L’idea di utilizzare le misure cautelari, che non scontano il limite temporale dell’art. 8, quando, pur essendo decorsi i dodici mesi, serva ancora un po' di tempo per ottenere l’omologazione dello strumento, in tal modo rimettendo alla valutazione del giudice l’effettiva necessità di una estensione della protezione e l’esame della strumentalità di tale estensione rispetto all’attuazione della sentenza che omologa la soluzione negoziale, pur non pacifica in giurisprudenza, era stata sostenuta in dottrina, anche da chi scrive[4]. La misura cautelare del Codice della crisi, infatti, è una misura flessibile, che interviene a colmare i bisogni di tutela assicurati dalle misure protettive, non solo sotto il profilo del contenuto ma anche sotto quello della durata, e supplisce all’assenza di misure protettive atipiche nella composizione negoziata.
La protezione del patrimonio durante le trattative è sempre quella tipica, sia nella composizione negoziata che nel preaccordo. Sono tipiche anche le misure che si possono chiedere quando si accede agli strumenti senza il deposito del piano, della proposta e degli accordi, ex art. 44. Il contenuto tipizzato varia, a seconda delle norme, ma il nucleo essenziale è il medesimo: il divieto di azioni esecutive e cautelari proposte dai creditori.
È solo dopo l’integrazione della domanda, o in caso di accesso effettuato direttamente con domanda “piena”, che alle misure tipiche dei primi due periodi del secondo comma si accompagna la possibilità di “ulteriori misure temporanee” per evitare il pregiudizio che “determinate azioni di uno o più creditori” possono arrecare al buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza (art. 54, secondo comma, ultimo periodo).
In questo caso il contenuto non è predeterminato.
Si tratta infatti di misure dal contenuto non specificato, che possono rivolgersi anche verso “iniziative” dei creditori, e non soltanto verso “azioni” in senso tecnico, quali sarebbero le azioni esecutive o quelle cautelari, già colpite dalle misure tipiche[5]. Questo punto è chiarito proprio per quanto è scritto nelle definizioni, dove la lett. p) dell’art. 2, indiscutibilmente volta a ricomprendere anche provvedimenti a contenuto atipico, menziona genericamente le misure che colpiscono le “azioni” dei creditori intendendo con ciò necessariamente anche semplici condotte. Semmai, c’è da chiedersi se l’impiego del sostantivo “azioni” implichi necessariamente comportamenti attivi, e non consenta di immaginare anche misure che colpiscano comportamenti omissivi. Può trattarsi dunque di inibitorie collegate alla violazione di obblighi di fare, contenenti la prescrizione di divieti, e, se si ritiene che il termine azioni debba intendersi in senso ampio, anche di obblighi di non fare, col correlato contenuto impositivo di obblighi di fare[6].
Il debitore, se passa attraverso la composizione negoziata o la domanda prenotativa, ma non se sceglie la via del preaccordo, ha sempre a disposizione anche le misure cautelari[7].
È evidente che, quando vengono chieste dal debitore, le misure cautelari assomigliano alle misure protettive atipiche, e non è semplice differenziarle.
Dottrina e giurisprudenza spesso affermano che le seconde non debbano invadere il campo delle prime, ma l’intreccio, in realtà, è postulato fin dalla norma definitoria: seppur con parole diverse, ma dal medesimo significato, infatti, tanto la lett. p) quanto la lett. q) dell’art. 2, alludono, entrambe, all’unica esigenza di assicurare il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza.
Per valutare quando ricorrere alla misura protettiva atipica o alla misura cautelare, bisogna ripartire ancora una volta dalle definizioni.
Le misure protettive, nella lett. p) dell’art. 2, sono rivolte verso le azioni dei creditori. Le misure cautelari, nella lett. q), invece, non hanno uno specifico destinatario: sono per definizione provvedimenti selettivi, con destinatari determinati, non necessariamente i creditori. È sufficiente che si tratti di provvedimenti emessi a tutela del patrimonio o dell’impresa che appaiano, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative e gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi e delle procedure di insolvenza.
Il fatto che la previsione sia modellata sulla falsariga dell’art. 700 c.p.c. non significa neppure che il legislatore postuli l’esigenza di un periculum in mora imminente e irreparabile o escluda un contenuto anche conservativo delle misure. Lo prova il fatto che l’art. 54, comma 1, oltre a includere espressamente tra i provvedimenti la nomina di un custode, come nei sequestri, precisa anche che il provvedimento non deve assicurare, anticipandoli, “gli effetti”, quanto piuttosto “l’attuazione” delle sentenze di omologazione degli strumenti di regolazione e di apertura delle procedure di insolvenza: il che può avvenire, appunto, anche con provvedimenti a carattere conservativo. Anziché essere collegata alla necessaria natura anticipatoria delle misure, dunque, l’esclusione espressa, nell’art. 54, comma 1, degli artt. 669 octies, primo, secondo e terzo comma, e 669 novies, primo comma, c.p.c., serve piuttosto a ribadire che la strumentalità è comunque solo funzionale e non anche strutturale, perché non c’è, propriamente, una causa di merito la cui mancata introduzione o estinzione possa determinare l’inefficacia della misura. Si tratta in ogni caso di giurisdizione cautelare, dunque contenziosa e non di giurisdizione volontaria, come conferma il fatto che nell’art. 55 il legislatore ha eliminato il riferimento al reclamo dell’art. 124 contenuto nella prima versione del Codice, prevedendo sempre, come forma di controllo, quella regolata all’art. 669 terdecies c.p.c.
Dato il contenuto ampio, e la finalità convergente con quella delle misure protettive, i provvedimenti cautelari possono essere rivolti, come queste, a impedire la potenziale disgregazione aziendale o patrimoniale dell’impresa, ma possono anche più semplicemente assicurare il successo degli strumenti di regolazione. Non avendo destinatari determinati, tempi prestabiliti e finalità necessariamente protettive del patrimonio, coprono ogni bisogno di tutela che le misure protettive non riescono a garantire.