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Antonio Pezzano, Avvocato in Firenze

Alcuni dubbi sulle maggioranze di voto e sul comitato dei creditori nel concordato nella liquidazione giudiziale di gruppo e con proposte concorrenti

16 Aprile 2025

Mi stavo apprestando a licenziare, insieme a Massimiliano Ratti un aggiornamento al nostro focus sul concordato nella liquidazione giudiziale quando mi sono imbattuto sull’ art. 240, comma 4 bis, con il richiamo "secco" all'art. 286, comma 5, CCII e quindi anche alle regole sulle maggioranze nelle votazioni di cui all'art. 109 CCII, richiamato appunto dalla penultima citata disposizione.

Ma che significa?

Che nel concordato "finale" di cui agli artt.  240 e ss CCII avremo due diverse discipline in tema di maggioranze, di cui una mutuata dal concordato preventivo.

Una per i concordati "singoli" ed una per quelli di "gruppo"?

Ecco, in integrale, quanto stavo per (proporre di) dare ‘alle stampe’ sulla specifica tematica : 

Peccato solo non si sia colta l’occasione di prevedere, anche in caso di concordato “finale”, la disciplina del voto “suppletivo” (per l'ipotesi di mancato raggiungimento della/e maggioranza/e da parte di almeno una proposta), opportunamente, invece, regolato ancora (dopo l’art. 177, comma 1, l. fall.) dal secondo capoverso del comma 2 dell’art. 109 CCII in tema di concordato preventivo.

Quantunque, forse, in un caso particolare, tale disposizione appare ora applicabile anche al concordato nella liquidazione giudiziale.

Ci riferiamo al nuovo scenario del concordato di gruppo, che infatti, alla luce del richiamo effettuatodall’ art. 240, comma 4-bis all’ art. 286, comma 5, CCII, rinvia pure all’art. 109, cit. (“Il concordato di gruppo è approvato quando ciascuna proposta è approvata dalla maggioranza prevista dall’articolo 109.”).

Rinvio che tra l'altro, neppure essendo stato effettuato nei limiti della compatibilità, pone il dubbio se nei concordati “finali” di gruppo siano da considerare esclusivamente le maggioranze (quantunque l’art. 286 cit. si esprima al singolare) previste in sede concordataria preventiva e non, invece, sempre e solo quelle “fallimentari” di cui all’ art. 244 CCII. 

E quindi, se in caso di unico creditore, risulti necessaria anche la maggioranza per teste di cui al primo comma dell’art. 109 cit.. Ovvero, in ipotesi di proposte concorrenti anche con quella del debitore, in caso di parità, prevale quella di quest’ultimo (art. 109, comma 2, in contrapposizione all’art. 244, ult. cap., CCII).

Ma soprattutto se, nel caso di concordato “finale” di gruppo, con classi, che miri
a salvaguardare la continuità aziendale (anche indiretta, ovvero diretta a cura del debitore, oppure anche del proponente terzo, ove invochi ad opera del curatore le peculiari operazioni societarie di cui all’art. 264 CCII), si debbano applicare le maggioranze speciali previste dai commi 5 e 5-bis del citato art. 109. 

Tanto che, non essendo senz'altro applicabile in caso di concordato "finale” (neppure) di gruppo lo scenario dell'omologazione trasversale (visto che l’art. 240, comma 4-bis non richiama anche il comma 6-bis dell’ art. 286, rinviante, appunto, all’art. 112 CCII), si potrebbe giungere a sostenere (ma, pur con i vantaggi previsti dal comma 5-bis dell’ art. 109 in caso di proposte concorrenti, di cui una o più con piano liquidatorio, sarebbe una iattura, scoraggiandosi, anziché favorirsi, i salvataggi dei gruppi d’impresa, anche post esercizio ex art. 211 CCII) che, solo con la maggioranza in tutte le classi (ove anche si trattasse della peculiare maggioranza della …minoranza prevista dal predetto comma 5), i concordati “finali” di gruppo in continuità sarebbero da considerare approvati , e non, invece, secondo il più benevolo criterio di (sola) maggioranza (anche) delle classi, previsto dall’art. 244, comma 1, CCII, per i concordati “singoli”.

Certamente, continua ad applicarsi anche ai concordati “finali” di gruppo la speciale regola del silenzio-assenso di cui all’ art. 244, comma 2, considerato che in sede di concordato preventivo la regola del voto favorevole espresso emerge, non tanto nell’ art. 109, bensì dagli artt. 107, comma 8 e 110, comma 1, CCII.

D’altro canto, guardando anche alla relazione legis, ci pare evidente che il rinvio alla “maggioranza” dell’art. 109 CCII rappresenti solo un difetto di coordinamento, conseguente al richiamo “secco” effettuato, dall’art. 240, comma 4-bis, al comma 5 dell’art. 286 CCII. 

Ciò non toglie che, in assenza di un intervento normativo ad hoc”, potrebbe risultare difficile ignorare la comunque inequivocabile disposizione letterale de qua, ove non si dimentichi che, per pacifica giurisprudenza di legittimità sull’art. 12 preleggi, l’interpretazione letterale resta il fondamentale e prioritario canone ermeneutico (cfr., ex multis e da ultima, Cass. civ., 8/2/2025, n. 3220).”

                                                                                                                                                        ***
Ma residua ancora un dubbio, sempre in tema di concordato “finale” di gruppo.
 
Questa volta rispetto al comitato dei creditori: il mancato richiamo da parte del nuovo comma 4-bis (anche) al comma 7 dell’art. 286 CCII, significa che in sede di concordato “finale” di gruppo possa essere nominato un solo comitato dei creditori, soprattutto ove ci si trovi al cospetto di ricorsi autonomi? 

Considerata anche la funzione di significativo maggior rilievo che il comitato dei creditori riveste nell’ambito del concordato nella liquidazione giudiziale, la risposta ci pare che non possa che risultare negativa (e probabilmente il mancato rinvio è dipeso - condivisibilmente, peraltro -  solo in conseguenza del fatto che il citato comma 7 richiama anche il liquidatore giudiziale, cioè una figura propria solo del concordato preventivo).

Sempre il tema di comitato dei creditori, vi è da interrogarsi su un altro aspetto.

Difatti, il novellato art. 241 CCII ha previsto al comma 2, in caso di pluralità di proposte (depositate prima che il giudice delegato abbia già ordinato la comunicazione ai creditori), che, di regola, tutte (e non solo, come in precedenza, quella ritenuta preferibile dal comitato dei creditori, cui poteva aggiungersi, tra quelle non scelte, anche altra/e ritenuta/e parimenti conveniente/i dal giudice delegato, su richiesta del curatore) debbono essere sottoposte all'approvazione dei creditori, salvo il caso in cui curatore e comitato dei creditori “congiuntamente, ne individuino una o più maggiormente convenienti”.

Scelte più che condivisibile, anche se, per come adesso formulata la disposizione, ci si potrebbe domandare: visto che ora, in caso di proposte concorrenti, tutte debbono comunicarsi ai creditori (salva la predetta eccezione, che comunque prevede l’invio  di almeno una proposta), l'iniziale parere del comitato dei creditori continua a risultare vincolante, ove cioè anche negativo in tema di convenienza su tutte le proposte formulate (e, quindi, nessuna proposta dovrebbe comunicarsi)?

Oppure, per come, appunto, adesso formulata la disposizione, tutte le proposte concorrenti vanno comunque trasmesse, lasciando pertanto la (sola) massa dei creditori arbitra sulla convenienza -  o meno -  delle/a proposte/a?

Orbene, potrebbe ritenersi che, ferma sempre la valutazione del giudice delegato sulla ritualità di ogni singola proposta, d’ora in poi, in caso di proposte concorrenti, tutte, senza alcun previo filtro ad opera del comitato dei creditori, dovrebbero essere sottoposte al vaglio di convenienza dei creditori aventi diritto al voto.

Anche perché, mentre in passato solo l’aggiunta di una proposta parimenti conveniente vedeva escluso l’intervento del comitato dei creditori, oggi nel solo caso di sostituzione della proposta per (comunque) maggiore convenienza, il parere del comitato dei creditori sembra tornare vincolante, peraltro purché dello stesso avviso sia anche il curatore. 

In altri termini, mi pare di poter concludere che si trovi dinanzi ad una disciplina diversa rispetto a quella del passato, che quindi consenta le conclusioni esegetiche qui proposte, che tra l’altro sarebbero del tutto in linea con l’incentivazione del concordato nella liquidazione giudiziale, come professato dalla legge delega (art. 7, comma 10, lett. d), L. 155/2017). 

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