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Riflessione sul Piano attestato di risanamento nel nuovo CCII

Andrea Gervasio, Dottore Commercialista in Napoli

17 Febbraio 2023

L’elaborato vuole avvicinare il lettore all’argomento del Piano attestato di Risanamento alla luce del nuovo Codice della crisi d’impresa, in particolare vuole trasmettere come questo strumento stragiudiziale possa in una fase iniziale - ma pur comunque da ritenersi delicata - evitare che l’impresa entri nel girone dantesco delle procedure concorsuali, aprendo sulla testa dell’imprenditore debitore un ombrello che prevede effetti protettivi nel realizzare esecutivamente ciò che si è posto come obiettivi strategici di risanamento.
Riproduzione riservata
1 . Introduzione
Con il D.Lgs. n. 83/2022 si è data attuazione ai principi della Direttiva UE n. 1023/2019 c.d. Insovency, intervenendo su istituti alternativi alla procedura concorsuale per eccellenza, che da fallimento è diventata liquidazione giudiziale. In questa prospettiva il Titolo IV assume la nuova rubrica di “Strumenti di regolazione della crisi”, e all’interno del primo capo, relativo agli “Accordi”, troviamo una prima sezione composta da un solo articolo, l’art. 56, dedicato agli “Accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento”. 
In prima battuta preliminare va evidenziato il concetto di “Accordi”, poiché il Piano di risanamento è rivolto ai creditori, ma pur sempre è un atto unilaterale attraverso cui l’impresa riprogramma la propria vita aziendale da un punto di vista economico-finanziario-patrimoniale, ovvero avviando strategie efficaci di riposizionamento dell’impresa. I creditori sono chiamati a dare il consenso ma non ad approvarlo, né tanto meno a sottoscriverlo.
Di seguito la mappa concettuale dell’argomento in auge.

Allora basilare diventa la domanda cosa sia il piano attestato di risanamento? Il piano attestato di risanamento è un istituto giuridico che nella vecchia espressione presente nella legge fallimentare non aveva esplicita definizione, ma trovava una disciplina incidentale dei suoi effetti – relativamente all’esenzione da revocatoria – così come previsto dall’art. 67, comma 3, lett. d) della L. fall.
Tale piano può trovare, nella realtà quotidiana, rappresentazione da un business plan che, dopo aver analizzato le cause della crisi e la natura dell’attività caratteristica esercitata dall’impresa, passa ad individuare e a programmare una serie di correttivi volti a consentire il risanamento della stessa, che possono guardare al riequilibrio patrimoniale (ad es. aumento di capitale), ovvero al riequilibrio economico mediante il contenimento di costi (dismissioni, riduzioni del personale), oppure ancora alla eliminazione di ostacoli tecnologici o di mercato (rilancio dell’attività, partnership distributiva, ecc.), ovvero al ripristino più generale della marginalità positiva dell’attività stessa. Il piano può, tuttavia, accompagnarsi ad uno o più accordi con i creditori, idonei a consentire l’equilibrio finanziario del piano (ad es. remissioni totali o parziali di debito, rinunce ad interessi, rateizzazione del debito, rilascio di garanzie, ecc.). Al piano si deve accompagnare, quale elemento necessario, una relazione di attestazione circa la veridicità dei dati aziendali e l’idoneità dello stesso piano a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria ed assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria dell’imprenditore. Per questo si parla, più propriamente, di piano attestato di risanamento.
Cosa indicare nel Piano attestato di risanamento? Il seguente schema cerca di riassumere le intenzioni del legislatore nel nuovo CCII.

Quando si ricorre al piano attestato di risanamento?  Ci si ricorre quando l’imprenditore in stato di crisi o di insolvenza vuole rivolgersi ai creditori e ad essi indirizzare un piano di riequilibrio economico-finanziario nel contesto di continuità aziendale. Tendenzialmente il ricorso al piano di risanamento avviene nelle situazioni di crisi meno gravi, non ancora sfociate in situazioni di vera e propria insolvenza, o non ancora     caratterizzate da un’accesa conflittualità con i creditori, posto che altrimenti possono risultare più adatti altri strumenti di regolazione della crisi , quali gli “accordi di ristrutturazione dei debiti” o il “concordato preventivo”, per gli effetti protettivi che accompagnano questi istituti e che mancano, invece, nell’ipotesi dei piani di risanamento. In alternativa, misure protettive possono essere conseguite attraverso la composizione negoziata.
Il nuovo art. 56 del CCI disciplina in modo innovativo il contenuto tipico di questo strumento di regolazione della crisi di carattere stragiudiziale e non concorsuale, prevedendo in particolare che il piano sia redatto per iscritto ed abbia data certa.
In sede di c.d. Correttivo al Codice della crisi e dell’insolvenza – adottato con il D.Lgs. n. 147/2020 – si è data maggiore importanza alla presenza del piano industriale, che deve evidenziare i suoi effetti sulla strategia finanziaria, nonché all’esigenza che siano indicati i creditori estranei e specificate le fonti destinate al loro soddisfacimento, così da rendere la documentazione necessaria all’adozione di questa misura negoziale di regolazione della crisi più completa e simile a quella da produrre a sostegno dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. A tal proposito si è altresì previsto che la facoltà di pubblicazione nel registro delle imprese debba compiersi unitamente all’attestazione ed agli accordi raggiunti con i creditori.
Risultano fondamentali le tecniche professionali dei piani di risanamento esplicate, e che riguardano inizialmente alla verifica dei dati aziendali, per poi passare ad individuare le cause della crisi e, di conseguenza, le operazioni o manovre correttive più idonee al superamento di tale stato, e che successivamente vanno attestate come fattibili. Rispetto a quanto fin qui evidenziato, è rilevante la raccolta delle leges artis approvata dal Consiglio Nazionale dei dottori Commercialisti ed Esperti contabili, con delibera del 3 settembre 2014, nel documento relativo ai Principi di attestazione dei piani di risanamento (aggiornati con successiva delibera del 16/12/2020), cui hanno fatto seguito i Principi di redazione dei piani di risanamento, presentati dal CNDCEC nel settembre 2017 ed aggiornati il 26/05/2022. Tali principi assumono rilevanza anche con riferimento alle metodiche da seguire nella redazione dei piani e nelle attestazioni presenti in ambito concordatario o negli accordi di ristrutturazione.
Il piano attestato di risanamento è una procedura concorsuale? Lo strumento di regolazione della crisi previsto dal nuovo art. 56 CCII ha carattere stragiudiziale e non concorsuale. La natura non concorsuale dei piani è stata ribadita anche dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. ex multiis, Cass. n. 9087/2018), nella cui motivazione è dato leggere che “il piano attestato di risanamento ex art. 67 l.fall. non è una “procedura concorsuale”, ma rientra nell’amplissimo genere delle “convenzioni stragiudiziali”, mancando di qualsivoglia intervento giudiziale (sia esso di valutazione o di controllo) e della partecipazione necessaria del ceto creditorio, essendo piuttosto frutto di una decisione dell’impresa, come attinente alla programmazione della propria futura attività e intesa al risanamento della relativa “situazione finanziaria” che nella sua traduzione operativa, poi, viene ad avvalersi dell’attività contrattuale di un professionista indipendente, per la funzione di attestatore, che può anche comportare, nel caso, la conclusione di convenzioni con i creditori o terzi in genere, come conferma la possibilità di scelta di pubblicarlo o meno nel registro delle imprese a mente dell’ultimo periodo dell’art. 67, comma 3, lett. d), che di per sé rappresenta una scelta propria dell’autonomia d’ impresa”.
Quali vantaggi comporta il piano attestato di risanamento? 
L'utilizzo del piano attestato ha due importanti vantaggi rispetto ad altre soluzioni puramente stragiudiziali della crisi, consistenti negli effetti che lo stesso produce quale istituto meritevole di tutela nel nostro ordinamento: l'esenzione da revocatoria e da responsabilità penale.
Non si tratta di una esenzione indiscriminata, naturalmente, ma la stessa va attentamente valutata rispetto ai nuovi artt. 166 c. 3, lett. d) e 324 CCII, che fungono altresì da incentivi ad affrontare in modo virtuoso e tempestivo la crisi di impresa, essendo evidente che questo istituto è utilizzabile (proprio perché manca di effetti protettivi e riposa sull'accordo con i creditori) nei casi in cui la crisi è appena iniziata e non ha ancora dato origine ad iniziative aggressive dei terzi o ad un ingente indebitamento con l'erario. La giurisprudenza di legittimità con la sentenza di Cassazione n. 3018/2020 cosi mette in luce che: “il giudice deve effettuare, con giudizio "ex ante", una valutazione, parametrata sulla condizione professionale del terzo contraente, circa l'idoneità del piano, del quale gli atti impugnati costituiscono strumento attuativo, a consentire il risanamento dell'esposizione debitoria dell'impresa, seppure in negativo, vale a dire nei soli limiti dell'assoluta, evidente inettitudine del piano presentato dal debitore a tal fine”.
L'esenzione da revocatoria riguarda gli atti, i pagamenti e la concessione di garanzie su beni del debitore, purchè siano esecutivi del piano attestato ed in esso siano specificamente indicati. L'esenzione, rispetto al passato, non riguarda solo la revocatoria fallimentare ma anche quella ordinaria, ed è destinata a venir meno in caso di dolo o colpa grave del debitore o dell'attestatore di cui il creditore (o il terzo che compie l'atto da revocare) sia a conoscenza.
L'esenzione da responsabilità penale non è indiscriminata: per favorire il piano attestato e gli accordi attuativi riguarda infatti la sola bancarotta preferenziale e la bancarotta semplice, così che un piano che contenesse operazioni distrattive dell'azienda continuerebbe a poter essere perseguito penalmente.
Da notare che oggi è possibile ottenere effetti equivalenti a quelli del piano attraverso un accordo con i creditori raggiunto in sede di composizione negoziata, purchè sottoscritto anche dall'esperto che giudichi coerente il piano, che sta alla base della soluzione raggiunta, rispetto alla regolazione della crisi o dell'insolvenza (art. 23 c. 1 lett. c) CCI).
Una importante novità del nuovo Codice, peraltro coerente all’allargamento della stabilità degli atti e pagamenti esecutivi del piano anche rispetto alla revocatoria ordinaria, riguarda il presupposto soggettivo: l’istituto appare infatti utilizzabile dall’imprenditore tout court, non necessariamente commerciale (vds. art. 56, comma primo, CCII), quindi ad esempio anche da parte dell’imprenditore agricolo, mentre vanno espresse perplessità circa la sua utilizzabilità da parte dell’imprenditore “sotto soglia”, come un autore ha proposto, considerato che l’impianto del codice mantiene una netta distinzione fra imprese dotate oppure prive dei requisiti dimensionali di cui all’art. 2, comma 1, lett. d), mentre anche lo stesso art. 25 quater in tema di composizione negoziata per le imprese “sotto soglia” non prevede il piano attestato fra i possibili strumenti utilizzabili in caso di esito negativo della contrattazione con i creditori.
2 . Attestare un piano in situazione di crisi
Con il Piano attestato di risanamento è stato introdotto per l'imprenditore una leva da azionare per rimediare ad una situazione di squilibrio finanziario nella quale l'insolvenza non si sia ancora manifestata. È finalizzato al risanamento e appare attuabile in contesti di crisi aziendali di natura principalmente finanziaria che siano considerate superabili nel presupposto di una perdurante fiducia nelle prospettive reddituali dell'impresa. La norma consente di porre in essere queste operazioni, indispensabili per il ripristino della situazione finanziaria, mettendo le stesse al riparo - ad alcune condizioni - dalle azioni revocatorie che potrebbe impostare un eligendo curatore in caso di insuccesso del piano. Perché questo risultato sia ottenuto è previsto che un professionista valuti la ragionevolezza del piano che deve apparire idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria. Anche negli accordi di ristrutturazione, ex art. 57 CCII, è richiesto che un professionista certifichi l'attuabilità dell'accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei. Accomunano gli accordi di ristrutturazione ai piani attestati: da un lato la protezione da azione revocatoria ex artt. 166, comma 3, lett. d) e 324 CCII, dall'altro l'applicazione dell'imposizione fiscale sulle corrispondenti sopravvenienze attive in quanto sia in questo caso sia nel precedente non opera l'art. 88, comma 4, T.U.I.R.
Vale la pena riflettere sul ruolo svolto dall'esperto attestante il piano. È indispensabile rilevare che in tutti i casi esaminati il soggetto nominato deve essere consapevole del proprio ruolo di garanzia e deve pertanto mantenere una posizione di terzietà nei confronti della società. Si ripropongono problematiche assimilabili a quelle che coinvolgono gli organi di controllo aziendale in quanto il controllore è per legge nominato dal controllato ossia dall'azienda che redige il piano. In proposito si segnala che in giurisprudenza l'attività dell'esperto è stata esplicitamente assimilata a quella dell'incaricato del controllo contabile e più precisamente alle funzioni individuate nelle lett. b) e c) dell'art. 2409 ter c.c. Il CNDCEC si è espresso più volte sul rilevante tema dell'indipendenza del revisore evidenziando che essa è sostanzialmente uno stato mentale, un requisito etico soggettivo che non può essere agevolmente messo alla prova o assoggettato a verifica esterna.
Chiarita la rilevanza dell'autonomia di giudizio dell'esperto, è opportuno riflettere sull'oggetto del giudizio dal medesimo espresso. Il termine «attestare» non significa garantire la veridicità dei risultati futuri indicati dagli amministratori in quanto una proiezione dei ricavi futuri di una società può risultare più o meno corretta a seconda del verificarsi di eventi estranei all'attività sociale o imprevedibili. L'analisi svolta dall'esperto deve essere il più possibile completa ed esaustiva e dovrà essere svolta impiegando la professionalità e la diligenza richiesti dalla natura dell'incarico, come prevede l'art. 2407 c.c. per i soggetti ai quali è affidato il controllo contabile. Non potranno però essere imputate al perito responsabilità specifiche nel caso in cui subentrino elementi nuovi non conosciuti o non rappresentati dagli amministratori durante i lavori. Ciò implica, tra l'altro, che le comunicazioni dell'azienda all'esperto devono essere ispirate a principi di completezza e trasparenza in modo tale da ridurre al minimo la situazione di asimmetria informativa in cui inevitabilmente il professionista si viene a trovare, rendendo possibili ed efficaci i controlli da questo posti in essere.
Per cui il professionista “indipendente” provvede all'attestazione della veridicità dei dati aziendali e della fattibilità economica e giuridica del piano. L'attestazione è un documento fondamentale del piano di risanamento affinché, in caso di liquidazione giudiziale, operi, come si vedrà in seguito, la tutela dell'esenzione dalle azioni revocatorie di atti, pagamenti e garanzie compiuti o rilasciate in esecuzione del medesimo.
Il professionista attestatore, come disposto dall'art. 2, deve soddisfare congiuntamente i seguenti requisiti:
- essere iscritto all'albo dei gestori della crisi e insolvenza delle imprese, nonché nel registro dei revisori legali;
- essere in possesso dei requisiti previsti dall'art. 2399 c.c.;
- non essere legato all'impresa o ad altre parti interessate all'operazione di regolazione della crisi da rapporti di natura personale o professionale.
Si rileva che nel CCII sia stato sensibilmente esteso, rispetto a quanto previsto dall'art. 67, L. fall., il sindacato di valutazione affidato al professionista, in quanto l'attestazione non si limita soltanto alla fattibilità economica del piano, ma anche alla fattibilità in termini giuridici.
Il giudizio da esprimere non potrà pertanto limitarsi ad un mero “visto”, ma dovrà constare di una illustrazione descrittiva che accrediti la fattibilità, evidenziando in quale maniera le risorse finanziarie future dell'impresa riusciranno verosimilmente ad assorbire l'esposizione debitoria.
Viene correttamente osservato che il sindacato di fattibilità giuridica appare estraneo alle competenze professionali proprie richieste all'attestatore/professionista indipendente, obbligando quindi quest'ultimo ad avvalersi, di pareri di ulteriori esperti legali per pervenire al ragionevole convincimento che il piano non sia incompatibile con norme inderogabili.
Peraltro, il tema dell'attestazione, nonostante la sua delicatezza, è stato affrontato dal Legislatore in termini generici e senza offrire adeguata risposta alle questioni evidenziate dalla dottrina aziendalistica nel recente passato e dalla giurisprudenza, come di seguito evidenziato.
Per espresso richiamo dell'art. 56, comma 4 e all'art. 39, al piano devono essere allegati una serie di documenti:
· le scritture contabili e fiscali obbligatorie;
· le dichiarazioni dei redditi concernenti i 3 esercizi o anni precedenti, ovvero l'intera esistenza dell'impresa o dell'attività economica o professionale, se questa ha avuto una minore durata;
· i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi;
· una relazione sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria aggiornata;
· uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività;
· l'elenco nominativo dei creditori e l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;
· l'elenco nominativo di coloro che vantino diritti reali e personali su cose in suo possesso, l'indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto;
· un'idonea certificazione sui debiti fiscali, contributivi e per premi assicurativi;
· una relazione riepilogativa degli atti di straordinaria amministrazione compiuti nel quinquennio anteriore.
La norma nulla dispone sull'orizzonte temporale del piano. I principi per la redazione dei piani di risanamento prevedono che durate che eccedano un orizzonte temporale di medio-lungo periodo (generalmente da tre a cinque anni) si scontrano con problemi di prevedibilità analitica.
Si prevede la possibilità di pubblicare il piano presso il registro delle imprese, ai sensi dell'art. 56, comma 5. Si tratta di una facoltà, rimessa alle decisioni del debitore che, se da una parte, comporta la rinuncia alla riservatezza, dall'altra conferisce il vantaggio, talvolta irrinunciabile ai fini del successo dell'operazione di risanamento, dell'irrilevanza, sotto il profilo fiscale, delle sopravvenienze da esdebitazione ai sensi di quanto previsto dall'art. 88, comma 4 ter del TUIR.
In tema di attestazione del piano, si osserva un ampliamento dell'ambito di valutazione e di giudizio dell'attestatore e, quindi, anche delle responsabilità, essendo previsto che egli si esprima in ordine alla fattibilità del piano non solo sotto il profilo economico, ma anche sotto il profilo giuridico.
3 . Convenienza fiscale
Pubblicare il piano attestato di risanamento presso il Registro delle imprese, pur se non vi è un obbligo, può essere conveniente fiscalmente.
Difatti, vi sono alcune norme tributarie che, per tale istituto, fanno riferimento all'iscrizione presso il registro delle imprese. Ad esempio, l'art. 101, comma 3, del T.U.I.R., prevede la possibilità di dedurre la perdita su crediti se il debitore ha proposto ai creditori un piano attestato ai sensi dell'art. 67, comma 3, lett. d), L. fall. (ciò dovrebbe valere anche per il nuovo art. 56), ma a partire dalla data di iscrizione nel Registro delle imprese.
Il comma 4 ter dell'art. 88, del medesimo T.U.I.R., prevede che, in caso di un piano attestato ai sensi dell'art. 67, comma 3, lett. d), L. fall., pubblicato nel registro delle imprese, la riduzione dei debiti dell'impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all'articolo 84, senza considerare il limite dell'ottanta per cento, la deduzione di periodo e l'eccedenza relativa all'aiuto alla crescita economica di cui all'art. 1, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (normativa abrogata con la finanziaria 2019), e gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati di cui al comma 4 dell'articolo 96 del presente testo unico. 
Per quanto riguarda gli aspetti contabili, dovrebbe valere quanto stabilito dal principio contabile OIC 19, il quale definisce ristrutturazione del debito “un'operazione mediante la quale il creditore (o un gruppo di creditori), per ragioni economiche, effettua una concessione al debitore in considerazione delle difficoltà finanziarie dello stesso, concessione che altrimenti non avrebbe accordato. Per tali ragioni, il creditore è disposto ad accettare una ristrutturazione del debito che comporti modalità di adempimento più favorevoli al debitore”.
Per quanto riguarda l'ambito di applicazione, si fa riferimento anche al piano di risanamento attestato di cui all'art. 67, comma 3, lett. d) L. fall. Pertanto, si ritiene che anche in questo caso si possa fare riferimento al nuovo art. 56.
E' da rilevare che, al contrario della normativa tributaria, dove viene data importanza all'iscrizione del piano nel registro delle imprese, la data alla quale fare riferimento per la rilevazione degli effetti contabili è definita quella dalla quale si rilevano gli effetti dell'eliminazione contabile e coincide con il momento a partire dal quale l'accordo diviene efficace tra le parti, che, in caso di piano di risanamento attestato ex art. 67, comma 3, lett. d) L. fall., coincide con la data di adesione dei creditori.
4 . Precisazione conclusiva
Il tema dell'attestazione, nonostante la sua delicatezza, si ritiene che sia stato affrontato dal Legislatore in termini sintetici e senza offrire adeguata risposta alle questioni evidenziate dalla dottrina aziendalistica nel recente passato e dalla giurisprudenza, come sopra evidenziato. Infatti il tempo dirà se l'obiettivo posto dal legislatore delegante di incentivare il ricorso all'istituto in commento possa considerarsi assolto dal legislatore delegato. Si ritiene, tuttavia, che, nell'eventuale involuzione del processo di risanamento verso la liquidazione giudiziale, mantenere nel testo riformato l'assenza di previsione della prededuzione dei crediti sorti in esecuzione del piano attestato, possa costituire un deterrente piuttosto che un incentivo al ricorso ai piani attestati di risanamento. Ciò, in particolare per quanto riguarda gli apporti di nuova finanza che, sotto il profilo operativo, si traducono, nella maggior parte dei casi, nella conditio sine qua non per il recupero della continuità aziendale.


Note:
Direttiva UE 2019/1023, del 20 giugno 2019 2. D.lgs. 17 giugno 2022, n. 83.
Relazione tecnica e illustrativa al D.Lgs. n. 83/2022. 
D.L. 24 agosto 2021, n. 118, convertito con modifiche dalla L. 21 ottobre 2021 n. 147.
G. D’ATTORRE, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, e A. FAROLFI, La liquidazione del patrimonio, in Il Fall., n. 12/2021, La composizione negoziata e le altre misure che anticipano il Codice della crisi (numero monografico che raccoglie contributi a commento del D.L. n. 118/2021).
CARLONI-IANNACCONE, Il piano attestato di risanamento nel nuovo codice della crisi, in Ilcaso.it, Ristrutturazioni aziendali. 
M. FERRO, Commento all'art. 67, co. 3, lett. d), in La legge fallimentare. Commentario teorico-pratico, 2014.
A. SOLIDORO, Gli strumenti stragiudiziali: piani attestati e accordi di ristrutturazione nella riforma del Codice della crisi, Crisi e risanamento n. 33/2019.
A. MUSAIO, Il cosiddetto piano attestato di risanamento, in Commento al Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, 2019.
ARCURI, P. BOSTICCO, Il piano di risanamento attestato e il nuovo sovraindebitamento, Collana diretta da S. SANZO e M. VITIELLO, Giuffrè, 2014.
I. L. NOCERA, Requisito di indipendenza del professionista attestatore, Ilfallimentarista.it, 2013.
C. TRENTINI, Piano attestato di risanamento e accordi di ristrutturazione dei debiti, Milano, 2016.

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Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

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