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Saggio

L’accollo del passivo nel concordato in continuità*

Federico Clemente e Irma Infascelli, Dottori Commercialisti in Bergamo

21 Luglio 2021

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.

Visualizza: Trib. Bergamo, 30 settembre 2020, Pres. De Simone, Est. Magrì

L’accollo del passivo di un debitore imprenditore può essere collocato nell’ambito della procedura di concordato preventivo in continuità, con interessanti applicazioni. 
La costruzione giuridica solleva certamente alcuni temi giuridici e necessita di una serie di accortezze. 
Peraltro, la stessa può costituire una soluzione particolarmente efficace, liberando altresì i creditori dai più rilevanti profili di rischio e incertezza sovente correlati alle proposte concordatarie. 
Riproduzione riservata
1 . Introduzione
Come è patrimonio acquisito di conoscenza per gli operatori del settore, la proposta in continuità comporta che la società prosegua nella propria attività d’impresa, e grazie ai flussi prodotti dalla gestione in termini di variazione del capitale circolante possa fronteggiare le proprie passività sia correnti che antecedenti la domanda di concordato preventivo, queste ultime nella misura e secondo i tempi della proposta concordataria[1].
Tra le specificità del concordato in continuità, si ricorda per quanto qui di interesse la possibilità di riservare ai creditori chirografari una percentuale minima di soddisfacimento non prefissata e quindi per ipotesi inferiore, anche marcatamente, alla percentuale minima del venti per cento di cui al concordato liquidatorio. Di contro, vi è la necessità ai sensi dell’art. 186-bis, comma 2 che la prosecuzione dell’attività prevista dal piano sia funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.
La proposta si può combinare con la facoltà concessa dall’articolo 160, comma 1, L. fall. secondo cui la ristrutturazione dei debiti può avvenire anche mediante accollo.
Opera altresì la facoltà di cui all’articolo 160, comma 2 L. fall., con la possibile soddisfazione del passivo privilegiato in misura non inferiore a quanto ricavabile dai beni gravati da prelazione, avuto riguardo al loro valore di mercato, come da specifica attestazione del professionista all’uopo incaricato, con retrocessione al chirografo dei creditori prelatizi per la parte non soddisfatta dal valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. Tale facoltà va perseguita ovviamente con le regole di cui all’art. 182 ter L. fall., in ipotesi di riduzione e/o dilazione di poste erariali e contributive.
 La combinazione di questi fattori può portare ad una proposta in cui il debitore prosegue l'attività, i debiti con prelazione vengono soddisfatti nei limiti di cui all'articolo 160, comma 2, i debiti chirografari (ivi compresa la quota degradata delle poste originariamente prelatizie) vengono pagati in percentuale, e il passivo comprensivo di fondi rischi viene accollato a un soggetto terzo, con impegno al pagamento entro un tempo prefissato e surroga dell'accollante nelle posizioni dei creditori verso l'imprenditore in concordato. Ovviamente, la surroga opera nel limite del passivo concordatario, ossia per gli importi rideterminati in conformità alla proposta di concordato e alla sua omologazione. 
L'intervento dell'accollante deve essere almeno pari al valore degli attivi determinato ai sensi dell'articolo 160, comma 2 L. fall. per quanto riguarda i creditori privilegiati, e conseguentemente deve prevedere un importo ulteriore a coprire fondi rischi e quota percentuale di soddisfacimento dei creditori chirografari. La proposta potrà altresì prevedere che le quote di partecipazione nella società debitrice, ove in forma societaria, vengano trasferite all'accollante o a soggetto ad esso riferibile.
2 . Peculiarità della proposta
Una siffatta costruzione concordataria risponde ed offre soluzioni ad una serie di questioni che si pongono sistematicamente sul cammino degli operatori del diritto concorsuale. Trattandosi di proposta in continuità l'impresa in concordato può proseguire la propria attività, ancorché sotto la vigilanza del commissario giudiziale.
Dal punto di vista concorsuale, come si è accennato, il primo risvolto significativo è insito nella possibilità che ai creditori chirografari venga offerta una percentuale minima non vincolata, e quindi anche inferiore al venti per cento. Di converso, gli effetti reddituali e finanziari della prosecuzione della gestione saranno di pieno ed esclusivo appannaggio del debitore, in quanto il piano di ristrutturazione non è basato sugli esiti della gestione e sulle conseguenti variazioni di circolante, ma sull’accollo dei debiti.
A ciò si accompagna il superamento delle tematiche connesse alla cosiddetta "finanza esterna" nel concordato in continuità, ossia alla possibile destinazione dei flussi di liquidità prodotti dall'impresa dopo la domanda di concordato per effetto della prosecuzione della gestione. Come è noto, secondo una interpretazione più restrittiva supportata dalla giurisprudenza della Cassazione[2], tale liquidità costituisce una componente patrimoniale societaria e, come tale, deve essere destinata alla soddisfazione dei creditori secondo l'ordine delle prelazioni, in ossequio ai dettami dell'art. 2740 c.c., per cui "il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri". Pertanto, secondo il vigente orientamento del giudice di legittimità i flussi in questione non possono essere destinati al pagamento dei creditori chirografari se non nella misura eccedente quella necessaria al pagamento integrale dei creditori prelatizi.
La costruzione concordataria in esame, grazie all'intervento esterno dell'accollante, può consentire al contrario il degrado dei creditori prelatizi, in quanto la liquidità ad essi offerta per il tramite dell'accollante non transita nel patrimonio del debitore, ma viene direttamente corrisposta ai creditori dall'accollante stesso, così rispettando l'indirizzo della Suprema Corte, secondo cui " il terzo finanziatore può intervenire con mezzi propri a pagare i debiti del fallito senza dover sottostare alle regole del concorso ....alla condizione che l'intervento non comporti alcuna variazione dello stato patrimoniale del debitore... ".
Dal punto di vista dell'accollante, laddove sia prevista anche la cessione delle quote al medesimo si può rilevare come, di fatto, quest'ultimo possa acquisire la proprietà della realtà imprenditoriale ad un corrispettivo non lontano dai valori liquidatori. Infatti, l'importo offerto ai creditori deve essere parametrato al valore degli attivi ai sensi dell'articolo 160, comma 2  L. fall., cui aggiungere una cifra per ipotesi anche relativamente contenuta.
Come ormai costituisce percorso acquisito, il valore ex art.160, secondo comma  L. fall. è dato da quanto realizzabile in sede di liquidazione ordinaria, come indicato dai Principi di attestazione dei piani di risanamento e, ove non sia percorribile la liquidazione ordinaria, da quanto realizzabile in ambito di fallimento. Non va ovviamente dimenticato che tra gli attivi presi in considerazione dovranno essere compresi gli esiti delle possibili azioni risarcitorie e revocatorie, nonché le eventuali possibilità di cessione dell'azienda in funzionamento (cosicché anche il potenziale avviamento venga ad essere compreso tra i valori da offrire ai creditori). 
Da non sottovalutare, sempre dal punto di vista dell'accollante, che l'acquisizione dell'attività di impresa tramite l’ingresso nella partecipazione societaria avviene di fatto senza gara, come in prosieguo ulteriormente sviluppato.
Quanto ai tempi di pagamento da parte dell’accollante, si ritiene che gli stessi possano essere modulati, a fronte di adeguate garanzie. 
Volgendo lo sguardo ai creditori, gli stessi potranno evitare i rischi correlati ad un ordinario piano di continuità, in termini di risultati attesi, formazione di passivo prededucibile, effetti sui tempi di realizzo.
L'intervento dell'accollante, infatti, consolida i tempi e le percentuali di incasso.
Inoltre, in ipotesi di esecuzione di pagamento in tempi brevi i creditori, in relazione ad operazioni a suo tempo assoggettate ad IVA, potranno rapidamente avvantaggiarsi dei benefici correlati alla possibile emissione delle note di variazione per IVA ex art. 26 D.P.R. 633/72, con un recupero del relativo credito senza dover attendere i tempi, non brevi, di una ordinaria proposta concordataria (tanto liquidatoria che in continuità). 
Ovviamente, la costruzione presuppone da parte dell'accollante una disponibilità finanziaria importante ed adeguata, se del caso con correlate garanzie.
3 . Le offerte concorrenti ex art. 163 L. fall. nei concordati con accollo e con assuntore
La fattispecie in esame offre l’occasione di richiamare il tema della possibilità o meno di una procedura competitiva in una proposta di concordato con accollo del passivo ovvero con assuntore.
In tali proposte, si osserva in primo luogo, non si realizza una cessione di beni e diritti a terzi dietro corrispettivo.
Ciò porta ad escludere la necessità di procedure competitive secondo il tracciato degli articoli 107 e ss.  L. fall.
Lo sguardo quindi volge all’articolo 163 bis L. fall., a norma del quale “quando il piano di concordato di cui all’articolo 161, secondo comma, lettera e), comprende una offerta da parte di un soggetto già individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore, anche prima dell’omologazione, verso un corrispettivo in denaro o comunque a titolo oneroso dell’azienda o di uno o più rami d’azienda o di specifici beni, il tribunale dispone la ricerca di interessati all’acquisto disponendo l’apertura di un procedimento competitivo a norma delle disposizioni previste dal secondo comma del presente articolo”.
Il dettato letterale ad avviso di chi scrive è estremamente chiaro, e richiama esclusivamente l’acquisto dell’azienda (o di rami) o comunque di beni a titolo oneroso.
Nel concordato con assuntore, non c’è un corrispettivo, né un passaggio di una azienda o di beni, ma semmai di tutto l’attivo e di tutto il passivo.
Nel concordato con accollo, si ha semplicemente la surroga dell’accollante nel passivo, in misura concordataria, e quindi analogamente mancano sia il corrispettivo che la cessione di azienda o di beni.
Al riguardo, si richiama il filone giurisprudenziale secondo cui nel concordato con assuntore non sarebbe ammissibile una procedura competitiva ai sensi dell’articolo 163-  L. fall.[3].
È stato al riguardo affermato[4] che “il soggetto che si propone di assumere il concordato subentra nella stessa posizione attiva ma anche in quella passiva della società in concordato, sostituendosi ad essa e divenendone successore, mentre chi acquista l’azienda, uno o più rami o specifici beni dietro un determinato corrispettivo, succede solo nei singoli rapporti legati e conseguenti al bene o ai beni acquistati”.
Ne deriva, ad avviso dell’Organo di giustizia, che le posizioni non possono essere equiparate, in quanto “la competizione prevista e disciplinata dall’articolo 163-bis  L. fall. e/o dall’articolo 182  L. fall., ispirata alla ratio e alla logica di cui all’articolo 107  L. fall., è solo quella che riguarda il trasferimento a titolo oneroso ad un soggetto di singoli specifici beni, ivi compresa l’azienda o più rami di essa, non attagliandosi invece alla diversa fattispecie del subentro di un terzo nella stessa posizione complessiva della società in concordato”.
Tali considerazioni, a giudizio degli scriventi, valgono anche per il concordato con accollo, mancando del tutto il trasferimento di beni a terzi.
La circostanza del passaggio contestuale (o preventivo) delle quote all’accollante rafforza sul punto la assimilabilità delle posizioni tra accollante ed assuntore, conducendo alla concentrazione di attivo e passivo in capo ad un medesimo soggetto o comunque ad un medesimo centro di interessi.
Ovviamente, resterà aperta la possibilità di proposte di concordato concorrenti ai sensi dell’articolo 163  L. fall.
4 . Natura della proposta
Così delineate la struttura e la peculiarità della proposta, è doveroso approfondire alcuni temi giuridici ed interpretativi correlati.
La configurazione del piano pone, indubbiamente, il tema della compatibilità della proposta con il concordato in continuità.
Il quadro d’insieme, ad avviso di chi scrive, consente di affermare che la continuazione dell’attività d’impresa diviene effettivamente lo strumento per fronteggiare il passivo concordatario.
Tale passivo infatti, ancorché alla luce dell’accollo e del conseguente regresso, non perde la propria natura di debito ante procedura ristrutturato grazie alla proposta di concordato, e il suo soddisfacimento potrà avvenire (nei confronti dell’accollante, nuovo soggetto creditore) proprio grazie alla prosecuzione dell’attività.
Si richiama al riguardo un decreto di apertura di procedura di concordato preventivo emesso dal Tribunale di Bergamo[5]. Il Tribunale, dopo avere rilevato che “la proposta di concordato prevede la prosecuzione dell’attività d’impresa in capo ad ... S.r.l., mediante l’accollo liberatorio dei debiti concordatari da parte di un terzo assuntore”, ha ritenuto che “il concordato possa essere qualificato con continuità aziendale diretta, posto che la società ... S.r.l. in liquidazione proseguirà nella sua attività produttiva e commerciale e, subito dopo l’omologazione, delibererà la revoca del proprio piano di liquidazione”, realizzando altresì la “forma del concordato con assuntore ex art. 160, primo comma lettera b”, alla luce del “trasferimento degli attivi concordatari in capo all’assuntore (mediante cessione del 95% delle quote societarie), a fronte del suo impegno, vincolante a soddisfare i debiti concordatari, con liberazione della società debitrice ... S.r.l.”, e “successione universale dell’assuntore nei rapporti giuridici passivi facenti capo alla società debitrice, con contestuale liberazione immediata di quest’ultima dalle sue obbligazioni, ai sensi dell’articolo 186, quarto comma l.f.”. 
Una possibile obiezione potrebbe risiedere nella considerazione che il pagamento dei creditori non avverrebbe tramite i flussi. In realtà, i debiti concorsuali vengono pagati all’accollante in virtù del regresso di quest’ultimo, e proprio grazie alla prosecuzione dell’attività d’impresa. Si richiama adesivamente quanto affermato in un caso analogo da recente giurisprudenza della Corte d’Appello di Venezia[6], secondo cui “è priva di un adeguato riscontro nella normativa attualmente applicabile la tesi… per cui nel caso di continuità aziendale la proposta di concordato debba necessariamente prevedere la diretta destinazione a favore dei creditori dei flussi reddituali rivenienti dalla continuazione dell’attività d’impresa… L’articolo 186-bis non dispone quale elemento indefettibilmente caratterizzante il concordato con continuità aziendale che i proventi in qualsiasi modo ritratti dall’esercizio dell’attività d’impresa in continuità debbano essere, nella proposta e nella previsione del piano, direttamente destinati ai creditori, né che questi debbano necessariamente partecipare al rischio d’impresa e quindi all’alea derivante dalla prosecuzione dell’attività”.
In ogni caso, si osserva come la continuità della gestione divenga comunque lo strumento grazie al quale ottenere l’intervento dell’accollante e, quindi, il soddisfacimento del passivo concordatario nella originaria composizione (per importi e nominativi).
La stessa Corte d’Appello di Venezia richiama il concetto per cui “i flussi saranno impiegati per compensare la disponibilità data dalla accollante… venendo in tal modo per risultare comunque funzionali all’esecuzione del concordato… La costruzione del piano proposto da… non esclude che i flussi della continuità siano comunque destinati ai creditori in funzione del soddisfacimento delle loro ragioni creditorie… mediante la forfettizzata anticipazione da parte dell’accollante, alla quale saranno riversati quelli che saranno eventualmente conseguiti nei dieci anni successivi alla compiuta esecuzione del Piano”.
Neppure l’osservazione per cui vi sarebbe l’esclusione dei creditori concorsuali dal rischio d’impresa può costituire tema per mutare la qualificazione giuridica del concordato, ma semmai un elemento di rafforzamento della percorribilità della proposta.
Come sottolineato dalla Suprema Corte di Cassazione[7], il concordato in continuità “non si atteggia, nel sistema, come un istituto diverso e <nuovo>, ma come semplice modalità del concordato stesso” sottolineando semmai come “esso debba essere circondato da una serie di cautele inerenti il piano e l’attestazione tese a evitare il rischio di un aggravamento del dissesto a danno dei creditori”.
Rimarca infatti la Corte come “la prosecuzione dell’attività deve essere comunque <funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori>”.
5 . Aspetti operativi
Così inquadrata la natura della proposta, sovvengono alcuni aspetti che possono condizionarne l’evoluzione e che, conseguentemente, è opportuno che trovino espressa regolamentazione:
1) l’accollo comporta la vigenza prospettica del debitore, con la propria composizione di attivo e passivo. In ipotesi di interrelazione tra l’accollo dei debiti e l’acquisizione della partecipazione nel capitale del debitore, è opportuno che l’accollante (e acquirente delle quote) rilasci adeguate dichiarazioni, tali da esplicitare l’avvenuta analisi degli attivi e dei passivi societari e da escludere ogni garanzia in ordine alla consistenza, regolarità e valore dei beni aziendali. È pur vero che le quote vengono cedute da soggetto terzo rispetto al debitore, ossia dal detentore della partecipazione nella società debitrice, ma la correlazione con l’accollo e l’impegno di pagamento del passivo consiglia una nota di prudenza;
2) laddove la società, nella domanda di concordato preventivo, nulla riferisca circa la prosecuzione dei contratti si ha che, in assenza di istanza per lo scioglimento, gli stessi proseguiranno. 
Il tema peraltro deve essere puntualmente definito prima della redazione e deposito della relazione di cui all’art. 172  L. fall. in quanto, dalle differenti impostazioni, potrebbero determinarsi una variazione dell’attivo e del passivo, nonché diversificate prospettive di gestione futura dell’impresa. Ad esempio, in presenza di acconti già versati da clienti per contratti di compravendita pendenti, lo scioglimento dei contratti comporterà l’inclusione di tali acconti nel passivo concordatario, in uno con l’eventuale indennità di scioglimento. Di converso, con la prosecuzione del contratto gli acconti potranno essere portati dal cliente a decurtazione del corrispettivo pattuito;
3) pur in presenza di un accollo, le valutazioni del commissario giudiziale ai sensi dell’articolo 172  L. fall. devono essere volte ad una previsione di soddisfacimento dei creditori.
Ciò comporta in particolare che tutte le analisi del passivo concordatario devono essere svolte, ed abbiano valenza, ai fini specifici della determinazione del fabbisogno concordatario.
Ne deriva ad avviso di chi scrive che, in sede di pagamento ai creditori, potranno essere disposti correttivi alle poste di debito stimate, sia per importi che per qualifica, come pure potranno essere perseguiti strumenti volti alla riduzione delle medesime (ad esempio, istituti finalizzati alla riduzione delle sanzioni tributarie).
Analoghe considerazioni valgono per lo stanziamento dei fondi rischi, a coprire passività di natura meramente eventuale;
4) è regola di buona amministrazione che l’impegno dell’accollante sia adeguatamente garantito. La garanzia, ad avviso di chi scrive, dovrà essere rilasciata a favore della massa dei creditori, ed escutibile da parte del commissario giudiziale nell’ambito della sua attività di vigilanza.
Si potrà tenere conto di eventuali altre garanzie già in essere a favore dei creditori, quali le ipoteche, che perdureranno fino all’avvenuto pagamento del passivo nella misura concordataria. Di esse, quindi, i creditori assistiti da prelazione ipotecaria continueranno a beneficiare, senza alcuna modifica della loro posizione preconcordataria;
5) un ultimo aspetto concerne il regresso dell’accollante nel passivo del debitore. L’accollante potrà ottenere il saldo delle proprie spettanze per regresso grazie alla prosecuzione dell’attività immobiliare della società.
In linea di principio, il regresso comporterebbe il subentro dell’accollante nei medesimi diritti originari dei creditori e, quindi, la teorica possibilità per la stessa di chiedere l’immediato pagamento di quanto scaduto e, in difetto, di agire in executivis nei confronti del debitore per il saldo dei propri diritti.
Può essere utile ottenere una dichiarazione dell’accollante o comunque una regolamentazione atta a garantire la sopravvivenza della società per un tempo idoneo a consentire il rimborso progressivo delle spettanze dell’accollante.
6 . Le percentuali offerte
Come si è avuto modo di sostenere, la proposta consente di proporre ai creditori percentuali di pagamento contenute, certamente inferiori alla soglia del venti per cento prevista dall’art. 160, comma 4  L. fall.
Si rende opportuna una digressione in ordine alle percentuali offerte ai creditori chirografari, in rapporto al tema della causa concreta del concordato.
Come è noto agli operatori del settore, infatti, si pone al riguardo la valutazione della sussistenza di un livello minimo di soddisfacimento dei creditori chirografari, affinché si abbia a ritenere realizzata la “causa concreta” della procedura, ossia la “ristrutturazione dei debiti” e la “soddisfazione dei crediti”, come prescritti dalla lettera a) del primo comma dell’articolo 160 L. fall.
Si rileva innanzitutto come in dottrina si sia affermato che “rispetto al concordato preventivo non ci sia spazio per utilizzazioni operative della nozione di causa e che, eventualmente, ogni discorso in chiave finalistica debba essere svolto in termini di funzione: e la funzione del concordato è il soddisfacimento dei creditori nella maggior misura possibile”[8].
Non sono mancate in dottrina e in giurisprudenza posizioni a sostegno della “adeguatezza” della percentuale offerta, cercando anche (non senza qualche stortura) di indicare percentuali che potessero soddisfare i requisiti minimi[9].
Il dibattito peraltro ha perso le originarie dimensioni a seguito dell’intervento della Suprema Corte, secondo cui “non è possibile individuare una percentuale fissa minima al di sotto della quale la proposta concordataria possa ritenersi di per sé inadatta a perseguire la causa concreta a cui la procedura è volta”[10]. La Corte ha altresì affermato come la causa concreta della procedura di concordato preventivo, da intendersi come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, consiste “nel superamento della situazione di crisi dell’imprenditore e nel riconoscimento in favore dei creditori di una sia pur minima consistenza del credito da essi vantato in tempi di realizzazione ragionevolmente contenuti”.
Ne deriva come possa assumersi che la valutazione della percentuale nel concordato in continuità venga rimessa al giudizio dei creditori.
In ogni caso, ad avviso di chi scrive la percentuale di soddisfacimento, o meglio la causa concreta del concordato, va letta in un’ottica di esame completo ed unitario della proposta, e quindi dei benefici complessivi per i creditori.
7 . Tempi e condizioni di pagamento
Di norma, la tematica correlata ai tempi di pagamento in ambito concorsuale costituisce aspetto di delicato approfondimento, alla luce dell’alea connaturata ai tempi di realizzo degli attivi (oltre che all’entità).
Innanzitutto, è ormai acquisito come la proposta concordataria debba indicare espressamente i tempi di esecuzione. Inoltre, è stato affermato come una eccessiva dilazione dei tempi di soddisfacimento dei creditori contrasti con il principio di sussistenza della causa concreta del concordato, e lo renda inammissibile[11].
Sono noti gli sforzi di dottrina e giurisprudenza nell’individuare un tempo di esecuzione ragionevole del piano concordatario, ormai nella prassi oscillante tra tre e cinque anni (con l’ulteriore variabile della data di decorrenza, ossia dalla domanda prenotativa, dal deposito del piano, dalla omologazione della proposta).
La necessità di prevedere un tempo ragionevole, peraltro, si scontra sovente con le difficoltà di redigere un piano in continuità nel quale i flussi siano sufficienti a reggere la proposta concordataria, con il rispetto della duplice condizione per cui i creditori prelatizi devono ricevere quantomeno l’equivalente del valore di mercato dei beni ex art. 160 comma 2  L. fall. e la proposta deve essere funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori ex art. 186-bis L. fall.. Il rispetto di queste due condizioni, all’evidenza, può comportare la necessità di prevedere piani di durata significativa, anche oltre il quinquennio, per poter consentire la formazione di flussi nella misura necessaria, con un evidente incremento dei margini di alea del piano.
Nella prospettiva in esame, invece, l’intervento dell’accollante può essere modulato (e garantito) in modo da consentire il rispetto di tempi di pagamento rispondenti agli indirizzi di dottrina e giurisprudenza, anche in aderenza ai dettami della Legge Pinto. 
In ogni caso, il pagamento di quanto coperto dai fondi rischi potrà avvenire solo al manifestarsi degli eventi atti a determinare l’insorgenza di passività di competenza della fase ante domanda di concordato preventivo.
8 . Analisi di sensitività
È buona prassi, nelle proposte di ristrutturazione dei debiti, effettuare delle analisi cosiddette di “sensitività”, ossia di tenuta della proposta al possibile variare delle grandezze poste alla base del piano, e quindi in particolare degli attivi, dei passivi e, per il concordato in continuità, dei risultati della gestione in termini di variazioni di capitale circolante netto. Come rammentano i principi di attestazione, si deve tenere conto degli “effetti di eventuali modifiche nelle ipotesi di base del piano”, stimando “come si modifichino i valori del piano al verificarsi di variazioni nelle ipotesi di fondo”, in chiave di una sua tenuta prospettica.
In quest’ottica, “la sensitività dei risultati è valutata modificando lo scenario di base in funzione di assunti maggiormente conservativi rispetto ai valori del piano”.
La costruzione in esame, peraltro, riduce i campi di verifica delle possibili variazioni, in quanto:
- le valutazioni dell’attivo risultano predeterminate, consolidate e slegate da ogni possibile variabile;
- non vi sono in via diretta flussi di circolante tali da influenzare l’esito della proposta, tenuto conto altresì che di fatto l’accollante si fa carico dell’andamento societario nella fase concordataria, considerato che il relativo impegno di pagamento prescinde da tale andamento;
- anche i tempi di pagamento sono consolidati, non essendo correlati ai tempi di realizzo degli attivi o comunque di formazione dei flussi.
9 . Uno sguardo al Codice della Crisi
Anche in chiave prospettica, e quindi in relazione alla prossima applicazione del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, la costruzione giuridica in esame conserva la propria validità.
L’articolo 84 del Codice della crisi valorizza la continuità aziendale che, in base alla norma, si realizza:
- in via diretta con la prosecuzione dell’attività in capo al debitore;
- in via indiretta, tramite un contratto di cessione, usufrutto e affitto d’azienda, ovvero un conferimento dell’azienda in una o più società.
Come esaminato, nel caso in commento si realizza una continuità diretta, cosicché non emergono dubbi circa la riconducibilità del medesimo alle prescrizioni dell’articolo 84 del Codice della crisi.
Risulta altresì in linea di principio rispettata la (cogente) prescrizione di cui al comma 2 del Codice della crisi, laddove impone che il piano debba essere funzionale ad assicurare il ripristino dell’equilibrio economico finanziario.
Resta ferma la necessità di un recupero dell’equilibrio economico tramite correttivi all’organizzazione imprenditoriale, in rapporto al mercato ed alle cause della crisi.
Dato per acquisito questo passaggio, l’accollo dei debiti da parte di un terzo rafforza le garanzie di pagamento dei creditori concorsuali e, accompagnato ad una nuova modulazione del credito di regresso dell’accollante, può agevolmente condurre ad un ritrovato equilibrio finanziario.
Resta da affrontare lo scoglio del comma 3 dello stesso art. 84 del Codice della crisi, laddove stabilisce che i creditori devono essere soddisfatti in misura prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità.
Giova rammentare l’esegesi della prescrizione, che nasce dalle correnti difficoltà di qualificare il concordato laddove la formazione della liquidità da destinare ai creditori sia nel piano prevista tanto dalla prosecuzione della gestione, che dalla liquidazione di parte dell’attivo aziendale (cosicché il concordato preventivo possa essere qualificato come concordato misto).
Si è voluto risolvere il tema del possibile utilizzo strumentale della continuità, al fine di eludere le pur le più restrittive prescrizioni previste per il concordato liquidatorio in termini di percentuale di pagamento e di apporto esterno di finanza. Sono note al riguardo costruzioni concordatarie che prevedono la prosecuzione dell’attività, nelle quali tuttavia la formazione di finanza necessaria per il pagamento dei creditori diviene in via preponderante riconducibile alla liquidazione dei beni d’impresa. Sul punto, la relazione ministeriale all’articolo 84 rammenta come la prescrizione miri a “evitare che una prosecuzione solo apparente dell’attività imprenditoriale, ad esempio limitata ad un ramo insignificante dell’azienda, consenta l’aggiramento della previsione secondo la quale il concordato liquidatorio è ammissibile solo ove si avvalga di risorse poste a disposizione da terzi che accrescano sensibilmente le prospettive di realizzo per i creditori”.
Già una lettura teleologica porta, ad avviso di chi scrive, a ritenere rispettata la prescrizione del comma 3 in esame, non essendovi una attività liquidatoria posta alla base del soddisfacimento dei creditori nell’ambito del concordato con accollo.
Come già sottolineato, infatti, i creditori concorsuali vengono soddisfatti da un terzo, quest’ultimo esercita il regresso e verrà a sua volta soddisfatto proprio grazie alla prosecuzione dell’attività, per l’importo scaturente dalla proposta e nei nuovi termini ivi convenuti.
Resta ferma la prescrizione del secondo comma dell’articolo 84 in tema di mantenimento dell’organico nella misura di “un numero di lavoratori pari ad almeno la metà di quelli in forza nei due esercizi antecedenti il deposito del ricorso, per un anno dall’omologazione”.
Si rammenta ad adiuvandum come il rispetto di tale prescrizione comporta una presunzione di prevalenza della continuità allorché, sempre come da relazione “secondo le previsioni del piano i flussi di cassa attesi dalla continuità per almeno due anni siano generati da una attività imprenditoriale alla quale siano addetti almeno la metà dei lavoratori in forza al momento del deposito del ricorso”.
Quand’anche, in seguito, il debitore dovesse soddisfare l’accollante tramite la liquidazione di beni, questa attività si porrebbe al di fuori della proposta concordataria, già adempiuta con l’accollo, e costituirebbe una libera iniziativa dell’imprenditore tornato in bonis.
10 . Conclusioni
Il possibile piano concordatario esaminato, dunque, è da ritenersi pienamente conforme all’istituto del concordato in continuità. Alcuni elementi meritano un succinto richiamo:
- la proposta è tale da fissare i valori dell’attivo consentendo di superare, al riguardo, ogni alea circa tempi e valori di realizzo;
- l’adempimento della proposta, nonostante la natura di continuità, non dipende da eventi futuri e incerti grazie all’accollo del passivo concordatario, ed è prevedibile in tempi estremamente contenuti dall’omologazione del concordato;
- la verifica dell’esposizione passiva della ricorrente è in primo luogo finalizzata a stimare il passivo concordatario, le previsioni di pagamento e i soggetti aventi diritto al voto, potendo comunque conoscere aggiustamenti sia in termini di importi che di prelazioni che di masse di riferimento.
In definitiva, il concordato in continuità con accollo del passivo può costituire una costruzione concorsuale di notevole interesse, sia dal lato dei creditori (che superano molteplici aspetti aleatori) che in generale del tessuto economico, in linea con gli indirizzi di salvaguardia delle aziende nell’interesse collettivo cui, con sempre maggiore progressività, tende l’impianto del diritto concorsuale.

Note:

[1] 
Si rammenta che, con l'omologazione della proposta di concordato, la procedura si chiude e il debitore torna in bonis, con il pieno recupero delle proprie facoltà gestionali, ferma l'attività di vigilanza del Commissario giudiziale.
Si richiama al riguardo, ex pluris, un decreto del Tribunale di Bergamo del 22 ottobre 2015, con cui è stata dichiarata chiusa una procedura di concordato preventivo in continuità per effetto dell’omologazione della proposta, con comunicazione del provvedimento “al Registro Imprese, per ogni annotazione di competenza”.
[2] 
Cfr. Cass., sez. I, 8 giugno 2012, n. 9373, in unijuris.it; Cass., sez. I, 8 giugno 2020, n. 10884, in ilcaso.it.
[3] 
tra i primi, Trib. Milano, 15 giugno 2017; Trib. Milano, 13 dicembre 2018; Trib. Monza 31 ottobre 2018; contra, Trib. Torino, 19 giugno 2018.
[4] 
Trib. Forlì, 25 febbraio 2019, in ilcaso.it.
[5] 
Trib. Bergamo, 30 settembre 2020, inedito.
[6] 
App. Venezia, ordinanza 28 settembre 2020, in www.ilcaso.it.
[7] 
Cass., sez. I, 7 aprile 2017 n. 9061, in Il Fall., 2017, p. 923.
[8] 
Così Nigro, in AA.VV., Seminario a commento di Cass., S.U., 23 gennaio 2013, n.1521, in Giurisprudenza commerciale, 2014, I, pag. 236; ivi, pag. 240, nel medesimo indirizzo Gambino e altri.
[9] 
Ex pluris, Tribunale di Modena, 3 settembre 2014, in www.ilcaso.it; Tribunale di Lecco, 10 luglio 2015, in www.unijuris.it.
[10] 
Cass., sez. I, 8 febbraio 2019, n. 3863, in www.ilcaso.it.
[11] 
Trib. Siracusa, 15 novembre 2013, in ilcaso.it.

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