Concordato semplificato – Note di variazione Iva – Ricadute di rilievo in ambito fabbisogno
Il raccordo tra l'istituto del concordato liquidatorio cosiddetto "semplificato", di cui alla L. 147/2021, e la normativa fiscale relativa alle note di variazione di cui all' articolo 26 D.P.R. 633/1972 può portare a soluzioni marcatamente differenziate con riguardo al fabbisogno in base ai possibili percorsi interpretativi.
In rapido riepilogo, l'articolo 18, comma 5 della L. 147/2021 comporta che il tribunale possa omologare la proposta laddove non arreca pregiudizio dei creditori "rispetto all'alternativa della liquidazione fallimentare".
L'articolo 26, comma 3 bis, del D.P.R. 633/1972 consente ai creditori di emettere nota di variazione per sola IVA dalla data in cui il cessionario o committente è assoggettato ad una procedura concorsuale, o dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis l. fall. o dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di cui al piano attestato ex art. 67 l. fall.
Ci si chiede se l'articolo 26, comma 3 bis, del D.P.R. 633/1972 sia applicabile in sede di concordato semplificato.
La risposta impone in primo luogo di valutare se il concordato semplificato costituisca una procedura concorsuale.
Si ritiene di aderire a questa prospettiva, a cui favore si hanno alcuni elementi fondanti:
- l'articolo 18, al comma 1, stabilisce che l'imprenditore può presentare "una proposta di concordato con cessione dei beni";
- si ha la cristallizzazione del passivo con la domanda di concordato;
- è previsto un vaglio del tribunale in sede di omologa;
- viene nominato un liquidatore, e ad esso si applicano per quanto compatibili le disposizioni di cui all'articolo 182 della legge fallimentare.
A cancellare ogni dubbio, si pone la stessa Relazione illustrativa allo schema di decreto legge, laddove definisce il concordato semplificato come "una tipologia di concordato preventivo".
Anche la circolare Assonime 34/2021 pare propendere per la concorsualità del concordato semplificato, definito come “una forma di concordato con cessione dei beni che può condurre anche alla cessione dell’intera azienda o di suoi rami con condizioni di accesso semplificato…”.
Di converso, altre prime considerazioni parrebbero alimentare dubbi circa la concorsualità del concordato semplificato, così come già enucleate in dottrina nel confronto tra concordato preventivo ordinario e concordato liquidatorio (cfr. AMBROSINI, "
Il concordato semplificato: primi appunti", in
www.ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 23 settembre 2021; FICHERA,
"Sul nuovo concordato semplificato: ovvero tutto il potere ai giudici", in
www.dirittodellacrisi.it, 11 novembre 2021):
- la normativa è al di fuori della legge fallimentare;
- il testo della Legge 147/2021 “non parla di concordato preventivo, ma di concordato tout court”;
- la norma “non contempla la presenza di un giudice delegato e di un commissario giudiziale”;
- non è prevista la votazione dei creditori;
- il concordato semplificato è esteso a “qualsiasi attività d’impresa, sia essa commerciale che agricola, pure se sottosoglia e, dunque, di regola sottratta alle procedure concorsuali”;
- il concordato semplificato può essere avviato solo da chi abbia prima dato corso al tentativo di composizione della crisi.
Se il concordato preventivo semplificato non fosse una procedura concorsuale, sarebbe esclusa tout court l'applicazione dell'articolo 26, comma 3 bis, D.P.R. 633/1972 che richiama espressamente le procedure concorsuali e non concorsuali di riferimento, in primo luogo con conseguente diversa e maggiore determinazione del passivo chirografario.
Se invece detto concordato potesse essere annoverato tra le procedure concorsuali, andrebbe comunque stabilito se possono conseguentemente essere applicabili tutte le regole fiscali previste per il concordato cosiddetto ordinario.
L'eventuale mancata applicazione dell'articolo 26, comma 3 bis, L. 633/1972 potrebbe avere una conseguenza deflagrante sulla possibile omologabilità del concordato semplificato, posto che il raffronto con il fallimento potrebbe orientare la convenienza verso quest'ultimo.
L'articolo 18 della L. 147/2021 prevede infatti come richiamato che il concordato semplificato possa essere omologato solo se la proposta non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all'alternativa della liquidazione fallimentare.
Ciò significa che per tutti i creditori che in sede di concordato ordinario potrebbero emettere una nota di variazione per sola IVA, la percentuale da offrire agli stessi in pagamento del credito dovrebbe essere superiore al vantaggio che ne deriverebbe dall' emissione della nota di variazione. In altri termini, se in sede di fallimento (o di concordato “ordinario” ex art. 160 e ss. della legge fallimentare) un creditore potesse emettere una nota di variazione IVA ad esempio del 22%, ciò significa che la proposta di concordato semplificato, ove si ritenesse non applicabile l’art. 26, comma 3 bis, L. 633/1972, dovrebbe offrire per quel creditore (e per gli altri nelle medesime condizioni) una prospettiva di pagamento che tenga conto dell’effetto iva.
Si porrebbero anche dei temi di attualizzazione dell'importo offerto in sede di proposta concordataria. Infatti, la nota di variazione può essere emessa già all'apertura della procedura concorsuale; differenti invece, e necessariamente più dilatati, sono i tempi di esecuzione di una proposta di concordato liquidatorio, legati all’effettiva monetizzazione degli attivi ed alla loro successiva distribuzione (ferma restando l’alea circa l’effettivo realizzo, rispetto alle previsioni).
Si auspica che in sede di recepimento della Direttiva 1023/2019 vengano chiariti i punti di dubbia interpretazione nell’ambito delle tematiche fiscali correlate alla composizione della crisi e del concordato semplificato.
Giuliano Buffelli
Federico Clemente