Come già indicato, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 268, comma secondo, CCII, il creditore, anche in pendenza di procedure esecutive individuali, può fare istanza di liquidazione dei beni del debitore in stato di insolvenza. La norma prevede, inoltre, che non si possa dar luogo all’apertura della liquidazione se, nell’istruttoria della procedura, risulti che l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risulti inferiore ad euro 50.000,00. La norma in esame prevede dunque due condizioni essenziali, ai fini dell'accoglimento dell'istanza di liquidazione del patrimonio ad opera del creditore: lo stato di insolvenza del debitore ed un ammontare di debiti scaduti e non pagati uguale o superiore ad euro 50.000,00. Come già indicato, secondo gli ordinari principi relativi all'onere della prova, sarà dunque il debitore, assoggettato alla procedura di istanza di liquidazione del proprio patrimonio da parte del creditore, a dover dimostrare di non essere in uno stato di insolvenza e di non avere debiti scaduti e non pagati per un ammontare uguale o superiore ad euro 50.000,00.
In riferimento allo stato di insolvenza, si può richiamare la definizione di cui all'articolo 2, comma primo, lettera b) CCII: “stato del debitore che si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”[5].
Sotto il profilo soggettivo possiamo notare come qualsiasi soggetto giuridico debitore possa essere sottoposto alla procedura di istanza di liquidazione in oggetto, dal momento che la procedura di liquidazione controllata è stata prevista per tutti quei soggetti che non vengono ritenuti sottoponibili alla procedura “maggiore” di liquidazione giudiziale, quindi qualsiasi privato cittadino, sia esso consumatore, professionista, piccolo imprenditore, costituito in forma societaria o quale ditta individuale, esercente attività agricola o commerciale, ente privato o associazione, ad eccezione degli enti pubblici (art. 1 CCII), potrà essere sottoposto alla procedura di liquidazione ad istanza dei creditori.
La competenza, in ordine al deposito dell'istanza di liquidazione risulta essere quella di cui all'articolo 27, comma secondo, CCII, quindi il tribunale nel cui circondario il debitore ha il centro degli interessi principali.[6]
In riferimento al patrocinio legale si può richiamare l'articolo 9, comma secondo, CCII, a norma del quale il patrocinio del difensore risulta obbligatorio, salvo i casi in cui non sia previsto altrimenti. Quindi, certamente il creditore istante dovrà essere assistito nella sua domanda da un legale, mentre il debitore, ai sensi dell'articolo 40, comma quinto, CCII, potrebbe stare in giudizio personalmente, tenuto conto del richiamo espresso di cui all'articolo 270, comma quinto, CCII, in riferimento al procedimento unitario di cui al titolo terzo del CCII.
Questo risulta un primo punto nevralgico del procedimento in oggetto, risultando altamente auspicabile il patrocinio di un legale[7], soprattutto per il debitore “minore”, perché sottosoglia rispetto alla liquidazione giudiziale, vista l’estrema delicatezza del procedimento in oggetto a carico del debitore, dal momento che, per la prima volta nel sistema delle procedure concorsuali, lo stesso rischia la liquidazione del suo intero patrimonio su istanza dei creditori, tenuto conto dell’onere della prova a suo carico, in riferimento alla dimostrazione di essere solvibile e di avere debiti scaduti e non pagati inferiori ad euro 50.000,00,
Le norme in tema di procedimento unitario si occupano anche delle modalità di notifica dell’istanza di liquidazione del patrimonio da parte del creditore. A questo riguardo si richiama quanto previsto dall'articolo 40 del codice della crisi, in particolare ai commi sei e seguenti[8], risultando particolarmente delicata la questione della notifica di istanze di liquidazione del patrimonio da parte dei creditori nei confronti di soggetti non dotati di un domicilio digitale. Sotto questo profilo, la maggior parte dei soggetti giuridici interessati da una istanza di liquidazione del patrimonio da parte dei creditori, non dotati di un domicilio digitale, potrebbero essere chiamati in giudizio per la liquidazione di tutto il proprio patrimonio con una notifica presso la propria residenza o presso la casa comunale.
Il comma tre dell'articolo 268 CCII[9] prevede espressamente che il debitore, persona fisica, sottoposto all’istanza di liquidazione del patrimonio da parte del creditore, possa ricorrere alla procedura di esdebitazione del sovraindebitato incapiente, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 283 CCII. L’innesto della procedura di esdebitazione per incapienza nella procedura di istanza di liquidazione del patrimonio prevede esplicitamente la presenza di un OCC. Il dato normativo tace sul punto, ma pare evidente che, nell'ambito della procedura di istanza di liquidazione del patrimonio ad istanza del creditore, sarà necessario concedere un termine al debitore, al fine di permettere allo stesso di rivolgersi ad un OCC per la nomina del Gestore della crisi, al fine di permettere la predisposizione della necessaria relazione del Gestore, così come è espressamente previsto nel caso in cui, durante la procedura di istanza di liquidazione introdotta dal creditore, il debitore faccia istanza per una procedura di composizione della crisi, ex art. 271 CCII[10].
In riferimento alla presenza di un Gestore della crisi nominato dall'OCC, preliminarmente all'istanza di liquidazione del patrimonio da parte di un creditore, si pone certamente il dubbio relativo alla necessità che il creditore istante proceda alla richiesta della nomina di un Gestore della crisi. Il dato normativo pare propendere per una soluzione negativa, dal momento che nell’art. 268 CCII la presenza di un OCC, in riferimento all'istanza di liquidazione del patrimonio da parte del creditore, viene richiamata solamente nel caso in cui il debitore faccia istanza di sovraindebitamento per incapienza, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 283 CCII, mentre la necessaria presenza dell'OCC viene richiamata solamente all'articolo 269 CCII in riferimento alla istanza di liquidazione del patrimonio su domanda del debitore.
In ultima analisi si può arguire che, nel caso di istanza di liquidazione del patrimonio da parte del creditore non sia necessaria la preventiva nomina di un gestore della crisi da parte di un OCC. Tale soluzione appare anche congrua rispetto alla nuova valenza che la liquidazione del patrimonio ha assunto nel passaggio dalla legge n. 3 del 2012 al Codice della Crisi, in quanto i riferimenti alla meritevolezza e alla insussistenza di atti in frode da parte del debitore sono venuti totalmente meno[11]. Si richiama a questo riguardo l'articolo 269 secondo comma, che prevede che la relazione dell’OCC esponga semplicemente una valutazione sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda del debitore. [12]
A questo riguardo appare interessante un confronto fra gli articoli 14 ter e 14 quinquies della legge 3 del 2012 e gli articoli 269 e 270 del Codice della Crisi: la relazione dell’OCC, di cui all'articolo 269, comma due, CCII, non deve più far riferimento alle cause dell'indebitamento, alla diligenza impiegata dal debitore, alle ragioni dell'incapacità del debitore ad adempiere le proprie obbligazioni o contenere un resoconto sulla solvibilità del debitore negli ultimi 5 anni, così come il giudice, nell’ammettere la liquidazione del patrimonio, non deve più verificare l'assenza di atti in frode ai creditori negli ultimi 5 anni, dal che si deduce che qualsiasi profilo di premialità relativo alla liquidazione del patrimonio risulta venuto a mancare, proprio perché, in concomitanza alla liquidazione del patrimonio su istanza del debitore, si è introdotta la liquidazione del patrimonio su istanza dei creditori.
Una volta aperta la liquidazione del patrimonio, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 270, comma secondo lettera b) CCII, il tribunale nomina un liquidatore giudiziale, confermando in tale incarico, in caso di domanda presentata dal debitore, l’OCC di cui all'articolo 269 CCII. La struttura di tale disposizione normativa confermerebbe, a contrario, ancora una volta la propensione a valutare come non necessaria la nomina di un OCC nel caso in cui l'istanza di liquidazione del patrimonio sia presentata da un creditore.
Prima di occuparci del concorso fra procedure di gestione della crisi, nel caso di liquidazione del patrimonio ad istanza del creditore, sembra opportuno sottolineare come il comma quinto dell'articolo 270 CCII preveda espressamente che alla dichiarazione di apertura della procedura di liquidazione del patrimonio si applichino gli articoli 143 (rapporti processuali: il liquidatore sta in giudizio al posto del debitore; è prevista l’interruzione del processo con l’apertura della liquidazione), 150 (divieto di azioni individuali) e 151 (concorso dei creditori: applicazione del principio della concorsualità nei crediti) del CCII e, per tutto quanto non regolato dalle norme sulla liquidazione del patrimonio, le disposizioni sul Procedimento Unitario di cui al titolo terzo del Codice della Crisi.
Questa norma di chiusura del sistema dovrebbe permettere anche di risolvere la questione inerente al deposito di una istanza di liquidazione del patrimonio da parte del creditore, nel caso in cui, nel corso dell’istruttoria, ci si avveda che il debitore imprenditore commerciale superi le soglie di cui all’art. 2, comma primo, lettera d) del CCII, potendosi allora qualificare quale impresa che non rientra fra quelle “minori”, permettendo al tribunale di trattare la procedura quale procedura di liquidazione giudiziale in una sorta di conversione implicita, anche se i problemi di raccordo potrebbero non mancare, soprattutto in riferimento ai maggiori e molteplici strumenti di composizione della crisi a cui può accedere l’imprenditore commerciale non minore.
Tale norma di chiusura potrebbe anche sopperire alla soluzione della questione di connessione e concorso fra l’istanza di liquidazione del patrimonio da parte del creditore e la sussistenza o introduzione di una procedura di composizione negoziata della crisi, ai sensi e per gli effetti dell’art. 12 del Codice Della Crisi, dal momento che espressamente tale ipotesi non viene trattata dall’art. 271 CCII, norma che prevede la sospensione della procedura di liquidazione solamente nel caso in cui il debitore richieda di accedere al concordato minore o ad una procedura di sovraindebitamento del consumatore. Inoltre, le stesse norme in tema di composizione negoziata, ex artt. 12 e seguenti, non fanno cenno alla sospensione della procedura di liquidazione ex art. 268 CCII.
L’unico addentellato che potrebbe far propendere per una sospensione della procedura di liquidazione in costanza di una procedura di composizione negoziata, pare si possa ritrovare proprio nelle norme sul procedimento unitario, come l’art 40 comma 10 del CCII e soprattutto le norme che introducono i principi di carattere processuale ed in particolare l’art. 7 del CCII, che prevede espressamente che nel caso di proposizione di più domande, il tribunale esamina in via prioritaria quella diretta a regolare la crisi o l’insolvenza con strumenti diversi dalla liquidazione giudiziale o dalla liquidazione controllata, a condizione che: a) la domanda medesima non sia manifestamente inammissibile; b) il piano non sia manifestamente inadeguato a raggiungere gli obiettivi prefissati; c) nella proposta siano espressamente indicate la convenienza per i creditori o, in caso di concordato in continuità aziendale, le ragioni della assenza di pregiudizio per i creditori.
Veniamo ora ad esaminare specificatamente il tema del concorso di procedure nell’ambito della procedura di liquidazione ad istanza del creditore: la norma cardine in tema di concorso di procedure, nel caso in cui la domanda di liquidazione del patrimonio sia stata proposta dai creditori, risulta essere l'articolo 271 CCII. Tale norma potrebbe contenere un refuso, in riferimento al richiamo all’istanza di liquidazione del patrimonio da parte del pubblico ministero, in quanto si può osservare che nella versione finale del codice della crisi, all'articolo 268, comma due, proprio l’istanza di liquidazione da parte del pubblico ministero sia stata soppressa; nella versione precedente, infatti, in riferimento alla figura del solo imprenditore, era prevista espressamente la possibilità che l’istanza di liquidazione del patrimonio fosse azionata anche dal pubblico ministero. A questo riguardo si richiama l’art. 38 del CCII che al primo comma prevede il potere del PM di presentare il ricorso per l’apertura della sola liquidazione giudiziale, ma d’altro canto al comma terzo prevede la facoltà del PM di intervenire in tutte le procedure concorsuali compresa quindi la liquidazione del patrimonio in oggetto.
La norma dell'articolo 271 CCII, proprio in riferimento alla delicatezza della procedura di liquidazione del patrimonio incardinato da parte dei creditori, permette al debitore di formulare al giudice un'istanza per l'accesso ad una delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, quali la ristrutturazione dei debiti del consumatore o il concordato minore, ai sensi del capo secondo del titolo quarto del Codice della Crisi. La norma precisa, al comma secondo, che la liquidazione del patrimonio non può essere dichiarata in pendenza del termine concesso dal giudice per la presentazione di una domanda relativa ad una procedura di composizione della crisi (tale norma, al secondo comma richiama il capo terzo del titolo IV, ma evidentemente si tratta di un refuso, dal momento che il capo terzo riguarda il concordato preventivo e non le procedure di composizione della crisi, che sono regolate appunto al capo secondo). La norma introduce la possibilità per il debitore di avvalersi di un termine processuale, al fine approntare la presentazione di una domanda relativa ad una delle due procedure indicate di composizione della crisi, sospendendo così l'istanza di liquidazione del patrimonio presentata dal creditore.
Un elemento essenziale alla formulazione della domanda di concessione di un termine per l’integrazione della domanda da parte del debitore risulterà, necessariamente, il deposito dell’istanza del debitore di nomina di un gestore della crisi presso l'OCC, senza il quale nessuna procedura di composizione della crisi potrà essere coltivata. Inoltre, il termine concesso dal giudice dovrà necessariamente tener conto del fatto che il Gestore della crisi, investito della procedura presentata dal debitore, dovrà poter avere un tempo materialmente congruo ed adeguato all’analisi della posizione debitoria complessiva, certamente già connotata da una situazione quantomeno di crisi finanziaria, se non patrimoniale, stante l’istanza di liquidazione del patrimonio presentata dal creditore.
Significativo risulta il richiamo eseguito dall'ultimo capoverso del comma due dell'articolo 271 CCII, che rende applicabili espressamente, in quanto compatibili, gli articoli da 51 a 55 del Codice della Crisi. In tali articoli si dipana la normativa relativa alle impugnazioni delle sentenze relative alla omologazione delle procedure di composizione della crisi o di apertura di liquidazione giudiziale per mezzo del reclamo presso la Corte di appello competente, sottolineando a questo riguardo la novità dell'articolo 51, comma 14, CCII, che prevede espressamente che il ricorso per Cassazione non sospende l'efficacia della sentenza relativa al reclamo.
Gli articoli 54 e 55 CCII regolano, invece, la concessione di misure cautelari e protettive in riferimento alla necessità di tutelare il patrimonio oggetto delle procedure di composizione della crisi o di liquidazione del patrimonio nelle more dei provvedimenti definitivi di ammissione.
A questo riguardo risulta nuova ed assai significativa la possibilità per il debitore, sottoposto ad un'istanza di liquidazione del patrimonio da parte di un creditore, di richiedere, nelle more della presentazione della sua proposta definitiva di ristrutturazione dei debiti quale consumatore o di concordato minore, le misure cautelari e protettive di cui agli articoli 54 e seguenti CCII, misure queste che, sotto il vigore della legge 3 del 2012, non erano disciplinate, prevedendosi invece la sospensione delle azioni esecutive e/o cautelari solamente con l’ammissione alla procedura di sovraidebitamento.
In riferimento all'innesto e concorso di un'eventuale procedura di composizione della crisi, all'interno di un'istanza di liquidazione del patrimonio da parte di un creditore, è necessario richiamare le norme che regolano il procedimento unitario, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 40 e seguenti del codice della crisi (procedimento unitario espressamente richiamato dal comma quinto dell'articolo 270 CCII). Tali norme prevedono, fra l’altro, la facoltà per il tribunale di nominare un commissario giudiziale proprio nel caso in cui sia in corso una procedura per la dichiarazione della liquidazione (art. 40, quarto comma, nel codice della crisi)[13].
Un problema di coordinamento fra norme lo pone, invece, l'articolo 49, comma quinto, CCII, che prevede che non si possa far luogo all'apertura della liquidazione giudiziale se l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risulti complessivamente inferiore ad euro 30.000, rammentando, a tale riguardo, che il limite posto dall'articolo 268, comma secondo, CCII in tema di liquidazione controllata risulta invece essere di 50.000 euro.
Infine, l’esdebitazione nelle procedure di liquidazione controllata risulta regolata dall’art. 282 CCII, che pone alcuni problemi di interpretazione e coordinamento, proprio in riferimento alla procedura di liquidazione ad istanza dei creditori, poiché da un lato pare concedere l’esdebitazione di diritto, come effetto del provvedimento di chiusura della procedura, dall’altro richiama al comma due le preclusioni di cui all’art. 280 CCII, in una procedura complessiva che in ogni caso pare mal conciliarsi proprio con la fattispecie relativa alla liquidazione del patrimonio su istanza dei creditori.