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Giuliano Buffelli, Professore incaricato presso l'Università di Bergamo

Il principio di continuità entra ancor più prepotentemente nel diritto della crisi?

16 Marzo 2022

Approssimando il termine di entrata in vigore del codice della crisi e dell’insolvenza (D. Lgs. 14/2019) che il D.L. 118/2021 (conv. nella L. 147/2021) ha previsto per il prossimo 16/5/2022 (eccezion fatta per le procedure di allerta che slittano al 31/12/2023) sembra ormai pronto lo schema di decreto legislativo che dovrebbe ulteriormente modificarne la portata applicativa (sul tema si vedano anticipazioni da Italia Oggi del 12/3 e Sole 24 Ore del 13/3). 
Una delle novità di maggior impatto pratico che nell’attuale contesto merita grande attenzione è quella che prevederebbe uno specifico articolo il 3 dal titolo “Adeguatezza degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi” che fa specifico riferimento al comma 2 dell’art. 2086 c.c. 
Si ricorda che quest’ultima norma fu introdotta dall’art. 375, comma 2 del D. Lgs. n. 14/2019 con decorrenza dal 16/03/2019.
La disposizione, in vigore, prevede che l’imprenditore individuale o collettivo deve istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e dimensione dell’impresa con la finalità della rilevazione tempestiva della crisi e del controllo della perdita della continuità aziendale attivandosi senza indugio, nel caso rilevino tali situazioni, per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti di gestione della crisi previsti dall’ordinamento.
Dalle notizie raccolte lo schema di decreto legislativo, in fase di approvazione, interverrebbe con specifica norma sulla nozione di “assetti” introducendo chiari richiami e riflessi sul citato secondo comma dell’art. 2086 c.c.; quanto precede, sembrerebbe previsto al fine di dare contenuto sostanziale sulla definizione di adeguati assetti.
In particolare quanto alla rilevazione tempestiva della crisi (considerato che la norma nella sua attuale formulazione non definisce il contenuto lasciando astratto il concetto), l’adeguatezza degli assetti sarebbe misurata nella capacità di questi di rilevare i) gli squilibri economici, patrimoniali e finanziari, ii) la non sostenibilità dei debiti e sulla assenza di prospettive di continuità per i dodici mesi successivi nonché di consentire iii) la raccolta di informazioni necessarie per lo svolgimento del test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento. 
Tali informazioni, sarebbero adottate anche sulla base delle indicazioni contenute nel D.M. 28/9/2021, emanato a supporto del D.L. 118/2021 (chiaro riferimento dedotto dall’art. 13 dello schema) che ha introdotto il nuovo strumento di gestione della crisi denominato “composizione negoziata per la soluzione della crisi”.
Tra le indicazioni di cui al citato D.M. si ricordano il test pratico, le check list di controllo ecc che, contestualizzate nella procedura di composizione assistita possono avere logica applicativa ma, se applicate nell’ambito del comma 2 dell’art. 2086 c.c., potrebbero dare ben diversi risultati.
Tale intervento legislativo, in un momento come l’attuale, in cui la pandemia è ancora presente, la guerra Russia/Ucraina sta incidendo sull’economia in modo pesantissimo (con il volumetrico incremento dei costi dell’energia e delle difficoltà di approvvigionamento) sarebbe, a parere di chi scrive, molto negativo. 
Quello che stupisce, nell’ambito della riflessione che si sta sviluppando, sono le evidenti contraddizioni che, alcune norme emergenziali, evidenziano in tema di continuità.
Come è possibile far convivere le previsioni di cui all’art. 3 della L. 15/2022 (decreto Milleproroghe) che consente, anche per l’esercizio 2021, (disposizione di carattere temporaneo finalizzata a sostenere le imprese) la sospensione degli obblighi civilistici di intervento da parte della assemblea dei soci in caso di perdite di esercizio che riducono il capitale di oltre un terzo così come la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale, con il principio della continuità per il quale è richiesto che l’impresa sia in grado di far fronte ai propri impegni per almeno i prossimi 12 mesi?
Ora, tornando al nostro tema, l’ipotizzato intervento sulla definizione sugli adeguati assetti collegato all’art. 2086 c.c., come in precedenza sintetizzato, significherebbe ulteriormente aggravare la posizione delle imprese in un momento in cui i fatti di rilevanza negativa e di imprevedibile evoluzione, ne rendono il futuro molto incerto (covid/guerra).
Quindi appaiono, si ripete, non lineari gli interventi emergenziali che, da un lato, hanno consigliato il legislatore a: - introdurre deroghe al principio di continuità per gli esercizi 2019 e 2020 [art. 7 D.L. 23/20 conv. nella L. 40/2020 e con il D.L. 34/2020 conv. nella L. 77/2020 (peraltro ci stupisce la non considerazione anche per l’esercizio 2021)]; 
– prorogare l’entrata in vigore delle procedure di allerta;
– derogare ai principi civilistici in tema di perdite mentre, dall’altro, sembra, si vogliano introdurre (nell’attuale contesto) meccanismi che incidono sulla verifica del presupposto della continuità con ricadute, oltre che dirette sull’impresa, anche indirette sugli organi di controllo e sui revisori.
Si spera che il legislatore, se le notizie anticipate fossero vere, rifletta sulle potenziali conseguenze che pongono, nell’immediato (bilancio 2021) gli amministratori di fronte a riflessioni non facili proprio in tema di continuità. 
 
Giuliano Buffelli 

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