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Tutela dell'ambiente inquinato dall'impresa insolvente: analisi del problema dai principi giuridici regolati nel nuovo Codice Civile e Commerciale Argentino

Protection of the environment polluted by the insolvent company: analysis of the problem from the legal principles regulated in the new Argentine Civil and Commercial Code 

Mauricio Boretto, Professore titolare della cattedra di diritto fallimentare presso l'Università Nazionale di Cuyo (Argentina)

30 Dicembre 2025

La problematica sociale e giuridica che l'impresa insolvente provoca deve essere analizzata, per trovare possibili soluzioni, dal punto di vista costituzionale; considerando in particolare i principi del diritto ambientale alla luce del paradigma del diritto privato costituzionalizzato, recepito nel nuovo Codice Civile e Commerciale argentino.

The social and legal issues that insolvent companies raise must be analyzed from a constitutional perspective to find possible solutions. This should specifically consider the principles of environmental law in light of the paradigm of constitutionalized private law, incorporated into the new Argentine Civil and Commercial Code.
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1 . Punto di partenza
Affrontare in modo congiunto i punti di convergenza tra il diritto ambientale e quello fallimentare nella Repubblica Argentina non è un compito semplice. Tuttavia, rappresenta una sfida importante che vale la pena affrontare, alla ricerca di risposte ai molti interrogativi che sorgono alla luce di entrambe le discipline giuridiche. 
In questo contesto, è opportuno ricordare alcuni concetti di base che devono essere necessariamente presi in considerazione al fine di cercare di risolvere i problemi che si pongono quando diversi beni giuridici, di diversa gerarchia normativa e assiologica, entrano in conflitto. 
Crediamo molto saggia le parole di Edgardo I. Saux, che esprime giustamente che è un fatto della realtà che, nei tempi attuali, la priorizzazione e la tutela costituzionale dei diritti umani ha generato un nuovo tipo di conflitto ermeneutico specialmente per il giudice, in particolare nei casi in cui la controversia oggetto di una decisione si scontra con diritti, principi o valori, normalmente fuori dal sistema, ad essi collegati[1]. 
L'autore si chiede se si possa accettare che, all'interno dell'elenco immaginabile di diritti e garanzie con tutela costituzionale, sia pertinente un elenco di quelli che hanno maggiore o minore gerarchia. Nota che nella dottrina giudiziaria della Corte Suprema di Giustizia in Argentina, è stato ripetutamente stabilito che quando la questione da risolvere affronta diritti o garanzie di rango costituzionale, deve essere propenso alla sua conciliazione[2]. 
Dottrinariamente si è sostenuto a questo proposito che la menzione di "tutti" e "per tutti" che la Costituzione nazionale propone negli art. 14, 18 e 116, esprime una duplice uguaglianza: quella dei soggetti e quella dei diritti da essa enunciati. Per Saux, di fronte alla collisione dei diritti fondamentali, la decisione finale dell'interprete deve tendere a non attenersi a soluzioni radicali, cercando la conciliazione. Il modo più efficace per tentare questa via è attraverso il giudizio di ponderazione, che ammette sacrifici parziali degli uni a favore degli altri sulla base delle linee guida dell'ottenimento della minore nocività nel risultato finale, completato dal giudizio delle previsioni, che implica che il giudice deve valutare gli effetti reali che, al di là del caso giudicato, proiettano la sua decisione in altri ambiti, sia legati a processi futuri che a conseguenze economiche o sociali, considerazioni di rango assiologico che non possono essere trascurate", ogni volta che "...il giudice che non misura gli effetti di quanto deciso nel caso concreto, le sequenze successive o l'impatto della sentenza su altre pronunce, consuma un'interpretazione squalificabile come imprevedibile"[3]. 
Ricardo Lorenzetti[4] sottolinea anche sulla questione che, così come il conflitto tra "regole" in un sistema codificato è risolto sul piano della validità, quando la collisione è tra principi intrasistemici[5], è richiesta un'analisi della capacità argomentativa chiamata "giudizio di ponderazione"; secondo i postulati di Robert Alexy[6]. 
In questo modo, in tale giudizio si possono presentare tre ipotesi: 
1) collisione tra beni patrimoniali e non patrimoniali: devono prevalere questi ultimi 
2) collisione tra beni patrimoniali: la soluzione è quantitativa (efficienza-ottimizzazione delle risorse) 
3) collisione tra beni non patrimoniali: il giudizio di ponderazione rientra. 
Così, rispetto a quest'ultimo aspetto, cioè quello dei diritti costituzionali e della loro proporzionalità -o la "ponderazione" di questi nell'ambito giuridico-, si è affermata come metodo efficace per sapere quale diritto umano deve prevalere sull'altro quando i due collidono o si oppongono. 
Ad esempio, in Messico, la Suprema Corte di Giustizia della Nazione, con l'azione di incostituzionalità 146/2007, ha effettuato la ponderazione del diritto alla vita del nascituro contro i diritti della madre (salute, sessuale e riproduttivo e libero sviluppo della personalità). Si è stabilito che questi ultimi devono prevalere sul diritto alla vita, il che ha portato alla depenalizzazione dell'aborto a Città del Messico[7].
2 . La costituzionalizzazione del diritto privato
a. Introduzione 
La tematica che stiamo analizzando nel presente contributo dottrinario -diritto fallimentare e la sua "convivenza" con il diritto ambientale-, come possiamo apprezzare, provoca che entrino in tensione beni giuridici di diversa natura: 
- Diritto di proprietà dei creditori (art. 14 e 17 Const. nazionale) 
- Diritto di proprietà e diritto di esercitare il commercio e l'industria lecita del debitore (art. 14 e 17 Const. nazionale) 
- Diritto ad un ambiente sano degli abitanti della comunità (art. 41 Const. nazionale) dove l'imprenditore insolvente sviluppa il suo diritto di esercitare il commercio e la sua industria lecita (art. 14 Const. nazionale) 
- Diritto alla tutela di un ambiente sano, equilibrato, idoneo allo sviluppo umano in se stesso, alla biodiversità, all'ecologia, ecc. come bene collettivo ad uso comunitario (art. 41 e 43 Const. nazionale) 
Così, per mandato costituzionale (art. 75 inc. 22 Const. nazionale) e anche infra costituzionale (art. 1 e 2 nuovo codice civile e commerciale, in seguito CCyC, in vigore da agosto 2015), non possiamo affrontare questa sfida ignorando una visione costituzionalistica del problema. 
Come vedremo, in questo senso, l'onere argomentativo alla luce della Costituzione nazionale e dei trattati sui diritti umani è molto importante. 
 
b. In che cosa consiste la costituzionalizzazione del diritto privato? 
Dalla riforma costituzionale dal 1994 in Argentina, si è configurato un nuovo sistema di fonti del diritto. 
L'idea di supremazia costituzionale -contenuta nell'articolo 31 della Costituzione- e, principalmente, i Trattati Internazionali con rango costituzionale (art. 75 inc. 22 Const. Nazionale), configurano la base fondamentale di un "Sistema di Fonti" nell'ordinamento giuridico argentino che è venuto invariabilmente a variare l'ordine giuridico in generale. 
Infatti, di fronte al fenomeno della costituzionalizzazione del diritto privato, la legislazione deve partire da questo sistema per interpretare e applicare il diritto. 
Di conseguenza, i casi disciplinati dalla legislazione devono essere risolti secondo le leggi che regolano la materia in questione e che risultano applicabili, interpretandole conformemente alla Costituzione nazionale e ai trattati sottoscritti dall'Argentina. 
In effetti, la riforma costituzionale del 1994 ha introdotto un cambiamento sostanziale nel sistema gerarchico normativo in Argentina. 
Al culmine dell'intero ordinamento giuridico, la Costituzione ha lasciato il suo ruolo esclusivo di norma fondamentale in quanto i trattati internazionali sui diritti umani hanno assunto la loro stessa gerarchia. La Costituzione rimane quindi la norma fondamentale dell'intero sistema. Ma per quanto riguarda il 'parametro' che devono seguire le norme 'infra-costituzionali' per essere ammesse come valide giuridicamente all'interno del sistema, la Costituzione ha cessato di essere l'unico riferimento. Ne consegue che nel caso in cui una norma interna contraddica un trattato internazionale sui diritti umani, tale norma è incostituzionale, non ha validità giuridica e quindi non dovrebbe essere applicata. 
Conclusione: il diritto comune deve essere allineato alla Costituzione e ai trattati di diritti umani incorporati con rango costituzionale dalla riforma del 1994. 
L'articolo 1° del nuovo CCyC segue questa linea esprimendo: "I casi disciplinati dal presente Codice devono essere risolti secondo le leggi che risultano applicabili. L'interpretazione deve essere conforme alla Costituzione nazionale e ai trattati di cui la Repubblica è parte. A tal fine, si terrà conto della giurisprudenza in linea con le circostanze del caso. Gli usi, le pratiche e i costumi sono vincolanti quando le leggi o gli interessati si riferiscono ad essi o in situazioni non regolate legalmente, purché non siano contrari al diritto". 
Risulta anche dal suo articolo 2: "La legge deve essere interpretata tenendo conto delle sue parole, dei suoi scopi, delle leggi analoghe, delle disposizioni che nascono dai trattati sui diritti umani, dei principi e dei valori giuridici, in modo coerente con tutto l'ordinamento". 
Questa nuova visione, ha portato luce su una serie di questioni da quando le norme costituzionali hanno grande efficacia in tre sensi: 
1) Efficacia diretta: questo carattere significa che, anche se non esiste una disposizione legale che regola il diritto riconosciuto dalla Costituzione, il diritto è operativo e la persona che chiede la tutela giurisdizionale può chiederne l'applicazione. 
2) Efficacia invalidante: questa caratteristica implica che le disposizioni costituzionali autorizzano a non applicare qualsiasi disposizione legale che le contraddica. 
3) Efficacia interpretativa: la visione costituzionale esige una "rilettura" dei testi giuridici, in modo tale che l'interpretazione della legge sia sempre adeguata alla Costituzione; per questo motivo, quando una legge può essere interpretata in vari modi, uno che la rende contraria al testo costituzionale, e un'altra che ne consente l'adeguatezza, chi interpreta e applica la legge deve farlo in modo che essa risulti conforme alla norma costituzionale; per questo motivo il giudice non deve dichiarare l'incostituzionalità di una legge se questa permette un'adeguata interpretazione del testo costituzionale. 
 
c. Principio di convenzionalità
Legato indissolubilmente a questo nuovo paradigma, troviamo il principio di convenzionalità. 
Precisamente, il controllo di convenzionalità che i giudici effettuano cerca di stabilire se la norma di diritto interno in vigore è conforme a quanto stabilito dai trattati sui diritti umani, cioè se essa risulta convenzionale o no. 
Quindi, il controllo della convenzionalità svolge un duplice ruolo: da una parte obbliga i giudici nazionali a non applicare le norme interne contrarie ai trattati internazionali che hanno una gerarchia costituzionale e, dall'altro li obbliga a interpretare il diritto nazionale in conformità con il Trattato e la sua interpretazione da parte dei tribunali internazionali (ad esempio, il Tribunale interamericano). Non è altro che l'interpretazione armonizzata o adattativa del diritto locale al trattato e all'interpretazione data al trattato dal Tribunale internazionale, che portano ad escludere interpretazioni del diritto nazionale contrarie a detto trattato e/o alla sua interpretazione da parte del Tribunale internazionale[8]. 
Continuando con questa stessa linea di ragionamento, è stato giustamente detto[9], che si avverte progressivamente una tendenza a postulare la necessità di praticare il "controllo di convenzionalità" delle norme fallimentari coinvolte, piuttosto che formulare una dichiarazione di incostituzionalità. Si tratta di un'evoluzione riuscita nel diritto costituzionale che arriverebbe al diritto dell'insolvenza. È un'espressione coniata dalla CIDH a partire dal caso Almonacid Arellano c. Cile (2006)[10]. Implica rendere compatibili le norme, gli atti o le misure adottate da parte dei poteri dello Stato con il cosiddetto "blocco di costituzionalità". 
Questo controllo può essere effettuato in due modi[11]: 
a. Mediante integrazione normativa, che è il controllo costruttivo di cui abbiamo parlato prima, attraverso il quale si fa una rilettura della normativa nazionale -costituzionale o infra-costituzionale- al fine di renderla compatibile con quelle emergenti dai trattati. Sono interpretazioni armonizzanti. 
b. Mediante spostamento normativo per conflitto, che è il controllo repressivo a cui abbiamo fatto riferimento precedentemente, nel qual caso la norma interna non si applica e lascia il posto alla norma o interpretazione convenzionale.
3 . Premesse del diritto ambientale argentino che devono essere considerate in relazione ai problemi che si presentano nel processo di fallimento quando l'azienda insolvente ha inquinato e danneggiato l'ambiente
a. Preliminari
Il Codice di Velez, oggi abrogato, aveva regolato il patrimonio come un attributo della persona individuale (nota all'art. 2322) all'interno dei diritti reali (Libro Terzo). Il metodo era fondato su due nozioni di base, prevalenti in tutti i codici del XIX secolo: (i) la relazione diretta del soggetto con i beni; (ii) il legame essenziale tra i beni e il loro valore economico. 
Questo schema, che rispondeva a una concezione patrimonialistica, si è rivelato insufficiente per risolvere i conflitti della società post-industriale, tra l'altro perché: da un lato, ha cambiato il rapporto esclusivo tra beni e persona; così, i conflitti ambientali si riferivano a beni che il Codice di Velez menzionava come di dominio pubblico, ma che la Costituzione e la Legge Ambientale 25.675 -in seguito LGA- qualificavano come "collettivi" e quindi non solo di proprietà dello Stato. Dall'altro, sono apparsi beni che, essendo della persona, non avevano un valore economico, ma utilità, come accadeva con il corpo umano, organi, geni, ecc. 
Per questo, il nuovo CCyC incorpora il capitolo 4 nel Titolo Preliminare, il cui scopo è quello di fornire, attraverso poche norme, guide aperte che poi sviluppa in articoli specifici, consapevole del fatto che la sua evoluzione e applicazione giusta ed equa dipende dalla legislazione speciale e dalla giurisprudenza. 
 
b. Differenze tra il codice di Vélez, oggi abrogato, e il nuovo CCyC
Come detto, il Codice di Vélez regolava questo tema nel Libro Terzo (Diritti Reali). Il Titolo I (art. 2311 e segg.) alludeva alle cose considerate in se stesse, sviluppava la nozione di beni e cose, le classificava e ne stabiliva l'alienabilità. Gli articoli 2339 e seguenti trattavano le cose in relazione alle persone, i beni pubblici e privati dello Stato, quelli suscettibili di appropriazione privata, i beni comunali, della chiesa e dei privati. 
L'ordine seguito si basava sulla distinzione di due elementi: 
— Soggettivo: prendeva in considerazione la persona, individuale o giuridica. Non vedeva le comunità dei popoli originari, soggetti di diritto secondo la riforma costituzionale del 1994. 
— Obiettivo: si rivolgeva ai beni suscettibili di valutazione economica. All'interno di questa categoria si distinguevano i beni materiali che sono cose e, inoltre, quelli che sono dentro e fuori del commercio. Queste divisioni non tenevano conto di beni che non erano suscettibili di valutazione economica ma presentavano altri tipi di utilità, come il corpo umano. 
Ben spiega Gonzalo Sozzo che, la prima questione che introduce il CCyC per determinare quando siamo in presenza di un "bene" (o no), non si limita alla considerazione del suo valore di scambio o cambio, ma ad altri valori come quello scientifico, umanitario (art. 17 e 56) o ambientale o patrimoniale (art. 240) o paesaggistico (art. 240 e 2078). A sua volta, il valore non è più considerato unicamente in funzione della persona umana; ci sono beni che hanno un valore intrinseco indipendente dal beneficio diretto per la persona umana, come avviene con la biodiversità e la natura in generale. Questa trasformazione della teoria del valore ha radici costituzionali e convenzionali e genera un profondo cambiamento nell'idea di ciò che è un bene, che non si limita più a ciò che ha un valore economico per individualizzare la persona, che era l'ansia del diritto della prima modernità. Da una teoria del valore basata sul materiale, patrimoniale ed economico, antropocentrica, si passa a una teoria del valore che riconosce il valore dell'immateriale, biocentrico, non patrimoniale (umanistico, artistico, culturale, scientifico, ambientale e paesaggistico)[12]. 
Dall'altro lato, il CCyC: 
— mantiene la classificazione tradizionale dei beni, basata sui diritti individuali delle persone su beni suscettibili di valutazione economica. La differenza metodologica sta nel fatto che, invece di regolarla nel libro III (diritti reali), lo fa nel libro I (come oggetto di tutti i diritti, non solo quelli reali). 
— contempla, nel titolo preliminare, altri aspetti che sono già nella pratica sociale e nel sistema giuridico, quali: i) Diritti di proprietà comunitaria dei popoli originari. ii) Diritti sul corpo umano e sulle sue parti. iii) Diritti di incidenza collettiva. Si tratta di linee guida generali. Non è andato oltre perché gran parte della materia è trattata in leggi speciali (per esempio, Legge Generale dell'Ambiente -LGA- 25.675, Legge di Trapianto di Organi e Materiali Anatomici 24.193 e le sue modificazioni 26.066 e 26.326, ecc). 
 
c. Diritti di incidenza collettiva
Questo ampliamento dell'idea di bene che abbiamo messo in evidenza, ha permesso di identificare due gruppi di beni non patrimoniali. Il primo gruppo è quello dei beni che compongono la persona. Il secondo quello dei beni collettivi. 
Questa idea è stata chiaramente espressa nell'articolo 1737 del CCyC che, definendo il danno, riconosce che questo può ricadere su tre beni: il patrimonio, la persona e i diritti di incidenza collettiva. 
La persona non è più considerata come mera volontà. Nel CCyC la persona ha un corpo, una dignità e dei diritti fondamentali, umani e personalissimi. Tutti questi beni, che non hanno un valore economico diretto, hanno come riferimento non il patrimonio ma la persona stessa. Il secondo gruppo di beni è quello dei beni collettivi: l'ambiente e la cultura. Il riconoscimento dell'esistenza di questi beni non appropriabili comporta una trasformazione nel modo di concepire la relazione con essi. In altre parole: le persone si relazionano con i beni non solo attraverso la proprietà esclusiva ed esclusiva degli stessi, ma talvolta attraverso il godimento, come avviene per i beni culturali e ambientali[13]. 
L'art. 14 del CCyC riconosce due tipi di diritti: a) diritti individuali; b) diritti di incidenza collettiva. E aggiunge: La legge non protegge l'esercizio abusivo dei diritti individuali quando può colpire l'ambiente e i diritti di incidenza collettiva in generale. 
I cosiddetti interessi diffusi o diritti di incidenza collettiva sono interessi sovra-individuali; la facoltà di agire non riguarda esclusivamente la sfera propria di ogni soggetto, ma è condivisa con altri. Si cerca, congiuntamente, la soddisfazione di bisogni comuni, attraverso beni indivisibili e quindi non suscettibili di frazionamento. 
Sono interessi diffusi, ad esempio: 1) la preservazione dell'equilibrio ecologico e la prevenzione contro l'inquinamento ambientale; 2) l'innocuità dei prodotti lavorati immessi sul mercato; 3) la conservazione del patrimonio culturale; 4) la veridicità degli annunci pubblicitari; 5) l'equità nelle condizioni generali dei contratti. 
Questi interessi -tra cui la protezione dell'ambiente, art. 41 Const. Nazionale- presentano due questioni fondamentali: 
(i) quali sono i meccanismi procedurali appropriati per la loro tutela, e 
(ii) chi sono le persone legittimate a reclamare in giudizio. 
L'articolo 43 della Costituzione nazionale dà la risposta: da un lato, prevede l'azione di protezione come strumento o via processuale per proteggere questi interessi diffusi. Questa azione può essere promossa per proteggere le persone contro gli attacchi all'ambiente, alla libera concorrenza, ai diritti degli utenti e dei consumatori, ecc. Elenca inoltre le persone legittimate ad agire in giudizio. Sono: a) l'interessato (per esempio: l'abitante della città in cui si trova la fabbrica che inquina l'aria; gli utenti del servizio telefonico che subiscono un aumento arbitrario della tariffa, ecc.). b) le associazioni che perseguono tali scopi (per esempio: un'associazione il cui obiettivo è la difesa del consumatore, ecc.). c) il difensore civico. 
In questo contesto, il processo di costituzionalizzazione del diritto privato a cui ci siamo già riferiti, che impone un coordinamento tra diritto privato e costituzione, richiede un riconoscimento dei beni ambientali da parte del diritto privato. 
Si produce così una riforma che ha due vie: (a) la riforma del Codice Civile per introdurre i beni comuni e la proprietà comunitaria, e (b) la riforma nei fatti per mezzo della giurisprudenza che, nel risolvere tipici casi di Diritto Privato, considera i limiti che i beni comuni costituzionali impongono ai diritti individuali codificati, come la libertà di contrattare o la proprietà privata[14]. 
 
d. Danno ambientale
Partiamo dalla seguente domanda che si pone Nestor Cafferatta [15] rispetto al danno ambientale collettivo e al danno civile individuale, sono due realtà, o categorie, totalmente separate, o invece costituiscono due realtà indivisibili? Spiega il giurista che entrambi formano le due facce della stessa moneta. Per questo si è detto che il danno ambientale, è bicefalo o duale. Ha due facce, che sono unite. Come tale, merita un trattamento unico, anche se riconosce che la normativa contenuta negli articoli 27 e seguenti della legge 25.675 generale dell'ambiente, che è stato inizialmente pensato per le situazioni di danno ambientale collettivo, quando si applica ai casi di danno ambientale individuale, deve subire un adattamento necessario. Per questi argomenti, secondo la logica giuridica, si deve sostenere con criterio flessibile, l'applicazione della legge 25.675, in tutto ciò che si adatta all'individualità del danno, o conserva analogia di situazione, più quando il fatto ha causa comune. La realtà è una sola, anche se bipolare. Il regime legale 25.675 regola entrambe le situazioni. Prova di ciò è che la stessa legge menziona il danneggiato diretto come uno dei soggetti legittimi ad agire in cause per ricomposizione del danno ambientale collettivo. Altrimenti, escludendo i danni ambientali individuali dalle regole previste in tale normativa, riteniamo che si potrebbe indebolire il regime protettivo o tuitivo creato dalla legge generale sull'ambiente, 25.675. 
Così facendo, ed effettuando una breve analisi della Legge Generale del l'Ambiente (art. 30, 32 e 33) secondo gli scopi proposti in questo lavoro, possiamo affermare che tale normativa permette di strutturare il danno ambientale e l'azione per la sua riparazione, secondo i seguenti criteri fondamentali: 
a) danni diretti all'ambiente[16]: è quello che subiscono gli ecosistemi, le loro componenti e i processi ecologici essenziali che danno loro vita. Si tratta del danno all'ambiente stesso che, come abbiamo detto, è un bene collettivo e quindi indivisibile e non suscettibile di appropriazione privata. 
b) danno ambientale indiretto: i danni che per riflesso subiscono le persone umane, che vedono i loro corsi d'acqua inquinati, sono malati o muoiono per effetto e conseguenza dello stato di inquinamento in cui si trovano gli ecosistemi che abitano o alcuni dei loro componenti come l'aria o l'acqua che bevono.
4 . Approccio legale di alcuni problemi che pone il processo fallimentare dell'imprenditore insolvente che inquina
a. Un breve chiarimento
Analizzare esclusivamente alla luce della legge fallimentare 24.522, il tema legato al trattamento dei vari problemi che può presentare l'approccio all'insolvenza di un'impresa inquinante, non sarebbe il più appropriato e giusto. La legislazione fallimentare non contiene norme legate alla questione della protezione dell'ambiente e, per il nostro compito, è necessario un approccio sistematico. 
Quindi, cercare di dare risposte a questi problemi solo dall'ottica puramente fallimentare e sotto la lupa normativa strettamente fallimentare, oggi, dopo la riforma costituzionale del 1994 e il nuovo paradigma della "costituzionalizzazione del diritto privato" recepita nel CCyC (art. 1 e 2); è rischiare di fare un'analisi distorta della questione e di dare risposte parziali e addirittura ingiuste, orfane di una visione integrale della problematica e, in particolare, di un approccio costituzionale; che inciderebbe sulla "ragionevolezza" della decisione giudiziaria (art. 3 CCyC). 
Per tutto questo, per dare risposte più equilibrate al problema ambientale dell'impresa insolvente, senza eludere la legge fallimentare 24.522, dobbiamo ricorrere, necessariamente, al dialogo di fonti; cercando un'adeguata integrazione normativa. 
Ricordiamo che il nostro CCyC stabilisce la necessità che ogni decisione giudiziaria sia ragionevolmente fondata (art. 3), menzionando una pluralità di fonti che superano il proprio testo, il che porta ad un necessario dialogo tra loro. 
Per questo motivo si dispone (art. 1) che in questa materia devono essere presi in considerazione la Costituzione, le leggi, i trattati sui diritti umani e lo scopo della norma. Inoltre, la legge deve essere interpretata (art 2) tenendo conto delle sue parole, delle sue finalità, delle leggi analoghe, delle disposizioni sui diritti umani, dei principi e dei valori giuridici in modo coerente con l'ordinamento. Questi testi, coordinati insieme al già citato articolo 3, danno corso a un nuovo modello nella decisione giudiziaria. 
Così, per esempio, il giudice concorsuale non può eludere la Costituzione Nazionale (art. 41 e cctes.), né i Trattati di Diritti Umani con la stessa gerarchia (art. 75 inc 22) e tanto meno la Legge Generale dell'Ambiente, risolvendo i problemi ambientali in un processo concorsuale in corso. Non può accontentarsi del semplice testo della legge fallimentare 24.522. 
In effetti, ci trovavamo in una cultura positivista molto forte, cioè molto attaccata all'interpretazione del testo della legge. Ma ora ci troviamo di fronte ad un cambiamento di schemi, non solo di regolamentazione. C'è un cambio di paradigma in corso. Il nuovo Codice intende costruire una piattaforma di principi, una base flessibile che può essere adattata ai tempi futuri, per questo vediamo la sua articolazione con il blocco costituzionale, l'obbligo di osservare lo scopo della norma, l'esigenza di riparare ai principi e valori giuridici come un modo per garantire la coerenza in tutto l'ordinamento, e certamente la metodologia interna del Codice, che costruisce il sistema a partire da una parte generale, che in realtà non è solo del Codice ma di tutto il Diritto Privato e, anche, le parti generali di ogni materia, e microsistemi che provengono da leggi speciali. 
A partire dal nuovo Codice nessun articolo potrà essere interpretato in modo isolato. Il Codice è stato presentato come un sistema di norme articolato verticalmente con la Costituzione nazionale e i trattati sui diritti umani, nonché con i microsistemi autosufficienti, senza escludere le norme contrattuali, gli usi, le pratiche e le abitudini, i precedenti, i principi e i valori. Inoltre, alla fine del testo del suo articolo 2°, si aggiunge che tale interpretazione dovrà essere effettuata "in modo coerente con tutto l'ordinamento". Ciò corrisponde a quanto stabilito nel suo articolo 3°, quando stabilisce che "il giudice deve risolvere le questioni che sono sottoposte alla sua giurisdizione con una decisione ragionevolmente fondata"; ragionevolezza che avrà la sua correlazione nell'applicazione del processo logico, unita all'articolazione di tutto l'ordinamento. Tutto ciò costituisce una svolta copernicana rispetto a quella condotta richiesta, di subsumire il caso nella norma espressa. Dal compito di applicare semplicemente la legge, si passa ora alla necessità di costruire una soluzione per ogni caso, considerando l'ampio spettro di questioni giuridiche e axiologiche cui rimanda la nuova legislazione[17]. 
Fatta questa breve precisazione, affronteremo il trattamento di alcuni problemi che pone l'imprenditore in situazione d'insolvenza da un punto di vista ambientale (e non puramente "fallimentare"). 
 
b. Il creditore "ambientale", vittima di inquinamento è: creditore chirografario o preferenziale/privilegiato "involontario" o "vulnerabile"? 
* Sollevare il problema 
Il tema che affronteremo è importante. È stato un punto di svolta nella Dottrina e nella Giurisprudenza concorsualista argentina. 
È qui, appunto, che la visione del diritto privato dall'ottica costituzionale -come nuovo paradigma- ha interpellato più fortemente l'operatore giuridico del diritto commerciale; chi deve interpretare e applicare l'ordinamento giuridico mercantile in chiave costituzionale. 
Il colpo di timone ha significato un giro di 180 gradi. 
Infatti, se si guarda la legge fallimentare 24.522 e la regolamentazione dei privilegi dei crediti (art. 239 e seguenti), il creditore ambientale vittima di inquinamento è un creditore chirografario o comune, cioè non privilegiato, relegato nel progetto di distribuzione finale in fallimento; per recuperare dopo i creditori privilegiati. 
Al contrario, la rilettura della stessa legge fallimentare 24.522 in chiave costituzionale, mette fortemente in discussione il quadro dell'ordine legale dei privilegi fallimentari e, dalla giurisprudenza, è riconosciuto un privilegio speciale -una preferenza di riscossione- a favore di alcuni creditori comuni, secondo la legge fallimentare, che consente loro di recuperare il credito prima dei propri creditori privilegiati legalmente riconosciuti dalla legge sui concorsi e sui fallimenti. 
La domanda provocatoria a coloro che condividono questa nuova visione costituzionale, che si attacca alla spina dorsale del sistema repubblicano di governo (art. 1 Const. Nac.), è: 
Ma un giudice -in questo caso, il giudice fallimentare- non violerebbe la divisione dei poteri costituzionalmente consacrata (arg. arti. 29 e 109 Const. Nac.), invadendo sfere del Parlamento (art. 75 inc 12 Const. Nac.) creando privilegi di credito che possono solo nascere dalla legge? 
Questa domanda non è irrilevante. In effetti, questo argomento è stato utilizzato dalla stessa Corte Suprema di Giustizia della Nazione in Argentina, che ha risolto in modo diverso due casi identici
- Nel precedente "Institutes Medical Antarctica s/ fallimento s/ inc. di verifica (R.A.F. e L.R.H. de F.)"[18], a maggioranza e sulla base dei trattati sui diritti umani "ha dichiarato l'incostituzionalità del regime di privilegi fallimentari, dando la priorità per il recupero (un privilegio speciale di primo ordine) ai genitori di un giovane che è rimasto disabile alla nascita a causa di una cattiva pratica medica 
- Al contrario, in "Associazione francese filantropica e di beneficenza s/ fallimento s/ incidente di verifica del credito da L.A.R. e altri"[19], la stessa Corte ha deciso: "1). - né le Convenzioni internazionali citate -Convenzione sui diritti del bambino e Convenzione sui diritti delle persone con disabilità -, la legge 26.061 non contiene riferimenti specifici alla situazione dei bambini o delle persone con disabilità in quanto titolari di un credito nell'ambito di una procedura fallimentare che non preveda espressamente -né possa derivarne dai suoi termini- una preferenza di recupero, per la sola condizione invocata, nei confronti degli altri creditori concorrenti, né l'esclusione dei loro crediti dal regime patrimoniale specialmente previsto dalla legge fallimentare. 2). - riconoscere il carattere di privilegiato ad un credito implica conferirgli il diritto di essere pagato con preferenza ad un altro, e che tale qualità può solo derivare dalla legge. Parimenti, i privilegi, in quanto costituiscono un'eccezione al principio della par conditio creditorum -come derivazione della garanzia di uguaglianza protetta dall'art. 16 della Costituzione nazionale- devono essere interpretati in modo restrittivo, poiché se si accettasse un'estensione maggiore di quella ammessa dalla legge verrebbero intaccati i diritti dei terzi 3). - ammettere il riconoscimento giudiziario di diritti preferenziali non previsti dalla legge fallimentare comporterebbe seri inconvenienti che andrebbero oltre l'ambito proprio dei concorsi. La rottura del regime legale dei privilegi e la creazione di un sistema parallelo, contra legem, discrezionale e casuistico può comportare un forte impatto negativo sulla certezza giuridica in generale. Ad esempio, la preferenza nel recupero dei crediti garantiti da ipoteca e pegno (articolo 241 comma 4 della legge 24.522) è giustificata dagli interessi economici e sociali considerati dal legislatore per accordare tale privilegio. Infatti, questa preferenza è legata alla protezione del credito, che è indispensabile per lo sviluppo e la crescita del paese e che dipende in parte dall'esistenza e dall'efficacia di alcuni strumenti che, come le garanzie, assicurano il recupero del credito. Nel caso specifico, la salvaguardia di tale preferenza nella riscossione è legata all'opportunità e al costo dell'accesso al credito da parte degli operatori sanitari e, in definitiva, alla fornitura adeguata di quei servizi che, di fatto, permettono di soddisfare il diritto alla salute di tutta la comunità. La preferenza accordata a un creditore rispetto agli altri nel quadro di una procedura fallimentare è una decisione che spetta al legislatore e non ai giudici in base alle circostanze soggettive che possono sorgere in ogni singolo caso". 
Ma, inoltre, e come una cosa rara del destino, entrambi i casi hanno avuto queste caratteristiche[20]: 
1) sono trascorsi solo quattro mesi tra uno e l'altro 
2) il Tribunale nazionale li ha risolti in modo diverso 
3) entrambi i casi erano molto simili: la controversia sorge -fondamentalmente- tra un creditore ipotecario (creditore privilegiato speciale incontestabile ai sensi della legge fallimentare 24.522, art. 241 inc. 4 e CCyC) e la vittima con diritto a risarcimento (creditore comune, senza privilegio) 
La buona notizia è che l'Alta Corte della Nazione, almeno, era composta in modo diverso[21]. 
 
* Trattamento del creditore "involontario". Estensione della soluzione in chiave costituzionale verso il creditore "vulnerabile". 
Chi sono i creditori involontari?[22] 
Era il professor Angel Red Fernandez Rio,[23] chi ha fatto riferimento alla distinzione che viene fatta nel diritto comparato, tra creditori volontari e creditori involontari, mettendo in risalto la radicale marginalità del trattamento che veniva loro offerto di fronte all'insolvenza e reclamando una maggiore sensibilità nei loro confronti. 
In particolare, ha distinto i creditori in due categorie: volontari e involontari. La prima categoria comprende i creditori contrattuali, mentre la seconda categoria comprende i creditori non contrattuali che hanno subito un danno in eventi personali o eventi patrimoniali. 
Mentre il concetto è evoluto, l'asse della distinzione parte da questa premessa: gli involontari sono creditori che diventano tali "per forza delle circostanze" perché non hanno mai voluto conferire credito al debitore. Sono stati giuridicamente vincolati al debitore per motivi estranei alla sua volontà e anche contro la sua volontà. Per questo non hanno potuto conoscere in anticipo il rischio di adottare rassicurazioni nella loro protezione. 
Di solito sono di origine extracontrattuale (potrebbe essere il caso del "creditore ambientale", che beve acqua contaminata, o il pedone che viene ferito in un incidente stradale), ma questo nuovo marchio copre anche alcuni creditori contrattualiin tal caso il credito nasce a causa di una violazione di un contratto- come potrebbe accadere con il paziente danneggiato da una cattiva pratica medica, che aveva contratto con il sanatorio l'intervento chirurgico 
Nel corso del tempo, la categoria dei creditori involontari ha allargato i suoi confini e mutato nella sua forma per adattarsi ai creditori vulnerabili e persino ipervulnerabili. 
Si tratta quindi di categorie che non devono essere equiparate [24], perché non ogni creditore involontario è di per sé o necessariamente un soggetto vulnerabile. Così, ad esempio, il proprietario del veicolo urtato dal concorrente, anche se lo qualifica di creditore involontario o extracontrattuale, ma prima facie non presenta alcun tipo di vulnerabilità. 
Quindi, ci si può chiedere, quando il creditore è vulnerabile (involontario o no, contrattuale o extracontrattuale)? 
Conforme alle 100 Regole di Brasilia[25], "sono considerate in condizione di vulnerabilità le persone che, a motivo della loro età, sesso, stato fisico o mentale, o per circostanze sociali, economiche, etniche e/o culturali, incontrano particolari difficoltà nell'esercitare con pienezza davanti al sistema giudiziario i diritti riconosciuti dall'ordinamento giuridico". (regola No.3) 
Elenca inoltre alcune cause di vulnerabilità: "Possono costituire cause di vulnerabilità, tra le altre, l'età, la disabilità, l'appartenenza a comunità indigene o minoranze, la vittimizzazione, la migrazione e lo spostamento interno, la povertà, il genere e la privazione della libertà. La determinazione concreta delle persone in condizione di vulnerabilità in ogni paese dipenderà dalle sue caratteristiche specifiche, o anche dal suo livello di sviluppo sociale ed economico". (Regola di base 4). 
Anzi, si parla oggi di ipervulnerabilità. È una categoria che ha iniziato a svilupparsi nel campo del diritto dei consumatori, in cui, di per sé, ogni consumatore si trova in una situazione strutturale di vulnerabilità, ma ci sono alcuni che, per la loro condizione di età, salute, sociale, culturale, ecc.; approfondisce quello stato e lo espone ad una maggiore sottomissione nei confronti del fornitore. Si tratta di ipotesi in cui alla vulnerabilità del consumatore, si aggiunge "quella di appartenere a un gruppo minoritario, essere adulto anziano, analfabeta digitale e vivere in zone rurali". Questo concetto di vulnerabilità è strettamente legato alle circostanze, alla situazione particolare e al contesto. È un concetto dinamico. Pertanto, si intende che ci troviamo in un caso di creditore ipervulnerabile quando più di una condizione di vulnerabilità è soddisfatta. Per esempio, si è vulnerabili per motivi di salute -presenta una malattia- e anche di età -una persona anziana[26]. 
Per approfondire, dalla giurisprudenza della Corte Interamericana dei Diritti Umani è stata delineata una "tipologia di vulnerabilità", che si sintetizza come "vulnerabilità derivante dalla condizione personale"; e "vulnerabilità derivante dalla situazione specifica in cui si trova il soggetto". Così, ad esempio, la disabilità è una condizione personale di vulnerabilità e l'essere migrante illegale una situazione di vulnerabilità derivata[27]. 
Quest'ultima distinzione può essere molto utile per il nostro lavoro. Infatti, di fronte alla grande impresa insolvente che inquina, l'abitante del villaggio che ha bevuto l'acqua avvelenata e reclama il risarcimento dei danni alla sua persona, possono trovarsi in un contesto di vulnerabilità nel cercare di riscuotere un credito in una procedura fallimentare in cui prevale l'insufficienza patrimoniale, dove il processo (di fallimento) si allunga molto e il suo credito è chirografico (senza alcuna preferenza) secondo il testo esplicito della legge fallimentare. 
Così, e davanti alla pigrizia del legislatore di farsi carico del problema e regolare tempestivamente questa nuova realtà, comincia a prendere forza l'idea di rileggere la stessa legge fallimentare di quasi 30 anni fa (legge fallimentare 24.522 risale al 1995), alla luce dei nuovi valori giuridici costituzionali (arts. 1 e 2 CCyC), e quindi ragionevolmente basare dal Potere Giudiziario (art. 3 CCyC) -il cui potere decisionale è più dinamico- lo spostamento dei creditori privilegiati legalmente regolamentati dai creditori vulnerabili e ipervulnerabili. 
Sono esempi di questa nuova ondata, i seguenti precedenti, alcuni dei quali abbiamo già fatto riferimento attraverso le decisioni della CSJN: 
- "González Feliciana c/ Microómnibus General San Martín s/ verifica tardiva", (C1aCivyComSanIsidro) (Sala I), 18/05/2004,[28] 
Il magistrato di prima istanza ha accordato un anticipo del risarcimento danni per incidente stradale (ottenuto dopo dieci anni di contenzioso) a una donna ottantenne e con gravi problemi di salute, anche se l'accordo omologato prevedeva il pagamento entro diciotto anni. La Camera, e poi la Corte Suprema della Provincia di Buenos Aires, confermarono quanto deciso. 
- "La Economía Comercial S.A. de Seguros Generales y otro | fallimento - incidente di verifica del credito da parte di Tuless Yolanda Erminia" CNCom Sala C, 10-5-18, MJ-JU-M-111635-AR | MJJ111635 
La Camera autorizza il "pronto pagamento" previsto dall'art. 16 della legge fallimentare 24.522 riguardo al credito chirografico di un'anziana con varie condizioni di vulnerabilità. La soluzione ha una particolarità, impone il pagamento anticipato con sostentamento nella suddetta norma, facendo un'interpretazione ampia di ciò che è previsto quando autorizza il rapido pagamento di crediti destinati a far fronte a contingenze sanitarie, alimentari o altre che non ammettono ritardi. Si è ritenuto che, a tal fine, sia irrilevante se il creditore in questione sia o meno titolare di un credito sul lavoro[29]. 
- Giurisprudenza della Corte Suprema di Giustizia della Nazione. 
Come abbiamo spiegato prima, a differenza di quattro mesi, il nostro Alto Tribunale argentino si è pronunciato in due casi analoghi, sentenziando in senso opposto. Si trattava di bambini che sono stati vittime di cattiva pratica medica, rimanendo feriti da paralisi cerebrale, con il cento per cento di incapacità irreversibile e assoluta. 
Viene formulata la rispettiva richiesta di risarcimento contro le istituzioni sanitarie convenute, che concordano e, infine, falliscono. 
Nei procedimenti fallimentari i creditori invocano un riconoscimento preferenziale, nonostante la loro qualità di chirografari secondo il testo espresso della legge fallimentare 24.522. 
Ciò provoca un conflitto con i creditori ipotecari verificati nei rispettivi fallimenti -con il loro speciale privilegio- espressamente riconosciuto nella legge fallimentare 24.522. 
Nei gradi inferiori, i giudici fallimentari hanno attribuito ai crediti per risarcimento, "privilegio speciale prioritario di qualsiasi altro" e beneficio di pronto pagamento. Hanno inoltre dichiarato l'incostituzionalità del regime di privilegi della legge fallimentare 24.522. 
In seconda istanza, la CNCom., sezione A, revoca ciò che è stato deciso in entrambe le sentenze. I casi arrivano alla Corte Nazionale: 
(i) "Associazione Francese Filantropica e di Beneficenza s/fallimento s/ verif. Per L.A.R" (Caso Lenna) 
Qui la corte conferma il verdetto della camera. Quindi, il credito d'indennizzo resta alla fine come chirografo, perdendo il privilegio speciale concesso in prima istanza e, di conseguenza, il pagamento tempestivo. Nel conflitto sopra descritto: il creditore ipotecario incassa per primo.
(ii) "Istituti Medici Antartico s/ fallimento s/ inc. di verifica (R. A. F. e L. R. H. de F.)" (caso Fava) 
Come abbiamo notato in precedenza, con una diversa integrazione nella sua composizione [30], la CSJN revoca il giudizio di Camera, confermando così quello di 1ra. istanza. Riconosce così al credito d'indennizzo un privilegio speciale prioritario di qualsiasi altro disponendone il pagamento immediato. Nel conflitto sollevato: il creditore ipotecario è relegato. 
- "Fondazione Educare/ concorso preventivo" CNCom, Sala F, 15-12-21[31] 
Si trattava di una minorenne vittima di abusi sessuali perpetrati all'interno dell'istituto scolastico frequentato. Viene avviato il processo di risarcimento dei danni. La Fondazione si presenta in concorso preventivo. Ottiene l'accordo ed è omologato. Il credito è verificato in ritardo. 
In prima istanza, davanti al giudice del concorso, i genitori reclamano il pagamento immediato con privilegio autonomo e l'inapplicabilità dell'effetto di sospensione degli interessi (art. 19 legge fallimentare 24.522). La richiesta non è stata soddisfatta. 
In seconda istanza, la Camera revoca il giudizio, dichiarando l'inopponibilità dell'accordo e dell'applicazione dell'art. 19 legge fallimentare 24.522 per quanto riguarda il credito della minore, abilitandola a percepire integralmente l'indennizzo "come se il concorso non esistesse nei suoi confronti". 
- La nostra opinione? 
Secondo il testo della legge fallimentare 24.522, il "creditore ambientale" è un creditore "chirografario" (arg. arts. 241, 247, 248 e cctes LCQ.) e, in bancarotta, sarà posticipato nel progetto di distribuzione finale, insieme al resto dei creditori chirografari. 
A nostro avviso, al contrario, e affrontando il problema in chiave costituzionale, il creditore "ambientale" deve essere considerato come un creditore vulnerabile e quindi privilegiato con priorità sufficiente per ottenere il risarcimento tempestivamente, senza i ritardi tipici del procedimento fallimentare e, anche prima di altri creditori con preferenza legale, che gli permettano di salvaguardare il suo progetto di vita come persona o attenuare le conseguenze negative della sua frustrazione; in uno scenario di scarsità di risorse economiche da parte di chi ha causato il danno ecologico. 
Siamo consapevoli e non ignoriamo che il concetto di creditore vulnerabile e ipervulnerabile proviene dal diritto dei consumatori ed è chiaro che il "creditore ambientale" non è un consumatore che "applica" per tale "qualificazione". Tuttavia abbiamo visto che, secondo le regole di Brasilia citate e, in particolare, la tipologia di vulnerabilità delineata dalla Corte Interamericana dei Diritti Umani -"vulnerabilità derivante dalla condizione personale" e "vulnerabilità derivante dalla situazione specifica in cui il soggetto si trova"- l'elenco dei "vulnerabili" si allarga, permettendoci di parlare del "creditore ambientale" come un creditore in posizione di vulnerabilità al concorso del soggetto inquinante; di solito la grande impresa. 
Così, le particolari circostanze in cui si trova questo creditore, che ledono la sua salute e la sua integrità morale e fisica causandogli malattie -e, a volte, fino alla morte-, generano una vulnerabilità della quale non si fa carico il legislatore fallimentare, e dove il fattore tempo può essere vitale, il che giustifica assiologicamente e giuridicamente un trattamento preferenziale che generi le condizioni di uguaglianza necessarie, per recuperare prima e il più presto possibile rispetto al resto dell'elenco dei creditori; a causa degli enormi svantaggi personali, sociali ed economici provocati nella sua salute dall'inquinamento e il groviglio che implica transitare le corsie del procedimento fallimentare dal punto di vista di una tutela giudiziaria tempestiva (art. 8 Convenzione Americana sui Diritti Umani) per cercare di incassare un'impresa insolvente, rinunciando al diritto ad una piena riparazione di fronte alle regole proprie del l'insolvenza che cercano di distribuire "il poco che c'è" in uno scenario di scarsità (dove regnano cose come i tagli ai crediti, le attese, la lunga durata del processo, ecc.). 
Ricordiamo in particolare che, secondo la regola 3 delle "Regole di Brasilia", il "vulnerabile" è colui che, per le particolari circostanze in cui si trova, ha difficoltà ad esercitare pienamente dinanzi alla giustizia i diritti riconosciuti dall'ordinamento giuridico. Il creditore "ambientale", crediamo, non sfugge a questa situazione. 
Ci diranno che è una soluzione contro il legem? 
Va riconosciuto che né la Costituzione né i trattati sui diritti umani del blocco di costituzionalità regolano direttamente o indirettamente il caso del creditore ambientale (e qualsiasi altro creditore involontario o vulnerabile) contro il creditore privilegiato in fallimento. 
In questo scenario, quando il diritto convenzionale e costituzionale non regola il caso omesso dal legislatore infra-costituzionale, invocare il paradigma della costituzionalizzazione del diritto privato e il principio di convenzionalità, è un compito molto più complesso e richiede un maggiore carico argomentativo. 
In caso contrario, corriamo il grave rischio che il giudice non si comporti come un giudice (applicando e interpretando la legge), invece si comporti come un legislatore (che crea una legge) 
Crediamo, modestamente, che questo sia il "quid" della questione in questi casi che abbiamo visto, dove sono coinvolti i "creditori involontari/vulnerabili". 
Ci siamo spiegati. 
È vero che i Trattati dei Diritti Umani non contemplano il conflitto tra il creditore "involontario" e il "creditore privilegiato", sia in situazione fallimentare o no. Nulla dicono nemmeno sul creditore ambientale e il suo conflitto con altri creditori al momento di cercare di recuperare il proprio credito. 
Pertanto, di fronte a questa difficoltà, è l'efficacia interpretativa di cui abbiamo parlato all'inizio di questo lavoro, spiegando il nuovo paradigma della costituzionalizzazione del diritto privato, che svolge un ruolo fondamentale proprio perché sono i valori e i principi giuridici che emanano dalla Costituzione e dai Trattati dei Diritti Umani (arg. art. 1 e 2 CCyC) (con norme chiaramente riferite alla protezione della persona umana, alla sua dignità, alla sua salute, all'ambiente, ecc. anche se non si riferiscono espressamente al problema fallimentare), che permettono al giudice di creare la regola del caso ragionevolmente fondata (art. 3 CCyC), non più su base puramente legale, ma con un fondamento superiore, di natura costituzionale; conferendo al creditore ambientale -chirografo secondo la legge fallimentare- il rango di creditore privilegiato/privilegiato, anche speciale, per recuperare prioritariamente rispetto al resto dei creditori attento alla loro situazione di vulnerabilità. 
 
c. Fresh start, scarico e il creditore ambientale. 
c.1. Idee preliminari. 
Secondo l'art. 104 legge fallimentare 24.522 "Debiti successivi. I debiti contratti mentre il debitore non è stato riabilitato, possono dar luogo a un nuovo concordato, che comprenderà solo i beni rimanenti dopo la liquidazione del fallimento e l'adempimento della distribuzione e quelli acquisiti dopo la riabilitazione". 
Il passivo fallimentare è costituito dai debiti del fallito anteriori alla data della sentenza di fallimento, più le spese di conservazione e giustizia (art. 240 legge fallimentare 24.522). 
I debiti del fallito successivi alla data della sentenza di fallimento (qualunque sia la loro fonte, legale, contrattuale o meno) non costituiscono tale passività e, quindi, non possono essere verificati nel fallimento né ammessi alla concorrenza nell'ambito di tale giudizio per aspirare sull'attivo del fallimento. Tali debiti successivi possono essere eseguiti solo -individualmente o collettivamente- sui beni acquisiti dopo la riabilitazione o, se del caso, sull'eventuale saldo della liquidazione fallimentare precedente (art. 228, in fine, legge fallimentare 24.522). 
Il passivo fallimentare entra in fallimento per recuperare i proventi della liquidazione dell'attivo fallimentare. Questo è composto dai beni del fallito, soggetti a spossessamento (art. 107 legge fallimentare 24.522)[32]. 
Fermo restando quanto sopra esposto, e secondo lo stesso art. 104 legge fallimentare 24.522, il debitore fallito può fallire nuovamente. Questa affermazione richiede una spiegazione. Non c'è incompatibilità tra i due concorsi, in quanto pur avendo affini lo stesso soggetto come fallito, sono diversi i creditori e l'attivo fallimentare. 
I creditori della seconda concordata nascono dopo la prima sentenza di fallimento, per cui sono sfuggiti a quest'ultima (art. 32 e 126 legge fallimentare 24.522), nella misura in cui l'attivo del primo fallimento comprende tutti i beni lasciati dal debitore alla data della dichiarazione di fallimento e quelli acquisiti successivamente fino alla loro riabilitazione (art. 107 legge fallimentare 24.522). 
Da parte sua, l'attivo del secondo fallimento sono costituiti dai beni che non erano disimpegnati per il primo ma lo erano ora, il residuo della prima liquidazione e i beni acquisiti dopo la riabilitazione. 
Così, l'effetto che la riabilitazione produce è quello di creare un secondo patrimonio del fallito, ovvero dividere in due parti un unico patrimonio. 
Allora, ammettiamo che il secondo fallimento avrà un passivo completamente diverso da quello del primo. I crediti per causa o titolo anteriore al primo decreto di fallimento, non potranno in alcun modo costituire il passivo fallimentare del secondo fallimento, poiché la legge fallimentare 24.522 non fa alcuna riserva a questo riguardo. 
Contrariamente a quanto risulta dall'applicazione della legge fallimentare 24.522, il Bankruptcy Code degli Stati Uniti prevede solo lo svincolo (discharge) per alcuni debiti, quindi i debiti non svincolati continuerebbero a pesare sul patrimonio del fallito[33]. 
Nel nostro caso, il secondo patrimonio costituirà solo pegno comune dei creditori successivi al primo decreto fallimentare. 
Per quanto riguarda l'attivo, è ovvio che uno e l'altro fallimento avranno beni diversi che lo integrano. Come abbiamo detto, il secondo patrimonio sarà composto dai beni esclusi dal disimpegno del primo fallimento (e del secondo) e da quelli acquisiti dopo la riabilitazione del primo fallimento. 
Tutto questo ragionamento vale anche per un debitore che è fallito, si è riabilitato e non ha più fallito. 
Infatti, il debitore fallito una volta riabilitato (1 anno dalla sentenza di fallimento), se acquista beni successivi a questo fatto giuridico, questi non potranno essere raggiunti dai creditori del fallimento precedente. Tali beni non sono destinati a pagare i creditori del concordato e su di essi avrà libera facoltà di amministrazione e disposizione (in quanto non è fallito nuovamente). Inoltre, i debiti che sono rimasti non pagati nel fallimento precedente, quello concluso in uno dei modi previsti dalla legge, si estinguono definitivamente (discharge) e, ribadiamo, non possono essere recuperati sui nuovi beni acquisiti dal debitore dopo la riabilitazione. 
Per questo, in definitiva, si parla di un nuovo inizio o fresh start. 
            
c.2. Il creditore "ambientale", Eccezione all'art. 104 legge fallimentare 24.522? 
L'interrogativo è formulato dall'eminente professoressa Silvana Garcia [34] sotto il titolo "Rilascio o scarico di crediti di titolarità da soggetti in situazione di vulnerabilità". 
Spiega che, a seguito della riabilitazione, la persona umana fallita è libera di rispondere con i suoi nuovi beni (quelli acquisiti dopo la riabilitazione) nei confronti dei suoi creditori fallimentari non pienamente soddisfatti. Non è così previsto in modo esplicito dalla legge fallimentare 24.522, e ci sono diverse considerazioni sulla durata e la portata di tale trascendente effetto, alla cui operatività si giunge solo attraverso un lavoro di ricostruzione razionale e ragionevole del sistema fallimentare[35]. 
Questo esonero, scarico o liberazione di debiti, in assenza di una regolamentazione espressa per quanto riguarda i preventivi, le condizioni e gli effetti concreti, copre o comprende qualsiasi tipo di credito fallimentare. Di conseguenza, non esistono crediti esenti dallo scarico, il che implica che il credito non soddisfatto appartenente a un creditore soggetto vulnerabile, è compreso nel beneficio ottenuto dal debitore, provocando una nuova violazione del principio protettivo. 
La giurista propone de lege ferenda che alcuni crediti dovrebbero essere esclusi dalla possibilità di uno scarico: 
a) crediti connessi con danni personali (di qualsiasi origine, extracontrattuale e/o contrattuale; fisici, psichici e/o morali) causati dal debitore. 
b) debiti alimentari relativi a figli minorenni o disabili o ad altri beneficiari di alimenti nella stessa condizione 
A nostro avviso, il credito risarcitorio, sia per danni diretti all'ambiente (in caso di impossibilità tecnica della ricomposizione), sia per danni indiretti all'ambiente, in una futura riforma legislativa dovrebbe essere espressamente sancito anche come eccezione. 
Orbene, attualmente e nonostante la scarsità del diritto positivo in vigore, facendo una rilettura (art. 104 e cctes legge fallimentare 24.522) in chiave costituzionale (art. 41 Const. Nazionale), si potrà perforare il limite del nostro articolo 104 legge fallimentare 24.522, o è invalicabile? 
Crediamo che, data l'importanza del bene giuridico in gioco come diritto costituzionale a vivere in un ambiente sano ed equilibrato, vero diritto umano, la sua importanza per la generazione di oggi e anche le sue implicazioni per le generazioni future, l'interpretazione del citato art. 104 legge fallimentare 24.522 deve essere tale da conformarsi sempre alla Costituzione, potendo il giudice fallimentare aprire la porta -senza necessità di dichiarare l'incostituzionalità della norma fallimentare- affinché questi crediti non subiscano lo "scarico", non si "estinguano" e possono essere recuperati con i beni acquistati dal soggetto inquinante, anche dopo la bonifica. 
Dal punto di vista della costituzionalizzazione del diritto privato (art. 1 e 2 CCyC), il giudice fallimentare ha sufficiente sostegno per farlo. Abbiamo già discusso in questo senso. Nel conflitto tra un bene giuridico patrimoniale (diritto soggettivo del debitore di liberarsi dai debiti e ricominciare da capo, reinserendosi nel mercato economico) e un bene giuridico extrapatrimoniale (diritto umano ad un ambiente sano di godimento comune), deve prevalere il secondo, che assicura una migliore qualità della vita a tutta la comunità, per oggi e per il futuro, e non solo il “recupero patrimoniale” di una persona insolvente puntuale. Ricordiamo ancora una volta i postulati di Robert Alexy[36], sostenuto, naturalmente, nel nostro ordinamento giuridico da tutto il blocco di costituzionalità (art. 1,2 e 3 CCyC e art. 42 e 75 inc 22 Const. Nazionale). 
Tuttavia, se l'argomentazione della "costituzionalizzazione del diritto privato" non è ammessa dalle voci critiche, di fronte a questo scenario il magistrato non avrà altra scelta che dichiarare l'incostituzionalità della norma dell'articolo 104 della legge fallimentare che, senza alcun dubbio, si oppone al pilastro fondamentale dello sviluppo ambientale sostenibile del nostro paese dalla riforma costituzionale del 1994 (arg. arg. 14 e 240 CCyC).
5 . Conclusioni
I. Non speriamo con il presente lavoro di aver esaurito tutti gli spigoli di un tema così complesso e allo stesso tempo così dinamico. 
II. Sicuramente, delle opinioni espresse, ci sono molti passibili di critica. L'abbonato se ne prende cura. 
III. Tuttavia, al di là delle domande che possono essere fatte a queste linee, ciò che non è discutibile è la necessaria impronta costituzionale con cui bisogna analizzare il diritto ambientale e il diritto fallimentare, e i loro punti di contatto. 
IV. In questo senso, modestamente crediamo di aver raggiunto il nostro obiettivo principale. 
V. Fintantoché il legislatore fallimentare rimarrà lassista e perdente, la giurisprudenza e la dottrina avanzeranno con i propri mezzi. 

Note:

[1] 
Conflicto entre derechos fundamentales, L.L. 2004-A, pág. 1071. 
[2] 
Fallos 255:293; 258:267; 302:640. 
[3] 
Conflicto entre derechos fundamentales, ob. cit., pág. 1078. 
[4] 
Las normas fundamentales de Derecho privado, Santa Fe, ed. Rubinzal-Culzoni, 1995, pág. 308. 
[5] 
R. Dworkin, Los derechos en serio, ed. Ariel, Barcelona, 1984, traducción de Guastavino, M., pág. 26. 
[6] 
Teoría de los derechos fundamentales, pág. 152 y sigtes., 1° reimp., traducción Ernesto Garzón Valdez, Madrid, ed. Centro de Estudios Constitucionales, 1997. 
[7] 
I. Rodríguez Santibañez & P. Álvarez Bautista, (2023). La ponderación de derechos de Robert Alexy en una decisión judicial del máximo tribunal en México. Cuestiones Constitucionales. Revista Mexicana De Derecho Constitucional, (48), 451–481 (https://doi.org/10.22201/iij.24484881e.2023.48.18053). 
[8] 
M. G. Abalos, Jurisdicción constitucional y control de convencionalidad en el derecho argentino, Suplemento de Derecho Constitucional 2019 (noviembre), 07/11/2019, 1 - LA LEY2019-F, Cita Online: AR/DOC/965/2019. 
[9] 
S. M. García, El principio de protección de los vulnerables y el derecho de la insolvencia, Revista jurídica, Región Centro Argentina, junio 2023, número 1. Cita: IJ-IV-CDXXXIII-617. 
[10] 
CIDH, 26/09/2006: Almonacid, Arellano y otros c. Chile. Serie C 154, La Ley Online; TR LALEY AR/JUR/10607/2006. 
[11] 
N. Sagües, Los abogados frente al control de convencionalidad, TR LALEY AR/DOC/3907/2020. 
[12] 
El daño a la naturaleza en la era del antropoceno: lecciones de la ola de la codificación ecológica en Daño ambiental, Revista de Derecho de Daños, 2022 – 3, Rubinzal Culzoni, pág. 570. 
[13] 
G. Sozzo, El daño a la naturaleza en la era del antropoceno: lecciones de la ola de la codificación ecológica, ob. cit., pág. 571. 
[14] 
G. Sozzo, El daño a la naturaleza en la era del antropoceno: lecciones de la ola de la codificación ecológica, ob. cit., pág. 572. 
[15] 
N. A. Cafferatta, Tratado jurisprudencial y doctrinario. Derecho ambiental, ed. La Ley, Bs. As., 2012, pág. 455. 
[16] 
Qualificata dottrina riconosce anche, in questa ottica, la possibilità di reclamare danni morali collettivi ambientali. Spiega che: "È facile capire che ci possono essere casi di danno morale collettivo ambientale. Dal nostro punto di vista, comprendiamo che ci possono essere ipotesi di danni che colpiscono interessi legittimi (o diritti d'incidenza collettivi ambientali), di ampi settori la collettività, in aspetti morali della classe, categoria o società nel suo insieme globale. L'articolo 27 della Legge generale sull'ambiente, in quanto definisce il danno ambientale collettivo come qualsiasi alterazione negativa rilevante dell'ambiente, delle sue risorse, dell'equilibrio dell'ecosistema o dei beni o valori collettivi, introduce implicitamente la nozione di danno ambientale collettivo morale, perché altrimenti l'infortunio non può essere qualificato come valore collettivo. Per questo, nella tematica ambientale, la protezione riguarda i beni collettivi, sia come beni del patrimonio materiale della società, sia come beni collettivi che fanno parte dei "valori collettivi", che si formano con stime, sentimenti, beni dell'eredità spirituale, che fanno all'identità del gruppo, di proprietà diffusa, in testa la comunità in generale. Infine, la Camera nel contenzioso amministrativo e fiscale della capitale federale, nel 2008, registra una sentenza in una causa promossa dal difensore civico della città autonoma di Buenos Aires, di enorme valore dottrinario, in base alla quale è stata confermata la condanna del convenuto, il governo della città autonoma di Buenos Aires e un'impresa edile, a titolo di danno morale collettivo ambientale, per aver demolito un bene del patrimonio storico-culturale dell'antica località di Flores, la cosiddetta "Casa Millán", appartenente ai fondatori di questo quartiere della capitale. Tutto ciò stimola coloro che credono nel valore della giustizia, in casi come il presente, quando la perdita o il danno ha come epicentro il volto spirituale della comunità, o i beni o valori collettivi del nostro passato storico". (N. A. Cafferatta, Trattato giurisprudenziale e dottrinario. Diritto ambientale, ob. cit., p. 470). Ad ogni evento, deve essere ricordato in questo senso il caso principale delle Nereidas risolto dalla Camera D'Appello Civile e Commerciale di Azul, Sala A, "Municipalità di Tandil c/ T.A. La Estrella SA e altri", con il voto di Jorge M. Galdós, del 22/10/96. Nel caso in esame, un autobus dell'impresa convenuta, dopo essersi spostato senza autista lungo il pendio della via Avellaneda della città di Tandil, si schianta contro la fontana e il gruppo scultoreo "Las Nereidas" situato all'incrocio tra detta arteria e le vie Pujol, 14 de Giugno e Diagonal del Parque, causando diversi danni. La domanda è stata presentata per il risarcimento del danno patrimoniale subito dal Comune, consistente nel valore dei materiali e della manodopera necessari per il restauro del suddetto gruppo scultoreo e nella diminuzione del suo valore venale; pretendendo ugualmente l'indennizzo del "danno agli interessi diffusi o diritti pubblici soggettivi" di tutta la comunità tandilense, dato il condizionamento del goce e godimento estetici che rendeva possibile la contemplazione di quell'opera, ora danneggiata, del patrimonio culturale della Comune. La sentenza ha dato luogo a tutte le rivendicazioni, con il chiarimento che l'importo del risarcimento per danno morale collettivo è destinato ad un patrimonio di destinazione, per le opere di ornamento e salubrità del bilancio comunale, in modo tale che lo Stato locale, proprietario e custode della scultura, risarcisce attraverso di essa il danno extra patrimoniale dell'intera collettività colpita, "perché anche se diffuso o frammentato, si tutela un diritto generale, di incidenza collettiva, che lo Stato deve preservare in linea con la posizione del risarcimento integrale del danno ingiustamente causato". 
[17] 
M. L. Estigarribia Bieberm y C. R. A. Piris, La reconfiguración del sistema de fuentes en el Derecho argentino, Revistas de la Universidad Nacional de Córdoba, (https://revistas.unc.edu.ar - *didoemilio,+Journal+manager,+maria+laura+estigarribia+bieber+y+cristian+ricardo++piris.pdf)

[18] 
Corte Suprema de Justicia de la Nación, 26-marzo-2019, (https://aldiaargentina.microjuris.com/2019/04/16/credito-privilegiado-la-corte-reconocio-el-privilegio-especial-de-primer-orden-al-credito-por-mala-praxis-por-el-parto-que-causo-una-discapacidad-irreversible/).

[19] 
Corte Suprema de Justicia de la Nación, 6-noviembre-2018, (https://camoron.org.ar/wp-content/uploads/2019/08/FALLO-ASOCIACION-FILANTROPICA.pdf).

[20] 
Ver nuestra crítica en: Crisi del sistema dei privilegi d'insolvenza in argentina alla luce della giurisprudenza della Corte Suprema della Nazione en Rivista di Dirittodellacrisi.it, 7 de septiembre 2023, ISSN 2785- 0889.
[21] 
El Alto Tribunal quedó integrado -con la Dra. Graciela Medina- por reemplazo del Dr. Rosenkrantz, quien debió excusarse. 
[22] 
Ver por todos las excelentes monografías de S. García, El principio de protección de vulnerables y el derecho de la insolvencia, Revista jurídica – Región Centro Argentina – Número 1 – 8/6/2023 – cita IJ-IV- CDXXXIII-617 - https://ijeditores.com/pop.php?option=articulo&Hash=be951febb68e7ea728b5a6b1f0acd23e; G. Gerbaudo, Los acreedores hipervulnerables en los procesos concursales. Estado actual en el Derecho concursal argentino y su impacto en el Régimen de privilegios concursales, Revista Lex Mercatoria, Vol. 20, 2022, artículo 3, pág. 41.
[23] 
Los acreedores involuntarios, en VI Congreso Argentino de Derecho Concursal y IV Congreso Iberoamericano sobre la Insolvencia, Rosario, 27, 28 y 29 de septiembre de 2006, T IV, pág. 201. 
[24] 
D. Vitolo, Privilegios concursales y derechos humanos, CABA, La Ley, 2022, pág.149. 
[25] 
Reglas de Brasilia sobre acceso a la justicia de las personas en condiciones de vulnerabilidad (XIV Cumbre Judicial Iberoamericana Brasilia, 4 a 6 de marzo de 2008). 
[26] 
G. Gerbaudo, Los acreedores hipervulnerables en los procesos concursales. Estado actual en el Derecho concursal argentino y su impacto en el Régimen de privilegios concursales, Revista Lex Mercatoria, Vol. 20, 2022, artículo 3, pág. 49. 
[27] 
S. García, El principio de protección de vulnerables y el derecho de la insolvencia, Revista jurídica – Región Centro Argentina – Número 1 – 8/6/2023 – cita IJ-IV- CDXXXIII-617 - https://ijeditores.com/pop.php?option=articulo&Hash=be951febb68e7ea728b5a6b1f0acd23e; R. Estupiñan-Silva, La vulnerabilidad en la jurisprudencia de la corte interamericana de derechos humanos: esbozo de una tipología, en Derechos humanos y políticas públicas, Manual AA.VV, Barcelona: Red de Derechos Humanos y Educación Superior, 2014, pág. 215 y jurisprudencia citada en nota 92. Disponible en https://e-archivo.uc3m.es/handle/10016/19803 al 8-22.
[28] 
TR LALEY AR/JUR/865/2004.
[29] 
Pronto pagamento dei crediti di lavoro. Entro il termine di dieci (10) giorni dal rilascio della relazione di cui all'articolo 14, paragrafo 11), il giudice del concorso autorizza il pagamento delle retribuzioni dovute al lavoratore, le indennità per infortuni sul lavoro o malattie professionali e quelle previste agli articoli 132 bis, 212, 232, 233 e 245 a 254, 178, 180 e 182 del Regime di Contratto di Lavoro approvato dalla legge 20.744; i risarcimenti previsti nella legge 25.877, negli articoli 1 e 2 della legge 25.323; negli articoli 8, 9, 10, 11 e 15 della legge 24.013; negli articoli 44 e 45 della legge 25.345; all'articolo 52 della legge 23.551; e quelle previste negli statuti speciali, contratti collettivi o contratti individuali, che godono di privilegio generale o speciale e che derivano dalla relazione menzionata al paragrafo 11 dell'articolo 14. Per procedere al pagamento tempestivo del credito non incluso nell'elenco di cui all'articolo 14, paragrafo 11), non è necessario verificare il credito nel concorso né emettere una sentenza in giudizio preliminare. Dopo aver sentito il liquidatore e l'offerente, il giudice può rifiutare in tutto o in parte la domanda di esborso mediante decisione motivata, solo se sussistono dubbi circa la sua origine o legittimità, se sono controversi o se sussiste il sospetto di collusione tra l'offerente e l'offerente. In tutti i casi la decisione è impugnabile. La decisione giudiziaria che ammette il pagamento sollecito avrà effetti di cosa giudicata materiale e imporrà la verifica del credito sul passivo fallimentare. Chi rifiuta, autorizza il creditore ad avviare o proseguire il giudizio di conoscenza del lavoro davanti al giudice naturale. Nessun costo sarà addebitato al lavoratore nella richiesta di pagamento anticipato, tranne in caso di collusione, temerità o malizia. Gli stanziamenti sono versati per intero, se vi sono fondi liquidi disponibili. In caso contrario e fino a quando l'esistenza di essi è rilevata dal liquidatore deve essere assegnato il tre per cento (3%) mensile del reddito lordo della gara. Il liquidatore effettuerà un piano di pagamento proporzionale ai crediti e ai loro privilegi, non potendo superare ogni singolo pagamento in ciascuna distribuzione di un importo equivalente a quattro (4) salari minimi vitali e mobili. In via eccezionale il giudice può autorizzare, nell'ambito del regime di pronto pagamento, il pagamento dei crediti coperti dal beneficio e che, per la loro natura o circostanze particolari dei loro titolari, devono essere destinati a coprire rischi sanitari, alimentari o altre che non ammettano ritardi. Nel controllo e rapporto mensile, che il sindacato dovrà effettuare, includerà le modifiche necessarie, se ci sono fondi liquidi disponibili, al fine di pagare la totalità dei pagamenti pronti o modificare il piano presentato. 
[30] 
El Alto Tribunal quedó integrado -con la Dra. Graciela Medina- por reemplazo del Dr. Rosenkrantz, quien debió excusarse. 
[31] 
Publicado en TR LALEY AR/JUR/195646/2021.
[32] 
I beni acquisiti successivamente al decreto che dispone la riabilitazione esulano dall'ambito del fallimento. Tuttavia, l'attività derivante dal sequestro dei beni del fallito merita un trattamento diverso. Infatti, se l'indennità percepita per il rapporto di lavoro, nella sua proporzione legalmente sequestrabile, deriva da un rapporto di lavoro di origine anteriore al decreto fallimentare o nasce mentre il debitore è in fallimento, tale bene importa l'esistenza di un attivo generatore di frutti di origine prefallimentare o fallimentare che per questo permane interessato alla soddisfazione dei creditori del fallimento. In tal modo, sarebbe paradossale la circostanza che colui che si trova in stato di fallimento e genera una fonte lavorativa di reddito raggiunta nel quadro del fallimento, avendo mancato ai suoi obblighi e non onorando i suoi debiti, possa sottrarsi alla possibilità di indennizzare i suoi creditori per inadempimento, un anno dopo il decreto fallimentare, trovandosi in una posizione migliore rispetto a quello in bonis e tenuto conto dei suoi obblighi pignorati, come avviene per qualsiasi imputato in un giudizio esecutivo individuale. In questo contesto non è possibile revocare l'embargo sui beni del fallito riabilitato (“Juarez, Diego Patricio s/ quiebra, Camera Commerciale Nazionale di Apello, 11/5/2023) –  Riabilitazione-Fallimento-art. 104-Sentenza CNCom.pdf.
[33] 
Vedi in questo senso, https://www.uscourts.gov/services-forms/bankruptcy/bankruptcy-basics/discharge-bankruptcy-bankruptcy-basics - Discharge in Bankruptcy - The bankruptcy discharge varies depending on the type of case a debtor files: chapter 7, 11, 12, or 13. Quindi, in alcuni casi, il debitore deve pagare tali debiti dopo il fallimento. La legge ha stabilito che questo tipo di debiti non è estinto dal fallimento per motivi di politica pubblica (sia per la natura del debito o per il fatto che i debiti sono stati generati a causa di un comportamento improprio del debitore, come guida in stato di ebbrezza). Ci sono 19 categorie di debiti esenti dalla remissione ai sensi dei capitoli 7, 11 e 12. Un elenco più limitato di eccezioni si applica ai casi del capitolo 13. Ad esempio, debiti per alimenti o alimenti del coniuge o dei figli, debiti per danni intenzionali e dolosi a persona o proprietà, debiti verso unità governative per multe e sanzioni.
[34] 
S. García, El principio de protección de vulnerables y el derecho de la insolvencia, Revista jurídica – Región Centro Argentina – Número 1 – 8/6/2023 – cita IJ-IV- CDXXXIII-617 - https://ijeditores.com/pop.php?option=articulo&Hash=be951febb68e7ea728b5a6b1f0acd23e. 
[35] 
Cfr. S. García, “La Extinción de las obligaciones de la quiebra”, Premio Dalmacio Velez Sarsfield, Tesis sobresalientes, Academia Nacional de Derecho y Ciencias Sociales de Córdoba, 2012, disponible on line al 8-2022 en https://www.acaderc.org.ar/wp-content/blogs.dir/55/files/sites/55/2019/12/TesisSilvMabGarcia2011.pdf y Revista de Derecho Privado y Comunitario, Liberación patrimonial por rehabilitación del fallido. Pasado, presente y futuro, Tomo: 2019 3 Insolvencia – II. 
[36] 
Teoría de los derechos fundamentales, pág. 152 y sigtes., 1° reimp., traducción Ernesto Garzón Valdez, Madrid, ed. Centro de Estudios Constitucionales, 1997. 

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