La Corte dei conti in qualche recente pronuncia[10] ha riscontrato la sussistenza di ipotesi di danno all’erario a seguito della violazione del paradigma normativo che regola i finanziamenti coperti dalla garanzia pubblica. In particolare, il giudice contabile ha rinvenuto la responsabilità del soggetto percettore per sviamento delle risorse ricevute dai fini di ripresa economica dell’impresa per spese di diversa natura, spesso addirittura riconducibili alla sfera personale dell’amministratore della stessa.
Negli arresti della Corte dei conti i finanziamenti assistiti da garanzia pubblica (MCC, SACE, Fondo di garanzia PMI ecc.) vengono ritenuti riferibili allo Stato, nonostante l’erogazione avvenga attraverso un soggetto privato, qual è la banca finanziatrice. Il beneficiario del sostegno in discorso, operatore economico finanziato, viene considerato partecipe della realizzazione del programma di interesse pubblico perseguito dalla disciplina di volta in volta applicabile ai finanziamenti. Nel caso dei finanziamenti garantiti secondo le norme del “decreto liquidità”, il programma di ripresa economica a valle della crisi pandemica.
Per sostenere la natura pubblica dell’erogazione discendente dalla escussione della garanzia e della finalità pubblica dei fondi interessati la Corte dei conti chiama a sostegno la giurisprudenza della Cassazione civile e la giurisprudenza penale. Quanto alla prima evoca le affermazioni sulla natura pubblica del credito dell’amministrazione statale che deriva dall’escussione da parte dell’Isti-tuto di credito finanziatore della garanzia prestata ex lege dal Fondo di Garanzia delle PMI, quanto alla seconda, in ordine ai reati di cui agli artt. 316 bis (Malversazione di erogazioni pubbliche) e 316-ter (Indebita percezione di erogazioni pubbliche), ricorda come la Cassazione penale abbia rin-venuto nelle ipotesi in parola una forma di finanziamento pubblico.
Il giudice contabile compiuta la ricostruzione in ordine alla sussistenza di un programma di interesse pubblico finanziato dallo Stato ha rinvenuto un rapporto di servizio tra l’impresa finanziata e chi ha agito per essa, da una parte, e l’amministrazione pubblica dall’altra.
La ricostruzione proposta risulta conforme allo sviluppo della giurisdizione contabile ad opera primariamente delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, che disegna il suo confine in ragione della natura pubblica del nocumento arrecato, piuttosto che dei soggetti o delle regole di condotta. L’orientamento che ha le sue origini nel riconoscimento della giurisdizione contabile sui dipendenti e amministratori degli enti pubblici economici, in ragione della disciplina della responsabilità amministrativa dettata dalla L. n. 14 gennaio 1994, n. 20[11], ha riguardato anche la cognizione degli illeciti di soggetti privati chiamati a concorrere alla realizzazione di programmi pubblici ritenuti strategici per lo sviluppo in termini nazionali ed europei.
Ci si riferisce alla giurisdizione esercitata sugli illeciti posti in essere dai percettori di contributi pubblici, che non attuino gli obiettivi previsti. La Cassazione, infatti, afferma ormai con costanza che tra la pubblica amministrazione che eroga il contributo e il privato che lo riceve si instaura un rapporto di servizio[12]. Si noti, in questa ricostruzione, la centralità assunta dall’esistenza di un programma pubblico da realizzare a cui concorre il percettore per la sussistenza del rapporto in discorso. Al contrario, ipotesi di sviamento di erogazioni pubbliche aventi più propriamente natura di semplici indennizzi per le conseguenze pregiudizievoli di calamità naturali, prive di finalità di sviluppo e sostegno alla ripresa, non rientrano – secondo giurisprudenza[13] – nella giurisdizione contabile.
Va poi precisato che la giurisprudenza costante delle Sezioni riunite della Corte di cassazione[14], oltre che della Corte dei conti, rinviene un rapporto di servizio e, dunque, una responsabilità in capo sia alla persona giuridica eventualmente destinataria del finanziamento sia la persona fisica che per essa agisce.
Rileva la citata giurisprudenza che, poiché la società beneficiaria del finanziamento concorre alla realizzazione del programma dell’Amministrazione, instaurando con questa un rapporto di servizio, la responsabilità amministrativa attinge anche coloro che intrattengono con la società un rapporto organico, qualora dai comportamenti da loro tenuti sia derivata la distrazione dei fondi dal fine pubblico cui erano destinati. In particolare, negli arresti contabili si evidenzia come le persone giuridiche siano soggetti inerti, ai quali non possono riferirsi gli elementi soggettivi tipici ed indispensabili della responsabilità, come configurata dall’art. 1 della L. n. 20/1994. Le medesime persone giuridiche, dunque, rispondono oggettivamente con il loro patrimonio per il fatto dannoso dei propri gestori, ai quali deve imputarsi l’attività gestoria illecita, come configurata dalla norma. Condotta illecita che, naturalmente, deve essere accertata affinché possa aggredirsi il patrimonio della persona giuridica poiché altrimenti tale aggressione sarebbe senza titolo[15]. In altri termini, secondo consolidata giurisprudenza, la responsabilità patrimoniale-contabile della persona giuridica postula sempre l’accertamento di condotte illecite imputabili a persone fisiche[16].
Svolta la qualificazione del finanziamento sostenuto da garanzia statale come ipotesi di programma pubblico alimentato da risorse pubbliche, si comprende l’affermazione della cognizione della magistratura contabile delle ipotesi di sviamento da parte dei percettori.
Peraltro, parte della giurisprudenza[17] svolge una peculiare ricostruzione nella determinazione del danno risarcibile in queste ipotesi.
Nello specifico, si ritiene che il nocumento non debba essere identificato nella diminuzione del patrimonio dello Stato legata all’erogazione pecuniaria a valere sul fondo del MEF – poiché questa si verificherebbe solo in via eventuale, in caso di escussione della garanzia (e in caso di mancato successo del regresso assistito da “super-privilegio”) – quanto piuttosto nel pregiudizio inferto al programma statale di ripresa economica, che viene considerato il vero e proprio bene giuridico ritenuto meritevole di tutela da parte dell’ordinamento.
Quanto ai necessari caratteri della certezza, concretezza ed attualità del danno erariale non vengono ritenuti elisi – secondo gli arresti del giudice contabile – dalla eventuale circostanza che l’amministrazione non abbia subito l’escussione della garanzia da parte della banca erogatrice del finanziamento, né dalla possibilità di esperire l’azione di regresso da parte del fondo di garanzia. Tutte circostanze rilevanti sul piano civilistico, ma ininfluenti a determinare il sorgere del danno erariale, concepito come sviamento dalle finalità della ripresa del sostegno concesso[18].
Sennonché tale danno – suscettibile di valutazione economica nella misura della quota parte del mancato apporto alla ripresa che si poteva ragionevolmente attendere dal corretto utilizzo del finanziamento – è di difficile determinazione. Il profilo della difficoltà nella quantificazione del nocumento pubblico – esplicitamente rilevato dallo stesso orientamento giurisprudenziale citato – porta il giudice ad una quantificazione in via equitativa del danno, che finisce per arrivare all’intero importo del finanziamento ottenuto dall’impresa coperto dalla garanzia statale. Va detto, che alla quantificazione in via equitativa del danno il giudice contabile ricorre con una frequenza, invero, maggiore di quanto non accada al giudice ordinario, probabilmente, un po’ in ragione della natura stessa del nocumento pubblico e delle caratteristiche peculiari dell’illecito, un po’ per una prassi applicativa ormai consolidata.
La complessità dell’operazione di finanziamento assistita da garanzia pubblica spiega poi una certa incertezza della giurisprudenza nell’individuazione del momento in cui si verifica il danno[19], fatto coincidere o con la semplice escussione della garanzia[20], ovvero con la richiesta di escussione della garanzia[21] o, ancora, con l’indebito ottenimento dei fondi concessi dalla banca[22].
Quanto ai soggetti coinvolti nelle ipotesi di responsabilità di cui si discorre, emerge, accanto al percettore, la figura dell’Istituto erogatore del finanziamento.
Alla banca la Corte dei conti potrebbe contestare di aver concorso nello sviamento delle risorse e, dunque, nel mancato raggiungimento del programma pubblico, avendo fatto accedere al credito un’impresa in assenza dei presupposti stabiliti.
Anche con riferimento all’Istituto di credito potrebbe, quindi, ipotizzarsi un rapporto di servizio, come ricostruisce una giurisprudenza ancora circoscritta, immaginando che esso sia inserito nell’organizzazione statale – ancorché temporaneamente – nell’ambito della procedura di concessione del finanziamento sorretto da garanzia pubblica[23].
La sussistenza del rapporto di servizio e, dunque, della giurisdizione contabile, non è però sufficiente a fondare una responsabilità, che deve pur sempre sussistere in una condotta violativa di obblighi di servizio e, pertanto, tenuta in spregio delle norme che disciplinano l’attività stessa. A tal proposito, non è inutile ricordare come spetti al pubblico ministero contabile indicare le regole relative alla concessione del credito che si assumono violate e le loro conseguenze nella causazione del danno, dimostrando, dunque, condotta, nesso di causa ed elemento soggettivo dell’addebito.
Abbiamo visto come il procedimento di concessione del finanziamento fosse caratterizzato dal massimo favore, in ordine alla situazione finanziaria dei soggetti potenzialmente beneficiari e alla semplificazione e tempestività delle procedure, essenzialmente basate sul sistema dell’autocertificazione e della responsabilizzazione dei richiedenti.
Accanto alle scarne prescrizioni incombenti sugli Istituti erogatori certo si affiancano le generali norme di diligenza e prudenza, ma queste medesime norme vanno collocate e lette nel contesto pandemico e non possono essere applicate in contrasto con le disposizioni pensate per accelerare l’erogazione dei finanziamenti. Tuttavia, nella giurisprudenza civilistica si riscontra il richiamo, proprio per la presenza della garanzia pubblica, se non ad un innalzamento del livello di prudenza nella valutazione del merito di credito, invocato in via minoritaria, comunque, alla sana e prudente gestione[24].
A tale riguardo giova ricordare che – ai sensi dell’art. 1, comma 1, della L. n. 20/1994 e successive modificazioni e integrazioni – il pubblico agente risponde per illecito erariale nel caso in cui la sua condotta sia sorretta o da dolo o da colpa grave, non rilevando la colpa semplice. In tal modo, la concessione abusiva di credito dovrebbe divenire rilevante ai fini della responsabilità amministrativa quando venga a tradursi in una buona fede gravemente colpevole o in un concorso truffaldino.