Iniziamo dal processo ordinario[10]. La prima novità contemplata dalla riforma (a parte alcuni minimi interventi sull’atto di citazione e sulla comparsa di risposta) è avere previsto che, scaduto il termine fissato per la costituzione del convenuto (70 giorni prima dell’udienza edittale), il giudice “istruttore” nei successivi quindici giorni debba compiere una serie di “verifiche preliminari”, come ad esempio la verifica della regolarità del contraddittorio, la pronuncia, quando occorre, dei provvedimenti previsti dagli artt. 102, comma 2 (ordine di integrazione del contraddittorio in caso di litisconsorzio necessario), 107 (ordine di intervento di un terzo al quale la causa è comune), 164, commi 2, 3, 5 e 6 (rinnovazione della citazione, fissazione di una nuova udienza in caso di inosservanza dei termini a comparire, rinnovazione o integrazione della citazione), 167, commi 2 e 3 (ordine di integrazione della domanda riconvenzionale e autorizzazione al convenuto a chiamare in causa un terzo), 171, comma 3 (dichiarazione di contumacia del convenuto), 182 (ordine di regolarizzazione della costituzione in caso di difetto di rappresentanza, assistenza, autorizzazione, procura alla lite[11]), 269, comma 2 (autorizzazione al convenuto a chiamare in causa un terzo), 291 (ordine di rinnovazione della notificazione della citazione nulla) e 292 (fissazione di un termine per la notifica degli atti al contumace).
In tutti questi casi il giudice (se necessario) con decreto deve fissare la nuova udienza per la comparizione delle parti, rispetto alla quale decorrono i termini indicati all’art. 171 ter per il deposito delle memorie integrativa ad opera delle parti.
Penso, per quel che concerne le procedure concorsuali, all’azione di responsabilità che può promuovere il curatore e alla richiesta di chiamare un terzo in causa da parte del convenuto; in questo caso il giudice dovrà fissare una nuova udienza indicando una data che consenta al convenuto di dare al terzo il termine minimo a difesa, ossia almeno 120 giorni. La situazione peraltro potrebbe “complicarsi” se il terzo chiamato intende a sua volta chiamare in causa un terzo (“un quarto”) (art. 271 c.p.c.); certamente deve farne dichiarazione a pena di decadenza nella comparsa di risposta da depositare 70 giorni prima della nuova udienza; a questo punto credo che il giudice debba nuovamente intervenire e, se concede l’autorizzazione, debba fissare una nuova udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini di cui all’art. 163 bis (art. 269, comma 3, richiamato dall’art. 271 c.p.c.). Avremo così un decreto dopo quello regolato nell’art. 171 bis cpc limitato però alla autorizzazione alla chiamata in causa del terzo.
Torniamo al decreto di cui all’art. 171 bis; il giudice in questo provvedimento deve indicare alle parti anche le questioni rilevabili d’ufficio di cui ritiene opportuna la trattazione, pure con riguardo alle condizioni di procedibilità della domanda e alla sussistenza dei presupposti per procedere con rito semplificato. Tali questioni sono poi trattate dalle parti nelle memorie integrative di cui all’art. 171 ter.
Se non pronuncia uno dei provvedimenti innanzi ricordati, il giudice conferma o differisce, fino ad un massimo di quarantacinque giorni, la data della prima udienza rispetto alla quale decorrono i termini indicati all’art. 171 ter per il deposito delle memorie integrative. Il decreto è comunicato alle parti costituite a cura della cancelleria.
Questo decreto, questo intervento del giudice subito dopo gli atti introduttivi e prima ancora della fissazione del thema decidendum e del thema probandum pone alcune riflessioni, alcuni interrogativi.
(a)
In primo luogo, la riforma chiede al giudice, in un termine abbastanza breve, 15 giorni, di operare non solo una serie di verifiche preliminari relativamente alla regolarità del contraddittorio e alla validità degli atti introduttivi, ma anche di indicare alle parti le questioni rilevabili di ufficio delle quali a suo avviso è opportuna la trattazione. Ciò comporta che il giudice dovrà studiare il fascicolo già dopo gli atti introduttivi (citazione e comparsa di risposta) ma ancor prima che venga esattamente definito il thema decidendum, non avendo ancora l’attore risposto al convenuto, non essendo ancora intervenuto il terzo eventualmente chiamato.
Non solo perché tali verifiche preliminari vengono compiute dal giudice non in contraddittorio con le parti, ma inaudita altera parte, lasciando alle parti l’onere di trattarle nelle memorie integrative[12]. Un aspetto a mio avviso negativo perché alla prima udienza, proprio grazie alla partecipazione delle parti in contraddittorio tra loro, potrebbero presentarsi le questioni indicate nell’art. 171 bis che il giudice non aveva considerato nel decreto, con il rischio di duplicare le attività e di rallentare lo svolgimento del processo. Infatti, la circostanza che il giudice, alla prima verifica, ha ritenuto che non dovesse essere pronunciato alcun provvedimento tra quelli indicati nell’art. 171 bis, e quindi ha emanato il decreto con cui ha fissato solo l’udienza, confermando quella già prevista o rinviandola di non oltre 45 giorni, non esclude che lo stesso giudice alla prima udienza emani uno di quei provvedimenti (integrazione del contraddittorio; chiamata di un terzo iussu iudicis) essendo sorta la necessità dopo le memorie integrative; non esistono al riguardo preclusioni di sorta. Il che vuol dire iniziare tutto dall’inizio.
(b)
In secondo luogo, tale decreto dovrà essere emesso anche in caso di mancata costituzione del convenuto, nel qual caso nel decreto vi sarà la dichiarazione di contumacia (sempre che la notificazione della citazione o la stessa citazione sia regolare). E qui vi è già una prima contraddizione perché l’art. 171 comma 3 prevede che la dichiarazione di contumacia sia fatta con ordinanza e non con decreto.
Ma non è tutto perché il legislatore ha modificato sia il comma 3 dell’art. 171 sia il comma 2 dell’art. 291 ma senza coordinare tali disposizioni. Infatti, mentre il comma 3 dell’art. 171 ricollega la dichiarazione di contumacia alla mancata costituzione nel termine fissato nell’art. 166, ossia settanta giorni prima dell’udienza, il comma 2 dell’art. 291 dispone che «se il convenuto non si costituisce neppure anteriormente alla pronuncia del decreto di cui all’articolo 171 bis, secondo comma, il giudice provvede a norma dell’articolo 171, ultimo comma».
Ebbene, avere comunque anticipato la dichiarazione di contumacia che in precedenza veniva fatta alla prima udienza finirà per creare problemi di coordinamento perché nulla esclude che il convenuto, che non deve proporre domande riconvenzionali, sollevare eccezioni riservate alla parte, chiamare in causa un terzo non si costituisca settanta giorni prima, ma in un momento successivo, ad esempio con la prima memoria integrativa depositata quaranta giorni prima dell’udienza, al fine di non incorrere nelle decadenze istruttorie. Con la conseguenza che vengono depositati atti ad opera di una parte che è stata dichiarata contumace senza che la dichiarazione di contumacia sia stata revocata. Sarebbe stato preferibile conservare la dichiarazione di contumacia alla prima udienza, dopo che le parti hanno depositato tutti i loro scritti.
(c)
In terzo luogo, questa nuova incombenza per il giudice, che dovrebbe comportare l’inserimento nella “console” di una prima scadenza, dovrebbe essere supportata dagli addetti all’ufficio per il processo, i quali dovrebbero appunto coadiuvare il giudice in questa attività preliminare, come peraltro prevede l’art. 5, comma 1, lett. a) e b), D.Lgs. 10 ottobre 2002, n. 151[13] .
L’art. 171 bis è formulato in modo tale da portare a ritenere inevitabile l’emanazione del decreto con il quale o viene confermata l’udienza fissata subito dopo la costituzione dell’attore o viene differita l’udienza fino ad un massimo di 45 giorni. Infatti, rispetto alla prima udienza decorrono (a ritroso) i termini per lo scambio di memorie.
Inevitabilmente ci si chiede se non sia possibile un altro provvedimento da parte del giudice, valorizzando la previsione dell’art. 175 c.p.c.: «il giudice istruttore esercita tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento. Egli fissa le udienze successive e i termini entro i quali le parti debbono compiere gli atti processuali».
Ad esempio, può il giudice fissare un’udienza ordinando già in questo momento la comparizione personale delle parti per interrogarle liberamente sui fatti di causa e tentare la conciliazione, dal momento che dall’esame degli atti introduttivi e dalla documentazione prodotta ha desunto la concreta possibilità di definire il giudizio con la conciliazione? Oppure può il giudice fissare l’udienza per confrontarsi con le parti in merito alla conversione del rito ordinario nel rito semplificato di cognizione e quindi disporre il passaggio prima dell’udienza di trattazione? O ancora può il giudice, ritenendo la causa matura per la decisione, non richiedendo la causa alcuna istruzione, fissare l’udienza di rimessione della causa in decisione (art. 281 quinquies) oppure ordinare la discussione orale della causa fissando apposita udienza (art. 281 sexies)?
Se consideriamo che in questo modo si anticipa l’udienza e quindi il contatto tra le parti ed il giudice e che si può arrivare ad una accelerazione dei tempi di definizione del processo, la risposta dovrebbe essere positiva. Tuttavia (e purtroppo) per come il legislatore ha strutturato questa fase introduttiva, come si è rilevato in precedenza e come si deduce anche dalla lettera dell’art. 171 bis [nel decreto in giudice si limita a segnalare alle parti la sussistenza dei presupposti per procedere con rito semplificato], sembra di dovere escludere quelle varianti e concludere nel senso che è sempre necessaria la celebrazione dell’udienza di prima comparizione e di trattazione della causa, rispetto alla quale le parti devono depositare le memorie integrative.
(d)
In quarto lugo, che accade se il giudice non pronuncia il decreto nel termine di 15 giorni? Consideriamo che questo termine può sfuggire al controllo del giudice anche perché è l’attore che lo fissa nel momento in cui indica nella citazione la data di udienza: infatti il convenuto si deve costituire 70 giorni prima dell’udienza edittale e da questa data decorrono i 15 giorni per la pronuncia del decreto da parte del giudice, sicché il decreto va pronunciato 55 giorni prima di tale data. E se consideriamo che al giudice non viene assegnato un solo processo, è ben possibile che il termine di 15 giorni non venga rispettato.
Si è detto giustamente che si tratta di un termine ordinatorio[14] e quindi non vi sono conseguenze per le parti che devono depositare poi le loro memorie a ritroso rispetto alla prima udienza di cui all’art. 183 c.p.c., ossia all’udienza effettiva fissata subito dopo la costituzione dell’attore (o dopo la costituzione del convenuto se l’attore non si è costituito). Nessun problema se il ritardo è di qualche giorno; considerando che la prima scadenza per le parti è 40 giorni prima dell’udienza effettiva, è auspicabile che il ritardo nell’emanazione del decreto sia contenuto, dovendo le parti eventualmente prendere posizione su quanto il giudice segnala nel decreto.
Ma che succede se il decreto non viene emesso prima della scadenza della prima memoria integrativa (40 giorni prima dell’udienza effettiva di cui all’art. 183): le parti possono non depositare le memorie integrative?
A mio avviso se non viene emesso il decreto ex art. 171 bis c.p.c. il processo va comunque avanti dal momento che la data della prima udienza esiste ed è stata fissata subito dopo la costituzione dell’attore o, in mancanza, del convenuto (artt. 168 e 168 bis c.p.c.). Infatti, non solo l’attore - che si è rivolto al giudice – ma anche il convenuto, che potrebbe avere interesse ad una rapida definizione del giudizio, non devono subire un pregiudizio da siffatta omissione, e quindi, in mancanza del decreto ex art. 171 bis, le parti devono comunque depositare le memorie integrative nei termini previsti che sono a ritroso rispetto alla prima udienza, che rimarrà quella già fissata. Ritenere che il processo, in mancanza del decreto ricordato, entri in una fase di quiescenza e che pertanto le parti non debbano depositare le memorie integrative è non solo contrario alla funzione del processo, che è di dare in tempi ragionevoli alle parti una risposta alla domanda presentata dall’attore, ma è anche in violazione del diritto di azione costituzionalmente garantito.