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Trib. Catanzaro, 26 marzo 2025, Pres. Ferraro, Est. Damiani

STRUMENTI DI REGOLAZIONE DELLA CRISI E DELL’INSOLVENZA – Liquidazione giudiziale – Revoca degli amministratori – Giusta causa – Approvazione.

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L’applicazione dell’art. 120 bis, comma 4, CCII e la conseguente necessità dell’approvazione giudiziale per la revoca degli amministratori sono escluse qualora nelle more del procedimento strumentale proprio all’approvazione intervenga la liquidazione giudiziale della società.

Massima a cura del Dott. Simone D’Orsi 
Riproduzione riservata

art. 120 bis CCII

POSTILLA

Postilla circa i presupposti per l’applicazione dell’art. 120 bis, comma 4, CCII

18 Luglio 2025

Il contenuto della decisione 
Nonostante il triennio quasi trascorso dall’entrata in vigore del codice della crisi, la pronuncia del Tribunale di Catanzaro è tra le prime a puntualizzare i presupposti per l’applicazione dell’art. 120 bis, comma 4, CCII[1]. In base a questa disposizione, «dalla iscrizione della decisione nel registro delle imprese e fino alla omologazione, la revoca degli amministratori è inefficace se non ricorre una giusta causa»; inoltre, «non costituisce giusta causa la presentazione di una domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza in presenza delle condizioni di legge»; infine, «la deliberazione di revoca deve essere approvata con decreto dalla sezione specializzata del tribunale delle imprese competente, sentiti gli interessati». 
Il decreto espone un contesto di notevole conflittualità dell’amministratore unico e socio di controllo della società in crisi (anzi, ormai insolvente) con l’amministratore giudiziario delle sue stesse quote. Soprattutto, dimostra il pericolo di condotte opportunistiche degli amministratori: riferisce infatti l’iscrizione della decisione di accesso ad uno di tali strumenti in epoca molto risalente rispetto alla data della revoca, non seguita da alcuna ulteriore iniziativa dell’amministratore unico e perciò verosimilmente strumentale soltanto all’integrazione del presupposto applicativo dell’art. 120 bis, comma 4, CCII[2]
Disposta la revoca, è stato lo stesso amministratore giudiziario delle quote - nel frattempo designato anche quale nuovo gestore della società - a ricorrere al Tribunale per l’approvazione della delibera di rimozione dell’amministratore unico, con l’esposizione delle ragioni giudicate idonee alla configurazione della giusta causa. 
È tuttavia un fatto sopravvenuto ad impedire l’esame nel merito delle censure indicate dalla società: la sua sottoposizione alla liquidazione giudiziale è sufficiente secondo il Tribunale di Catanzaro alla constatazione della «improcedibilità del presente procedimento per sopravvenuta carenza d’interesse in capo alla ricorrente». 
 
Il principio enunciato 
Il Tribunale di Catanzaro esclude l’applicabilità dell’art. 120 bis, comma 4, CCII successivamente all’apertura della liquidazione giudiziale. 
La conclusione viene argomentata a partire dalla ratio. All’art. 120 bis, comma 4, CCII viene riconosciuta la finalità «di favorire la regolamentazione della crisi concentrando il potere decisionale in una fase così delicata della vita dell’impresa in capo alla governance». 
Da tale finalità il Tribunale fa dipendere il ritorno alla disciplina del codice civile in seguito sia all’omologazione sia all’insuccesso dello strumento di regolazione della crisi attivato dagli amministratori: «così sinteticamente tratteggiata la ratio della norma, sebbene il quarto comma dell’art. 120 bis CCII faccia espresso riferimento - come termine finale di applicazione - alla omologazione, appare evidente che la tutela rafforzata delle delibere di revoca dell’organo amministrativo cessi anche nelle ulteriori ipotesi di definizione del procedimento di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e, quindi, anche nel caso di apertura della liquidazione giudiziale della società in crisi». 
 
Brevi considerazioni 
I. 
La decisione del Tribunale di Catanzaro individua un principio condivisibile rispetto all’applicazione dell’art. 120 bis, comma 4, CCII Nonostante questa disposizione preveda la rilevanza «fino alla omologazione» delle regole che escludono la revocabilità ad nutum degli amministratori, non pare contestabile il ritorno al regime comune per effetto di qualsiasi ragione di interruzione della procedura strumentale all’omologazione del piano[3]
Decisive possono reputarsi la collocazione e la ratio dell’art. 120 bis, comma 4, CCII L’inserimento nel capo dedicato agli «strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza delle società» suggerisce un’applicazione dipendente dalla sussistenza di simili strumenti, e quindi circoscritta alla persistenza di uno tra essi[4]. Quanto alla logica della disciplina, essa mira all’attuazione dell’art. 12, § 1, della Direttiva. È questa disposizione a volere che «ai detentori di strumenti di capitale non sia consentito di impedire o ostacolare irragionevolmente l’adozione e l’omologazione di un piano di ristrutturazione», con l’imposizione di un obiettivo pensabile solamente in vista dell’omologazione e fino a quando questa ancora risulti possibile, per essere ancora pendente il procedimento ad essa strumentale[5]
Ciononostante, l’argomentazione svolta non appare sempre convincete e risulta forse talvolta incoerente alla vicenda esposta[6]
 
II. 
Pare da condividere la strumentalità dell’art. 120 bis, comma 4, CCII alla salvaguardia dell’intervento contro la crisi, rimesso agli amministratori dai primi commi della medesima disposizione[7]. Bastano questa ratio e il riferimento esplicito agli «strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza» per escludere l’applicazione dell’art. 120 bis, comma 4, CCII nelle more della liquidazione giudiziale, estranea al novero di tali strumenti ai sensi dell’art. 2, lett. m bis, CCII[8]
L’insussistenza del presupposto applicativo (e conseguentemente dello stesso potere giudiziale di approvazione) esclude la rilevanza dell’art. 120 bis, comma 4, CCII, a prescindere dalla «sopravvenuta carenza d’interesse in capo alla ricorrente», e quindi alla società stessa. 
Risultano allora superflue, oltre che poco condivisibili, anche le affermazioni svolte per escludere l’interesse dell’amministratore unico alla dichiarazione dell’insussistenza della giusta causa di revoca. 
Pare erronea la premessa secondo cui «con la sentenza dichiarativa dell’apertura della liquidazione giudiziale, gli organi societari cessano le loro funzioni in conseguenza della nomina del liquidatore giudiziale e ciò comporta, inoltre, la perdita in capo all’amministratore della legittimazione attiva». A prescindere sia dal riferimento al «liquidatore giudiziale» sia dal richiamo alla «legittimazione» dell’amministratore, la cessazione degli organi sociali viene smentita da diverse disposizioni; in particolare, dall’art. 265 CCII, per via della devoluzione proprio agli organi della società insolvente - perciò ancora operanti - delle iniziative strumentali al concordato nella liquidazione giudiziale[9]
Poco convincente risulta anche il rilievo secondo cui il disinteresse dell’amministratore all’accertamento dipenderebbe dalla constatazione che «l’eventuale assenza della giusta causa, così come rappresentata nella delibera di revoca, potrebbe essere fatta valere - in sede di cognizione ordinaria - ai fini risarcitori ma solamente dall’interessato, quindi dall’amministratore ingiustamente revocato, ma non dall’amministratore nominato in sostituzione con la delibera di revoca». In linea preliminare, non è l’interesse dell’amministratore a giustificare la verifica pretesa dall’art. 120 bis, comma 4, CCII, strumentale alla protezione dell’intervento in atto contro la crisi e non dell’interesse egoistico degli amministratori. Dipendono da tale finalità le peculiarità che caratterizzano la nozione e l’accertamento della giusta causa nella prospettiva dell’art. 120 bis, comma 4, CCII[10]
 
III. 
Qualche considerazione aggiuntiva viene sollecitata dalle considerazioni svolte in merito alla fattispecie dell’art. 120 bis, comma 4, CCII 
Il Tribunale ferma l’attenzione sul «termine finale di applicazione», per riconoscere il ritorno alla disciplina ordinaria in seguito alla omologazione e più in generale alla «definizione del procedimento di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e, quindi, anche nel caso di apertura della liquidazione giudiziale della società in crisi». 
Nessuna considerazione viene rivolta al profilo logicamente preliminare; al momento iniziale di tale applicazione. Alla sua individuazione provvede l’incipit dell’art. 120 bis, comma 4, CCII La disposizione richiama la fase che decorrere «dalla iscrizione della decisione [strumentale all’accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza] nel registro delle imprese». A prima vista, pare configurarsi una fattispecie semplice, tale da provocare l’applicazione dell’art. 120 bis, comma 4, CCII in conseguenza di un unico fatto giuridico: l’iscrizione della decisione nel registro delle imprese. Contro un simile approdo orienta la necessaria coerenza tra il fatto che innesca e quello che interrompe l’applicazione dell’art. 120 bis, comma 4, CCII Quest’ultimo viene individuato nella «omologazione». Quindi, non in un atto degli amministratori, ma nel provvedimento conclusivo di un procedimento giudiziale pendente. La precisazione esclude l’applicazione dell’art. 120 bis, comma 4, CCII agli strumenti che - come la convenzione di moratoria - non implicano l’omologazione[11]. Soprattutto, esclude le conclusioni ipotizzate in precedenza, alle quali pare invece aderire il Tribunale di Catanzaro. È l’esigenza di un “termine finale” coerente a quello “iniziale” a suggerire la configurazione di una fattispecie complessa. Tale, cioè, da far dipendere le conseguenze previste nell’art. 120 bis, comma 4, CCII: dalla iscrizione della decisione degli amministratori; dal contestuale deposito del ricorso per l’accesso a uno strumento di regolazione della crisi, soggetto anch’esso ad iscrizione ai sensi dell’art. 40, commi 3 e 4, CCII In questa logica, conforme all’anticipazione della reazione alla crisi e non ad un’immotivata protezione degli amministratori ancora inerti, emerge la necessità di un’iniziativa già assunta, anche solo con la formulazione di una domanda prenotativa[12]. Risulta insufficiente, invece, la mera professione della volontà di reazione alla crisi[13]
Conseguente a queste considerazioni è la superfluità della stessa richiesta di approvazione, a prescindere dalla sopravvenuta dichiarazione di insolvenza. Ad escluderne la necessità provvede un rilievo a monte, sottolineato nello stesso decreto: «non è stato depositato alcun ricorso per l’adozione di strumenti di risoluzione della crisi», solo preannunciato dall’amministratore con la decisione iscritta nel registro delle imprese. 
 
IV. 
Le considerazioni svolte escludono l’irrevocabilità ad nutum di amministratori che, come nella vicenda esposta dal Tribunale di Catanzaro, si limitino a “decidere di decidere” in futuro l’effettivo ricorso ad uno strumento di reazione alla crisi. 
La configurazione di una fattispecie complessa per l’applicazione dell’art. 120 bis, comma 4, CCII evita gli inconvenienti dimostrati proprio da tale vicenda. 
A prima vista, nessun problema dovrebbe provocare l’applicazione di tale norma in ipotesi che, come quella esposta dal Tribunale, si caratterizzano per l’evidente impiego distorto della decisione di accesso a uno degli strumenti previsti dal codice della crisi: basta l’ovvia constatazione della giusta causa a giustificare l’approvazione della revoca e, per questa via, a consentire comunque la veloce destituzione degli amministratori[14]
Contro questa rassicurante prospettiva e verso la lettura già suggerita orientano due ordini di ragioni. 
Anzitutto l’inefficacia immediata del provvedimento di approvazione. È l’art. 741 c.p.c. a stabilire, dapprima, che «i decreti acquistano efficacia quando sono decorsi i termini di cui agli articoli precedenti senza che sia stato proposto reclamo»; poi, che «se vi sono ragioni d’urgenza, il giudice può tuttavia disporre che il decreto abbia efficacia immediata». 
Decisamente più grave è l’altra considerazione da svolgere. Proprio il provvedimento del Tribunale di Catanzaro dimostra la necessità di un procedimento di durata non breve: a fronte di una revoca decisa il 27 agosto 2024, la pubblicazione del decreto conclusivo risale al 24 aprile dell’anno seguente[15]
Il postulato della fattispecie semplice e della conseguente applicabilità al caso di specie dell’art. 120 bis, comma 4, CCII ha lasciato in carica l’amministratore inerte e consentito l’aggravamento ulteriore del dissesto societario, fino alla dichiarazione di insolvenza del 10 febbraio 2025. 
Nella logica della fattispecie complessa, esclusa l’applicazione dell’art. 120 bis, comma 4, CCII, il soggetto individuato come suo sostituto avrebbe potuto assumere le iniziative strumentali al contrasto della crisi, in modo forse da prevenire la stessa degenerazione in insolvenza. 
 
Riferimenti normativi 
120 bis CCII 

 

[1] Trib. L’Aquila, 18 aprile 2023, in Dirittodellacrisi.it; Trib. Roma, 17 settembre 2024, inedita, ma richiamata da G. Fauceglia, Osservazioni sull’art. 120 bis, comma 4, ccii e su qualche pericolosa aporia interpretativa, in Dir. fall., 2025, I, p. 35.
[2] L’eventualità di un utilizzo distorto della decisione di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, ispirata dalla volontà non tanto di reagire al dissesto societario ma di ostacolare la revoca degli stessi autori della decisione, è preannunciata da E. Rimini, Concordato preventivo e gruppi di imprese: attività deliberative, in AGE, 2023, p. 335.
[3] S. D’Orsi, Sub art. 120 bis, in Il codice della crisi. Commentario, a cura di P. Valensise, G. Di Cecco, D. Spagnuolo, Torino, 2024, p. 708.
[4] Originariamente collocato in una sezione del capo dedicato alla regolazione del concordato preventivo, l’art. 120 bis CCII è posto all’interno del capo III bis in seguito alla modifica disposta dall’art. 27, ult. co., d.lgs. 13 settembre 2024, n. 136.
[5] In merito all’impostazione dell’art. 12, § 1, Direttiva Insolvency, tra tanti, D. Vattermoli, La posizione dei soci nelle ristrutturazioni. Dal principio di neutralità organizzativa alla residual owner doctrine?, in Riv. soc., 2018, p. 885 ss.; G. Ferri jr., Il ruolo dei soci nella ristrutturazione finanziaria dell’impresa alla luce di una recente proposta di direttiva europea, in Dir. fall., 2018, I, p. 543; P.P. Ferraro, Il governo delle società in liquidazione concorsuale, cit., p. 145 ss.; A. Santoni, Gli azionisti e i detentori di strumenti di capitale nella proposta di direttiva in materia di crisi d’impresa, in Riv. dir. comm., 2018, I, p. 335 ss.
[6] Non si considera la questione, preliminare e però trascurata dal Tribunale, relativa all’individuazione del soggetto legittimato a chiedere l’approvazione della revoca. Sebbene la pronuncia escluda l’efficacia di tale decisione - e quindi anche della nuova nomina - fino alla sua approvazione giudiziale, pare poi ammettere la formulazione della richiesta da parte del nuovo amministratore per conto della società. Per la considerazione del problema, con soluzioni spesso divergenti, M. Spadaro, Il concordato delle società, in Diritto della crisi (fascicolo cartaceo), 2022, p. 113; G. Guerrieri, Il d.lgs. 17 giugno 2022, n. 83 e l’entrata in vigore del codice della crisi e dell’insolvenza, in Nuove leggi civ. comm., 2023, p. 25; G. Fauceglia, Osservazioni sull’art. 120 bis, comma 4, ccii e su qualche pericolosa aporia interpretativa, cit., p. 38; S. D’Orsi, La revoca degli amministratori negli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, in Dir. fall., 2025, I, p. 58 ss.; S. Leuzzi, L’impatto sistematico dell’art. 120 bis CCII e la revoca degli amministratori dopo l’accesso allo strumento, in Dirittodellacrisi.it, p. 11 s.
[7] In merito alla correlazione tra i limiti alla revoca e i poteri di iniziativa e conformazione riconosciuti agli amministratori dall’art. 120 bis, commi 1 e 2, CCII, N. De Luca, Il sovrano non ha abdicato, ma è stato deposto. Notarelle sul ruolo dell’assemblea di società in crisi o insolventi, in Luiss L. Rev., 2022, p. 13; F. Guerrera, L’espansione della regola di competenza esclusiva degli amministratori nel diritto societario della crisi fra dogmatismo del legislatore e criticità operative, in Riv. soc., 2022, p. 1280 ss.; N. Michieli, Il ruolo dell’assemblea dei soci nei processi ristrutturativi dell’impresa in crisi alla luce del d.lgs. n. 83/2022, ivi, 2022, p. 860 s.; M. Arato, Il ruolo di soci e amministratori nei quadri di ristrutturazione preventiva, in Dirittodellacrisi.it, p. 3; P. Benazzo, Gli strumenti di regolazione della crisi delle società e i diritti “corporativi”: che ne resta dei soci?, ivi, p. 16.
[8] Per le incertezze precedenti alla precisazione introdotta dall’art. 1, d.lgs. 13 settembre 2024, n. 136, V. Donativi, Le “definizioni normative”, tra nozione, fattispecie e antinomie: il caso degli “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, in Riv. dir. comm., 2023, I, p. 72 ss.; L. Salamone, Operazioni straordinarie e crisi, in Dir. banca merc. fin., 2023, I, p. 643 s.
[9] In questi termini, P.P. Ferraro, Il governo delle società in liquidazione concorsuale, Milano, 2020, p. 42 ss. e 277 ss.
[10] Su tali profili, S. D’Orsi, La revoca degli amministratori negli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, cit., p. 62 ss.
[11] G.D. Mosco, S. Lopreiato, Gli amministratori, il tribunale e il convitato di pietra negli artt. 120 bis e 120 quinquies del codice della crisi, in AGE, 2023, p. 196.
[12] F. Guerrera, M. Maltoni, La decisione degli amministratori sull’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza delle società (art. 120bis CCII.), Studio n. 42-2023/I del Consiglio nazionale del Notariato, p. 6.
[13] Pare orientarsi negli stessi termini S. Leuzzi, L’impatto sistematico dell’art. 120 bis CCII e la revoca degli amministratori dopo l’accesso allo strumento, in Dirittodellacrisi.it, 8, quando fa dipendere l’applicazione dell’art. 120 bis, comma 4, CCII dall’iscrizione non della decisione ma dalla domanda di accesso: «la cristallizzazione della carica di amministratore e la sua sostanziale irrevocabilità scatta con l’ostensione, tramite il Registro delle imprese, della domanda giudiziale di accesso allo strumento. Fino ad un istante prima il governo dei rapporti fra gli organi avviene sotto l’egida delle regole comuni».
[14] Per la sussistenza di una giusta causa per la revoca di amministratori i quali assumano iniziative ispirate da finalità diverse dalla tutela del patrimonio sociale, tra tanti, L. Stanghellini, Il governo delle società fra codice civile e codice della crisi, ivi, p. 64.
[15] Sembra profilarsi verso il regime della revoca la medesima critica rivolta in dottrina alla disciplina prevista dall’art. 2409 c.c. contro le gravi irregolarità di gestione, incoerente alle esigenze di celerità che si pongono nel contesto della crisi societaria secondo G. D’Attorre, Crisi delle società pubbliche e strumenti di regolazione, in Le Società Pubbliche. Fenomenologia di una fattispecie, a cura di F. Fimmanò, A. Catricalà, R. Cantone, Napoli, 2020, p. 1044; P. Valensise, Il dovere di segnalazione dell’organo di controllo ai tempi del CCII: tutto cambia perché nulla cambi?, in AGE, 2023, p. 126 s.

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