto, dello strumento concordatario, l’art. 47, comma 6, CCII condiziona la riproponibilità della domanda di concordato ad un mutamento di circostanze che andrebbe segnalato e argomentato.
9 . Le misure protettive e cautelari in pendenza del termine
Nel contesto della legge fallimentare, dalla data della pubblicazione della domanda “con riserva” nel Registro delle imprese erano assicurati al debitore, sulla base del disposto dell’art. 168 L. fall., in via automatica gli effetti della protezione anticipata del patrimonio, essendo inibito ai creditori per titolo o causa anteriore di iniziare o proseguire procedimenti esecutivi e cautelari, ed essendo sterilizzati gli effetti delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni precedenti, qualificate come inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato. La norma trovava applicazione già in questa fase in ragione della piena sovrapposizione, sul punto degli effetti sostanziali, della domanda prenotativa rispetto alla domanda di concordato ordinario.
Lo schema muta nel nuovo Codice come conseguenza del venir meno dello schermo protettivo ampio dell’automatic stay quale effetto connaturato alla domanda. Nella cornice codicistica, lo scudo temporaneo si apre solo in quanto richiesto e specificamente giustificato; esso, inoltre, se in prima battuta si conforma secondo l’ampiezza voluta dal debitore, in un momento procedimentale subito successivo viene sottoposto alla conferma del giudice, quindi necessariamente calibrato sulle verificate esigenze del progetto di ristrutturazione in itinere. Tali esigenze potranno in concreto anche affiorare in un momento successivo, potendo il debitore richiedere ulteriori misure protettive ex art. 54, comma 3, anche in aggiunta a quelle eventualmente ab initio richieste.
Specificamente, nell’ipotesi di domanda con riserva ai sensi dell’art. 44 CCII, qualora l’imprenditore ne abbia fatto formale richiesta nella domanda di concessione del termine, per il disposto dell’art. 54 comma 4, si determinano del tutto transitoriamente effetti protettivi affini a quelli previsti dall’art. 168 L. fall. dalla data della pubblicazione della domanda nel Registro delle imprese; così pure, come in precedenza, dalla stessa data le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano[24]. La protezione attende un sollecito vaglio giudiziale.
Quello che, tuttavia, marca una distanza rispetto allo stay della legge fallimentare è che con il Codice l’automatismo della protezione è instabile e temporaneo, non permane sino alla definizione del procedimento concorsuale, poiché le misure protettive sono provvisorie e necessitano di conferma da parte del Tribunale, mediante un decreto che ai sensi dell’art.55 dovrà pervenire nel termine di trenta giorni dall’iscrizione della domanda nel Registro delle imprese.
Il divario è significativo. Nel contesto della legge fallimentare la protezione del patrimonio si innescava con la mera richiesta di un termine, autorreggendosi su quella tendenzialmente per mesi e mesi, di fatto consentendo al debitore di tenere aperto l’ombrello protettivo quand’anche non fosse affatto in grado, a livello di numeri e di risorse, di elaborare una proposta e un piano. Adesso all’imprenditore è imposto di attivarsi senza indugio al fine di conservare un effetto altrimenti oltremodo precario; attivarsi significa assumere una condotta persuasiva nei confronti del giudice chiamato a confermare, operando una sia pur parziale e sintetica rappresentazione del programma che si sta predisponendo, delle iniziative nel frattempo intraprese, delle risposte ricevute da creditori e stakeholders e – infine – dei motivi specifici e congrui che segnalano la rispondenza del blocco invocato agli obiettivi e ai mezzi ristrutturatori prescelti. Sotto questo aspetto viene significativamente attutita, almeno in parte, la potenzialità dell’utilizzo opportunistico e dilatorio della “riserva”.
L’introduzione di un intervento del Tribunale costituisce il portato della direttiva unionale (Dir. 1023/2019) caratterizzata da un bilanciamento tra gli interessi degli imprenditori in crisi di accedere ai quadri di ristrutturazione e il potenziale irreparabile danno che potrebbe determinarsi in capo ai creditori in ragione del blocco delle iniziative intraprese per il recupero dei crediti. 
La direttiva ha imposto, inoltre, una durata circoscritta delle misure protettive. 
Pertanto, il giudice in sede di conferma dovrà tener conto del termine massimo previsto - fissato dall’art. 55, comma 3 – di quattro mesi, prorogabile, in tutto o in parte, sino a complessivi dodici a mente dell’art. 8 CCII, su istanza del debitore e acquisito il parere del Commissario giudiziale, se nominato, ma solo nell’ipotesi in cui siano forniti riscontri circa il compimento di significativi progressi nelle trattative sul piano di ristrutturazione e sempre che la proroga non arrechi ingiusto pregiudizio ai diritti e agli interessi delle parti interessate (così recita il comma 4 del medesimo articolo 55). In buona sostanza, il tempo concesso sarà direttamente proporzionato alla bontà del progetto: l’interlocuzione con i creditori e gli altri interessati progredirà in modo convincente, più il sentiero concorsuale imboccato si manterrà protetto. Il riferimento alle trattative fa emergere come la fase interinale del procedimento unitario rappresenti, oltre che uno spazio di elaborazione strategica del rilancio dell’impresa, un momento di indispensabile negoziazione con tutti i soggetti che occupano a vario titolo l’orbita dell’attività dell’impresa, soggetti dal cui consenso dipende in larga parte la sostenibilità economica dell’ipotesi ristrutturatoria in gestazione ristrutturazione. È significativo anche che il parametro di riferimento delle trattative sia fatto coincidere dalla norma con il limite dell’ingiusto pregiudizio, che nel quadro delle norme sul concordato di cui agli artt. 84 ss. CCII concordatari sostituisce la clausola del “miglior soddisfacimento dei creditori”: è ingiusto ciò che è deteriore rispetto all’alternativa liquidatoria, lo è anche ciò che è discriminatorio rispetto a posizioni analoghe, non lo è quel che appare funzionale al ripristino dell’equilibrio economico-finanziario e non più deteriore di ciò che lo scenario liquidatorio lascia già allo stato ipotizzare[25].
Considerato che nel calcolo del termine complessivo dovrà tenersi conto delle eventuali misure protettive già richieste e fruite in seno alla composizione negoziata, è evidente che l’imprenditore in questa fase “interinale” dovrà procedere speditamente nell’impostazione dello strumento di ristrutturazione di cui intende avvalersi per non rischiare di perdere l’ombrello protettivo quando ancora il quadro non è definito e gli accordi sono in corso. Altrettanto celermente dovrà procedere il giudice designato per la conferma delle misure protettive se si considera che ai sensi dell’art. 55, comma 3, CCII è chiamato a provvedere entro 30 giorni dall’iscrizione della domanda nel Registro delle imprese e se il deposito del decreto non interviene nel termine gli effetti protettivi cessano.
Un differente procedimento è previsto per l’ipotesi in cui il debitore, nella pendenza del termine, valuti opportuno avvalersi di “ulteriori misure temporanee per evitare che determinate azioni di uno o più creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza” (art. 54, comma 2, ultima parte, CCII). Questa innovativa previsione normativa consente quindi all’imprenditore di ricorrere anche a quelle misure protettive atipiche che si rendessero necessarie per inibire condotte che potrebbero risultare ostative della ristrutturazione in corso. In tal caso le misure vanno richieste al Tribunale, il quale provvede, nel contraddittorio delle parti, con decreto motivato, assunte, se necessario, sommarie informazioni a mente dell’art. 55, comma 2. Analoghe modalità procedimentali sono previste nel caso in cui, in costanza di termine prenotativo, ci si avvalga dell’ulteriore nuova possibilità, su istanza di parte, di emissione ai sensi dell’art. 54, comma 1, CCII di provvedimenti cautelari, quando si palesino indispensabili ad assicurare, seppure provvisoriamente, l’attuazione delle sentenze di omologazione di strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza[26].
È precisato dal comma 5 dell’art. 54 che le misure protettive disposte conservano efficacia anche quando il debitore, in pendenza del termine concesso ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera a), avvalendosi della facoltà che proprio la peculiarità del dell’accesso al procedimento unitario con riserva gli consente, propone una soluzione di regolazione della crisi e dell’insolvenza differente da quella inizialmente immaginata nella domanda depositata ai sensi dell’articolo 44.
Originale rispetto al passato è anche l’estensione delle misure protettive, che ora si allargano significativamente sia soggettivamente che oggettivamente.
Quanto alla dimensione soggettiva, viene meno nella nuova previsione la delimitazione alle azioni dei creditori con titolo o causa anteriore alla pubblicazione della domanda, essendo la previsione riferita genericamente a tutti i creditori.
Dal punto di vista oggettivo, lo stay arriva comprendere tutti i beni e diritti tramite i quali si esercita l’attività di impresa e non solo ai beni che appartengono al patrimonio del debitore. È una svolta legislativa che appare significativa di un’urgenza di protezione reale del going concern. Sulla titolarità formale dei beni fa premio infatti la destinazione funzionale dei medesimi alla produzione imprenditoriale. Il patrimonio è difeso in altri termini nella sua dimensione qualitativa. 
10 . Il mancato deposito del piano
L’art. 49, comma 2, CCII regola in modo tranchant le conseguenze del mancato deposito nel termine interinale della proposta e del piano.
Qualora consti il ricorso di uno dei soggetti legittimati, il Tribunale provvede all’apertura della liquidazione giudiziale. 
Vanno osservate, a tal fine, le disposizioni di cui all’art. 44, comma 2, CCII il che implica l’esigenza di dar corso ad un contraddittorio deformalizzato fra il debitore e i creditori che hanno proposto il ricorso. Il contraddittorio naturalmente verterà sulla sussistenza del presupposto oggettivo, rappresentato dall’insolvenza, mentre il presupposto soggettivo della liquidazione giudiziale dovrebbe già essere stato vagliato, non potendo accedere gli imprenditori sotto- soglia alla domanda prenotativa.
Benché la norma non lo precisi è fisiologico che l’apertura della liquidazione giudiziale debba essere preceduta da una declaratoria di inammissibilità della domanda concordataria, che prenda atto del difetto radicale di un suo presupposto, id est il deposito contestuale della proposta, del piano e del corredo rappresentato dall’attestazione. La dichiarazione di inammissibilità rappresenterà d’altronde l’epilogo del procedimento avviato con riserva ogni qualvolta, mancando un ricorso idoneo a sorreggere l’apertura della liquidazione, il giudice, non potendo officiosamente dare avvio a tale procedura, finisca per doversi limitare a definire negativamente la sola parentesi interinale. In tal caso, qualora il Tribunale rilevi uno stato di insolvenza sarà essenziale si curi di investire il Pubblico Ministero per le valutazioni e determinazioni di sua competenza ai sensi e per gli effetti dell’art. 38 CCII.
Va ribadito che manca nel Codice una disposizione espressa, quale era quella prevista dal comma 9 dell’art. 161 L. fall., per cui in caso di concessione del termine senza successivo deposito del piano va esclusa la riproponibilità di una ulteriore domanda prenotativa. È stato chiarito in dottrina[27] che l’assenza di questa previsione è giustificata dall’esigenza di evitare la prassi - non virtuosa - per cui talvolta i debitori, quando non arrivavano in tempo al deposito della documentazione integrativa, rinunciavano alla domanda per poter proporre nuovamente una domanda di concordato preventivo con riserva. Questo aveva determinato inevitabili risposte della giurisprudenza in termini di abuso del processo[28].
Ora l’art. 47 CCII all’ultimo comma opportunamente precisa che la domanda dichiarata inammissibile può essere riproposta solo quando si verifichino mutamenti delle circostanze. La previsione è senz’altro trasponibile nella domanda prenotativa di accesso agli strumenti negoziali di regolazione della crisi e dell’insolvenza in quanto espressione di un principio di carattere generale. Se nessun mutamento interviene rispetto alla situazione che aveva generato la prima domanda, se non si determinano nuovi presupposti, l’inutile decorso del termine assegnato impedisce al debitore un ulteriore accesso al medesimo strumento. 
11 . Osservazioni conclusive
La fase interinale prima riservata al concordato preventivo in bianco è divenuta nel Codice un corridoio protetto utilizzabile in relazione a tutti gli strumenti di regolazione della crisi.
La crisi è una situazione fisiologica che esige di d’essere affrontata sia selezionando al meglio i contenuti del progetto di ristrutturazione, sia travasandoli nello strumento nel caso concreto più adeguato.
È quindi fisiologica ed essenziale la previsione di un tempo in cui l’imprenditore possa lavorare con i suoi professionisti, in tranquillità alla scelta e nell’elaborazione di una soluzione negoziale, al riparo delle iniziative dei creditori che potrebbero pregiudicare la predisposizione del piano.
Le misure protettive rappresentano quasi sempre un elemento imprescindibile nella fase di predisposizione del piano di risanamento, ma il loro quadro concettuale e teleologico è ora inserito in una cornice nuova, fatta, per un verso, di un maggior controllo giudiziale sulla inerenza funzionale della protezione rispetto alla ristrutturazione, per altro verso, di regole processuali omogenee quali che siano la dimensione del dissesto, la qualità del soggetto, lo strumento con cui ci si prefigge di fronteggiare lo squilibrio.
Nella legge fallimentare, l’automatic stay che scattava dalla domanda prenotativa creava per gli imprenditori meno leali e diligenti una tranquillizzante zona franca contrassegnata spesso da condotte abusive, che finivano per aggravare il peso dello squilibrio. Il successo del concordato preventivo è stato probabilmente dovuto proprio all’ampiezza e alla prontezza dello schermo di difesa utilizzabile dal debitore e alla sua attitudine a paralizzare, di fatto, con una domanda prenotativa anche di poche righe e immotivata, qualsiasi aggressione dei creditori. 
Ora il Codice ha rimosso dall’ordinamento interno, in linea con l’impulso unionale della Direttiva 2019/1023, l'effetto di protezione indiscriminata del patrimonio del debitore in rapporto alle iniziative dei singoli creditori, che era il tratto più caratterizzante del concordato in bianco. L'unificazione del modello processuale ha uniformato e razionalizzato, almeno nelle intenzioni, l’ombrello protettivo e cautelare, che è unico, e che quando non viene aperto su disposizione del giudice, dal giudice dev’essere comunque quanto meno confermato.
La parentesi prenotativa, che molto spesso in anni recenti è stata utilizzata non come un incipit di affronto della crisi, ma per rimandare scelte doverose di fronte al suo divampare, è ora riportata ad una dimensione meno strumentalizzabile.
Ciò dovrebbe ridurre gli abusi nell’utilizzo dello strumento e restringere il ricorso ad esso ai casi in cui in effetti la protezione valga a supportare una negoziazione ad armi pari con i creditori, magari in coda ad una composizione negoziata della quale la fase interinale può rappresentare di fatto un’appendice e la soluzione concorsuale un possibile epilogo.

Note:

[1] 
Cass., Sez. Un., 15 maggio 2015 nn. 9934, 9935 e 9936. Le Sezioni Unite con le pronunce indicate hanno espresso i principi di diritto per cui il procedimento prefallimentare iniziato su istanza del creditore o su richiesta del Pubblico Ministero non è improcedibile per la pendenza di una domanda di concordato preventivo, ordinario o con riserva, ma la declaratoria di fallimento è impedita sino al verificarsi degli eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e 180 L. fall. e quindi, nell’ordine, quando la domanda di concordato sia stata dichiarata inammissibile, quando sia stata revocata l'ammissione alla procedura, quando la proposta di concordato non sia stata approvata e quando, all'esito del giudizio di omologazione, sia stato respinto il concordato. Operativamente, utilizzando le regole processualcivilistiche, affermano le Sezioni Unite che la contemporanea pendenza delle procedure comporta la riunione dei relativi procedimenti ai sensi dell'art. 273 c.p.c., se pendenti innanzi allo stesso giudice, ovvero l'applicazione delle disposizioni dettate dall'art. 39 comma 2 c.p.c. in tema di continenza e competenza, se pendenti innanzi a giudici diversi. Più recentemente sul punto Cass. 31 marzo 2021 n. 8982.
[2] 
In tema v. ex multis E. Ceccherini, Il concordato preventivo con prenotazione, in Dir. fall., 2013, I, p.318; E. Marinucci, La domanda di concordato preventivo dopo il “decreto sviluppo”: legge fallimentare e banckruptcy code a confronto, in Riv. dir. proc., 2013, p.426.
[3] 
Un utile catalogo della giurisprudenza di merito sull’esperienza applicativa del concordato con riserva nei primi anni di vigenza dell’istituto è contenuto in M. De Linz, La domanda di concordato preventivo “con riserva”, in Giur. comm., 2, 2016, 227. Per un esame compiuto della prima giurisprudenza v, P. Vella, Il controllo giudiziale sulla domanda di concordato preventivo ‘‘con riserva’’, in Il Fall., 2013, p.77 e ss. 
[4] 
Il corpus normativo originario del CCII non prevedeva espressamente l’istituto della domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi con riserva, tanto che in dottrina la lacuna era stata ampiamente stigmatizzata. V. G. Bozza, L'enigma del concordato con riserva nella bozza del Codice della Crisi e dell'Impresa, in www.ilcaso.it, 30 luglio 2018.
[5] 
Sul contenuto della domanda nel vigore dell’art. 161, co. 6, L. fall. v. M. Fabiani, Poteri delle parti nella gestione della domanda prenotativa di concordato in bianco, in Il Fall., 9, 2013, p.1051.
[6] 
G. Bozza, op.cit. L’autore argomenta la ricostruzione della domanda di concordato con riserva come parte integrante della procedura di concordato preventivo, e non semplice richiesta di concessione di un termine sulla base delle seguenti considerazione: a-il richiamo sia nel comma sesto che nel comma ottavo dell'art. 161 al regime di inammissibilità propri della procedura di concordato preventivo di cui all'art. 162, commi 2 e 3 L. fall.; b- l'applicazione già in questa fase dell'art. 173, per cui, a seguito della iniziativa del Commissario si apre d'ufficio lo stesso procedimento che segue alla medesima iniziativa del Commissario nel concordato pieno, che si svolge nelle forme di cui all'art. 15 L. fall.; c- l'immediatezza della produzione degli effetti tipici della domanda di concordato pieno fin dalla pubblicazione del ricorso per concordato in bianco nel Registro delle imprese: dal blocco delle azioni esecutive e cautelari all'applicazione della normativa fallimentare richiamata dall'art. 169, dalla sospensione delle procedure per la copertura delle perdite del capitale sociale e inoperatività della norma che prevede come causa di scioglimento la perdita del capitale sociale al di sotto del minimo legale alla sospensione o scioglimento dei contratti pendenti, dalla possibilità di contrarre finanziamenti prededucibili a quella di effettuare pagamenti di crediti anteriori per prestazioni di beni e servizi strategici e funzionali alla continuità aziendale, e così via.
[7] 
Sul punto in giurisprudenza v. Cass., 14 marzo 2016 n. 4977; Cass., 27 novembre 2019 n. 31051; Cass., 12 marzo 2020 n. 7117, in www.dejure.it.
[8] 
Quand’anche mancasse il dato positivo, generalmente nel sistema regolato dalla legge fallimentare si riteneva necessaria l’assistenza di un difensore, trattandosi di ricorsi con cui si accede a procedimenti destinati ad incidere su diritti e/o status, con applicazione conseguente della regola generale del ministero di un difensore di cui agli artt. 82 e 83 c.p.c. v. sul punto M. Fabiani, op. cit., p.1051 e ss.
[9] 
M. Fabiani, op. cit., p.1053. 
[10] 
In merito v. A. Savoia, I bilanci delle imprese, individuali e collettive, e l'obbligo di deposito ai fini dell'accesso al concordato preventivo con riserva, in Società, 2022, 2, p.211 in nota a Cass., 11 novembre 2021 n. 33594.
[11] 
Cass. 23 febbraio 2022 n. 6054 in www.dirittodellacrisi.it.
[12] 
Sul punto da ultimo Cass. 23 febbraio 2022 n. 6054; Cass.11 novembre 2021 n.33594; Cass. 23 luglio 2021, n. 21188, tutte in www.dirittodellacrisi.it.
[13] 
Cass. 26 maggio 2022, n. 17164 in www.dirittodellacrisi.it.
[14] 
In tema, con riferimento al concordato c.d. “in bianco”, v. F. D’Angelo, Il nuovo volto del concordato preventivo, in Giur. comm., I, 2014, p.497.
[15] 
Nella legge fallimentare la deliberazione della proposta in seno alle società era articolata in maniera differente per le società di persone (approvazione da parte dei soci che rappresentano la maggioranza assoluta del capitale) rispetto alle società di capitali (delibera degli amministratori).
[16] 
Cass. 12 gennaio 2017, n. 598, in www.italgiure.giustizia.it.
[17] 
Cass. 4 settembre 2017, n. 20725, in www.italgiure.giustizia.it.
[18] 
Cass. 12 marzo 2020, n. 7117 e Cass. 11 novembre 2021 n. 33594, entrambe in www.italgiure.giustizia.it.
[19] 
Cass. 26 maggio 2022, n. 17164 in www.dirittodellacrisi.it.
[20] 
Per una ricostruzione dell’abuso del diritto sul tema v. R. Russo, Concordato preventivo in bianco e dichiarazione di fallimento: tra possibili interferenze e rischio di abuso del processo in Giur. it. 2018, p.134 e ss., nota a Trib. Asti, 27 aprile 2017.
[21] 
Circa la decorrenza del termine se dalla domanda o dal provvedimento nel vigore della legge fallimentare v. Cass., 19 novembre 2018, n. 29740, in Il Fall., 2019, p. 1364, con nota critica di M. Gaboardi. La Corte afferma che il termine concesso dal Tribunale decorre dalla data di presentazione della domanda, non da quella dell’emissione del provvedimento di concessione del termine, né dalla comunicazione di tale provvedimento da parte della cancelleria. Sul punto F. De Santis, Il processo di concordato preventivo, in Il Fall., 2020, 10, pp. 1263 - 1264 osserva che le criticità che poneva l’orientamento giurisprudenziale citato – per la ricaduta sul debitore del ritardo del giudice o della cancelleria - parrebbe superato dalla previsione dell’art. 44, comma 1, lett. d), CCII, a tenore del quale il decreto di fissazione del termine deve essere immediatamente trascritto, a cura del cancelliere, nel Registro delle imprese. L’autore ne deduce che il termine decorre ora dalla detta iscrizione, siccome forma idonea di pubblicità del provvedimento sia a vantaggio dei creditori e dei terzi, sia a vantaggio dello stesso debitore, che ha pari possibilità di accesso a tale pubblicità degli altri citati soggetti.
[22] 
Cass. 20 ottobre 2005, n. 20291, in www.italgiure.giustizia.it.
[23] 
F. De Santis, op.cit., p. 1264.
[24] 
Per una compiuta disamina dell’istituto v. L. Baccaglini e L. Calcagno, Le misure protettive e cautelari nel CCII: note a prima lettura, in questo Speciale; I. Pagni, Le misure protettive e le misure cautelari nel codice della crisi e dell’insolvenza, in Le società, 2019, 438; M. Fabiani, Le misure cautelari e protettive nel codice della crisi di impresa, in Riv. dir. proc., 2019, 849 ss.; G. Scarselli, Le misure cautelari e protettive del nuovo codice della crisi, in www.judicium.it, 8 aprile 2019.
[25] 
Così S. Leuzzi, L’evoluzione del valore della continuità aziendale nelle procedure concorsuali, in Nuove leggi civ. comm., 2, 2022, 479.
[26] 
Per l’esame dell’istituto si rimanda a L. Baccaglini e L. Calcagno, Le misure protettive e cautelari nel CCII: note a prima lettura, in questo Speciale.
[27] 
I. Pagni, op.cit., p. 549 e ss.
[28] 
Cass. 25 ottobre 2018 n. 27120, in www.ilcaso.it.

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Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

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