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Sui rapporti fra composizione negoziata e amministrazione straordinaria delle società che gestiscono impianti di interesse strategico nazionale (D.L. n. 4/2024), alla luce dell’art. 7 della Direttiva 2019/1023*

Lorenzo Stanghellini, Ordinario di Diritto commerciale nell’Università di Firenze

5 Febbraio 2024

*L'elaborato costituisce un parere pro veritate reso dall'Autore.
Riproduzione riservata
1 . Premessa
 Con il D.L. 18 gennaio 2024, n. 4, è stato modificato il secondo comma dell’art. 2 del D.L. 23 dicembre 2003, n. 347 (di seguito “Decreto Marzano”), relativo alla procedura di amministrazione straordinaria di “società partecipate direttamente o indirettamente da amministrazioni pubbliche statali” che gestiscano “stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale”.
In deroga alla normativa normalmente applicabile, con D.L. 5 gennaio 2023, n. 2, il secondo comma dell’art. 2 del Decreto Marzano era stato modificato al fine di consentire l’ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria “speciale” ivi prevista non soltanto su domanda della società debitrice, ma anche su istanza del socio pubblico diretto o indiretto[1].
Con il citato D.L. n. 4/2024 si è da un lato previsto che l’istanza possa venire anche da un socio diverso da quello pubblico, dall’altro che la presentazione dell’istanza precluda l’accesso della società ad uno degli strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza e, se essi siano stati già avviati, impedisca la prosecuzione del loro iter. Con particolare riguardo alla composizione negoziata, la norma prevede che la domanda di nomina dell’esperto sia archiviata. 
Non è un mistero che la norma sia ritagliata su Acciaierie d’Italia, unica società italiana che integra gli estremi della fattispecie astratta da essa descritta, la quale pochi giorni prima della sua emanazione aveva chiesto la nomina dell’esperto per lo svolgimento della composizione negoziata. 
2 . La norma
 Il quarto periodo dell’art. 2, secondo comma, del Decreto Marzano è adesso sostituito dai seguenti:
Nei casi di società partecipate direttamente o indirettamente da amministrazioni pubbliche statali, ad eccezione di quelle emittenti azioni quotate su mercati regolamentati, l’ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria di imprese che gestiscono uno o più stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231, può avvenire, su istanza dei soci che detengano, anche congiuntamente, direttamente o indirettamente, almeno il 30 per cento delle quote societarie, quando i soci stessi abbiano segnalato all’organo amministrativo la ricorrenza dei requisiti di cui all’articolo 1 e l’organo amministrativo abbia omesso di presentare l’istanza di cui al comma 1 entro i successivi quindici giorni ovvero, nello stesso termine, abbia rifiutato di provvedere, pur ricorrendo i suddetti requisiti. Dalla data di presentazione dell’istanza di cui al quarto periodo e fino alla chiusura della procedura di amministrazione straordinaria oppure al passaggio in giudicato del provvedimento di cui all’articolo 4, comma 1 bis, non può essere proposta la domanda di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, né possono essere presentate o proseguite domande di accesso ad uno degli strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza disciplinati dallo stesso decreto legislativo n. 14 del 2019. Se alla data di presentazione dell’istanza di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria risulta depositata la domanda di nomina dell’esperto di cui all’articolo 12 decreto legislativo n. 14 del 2019, la relativa domanda è archiviata”. 
La disposizione in questione viene qui esaminata nella parte in cui consente al socio (di società partecipata da amministrazioni pubbliche statali che gestisca uno o più stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale) di presentare istanza per l’assoggettamento della società alla procedura di amministrazione straordinaria c.d. “Marzano” anche laddove la medesima società abbia ottenuto, nel contesto di un procedimento di ristrutturazione preventiva, inclusa la composizione negoziata, la concessione di misure protettive. 
Sotto tale profilo, la norma pone infatti un problema di conformità con la Direttiva (UE) 2019/1023 in materia di quadri di ristrutturazione preventiva. 
Non vengono invece qui esaminati gli eventuali altri profili di contrasto della norma con i principi costituzionali e con altri atti normativi dell’Unione europea.
3 . La dichiarazione di insolvenza quale presupposto necessario dell’apertura della procedura di amministrazione straordinaria “Marzano”
L’amministrazione straordinaria “Marzano” si apre con decreto dell’autorità governativa (art. 2 Decreto Marzano). Successivamente, il tribunale competente, con sentenza pubblicata entro quindici giorni dalla comunicazione del predetto decreto, dichiara lo stato di insolvenza dell’impresa debitrice (art. 4 Decreto Marzano).
Sebbene la dichiarazione di insolvenza segua l’apertura della procedura, essa costituisce presupposto imprescindibile del suo svolgimento. Infatti, secondo quanto disposto dal comma 1-bis del medesimo art. 4 Decreto Marzano, “qualora il tribunale respinga la richiesta di dichiarazione dello stato di insolvenza […] cessano gli effetti del decreto di cui all’articolo 2, comma 2”.
Pertanto, qualora per qualsiasi ragione sia già ex ante noto che non potrà essere dichiarata l’insolvenza dell’impresa, l’amministrazione straordinaria “Marzano” non può essere aperta. È di tutta evidenza, infatti, che non può legittimamente essere aperta una procedura destinata a cessare per difetto di un suo presupposto.
4 . L’effetto preclusivo della dichiarazione di insolvenza derivante dalle misure protettive del patrimonio applicabili nel contesto della composizione negoziata
 Nel contesto della composizione negoziata della crisi, ai sensi dell’art. 18, comma 1, CCII, “l’imprenditore può chiedere, con l’istanza di nomina dell’esperto o con successiva istanza presentata con le modalità di cui all’articolo 17, comma 1, l’applicazione di misure protettive del patrimonio”.
Ai sensi del comma 4 del medesimo art. 18, “dal giorno della pubblicazione dell’istanza di cui al comma 1 e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, la sentenza […] di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata, salvo che il tribunale disponga la revoca delle misure protettive”. 
Ne consegue che, a seguito dell’accesso alla composizione negoziata, laddove l’imprenditore abbia presentato istanza di applicazione delle misure protettive (immediatamente efficaci, e successivamente soggette a conferma del tribunale), è inibita l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria “Marzano”, essendo preclusa la dichiarazione dello stato di insolvenza che ne costituisce il presupposto.
5 . La recente modifica dell’art. 2, comma 2, Decreto Marzano
 Si è visto che, con l’art. 1 del D.L. 18 gennaio 2024, n. 4, è stato modificato l’art. 2 Decreto Marzano, i cui ultimi periodi oggi stabiliscono: “dalla data di presentazione dell’istanza di cui al quarto periodo e fino alla chiusura della procedura di amministrazione straordinaria […] non può essere proposta la domanda di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, né possono essere presentate o proseguite domande di accesso ad uno degli strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza disciplinati dallo stesso decreto legislativo n. 14 del 2019. Se alla data di presentazione dell’istanza di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria risulta depositata la domanda di nomina dell’esperto di cui all’articolo 12 decreto legislativo n. 14 del 2019, la relativa domanda è archiviata”. 
In sostanza, per l’ipotesi di istanza di accesso all’amministrazione straordinaria presentata, ai sensi dell’art. 2, comma 2, Decreto Marzano, dal socio di società partecipata direttamente o indirettamente da amministrazioni pubbliche statali e che gestisce uno o più stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, la preclusione all’apertura della procedura rappresentata dall’applicazione di misure protettive nel contesto della composizione negoziata viene meno, dovendosi archiviare la relativa domanda.
6.1 . Il principio espresso dall’art. 7, par. 2, della direttiva (UE) 2019/1023 e la sua attuazione nel contesto della composizione negoziata
L’art. 7, par. 2, della direttiva (UE) 2019/1023 (di seguito la “Direttiva”), nel dettare i criteri ai quali ciascuno Stato membro deve uniformare la propria disciplina nazionale, stabilisce che “la sospensione delle azioni esecutive individuali conformemente all’articolo 6 sospende, per la durata della sospensione, l’apertura, su richiesta di uno o più creditori, di una procedura di insolvenza che potrebbe concludersi con la liquidazione delle attività del debitore”. Tale previsione costituisce un tassello dell’insieme di regole che prevede la prevalenza degli strumenti delle soluzioni concordate rispetto a quelle liquidatorie che da tempo informa il diritto dell’Unione europea (Cass. Sez. un., 15 maggio 2015, nn. 9935 e 9936). 
È pacifico che la disciplina della composizione negoziata della crisi contenuta nel CCII costituisca (parte della) attuazione della Direttiva. 
In questa prospettiva, l’art. 18 CCII sopra citato costituisce attuazione del principio espresso dall’art. 7, par. 2, precludendo la dichiarazione di insolvenza dell’imprenditore che abbia fatto accesso alla composizione negoziata della crisi, laddove questi abbia al contempo richiesto l’applicazione di misure protettive del patrimonio (che si sostanziano, in primis, nella “sospensione delle azioni esecutive individuali”, che costituisce appunto il presupposto individuato dal sopra citato art. 7, par. 2 della Direttiva). 
Si noti che, almeno in linea generale, l’art. 7 della Direttiva preclude la sottoposizione dell’imprenditore (anche) alla procedura di amministrazione straordinaria, nonostante quest’ultima possa in ipotesi concludersi con esito ristrutturativo (e dunque senza “la liquidazione delle attività del debitore”). Il Considerando n. 38 della Direttiva precisa, infatti, che gli effetti preclusivi dell’art. 7 “dovrebbero comprendere anche le procedure che potrebbero permettere la ristrutturazione del debitore”. 
6.2 . Termini della questione
Come si è visto, la recente modifica dell’art. 2, comma 2, Decreto Marzano ha introdotto, nel caso di società partecipate dalla pubblica amministrazione e al ricorrere di determinate circostanze, un principio di prevalenza della procedura di amministrazione straordinaria avviata su istanza del socio rispetto a qualsiasi altro strumento di risoluzione della crisi attivato dall’organo amministrativo, inclusa la composizione negoziata, anche laddove siano state applicate misure protettive del patrimonio del debitore. 
Tale principio di prevalenza deve essere esaminato sotto il profilo della sua compatibilità con la Direttiva sopra richiamata, e in particolare della compatibilità con previsioni sufficientemente chiare e precise da poterne configurare una violazione da parte dello Stato membro. 
6.3 . Perimetro del principio espresso dall’art. 7, par. 2 della Direttiva
Si tratta quindi di individuare il perimetro del principio espresso dall’art. 7, par. 2, della Direttiva al fine di stabilire se la modifica introdotta all’art. 2, comma 2, Decreto Marzano, ponendosi in contrasto con tale principio, deve essere disapplicata. 
Al riguardo si deve rilevare che: 
a) l’art. 7, par. 2, preclude l’apertura di una procedura di insolvenza “su richiesta di uno o più creditori”, e ciò anche quando la sospensione delle iniziative esecutive individuali sia ammessa anche “solo per un numero limitato di creditori”; 
b) per quanto riguarda l’eventuale possibilità di richiedere l’apertura di procedure di insolvenza da parte di soggetti che non agiscono in quanto creditori, la Direttiva appare limitare la portata dell’art. 7, par. 2, laddove, al (già citato) Considerando n. 38, ammette che gli Stati membri prevedano la possibilità di aprire una procedura di liquidazione “su richiesta di autorità pubbliche che non agiscono in qualità di creditore, ma nell’interesse generale, come un procuratore[2]
Se ne ricava che, nell’ambito dell’attuazione della Direttiva nell’ordinamento degli Stati membri, la disciplina nazionale: 
- deve prevedere che, in caso di sospensione delle iniziative esecutive individuali, sia preclusa l’apertura di una procedura di insolvenza su richiesta di un creditore; 
- può prevedere che la preclusione non operi per le “autorità pubbliche” che agiscono “nell’interesse generale”. 
6.4 . Eccedenza della modifica dell’art. 2, comma 2, Decreto Marzano rispetto ai limiti posti dalla Direttiva alla discrezionalità degli Stati membri
Alla luce di quanto sopra esposto, le disposizioni da ultimo introdotte con la modifica dell’art. 2, comma 2, Decreto Marzano appaiono attribuire la legittimazione a presentare l’istanza di apertura dell’amministrazione straordinaria – indipendentemente (parrebbe, in base al dato letterale della norma) dalla presenza di misure protettive del patrimonio del debitore – anche a soggetti che nemmeno implicitamente possono essere considerati legittimati ai sensi del principio espresso nel Considerando n. 38. Ciò per le seguenti ragioni: 
(i) in primo luogo, secondo il testo vigente dell’art. 2 del Decreto Marzano, la legittimazione spetta ai “soci che detengano, anche congiuntamente, direttamente o indirettamente, almeno il 30 per cento delle quote societarie”; la norma non contiene alcun riferimento alla natura pubblica del socio (come era invece nel testo previgente la modifica attuata con d.l. 4/2024); pertanto, sulla base di un’interpretazione letterale della disposizione, essa si pone in contrasto con i principi espressi dalla Direttiva, in quanto consente di presentare la richiesta di apertura dell’amministrazione straordinaria anche al socio privato di una società partecipata direttamente o indirettamente da amministrazioni pubbliche statali; 
(ii) in secondo luogo, secondo il medesimo tenore letterale della norma, la legittimazione spetta anche al socio che non sia esso stesso un’amministrazione pubblica statale (e dunque una “pubblica autorità”), bensì sia solo partecipato da un’amministrazione pubblica statale; il problema si pone in particolare con riferimento alle società per azioni che, anche laddove siano interamente partecipate da amministrazioni pubbliche statali, perseguono pur sempre finalità lucrative (nel caso di Acciaierie d’Italia, il socio pubblico è una società per azioni, cioè Invitalia s.p.a.). 
Appare dunque sostenibile che la modifica introdotta all’art. 2, comma 2, Decreto Marzano dal D.L. 18 gennaio 2024, n. 4, si ponga in contrasto con l’art. 7, par. 2, della Direttiva, dal momento che l’insieme dei soggetti legittimati dalla norma a presentare istanza per l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria nonostante la sospensione delle iniziative esecutive individuali comprende soggetti che non sono titolari dell’interesse generale che potrebbe legittimare la facoltà ricavabile dal Considerando n. 38 della Direttiva, la quale consente agli Stati membri di attribuire tale legittimazione solo alle “pubbliche autorità” che agiscano “nell’interesse generale”. 
6.5 . Non riconducibilità della modifica dell’art. 2, comma 2, Decreto Marzano alla facoltà di deroga concessa agli Stati membri dall’art. 7, par. 3, della Direttiva
Da ultimo, si deve verificare se la modifica da ultimo introdotta all’art. 2, comma 2, Decreto Marzano possa ritenersi comunque inclusa (sia pure come norma di diritto singolare) nella facoltà di deroga concessa agli Stati membri dall’art. 7, par. 3, della Direttiva, ai sensi del quale: “gli Stati membri possono derogare ai paragrafi 1 e 2 in situazioni in cui il debitore sia incapace di pagare i suoi debiti in scadenza. In tali casi, gli Stati membri provvedono affinché l’autorità giudiziaria o amministrativa possa decidere di mantenere il beneficio della sospensione delle azioni esecutive individuali se, tenendo conto delle circostanze del caso, l’apertura di una procedura di insolvenza che potrebbe concludersi con la liquidazione delle attività del debitore non fosse nell’interesse generale dei creditori”. 
In sostanza, in base a tale disposizione la normativa nazionale può prevedere che un provvedimento di sospensione delle iniziative esecutive individuali in essere non precluda l’apertura di una procedura di insolvenza, quando il debitore “sia incapace di pagare i suoi debiti in scadenza”. Anche in tal caso, tuttavia, la rimozione della sospensione non può essere automatica. 
a) Insussistenza del presupposto oggettivo della deroga di cui all’art. 7, par. 3, della Direttiva 
Necessaria precisazione è che l’incapacità del debitore di pagare i debiti in scadenza non può che riferirsi ai debiti sorti successivamente alla sospensione delle iniziative esecutive individuali, come confermato anche dal verbo “mantenere” riferito agli effetti della sospensione (“keep in place the benefit of the stay” nella versione in lingua inglese della Direttiva). L’incapacità di pagare i debiti precedentemente sorti rappresenta infatti proprio quello stato di insolvenza: 
i) sulla cui base, di regola, il debitore deve, e i creditori possono, chiedere l’apertura di una procedura di insolvenza; 
ii) nonostante la sussistenza del quale, al debitore non è imposto (art. 7, par. 1) e ai creditori non è concesso (art. 7, par. 2) chiedere l’apertura di una procedura di insolvenza, laddove siano state sospese le iniziative esecutive individuali. 
In sostanza, se la facoltà di deroga di cui al par. 3 dell’art. 7 fosse attribuita con riferimento a tutte le situazioni in cui il debitore era insolvente al momento della sospensione delle misure esecutive individuali, le disposizioni di cui ai parr. 1 e 2 del medesimo art. 7 potrebbero sempre essere derogate dagli Stati membri (e dunque non avrebbero senso)[3]
Ciò precisato, appare evidente che la modifica dell’art. 2, comma 2, Decreto Marzano non rientra nell’ambito della derogabilità concessa dall’art. 7, par. 3, della Direttiva. 
Infatti, la regola introdotta dalla norma nazionale, secondo cui nel caso di società a partecipazione pubblica la procedura di amministrazione straordinaria avviata su istanza del socio prevale rispetto agli altri strumenti di risoluzione della crisi attivati dall’organo amministrativo, nonostante l’eventuale applicazione di misure protettive del patrimonio del debitore, si applicherebbe in modo automatico, e a prescindere dalla riscontrata incapacità della società debitrice di pagare, alla scadenza, i debiti sorti successivamente alla concessione delle misure protettive medesime. 
b) Assenza di una verifica degli effetti della cessazione delle misure protettive per la massa dei creditori 
L’art. 7, par. 3, prevede, nel secondo periodo, che anche qualora sussista l’incapacità del debitore beneficiario della sospensione di pagare i suoi debiti in scadenza, deve essere prevista la possibilità, per l’autorità che ha concesso la sospensione, di mantenerne gli effetti, quando la procedura liquidatoria che si aprirebbe in conseguenza della rimozione della sospensione non sia nell’interesse della massa dei creditori. 
Nel caso previsto dall’art. 2, comma 2, Decreto Marzano, al contrario, la cessazione degli effetti delle misure protettive è automatica, con prevalenza ex lege della procedura liquidatoria su quella di ristrutturazione preventiva avviata con il deposito dell’istanza di nomina dell’esperto, senza che sia concessa al tribunale competente la possibilità di valutare se l’amministrazione straordinaria sia “nell’interesse generale dei creditori”
7 . Conclusioni
Alla luce di quanto sopra esposto, ritengo che l’art. 2, comma 2, del Decreto Marzano, come da ultimo modificato dal d.l. 18 gennaio 2024, n. 4, violi disposizioni sufficientemente chiare e precise della Direttiva (UE) 2019/1023, e in particolare l’art. 7, nella parte in cui: 
a) attribuisce al socio, pubblico o privato, la legittimazione a provocare l’assoggettamento ad amministrazione straordinaria ex d.l. 23 dicembre 2003, n. 347, di una società che gestisca uno o più stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, nonostante la pendenza di un procedimento di ristrutturazione preventiva, inclusa la composizione negoziata, nel quale sia stata richiesta la concessione di misure protettive e sia dunque inibita la pronunzia della dichiarazione di insolvenza; 
b) nel disporre la prevalenza automatica ex lege dell’amministrazione straordinaria sulla procedura di ristrutturazione preventiva, inclusa la composizione negoziata della crisi con richiesta di misure protettive, non preveda: 
b1) la valutazione della futura (e non pregressa) incapacità della società di adempiere le obbligazioni in scadenza; 
b2) la necessità, anche nell’ipotesi b1), di una valutazione della rispondenza dell’amministrazione straordinaria all’“interesse generale dei creditori” da parte del tribunale competente. 

Note:

[1] 
 Sulla disposizione introdotta con D.L. n. 2/2023 si vedano le considerazioni critiche di S. Cassese, L’amministrazione straordinaria delle società partecipate in base all’articolo 2 del decreto legge 2 del 2023, che dispone misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale, in Dirittodellacrisi.it, 19 gennaio 2023.
[2] 
Si riporta il testo integrale del Considerando n. 38: “la sospensione delle azioni esecutive individuali dovrebbe comportare altresì la sospensione dell’obbligo di un debitore di presentare istanza di apertura di una procedura di insolvenza che potrebbe concludersi con la liquidazione del debitore, o dell’apertura di detta procedura su richiesta del creditore. Tali procedure di insolvenza, oltre a quelle che per legge possono avere come solo esito la liquidazione del debitore, dovrebbero comprendere anche le procedure che potrebbero permettere la ristrutturazione del debitore. La sospensione dell’apertura di una procedura di insolvenza su richiesta dei creditori non dovrebbe applicarsi unicamente qualora gli Stati membri prevedano la sospensione generale delle azioni esecutive individuali riguardante tutti i creditori, ma anche qualora gli Stati membri prevedano la possibilità di una sospensione delle azioni esecutive individuali solo per un numero limitato di creditori. Tuttavia, gli Stati membri dovrebbero poter disporre che una procedura di insolvenza possa essere aperta su richiesta di autorità pubbliche che non agiscono in qualità di creditore, ma nell’interesse generale, come un procuratore”. 
Nel testo inglese l’ultimo periodo è così formulato: “Nevertheless, Member States should be able to provide that insolvency proceedings can be opened at the request of public authorities which are not acting in a creditor capacity, but in the general interest, such as a public prosecutor”. 
[3] 
Confermano la conclusione nel testo: 
- il fatto che la nozione usata nell’art. 7, par. 3, della Direttiva è quella di incapacità del debitore “di pagare i suoi debiti in scadenza” (nel testo inglese, “Member States may derogate from paragraphs 1 and 2 in situations where a debtor is unable to pay its debts as they fall due”), diversa – e più circoscritta – rispetto a quella di “insolvenza” la cui definizione è rimessa agli Stati membri (art. 2, par. 2, lett. a); 
- il tenore letterale del Considerando n. 25, che, apparendo porsi in diretta correlazione con l’art. 7, par. 3, dispone: “Gli Stati membri dovrebbero poter stabilire se includere nelle misure di ristrutturazione preventiva o nella sospensione delle azioni esecutive individuali i crediti giunti a scadenza o sorti dopo che la procedura sia stata richiesta o avviata”
Nello stesso senso è interpretabile la facoltà concessa agli Stati membri sulla base dei Considerando n. 32 e n. 33, i quali danno all’autorità il potere di negare ab initio la sospensione delle azioni esecutive in presenza di sintomi che ne lascino ex ante presumere l’inutilità o la dannosità per gli interessi dei creditori (mancanza di sostegno da parte dei creditori, incapacità di pagare i debiti in scadenza evidenziata dall’esistenza di inadempimenti sostanziali verso i lavoratori o verso le agenzie pubbliche, comportamenti criminosi). 

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Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

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