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Giovanni La Croce, Dottore Commercialista in Milano

Prende il via, tra incertezze e ingiustificate discriminazioni, l’Albo dei gestori della crisi e dell’insolvenza delle imprese.

6 Gennaio 2023

Da ieri sono aperte le iscrizioni all’Albo dei gestori della crisi e dell’insolvenza delle imprese, la cui istituzione era stata prevista dagli artt. 356 e 357 del D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, meglio noto come “Codice della crisi e dell’insolvenza”, la cui entrata in vigore, per diverse ragioni, era stabilito dovesse avvenire nel tempo; originariamente il 15 agosto 2020. 

Tale differimento temporale non riguardava, però, alcune disposizioni, tra le quali quelle, appunto, degli artt. 356 e 357 CCII, entrate in vigore sin dal febbraio 2019 (pur con regolamento attuativo che avrebbe dovuto essere emanato entro il 30 giugno 2020). La ragione era evidente: dal momento che gli incarichi di curatore, commissario giudiziale e, anche, di professionista indipendente avrebbero potuto essere assunti solo da iscritti all’Albo in questione, occorreva che questo al momento dell’avvio concreto della riforma fosse già operativo. 

Così non è stato.  

Il nuovo codice nel suo complesso è entrato in vigore il 15 luglio 2022 (a due anni di distanza dall’originaria previsione), il predetto regolamento  il 3 marzo 2022 (a mezzo decreto Mi. G. n. 75), ma, nonostante ciò, le indispensabili "Specifiche Tecniche Albo dei Gestori della Crisi d’impresa" (da emanarsi entro 6 mesi, ai sensi dell’art. 3, comma 5 di detto decreto) sono state pubblicate solo lo scorso 30 dicembre e la collegata "Circolare Albo gestori crisi di impresa", è stata pubblicata l'altro ieri. 

Nel frattempo, sono passati quasi quattro anni, un lasso temporale così ampio da non poter non aver ingenerato, come si vedrà, incertezze applicative riguardo al tema della cd. “prima popolazione”, la cui necessità era evidentemente quella, già richiamata, di poter disporre di un Albo operativo al momento dell’entrata in vigore del nuovo codice, che originariamente, giova ribadirlo, era fissata a distanza di diciotto mesi e non di quattro anni.

Il secondo comma dell’art. 356 CCII prevedeva – con una scelta assai opinabile – che alla “prima popolazione” dell’Albo avrebbero potuto partecipare solo coloro che negli ultimi quattro anni dalla sua entrata in vigore (11 febbraio 2019) fossero stati nominati curatori o commissari giudiziali in almeno due procedure, anche, dunque, in due fallimenti cd. “a zero”. 

Ne conseguiva – e forse ne consegue ancora – che solo i “nominati” nel periodo 11 febbraio 2015/11 febbraio 2019 potevano (possono) partecipare alla “prima popolazione”. Senonché, come dicevamo, nel frattempo sono passati altri quattro anni, sicché da tale diritto non sarebbero esclusi solo coloro che erano stati beneficiari dei medesimi incarichi giudiziari – magari per decenni e in procedure di rilevante dimensione e complessità – nel tempo anteriore l’11 febbraio 2015, ma anche coloro che avessero ricevuto i medesimi incarichi solo dopo il 10 febbraio 2019.  

La discriminazione conseguente – già difficilmente giustificabile sotto il profilo costituzionale in relazione al disposto (i) del secondo comma dell’art. 3 Cost., (ii) del primo e secondo comma dell’art. 35 Cost. e (iii) del primo comma dell’art. 51 Cost., in ordine a chi avesse ricevuto i medesimi incarichi in epoca precedente – appare davvero intollerabile se applicata ai professionisti “nominati” successivamente l’entrata in vigore dell’art. 356 CCII, che, stando alla lettera della disposizione dovrebbero, invece, acquisire prima, e come tutti gli altri, le credenziali necessarie, tramite la partecipazione a un corso di quaranta ore strutturato secondo le linee guida della Scuola superiore della magistratura protocollate in data 7 novembre 2019. 

A complicare ulteriormente il quadro v’è la circostanza che, sempre il secondo comma dell’art. 356 CCII, tutti i soggetti iscritti all’Albo debbono partecipare ad un corso di aggiornamento biennale. 

Essendo trascorsi, ben più di due anni da quando gli aventi diritto a partecipare alla “prima popolazione” dell’Albo l’hanno acquisita, non v’è ragione per non ritenere che non debbano, anch’essi, partecipare a un corso di aggiornamento biennale (invero, si tratterebbe di un aggiornamento “quadriennale”) e ciò in relazione, anche, alle sopravvenute modificazioni legislative intercorse. 

Infatti, la Scuola superiore della magistratura, nelle proprie linee guida del novembre 2019 prevedeva espressamente che le stesse dovessero essere aggiornate ogni due anni. 

Alcuni ordini professionali, nel frattempo, hanno provveduto in conseguenza a organizzare corsi di formazione – gli ordini di Milano degli avvocati e quello dei commercialisti, congiuntamente, ne hanno organizzati, nel perfetto rispetto del dettato normativo, due: uno del 2021 e l’altro nel 2022 – per i quali si pone tema della loro validità ai fini dell’iscrizione all’Albo. 

Per il primo corso, prendendo ad esempio il caso milanese, la questione è, se decorso il biennio, senza che il soggetto abbia partecipato al corso di aggiornamento, il medesimo conservi i requisiti d’iscrizione e, dunque, possa partecipare alla “prima popolazione” dell’Albo, mentre, per il secondo corso si pone il tema della sua validità, essendo stato tenuto secondo le vecchie linee guida della Scuola superiore della magistratura del novembre 2019, non aggiornate pur essendo passato più di un biennio e pur essendo intervenute significative modificazioni normative. 

A tale proposito non può non considerarsi l’invito del Consiglio nazionale dell’ODCEC a non pubblicizzare i corsi 2022 come abilitativi ai fini dell’iscrizione all’Albo. 
Si è venuto così a creare un vero e proprio cortocircuito in base al quale solo i professionisti che hanno ricevuto almeno due incarichi di commissario giudiziale o di curatore nel quadriennio 11 febbraio 2015/10 febbraio 2019 potrebbero avere diritto a iscriversi all’Albo,  sino a che non sarà possibile per tutti gli altri partecipare a un corso abilitante “valido”, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero in tema di tenuta costituzionale di una simile lettura, non potendosi più, oggi, reclamare le medesime ragioni di urgenza che vigevano nel 2019 in funzione di una entrata in vigore del nuovo codice ad agosto 2020.  

Per altro non va sottovalutata la circostanza che una lettura rigorosa delle disposizioni del secondo comma dell’art. 356 CCII potrebbe far ritenere che anche tali soggetti siano decaduti dall’abilitazione automatica, non avendo fatto seguire, medio tempore alla stessa, l’obbligatorio aggiornamento biennale. 

Da un simile imbroglio si può uscire, solo con un’interpretazione costituzionalmente orientata, ritenendo che alla prima formazione dell’Albo possano partecipare, indistintamente, sia i cd. “nominati”, però, nel più ampio arco temporale 11 febbraio 2015/4 gennaio 2023, nonché tutti coloro che abbiano compiutamente partecipato, prima del 5 gennaio 2023, a un corso abilitante tenuto secondo le uniche linee guida emanate della Scuola superiore della magistratura pur se non aggiornate.  

Tale lettura costituzionalmente orientata è la sola che non determinerebbe una forzata uscita dal mercato di quei professionisti che, pur non ambendo a incarichi giudiziari, fondano il core business della propria attività professionale sulla validazione dei piani di risanamento, che, alla luce dell’art. 2, comma 1, lett. o), n. 1, CCII, diverrebbero appannaggio esclusivo anch’essi – seppure solo sino a che la Scuola superiore della magistratura non avrà aggiornato le proprie linee guida e si siano potuti tenere, conseguentemente, corsi validi ai fini dell’abilitazione all’iscrizione all’Albo – esclusivamente di soggetti “graditi” agli ambienti giudiziari, pur non essendo la relativa nomina di emanazione giudiziaria. 

Una eclatante, quanto surrettizia, esclusione dal mercato per svariati mesi che potrebbe essere esiziale per molti professionisti più dovesse tardare l’emanazione delle nuove linee guida da parte della Scuola superiore della magistratura e che impone, dunque, un immediato chiarimento da parte del Ministero della giustizia opportunamente a ciò sollecitato dai Consigli nazionali degli ordini professionali. 
Francesco Diana, Dottore Commercialista in Salerno

7 Gennaio 2023 11:19

Le riflessioni e le criticità del collega La Croce mettono ben in evidenza quello che, lo stesso, ha definito come un cortocircuito originato dalla confusione che sta accompagnando la nascita di un Albo concepito ormai in tempi lontani.
È ben evidente che il dettato normativo non ha seguito il passo dei ritardi e dei rinvii e, non poco colpevolmente, anche gli interventi successivi non hanno certo favorito quell’auspicato aggiornamento o adeguamento ormai necessario.
Sotto lo sguardo di tutti, è l’emblematico contenuto, sotto molti aspetti, anacronistico del DM 3.3.2022 n. 75, pubblicato in G.U. n. 143 del 21.6.2022, non in linea con le modifiche introdotte con il DLgs. 83/2022 che, tra l’altro, hanno visto la caducazione degli OCRI e dei sistemi di allerta.
Un regolamento pronto da marzo 2022 che, pubblicato in G.U a giugno e con efficacia dal 6.7.2022, è risultato altresì immediatamente monco delle specifiche tecniche necessarie a garantire l’effettiva operatività dell’Albo.
Solo con il DM 29.12.2022, con efficacia dal 5.1.2023, finalmente sono giunte le agognate specifiche ed anche con sorpresa dei più, avendo immaginato che, come per altri decreti che ancora si attendono (p.e. il decreto non regolamentare di cui all’art. 25 undecies co.3 del CCII), anche questo potesse cadere nel dimenticatoio.
Del resto, nel mentre, non potendo diversamente, l’Autorità Giudiziaria ha già tracciato le sue prime linee di azione orientandosi, quantomeno, sulla sussistenza in capo al professionista nominato dei requisiti ex art. 358 CCII ovvero delle risultanze provenienti dei rapporti riepilogativi.
Mi permetto di introdurre qualche altra riflessione, potenziale spunto di ulteriori criticità che richiederebbero altrettanti interventi precisi e chiarificatori.

Prima riflessione ad integrazione della questione delle nomine e del periodo di osservazione.

Se lodevole poteva essere l’intento di un primo popolamento immediato dell’Albo nel 2019, oggi una tale scelta rappresenta effettivamente un ingiusto pregiudizio la cui ratio appare difficile da comprendere.
Paradossale che professionisti che, solo a partire dal 17 marzo 2019 abbiano però ricevuto incarichi sino ad oggi (al 1° aprile 2023) si trovino nella oggettiva impossibilità di poter essere successivamente nominati, nonostante le procedure svolte o addirittura in corso di svolgimento.
In altri termini, a partire da aprile, il professionista che fino ad oggi svolge con competenza e diligenza il proprio ruolo, perderà improvvisamente (e ingiustamente) queste sue skills in ragione di un mero dato storico o ed anche, in ragione della sua “giovinezza” che in quegli anni gli ha eventualmente consigliato di dedicarsi ad una prima fase di specializzazione.
Avremo aule di tribunale con curatori in carica ma privi del requisito per il primo popolamento, unitamente a colleghi iscritti all’albo che assolvo allo stesso ruolo e con medesime funzioni.
Quanto poi al periodo di osservazione circa l’aver maturato i due incarichi, questione non solo di opportunità ma di giustizia e senso pratico dovrebbe condurre a ritenere qualificanti tutte le nomine sino al 1° Aprile 2023.
La ragione di un tale spunto (se si vuole provocazione) è frutto della chiara indicazione contenuta nella Circolare n. 1769 del 4.1.2023 emanata dal Ministero della Giustizia ove è indicato che “nelle more, quindi, l'assegnazione degli incarichi da parte dell'Autorità Giudiziaria proseguirà in conformità alle prassi attualmente vigenti”.
Orbene, se ciò è vero, non avrebbe particolare giustificazione tralasciare quei professionisti che ancora oggi e per altri 3 mesi circa saranno ugualmente nominati nelle more di un Albo che si sta popolando ma che, nella sostanza, ancora è inoperativo.

Seconda riflessione circa i requisiti formativi.

Ad oggi, sembra essere trascurato un aspetto di particolare criticità legato al mancato richiamo, all’art. 356 co. 2 del CCII, dell’art. 4 co. 6 del DM 202/2014.
Sul punto, si rammenta che ai sensi dell’art. 4 co. 6 del DM 202/2014, ai professionisti appartenenti agli Ordini Professionali dei Dottori Commercialisti, degli Avvocati e dei Notai non si applicano le disposizioni di cui all’art. 4 co. 5 lett. c) del medesimo DM ossia l’obbligo di “svolgimento presso uno o più organismi, curatori fallimentari, commissari giudiziali, professionisti indipendenti ai sensi del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, professionisti delegati per le operazioni di vendita nelle procedure esecutive immobiliari ovvero nominati per svolgere i compiti e le funzioni dell'organismo o del liquidatore a norma dell'articolo 15 della legge, di un periodo di tirocinio, anche in concomitanza con la partecipazione ai corsi di cui alla lettera b), di durata non inferiore a mesi sei”.
Il mancato richiamo apre ad una importante criticità che, tuttavia, gli interventi successivi non hanno avuto ancora il pregio di risolvere.
È un paradosso nel paradosso che il professionista nominato sino ad aprile 2023, nelle more di un Albo non consultabile, nel caso in cui sia carente dei requisiti per il primo popolamento, si trovi successivamente non solo nella necessità di adempiere all’obbligo formativo ma anche, eventualmente, nella necessità di svolgere un tirocinio professionale qualificante.
Gli scenari che potrebbero aprirsi sono molteplici ma soprattutto tali da rendere il sistema poco credibile: si immagini solo professionisti che siano costretti a svolgere il tirocinio presso colleghi che hanno sì maturato il requisito previsto per il primo popolamento ma che, ad esempio, successivamente si siano dedicati ad altro, anche semplicemente alle sole funzioni di advisor o di attestatore.
Eppure, nonostante i diversi interventi successivi, il dubbio non appare né affrontato né risolto. Anzi, dal DM 3.3.2022 n. 75 al DM 29.12.2022 non vi è alcuna traccia tanto che, tra l’altro, tra la documentazione da allegare non vi è, ad esempio, alcuna esplicita indicazione ad una certificazione attestante lo svolgimento e il compimento del tirocinio.
Sarà interessante verificare, nei giorni che verranno, come il Consiglio Nazionale affronterà la questione e, di conseguenza, come procederanno gli Ordini territoriali.
Sicuramente, sarebbe stato forse auspicabile che tutti questi chiarimenti fossero resi già oggi disponibili, onde evitare che oltre al percorso formativo di 40 ore bisogni poi attendere ulteriori sei mesi per “qualificarsi sul campo”.

Terza riflessione circa i percorsi formativi e la proliferazione degli albi

È indubbio che una riflessione sui percorsi formativi già svolti vada compiuta. Tuttavia, forse, sarebbe opportuno che si seguisse sempre un principio di buon senso.
È forse troppo semplice cassare i percorsi già compiuti mentre coraggiosa sarebbe la scelta di non “punire” quanti, in ragione di una possibilità loro offerta, abbiano deciso di formarsi seguendo percorsi in linea con le linee guida dettate dalla SSM.
Del resto, ragioni di praticità, anche nell’interesse di tutela del professionista, inducono a costatare che quei percorsi richiederebbero certamente un aggiornamento ma che non è tale da giustificare la loro perdita totale.
Questo induce anche ad altra riflessione in merito proprio ai numerosi percorsi formativi ed anche alla proliferazione degli albi.
Ad oggi, considerando l’iscrizione all’Albo dei gestori della crisi di impresa e dell’insolvenza, all’elenco dei gestori della crisi (da sovraindebitamento) e all’elenco degli esperti della composizione negoziata, dobbiamo verificare che il professionista è chiamato a svolgere 135 ore di formazione specifica in materia di crisi di impresa (e del sovraindebitato), a cui aggiungere la formazione professionale continua obbligatoria prevista dai propri Ordini di appartenenza.
Una formazione che, a ben evidenza, è indispensabile ma, in taluni casi, sovrapponibile nei contenuti (p.e. anche nella composizione negoziata è prevista una formazione sugli altri istituti di risoluzione della crisi piuttosto che sul tema delle misure protettive e cautelari), a fronte di un proliferare di costi e di tempo necessario che il professionista dovrà dedicarvi.
A ciò si aggiunga il proliferare di albi che rischiano, in ragione di una forse ideale specializzazione, di creare ulteriori storture, se non già esistenti.
Emblematico, ad esempio, è il professionista gestore e/o esperto che non potrà svolgere le funzioni di curatore perché privo dei due incarichi o che dovrà sottoporsi al periodo di tirocinio, nel mentre tratta con le parti interessate di un’azienda in squilibrio o si occupa di un concordato minore.
Si tralasci poi la questione del professionista indipendente versus l’esperto nella composizione negoziata.
Per essere esperto, è necessario aver maturato esperienza, di fatto, da professionista indipendente ma non da curatore.
Ma per aver maturato esperienze da professionista indipendente, ai sensi dell’art. 2 co. 1 lett. o) n. 1 del CCII è necessario che sia iscritto all’Albo ex art. 356 dello stesso CCII e, dunque, aver maturato esperienze da curatore o comunque seguire un percorso formativo che lo formi in tal senso.
Più che un cortocircuito si rischia un’implosione che avrebbe richiesto un intervento sistematico e unitario che, al di là degli strumenti, guardasse al professionista quale elemento centrale dei processi di risanamento, che favorisse una sua specializzazione a 360 gradi in materia, senza porre talune barriere all’ingresso che, a ben evidenza, sebbene potessero rispondere ad iniziali fini lodevoli ora appaiono solo poco comprensibili.
Pertanto, non possiamo che associarci alla richiesta di chiarimenti, nella speranza che questi non siano né centellinati né colpevolmente tardivi.
Giovanni La Croce, Dottore commercialista

7 Gennaio 2023 16:46

Le riflessioni e le criticità del collega La Croce mettono ben in evidenza quello che, lo stesso, ha definito come un cortocircuito originato dalla confusione che sta accompagnando la nascita di un Albo concepito ormai in tempi lontani.
È ben evidente che il dettato normativo non ha seguito il passo dei ritardi e dei rinvii e, non poco colpevolmente, anche gli interventi successivi non hanno certo favorito quell’auspicato aggiornamento o adeguamento ormai necessario.
Sotto lo sguardo di tutti, è l’emblematico contenuto, sotto molti aspetti, anacronistico del DM 3.3.2022 n. 75, pubblicato in G.U. n. 143 del 21.6.2022, non in linea con le modifiche introdotte con il DLgs. 83/2022 che, tra l’altro, hanno visto la caducazione degli OCRI e dei sistemi di allerta.
Un regolamento pronto da marzo 2022 che, pubblicato in G.U a giugno e con efficacia dal 6.7.2022, è risultato altresì immediatamente monco delle specifiche tecniche necessarie a garantire l’effettiva operatività dell’Albo.
Solo con il DM 29.12.2022, con efficacia dal 5.1.2023, finalmente sono giunte le agognate specifiche ed anche con sorpresa dei più, avendo immaginato che, come per altri decreti che ancora si attendono (p.e. il decreto non regolamentare di cui all’art. 25 undecies co.3 del CCII), anche questo potesse cadere nel dimenticatoio.
Del resto, nel mentre, non potendo diversamente, l’Autorità Giudiziaria ha già tracciato le sue prime linee di azione orientandosi, quantomeno, sulla sussistenza in capo al professionista nominato dei requisiti ex art. 358 CCII ovvero delle risultanze provenienti dei rapporti riepilogativi.
Mi permetto di introdurre qualche altra riflessione, potenziale spunto di ulteriori criticità che richiederebbero altrettanti interventi precisi e chiarificatori.

Prima riflessione ad integrazione della questione delle nomine e del periodo di osservazione.

Se lodevole poteva essere l’intento di un primo popolamento immediato dell’Albo nel 2019, oggi una tale scelta rappresenta effettivamente un ingiusto pregiudizio la cui ratio appare difficile da comprendere.
Paradossale che professionisti che, solo a partire dal 17 marzo 2019 abbiano però ricevuto incarichi sino ad oggi (al 1° aprile 2023) si trovino nella oggettiva impossibilità di poter essere successivamente nominati, nonostante le procedure svolte o addirittura in corso di svolgimento.
In altri termini, a partire da aprile, il professionista che fino ad oggi svolge con competenza e diligenza il proprio ruolo, perderà improvvisamente (e ingiustamente) queste sue skills in ragione di un mero dato storico o ed anche, in ragione della sua “giovinezza” che in quegli anni gli ha eventualmente consigliato di dedicarsi ad una prima fase di specializzazione.
Avremo aule di tribunale con curatori in carica ma privi del requisito per il primo popolamento, unitamente a colleghi iscritti all’albo che assolvo allo stesso ruolo e con medesime funzioni.
Quanto poi al periodo di osservazione circa l’aver maturato i due incarichi, questione non solo di opportunità ma di giustizia e senso pratico dovrebbe condurre a ritenere qualificanti tutte le nomine sino al 1° Aprile 2023.
La ragione di un tale spunto (se si vuole provocazione) è frutto della chiara indicazione contenuta nella Circolare n. 1769 del 4.1.2023 emanata dal Ministero della Giustizia ove è indicato che “nelle more, quindi, l'assegnazione degli incarichi da parte dell'Autorità Giudiziaria proseguirà in conformità alle prassi attualmente vigenti”.
Orbene, se ciò è vero, non avrebbe particolare giustificazione tralasciare quei professionisti che ancora oggi e per altri 3 mesi circa saranno ugualmente nominati nelle more di un Albo che si sta popolando ma che, nella sostanza, ancora è inoperativo.

Seconda riflessione circa i requisiti formativi.

Ad oggi, sembra essere trascurato un aspetto di particolare criticità legato al mancato richiamo, all’art. 356 co. 2 del CCII, dell’art. 4 co. 6 del DM 202/2014.
Sul punto, si rammenta che ai sensi dell’art. 4 co. 6 del DM 202/2014, ai professionisti appartenenti agli Ordini Professionali dei Dottori Commercialisti, degli Avvocati e dei Notai non si applicano le disposizioni di cui all’art. 4 co. 5 lett. c) del medesimo DM ossia l’obbligo di “svolgimento presso uno o più organismi, curatori fallimentari, commissari giudiziali, professionisti indipendenti ai sensi del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, professionisti delegati per le operazioni di vendita nelle procedure esecutive immobiliari ovvero nominati per svolgere i compiti e le funzioni dell'organismo o del liquidatore a norma dell'articolo 15 della legge, di un periodo di tirocinio, anche in concomitanza con la partecipazione ai corsi di cui alla lettera b), di durata non inferiore a mesi sei”.
Il mancato richiamo apre ad una importante criticità che, tuttavia, gli interventi successivi non hanno avuto ancora il pregio di risolvere.
È un paradosso nel paradosso che il professionista nominato sino ad aprile 2023, nelle more di un Albo non consultabile, nel caso in cui sia carente dei requisiti per il primo popolamento, si trovi successivamente non solo nella necessità di adempiere all’obbligo formativo ma anche, eventualmente, nella necessità di svolgere un tirocinio professionale qualificante.
Gli scenari che potrebbero aprirsi sono molteplici ma soprattutto tali da rendere il sistema poco credibile: si immagini solo professionisti che siano costretti a svolgere il tirocinio presso colleghi che hanno sì maturato il requisito previsto per il primo popolamento ma che, ad esempio, successivamente si siano dedicati ad altro, anche semplicemente alle sole funzioni di advisor o di attestatore.
Eppure, nonostante i diversi interventi successivi, il dubbio non appare né affrontato né risolto. Anzi, dal DM 3.3.2022 n. 75 al DM 29.12.2022 non vi è alcuna traccia tanto che, tra l’altro, tra la documentazione da allegare non vi è, ad esempio, alcuna esplicita indicazione ad una certificazione attestante lo svolgimento e il compimento del tirocinio.
Sarà interessante verificare, nei giorni che verranno, come il Consiglio Nazionale affronterà la questione e, di conseguenza, come procederanno gli Ordini territoriali.
Sicuramente, sarebbe stato forse auspicabile che tutti questi chiarimenti fossero resi già oggi disponibili, onde evitare che oltre al percorso formativo di 40 ore bisogni poi attendere ulteriori sei mesi per “qualificarsi sul campo”.

Terza riflessione circa i percorsi formativi e la proliferazione degli albi

È indubbio che una riflessione sui percorsi formativi già svolti vada compiuta. Tuttavia, forse, sarebbe opportuno che si seguisse sempre un principio di buon senso.
È forse troppo semplice cassare i percorsi già compiuti mentre coraggiosa sarebbe la scelta di non “punire” quanti, in ragione di una possibilità loro offerta, abbiano deciso di formarsi seguendo percorsi in linea con le linee guida dettate dalla SSM.
Del resto, ragioni di praticità, anche nell’interesse di tutela del professionista, inducono a costatare che quei percorsi richiederebbero certamente un aggiornamento ma che non è tale da giustificare la loro perdita totale.
Questo induce anche ad altra riflessione in merito proprio ai numerosi percorsi formativi ed anche alla proliferazione degli albi.
Ad oggi, considerando l’iscrizione all’Albo dei gestori della crisi di impresa e dell’insolvenza, all’elenco dei gestori della crisi (da sovraindebitamento) e all’elenco degli esperti della composizione negoziata, dobbiamo verificare che il professionista è chiamato a svolgere 135 ore di formazione specifica in materia di crisi di impresa (e del sovraindebitato), a cui aggiungere la formazione professionale continua obbligatoria prevista dai propri Ordini di appartenenza.
Una formazione che, a ben evidenza, è indispensabile ma, in taluni casi, sovrapponibile nei contenuti (p.e. anche nella composizione negoziata è prevista una formazione sugli altri istituti di risoluzione della crisi piuttosto che sul tema delle misure protettive e cautelari), a fronte di un proliferare di costi e di tempo necessario che il professionista dovrà dedicarvi.
A ciò si aggiunga il proliferare di albi che rischiano, in ragione di una forse ideale specializzazione, di creare ulteriori storture, se non già esistenti.
Emblematico, ad esempio, è il professionista gestore e/o esperto che non potrà svolgere le funzioni di curatore perché privo dei due incarichi o che dovrà sottoporsi al periodo di tirocinio, nel mentre tratta con le parti interessate di un’azienda in squilibrio o si occupa di un concordato minore.
Si tralasci poi la questione del professionista indipendente versus l’esperto nella composizione negoziata.
Per essere esperto, è necessario aver maturato esperienza, di fatto, da professionista indipendente ma non da curatore.
Ma per aver maturato esperienze da professionista indipendente, ai sensi dell’art. 2 co. 1 lett. o) n. 1 del CCII è necessario che sia iscritto all’Albo ex art. 356 dello stesso CCII e, dunque, aver maturato esperienze da curatore o comunque seguire un percorso formativo che lo formi in tal senso.
Più che un cortocircuito si rischia un’implosione che avrebbe richiesto un intervento sistematico e unitario che, al di là degli strumenti, guardasse al professionista quale elemento centrale dei processi di risanamento, che favorisse una sua specializzazione a 360 gradi in materia, senza porre talune barriere all’ingresso che, a ben evidenza, sebbene potessero rispondere ad iniziali fini lodevoli ora appaiono solo poco comprensibili.
Pertanto, non possiamo che associarci alla richiesta di chiarimenti, nella speranza che questi non siano né centellinati né colpevolmente tardivi.
Caro collega, 
hai ragione, esiste più di una disarmonia cognitiva nell’idea di chi ha preteso di creare un Albo di soggetti, già iscritti ad un albo abilitante, che sarebbero più esperti nella materia della crisi d’impresa, rispetto ad altri iscritti, grazie: (i) alla frequentazione di un corso di 40 ore o (ii) alla fortuna di aver ricevuto due incarichi giudiziari tra quattro e otto anni fa.
Spicca, in tale disarmonia, l’assenza della percezione della rilevanza del passato, della storia. 
Tutto ciò che, nel bene e nel male, era accaduto nei cinquant’anni precedenti il febbraio 2019, a parte le nomine giudiziarie ottenute nel quadriennio febbraio2015/febbraio2019, diviene, nella prospettiva del legislatore, improvvisamente irrilevante, come se l’occasione epocale dell’introduzione del CCII reclamasse, proprio per la sua epocalità, la plasmazione di un “professionista tutto nuovo”, un “professionista ariano al 100%”.
Lasciamo pure in disparte, non è questa la sede, qualsiasi considerazione sulla sostenibilità etica dell’eugenetica, anche quando si pone obiettivi abbastanza innocui come quelli di cui ci stiamo occupando, e limitiamoci ad analizzare solo gli strumenti con cui il legislatore pretenderebbe di creare l’homo novus.
Avendo cancellato la storia, i curriculum [non amo, seppure ammesso dall’Accademia della crusca, coniugare al plurale i termini delle lingue straniere e, ancor più, quelli delle lingue morte], tutti gli iscritti agli albi degli avvocati e dei commercialisti pari sono: per il legislatore del CCII al tempo T/0 “uno vale uno” (non dimentichiamo, a proposito, l’epoca politica che diede vita al CCII), a parte la razza superiore, già selezionata e, dunque, garantita, di coloro che erano stati destinatari di nomine giudiziarie nel quadriennio 2015/2019.
Essere professore di economia aziendale, di finanza aziendale, di diritto fallimentare etc.… non costituisce titolo. Anche chi insegna la materia deve frequentare il corso abilitante delle 40 ore, come il commercialista che ha appena acquisito, a trent’anni, il titolo di revisore contabile.
Non importa aver alle spalle decine e decine di pubblicazioni in materia, essere stato docente in corsi di formazione specifici e avere partecipato, come relatore, a prestigiosi convegni, tutte queste attività sono inutile ai fini abilitativi, come lo è [inutile] l’avere curato procedure significative prima del 2015 o dopo il 2019, o avere attestato con buon fine decine e decine di piani di risanamento, ma neppure l’avere ricoperto con successo ruoli di direzione o di “cro” in aziende in crisi costituisce titolo
Tutte queste esperienze, neppure se tutte coincidenti in un singolo soggetto, costituiscono titolo per l’iscrizione all’Albo.
Non lo sarebbe, in perfetta par condicio, ove si verificasse l’eccezionale caso, neppure l’essere stato, nell’esperienza professionale precedente a quella di avvocato, giudice delegato.
A questo punto la disarmonia cognitiva esplode in uno sfolgorare di stravaganti paradossi.
Se nessuno ha titolo per iscriversi sulla base del proprio curriculum occorre domandarsi, in assenza di indicazioni normative, quali sarebbero i soggetti titolati a formare, in veste di demiurgi, l’homo novus in 40 ore, salvo ritenere, paradosso del paradosso, come per altro mi è accaduto, che un soggetto possa essere al contempo docente e studente all’interno del medesimo corso.
A ben vedere una soluzione, per quanto surreale, esiste: i docenti dei corsi delle 40 ore potrebbero essere gli appartenenti alla razza eletta dei nominati nel quadriennio 2015/2019, i quali, essendo esperti per definizione e come tali abilitati a iscriversi all’Albo, potrebbero insegnare anche ai professori della materia, sì da fornire loro la necessaria abilitazione.
Senonché, se il titolato lo fosse solo perché beneficiario di due “fallimenti a zero”, ci si dovrebbe domandare cosa costui potrebbe insegnare agli altri.
Molto altro ci sarebbe da dire, ma è giusto, lasciare spazio ad altri interventi.
Giannicola Rocca, Dottore Commercialista in Milano

7 Gennaio 2023 18:19

Caro collega, 
hai ragione, esiste più di una disarmonia cognitiva nell’idea di chi ha preteso di creare un Albo di soggetti, già iscritti ad un albo abilitante, che sarebbero più esperti nella materia della crisi d’impresa, rispetto ad altri iscritti, grazie: (i) alla frequentazione di un corso di 40 ore o (ii) alla fortuna di aver ricevuto due incarichi giudiziari tra quattro e otto anni fa.
Spicca, in tale disarmonia, l’assenza della percezione della rilevanza del passato, della storia. 
Tutto ciò che, nel bene e nel male, era accaduto nei cinquant’anni precedenti il febbraio 2019, a parte le nomine giudiziarie ottenute nel quadriennio febbraio2015/febbraio2019, diviene, nella prospettiva del legislatore, improvvisamente irrilevante, come se l’occasione epocale dell’introduzione del CCII reclamasse, proprio per la sua epocalità, la plasmazione di un “professionista tutto nuovo”, un “professionista ariano al 100%”.
Lasciamo pure in disparte, non è questa la sede, qualsiasi considerazione sulla sostenibilità etica dell’eugenetica, anche quando si pone obiettivi abbastanza innocui come quelli di cui ci stiamo occupando, e limitiamoci ad analizzare solo gli strumenti con cui il legislatore pretenderebbe di creare l’homo novus.
Avendo cancellato la storia, i curriculum [non amo, seppure ammesso dall’Accademia della crusca, coniugare al plurale i termini delle lingue straniere e, ancor più, quelli delle lingue morte], tutti gli iscritti agli albi degli avvocati e dei commercialisti pari sono: per il legislatore del CCII al tempo T/0 “uno vale uno” (non dimentichiamo, a proposito, l’epoca politica che diede vita al CCII), a parte la razza superiore, già selezionata e, dunque, garantita, di coloro che erano stati destinatari di nomine giudiziarie nel quadriennio 2015/2019.
Essere professore di economia aziendale, di finanza aziendale, di diritto fallimentare etc.… non costituisce titolo. Anche chi insegna la materia deve frequentare il corso abilitante delle 40 ore, come il commercialista che ha appena acquisito, a trent’anni, il titolo di revisore contabile.
Non importa aver alle spalle decine e decine di pubblicazioni in materia, essere stato docente in corsi di formazione specifici e avere partecipato, come relatore, a prestigiosi convegni, tutte queste attività sono inutile ai fini abilitativi, come lo è [inutile] l’avere curato procedure significative prima del 2015 o dopo il 2019, o avere attestato con buon fine decine e decine di piani di risanamento, ma neppure l’avere ricoperto con successo ruoli di direzione o di “cro” in aziende in crisi costituisce titolo
Tutte queste esperienze, neppure se tutte coincidenti in un singolo soggetto, costituiscono titolo per l’iscrizione all’Albo.
Non lo sarebbe, in perfetta par condicio, ove si verificasse l’eccezionale caso, neppure l’essere stato, nell’esperienza professionale precedente a quella di avvocato, giudice delegato.
A questo punto la disarmonia cognitiva esplode in uno sfolgorare di stravaganti paradossi.
Se nessuno ha titolo per iscriversi sulla base del proprio curriculum occorre domandarsi, in assenza di indicazioni normative, quali sarebbero i soggetti titolati a formare, in veste di demiurgi, l’homo novus in 40 ore, salvo ritenere, paradosso del paradosso, come per altro mi è accaduto, che un soggetto possa essere al contempo docente e studente all’interno del medesimo corso.
A ben vedere una soluzione, per quanto surreale, esiste: i docenti dei corsi delle 40 ore potrebbero essere gli appartenenti alla razza eletta dei nominati nel quadriennio 2015/2019, i quali, essendo esperti per definizione e come tali abilitati a iscriversi all’Albo, potrebbero insegnare anche ai professori della materia, sì da fornire loro la necessaria abilitazione.
Senonché, se il titolato lo fosse solo perché beneficiario di due “fallimenti a zero”, ci si dovrebbe domandare cosa costui potrebbe insegnare agli altri.
Molto altro ci sarebbe da dire, ma è giusto, lasciare spazio ad altri interventi.
Buonasera a tutti
con riferimento ai due corsi organizzati negli anni 2021 (da ODCEC Milano con la Bocconi) e 2022 (con anche l'ordine degli Avvocati di Milano) non ho alcun dubbio che siano validi ai fini dei requisiti richiesti avendo rispettato tutte le indicazioni contenute nel documento della SSM " Linee guida generali per la definizione dei corsi di formazione e di aggiornamento nella materia della crisi d'impresa e dell'insolvenza" del 7 novembre 2019.
Il documento di "Convenzione esistente fra ODCEC Milano, la Fondazione Commercialisti Milano e la Università Bocconi", sottoscritto prima dell'avvio del Corso edizione 2021, è stato sottoposto al rigoroso vaglio degli uffici legali degli organizzatori, e ODCEC Milano, sentito il CNDCEC, ha correttamente rilasciato gli attestati di partecipazione a chi ne maturato il diritto. Ho le stesse personali certezze che anche il "Corso edizione 2022", in relazione al quale il CNDCEC ci ha imposto di non dichiararne la validità ai fini del possesso dei requisiti, possa ottenere il riconoscimento ex post visto che nel mentre la SSM non ha emanato nuove linee guida, e che il programma ha rispettato la novella.
Rispetto al tema della apparente mancanza dei requisiti per quei soggetti che hanno svolto le funzioni di attestatore, e aggiungo anche di advisor/redattore di piano, professionalità valutata ai fini della iscrizione negli elenchi degli esperti ex DL 118/2021 e dimenticata dal DL 83/2022, tale mancanza possa essere superata con buon senso a spirito costruttivo.
Veniamo da oramai quasi 20 anni di continue modifiche alla legislazione del diritto della crisi e della insolvenza, non potrà certo rappresentare un problema ricomprendere anche le attività di restructuring fra le esperienze pregresse qualificanti, altrimenti potremmo avere il paradosso di un collega che ha le competenze ed il Cv per essere iscritto negli elenchi degli esperti, e svolgere quindi quel ruolo, ma di non poter fare l'attestatore per quella stessa tipologia impresa ad esito di una delle ipotesi previste ex art. 23 comma 2.
Filippo Rasile, Avvocato in Reggio Emilia

8 Gennaio 2023 15:33

Condivido con voi quella che è stata la mia interpretazione dell'art. 356 circa la finestra temporale da prendere in considerazione per il primo popolamento dell'albo.
A mio modo di vedere, la lettura dell'art. 356 CCI offre tre possibili opzioni.
Opzione 1: iscritti professionisti che hanno ricevuto 2 incarichi tra il 16/03/2019 e il 16/03/2015 (negli ultimi 4 anni dall’entra in vigore dell’art. 356 CCI prima versione = in vigore dal 16/03/2019).
Opzione 2: iscritti professionisti che hanno ricevuto 2 incarichi tra il 20/11/2020 e il 20/11/2016 (negli ultimi 4 anni dall’entra in vigore dell’art. 356 CCI versione modificata dall’art. 37, co. 1, D.Lgs. 147/2020 = in vigore dal 20/11/2020 come previsto dall’art. 43 dello stesso D.Lgs. 147/20).
Opzione 3: iscritti professionisti che hanno ricevuto 2 incarichi tra il 15/07/2022 e il 15/07/2018 (negli ultimi 4 anni dall’entra in vigore dell’art. 356 CCI versione modificata dall’art. 42, co. 1, D.Lgs. 83/2022 = in vigore dal 15/07/2022 come previsto dall’art. 51 dello stesso D.Lgs. 83/22).

La mia interpretazione propende per l’Opzione 3, visto che l’attuale versione dell’art. 356 CCI è stata modificata più volte, prima col D.Lgs. 147/2020 e poi col D.Lgs. 83/2022.
Provo a spiegare il perché.
La prima modifica all’art. 356 CCI apportata dall’art. 43 del D.Lgs. 147/2020 - in quanto modifica di disposizioni del codice già vigenti - è entrata in vigore secondo il termine ordinario di 15 giorni dalla pubblicazione del decreto legislativo correttivo e integrativo nella GU (in tal senso si è espresso anche il Consiglio di Stato nel suo parere al testo di legge).
Ciò vuol dire che l’art. 356 CCI vigente dal 20/11/2020 (data di entrata in vigore della prima modifica), laddove recitava “Ai fini del primo popolamento dell'albo, possono ottenere l'iscrizione anche i soggetti … che documentano di essere stati nominati, alla data di entrata in vigore del presente articolo, in almeno due procedure negli ultimi quattro anni”, non poteva che essere interpretato se non sostituendo la locuzione “data di entrata in vigore del presente articolo” con la data del 20/11/2020.
Quindi: il 20/11/2020 avrebbero potuto ottenere l’iscrizione all’albo (primo popolamento) tutti i professionisti con almeno due incarichi ricevuti tra il 20/11/2016 e il 19/11/2020. Tale interpretazione è stata esplicitamente avallata anche dal CDS.
Non v’è motivo per non replicare gli stessi principi anche con la seconda modifica dell’art. 356 CCI apportata con il D.Lgs. 83/2022.
Anche in questo caso l’art. 356 CCI è stato nuovamente modificato. Ed è stato previsto che le modifiche sarebbero entrate in vigore insieme all’entrata in vigore del codice della crisi.
Diversamente, si dovrebbe opinare che l’ultimo intervento normativo - sopprimendo solo alcune parole dell’art. 356 CCI in vigore dal 20/11/2020 (quelle relative allo scomparso OCRI) - non fosse in grado di posticipare la sua intera entrata in vigore, che rimarrebbe fissata al 20/11/2020. Ma tale tesi non mi pare molto lineare e, soprattutto, si porrebbe al di fuori dell’intento del legislatore di fare entrare contestualmente in vigore le disposizioni correttive e integrative insieme all’impianto generale del nuovo codice.
Concludendo: credo che la lettura più corretta dell'art. 356 CCI sia quella che porti ad identificare la finestra temporale utile per l'iscrizione all'albo col periodo che va dal 15/07/2022 (data di entrata in vigore dell'ultima versione dell'art. 356 CCI) al 15/07/2018.

Così ricostruita la sequenza normativa, buon senso (magari tradotto in provvedimento normativo esplicito) - poi - dovrebbe indurre a considerare e a contare come incarichi validi al fine del primo popolamento anche quelli ricevuti dai professionisti dal 15/07/22 ad oggi.
Confido, comunque, che da qui al 1 aprile verrà fatta chiarezza, anche con disposizioni normative che possano disinnescare potenziali contenziosi sul tema.
Cordiali saluti
Filippo Rasile
Antonio Pezzano, Avvocato in Firenze

8 Gennaio 2023 20:44

Condivido con voi quella che è stata la mia interpretazione dell'art. 356 circa la finestra temporale da prendere in considerazione per il primo popolamento dell'albo.
A mio modo di vedere, la lettura dell'art. 356 CCI offre tre possibili opzioni.
Opzione 1: iscritti professionisti che hanno ricevuto 2 incarichi tra il 16/03/2019 e il 16/03/2015 (negli ultimi 4 anni dall’entra in vigore dell’art. 356 CCI prima versione = in vigore dal 16/03/2019).
Opzione 2: iscritti professionisti che hanno ricevuto 2 incarichi tra il 20/11/2020 e il 20/11/2016 (negli ultimi 4 anni dall’entra in vigore dell’art. 356 CCI versione modificata dall’art. 37, co. 1, D.Lgs. 147/2020 = in vigore dal 20/11/2020 come previsto dall’art. 43 dello stesso D.Lgs. 147/20).
Opzione 3: iscritti professionisti che hanno ricevuto 2 incarichi tra il 15/07/2022 e il 15/07/2018 (negli ultimi 4 anni dall’entra in vigore dell’art. 356 CCI versione modificata dall’art. 42, co. 1, D.Lgs. 83/2022 = in vigore dal 15/07/2022 come previsto dall’art. 51 dello stesso D.Lgs. 83/22).

La mia interpretazione propende per l’Opzione 3, visto che l’attuale versione dell’art. 356 CCI è stata modificata più volte, prima col D.Lgs. 147/2020 e poi col D.Lgs. 83/2022.
Provo a spiegare il perché.
La prima modifica all’art. 356 CCI apportata dall’art. 43 del D.Lgs. 147/2020 - in quanto modifica di disposizioni del codice già vigenti - è entrata in vigore secondo il termine ordinario di 15 giorni dalla pubblicazione del decreto legislativo correttivo e integrativo nella GU (in tal senso si è espresso anche il Consiglio di Stato nel suo parere al testo di legge).
Ciò vuol dire che l’art. 356 CCI vigente dal 20/11/2020 (data di entrata in vigore della prima modifica), laddove recitava “Ai fini del primo popolamento dell'albo, possono ottenere l'iscrizione anche i soggetti … che documentano di essere stati nominati, alla data di entrata in vigore del presente articolo, in almeno due procedure negli ultimi quattro anni”, non poteva che essere interpretato se non sostituendo la locuzione “data di entrata in vigore del presente articolo” con la data del 20/11/2020.
Quindi: il 20/11/2020 avrebbero potuto ottenere l’iscrizione all’albo (primo popolamento) tutti i professionisti con almeno due incarichi ricevuti tra il 20/11/2016 e il 19/11/2020. Tale interpretazione è stata esplicitamente avallata anche dal CDS.
Non v’è motivo per non replicare gli stessi principi anche con la seconda modifica dell’art. 356 CCI apportata con il D.Lgs. 83/2022.
Anche in questo caso l’art. 356 CCI è stato nuovamente modificato. Ed è stato previsto che le modifiche sarebbero entrate in vigore insieme all’entrata in vigore del codice della crisi.
Diversamente, si dovrebbe opinare che l’ultimo intervento normativo - sopprimendo solo alcune parole dell’art. 356 CCI in vigore dal 20/11/2020 (quelle relative allo scomparso OCRI) - non fosse in grado di posticipare la sua intera entrata in vigore, che rimarrebbe fissata al 20/11/2020. Ma tale tesi non mi pare molto lineare e, soprattutto, si porrebbe al di fuori dell’intento del legislatore di fare entrare contestualmente in vigore le disposizioni correttive e integrative insieme all’impianto generale del nuovo codice.
Concludendo: credo che la lettura più corretta dell'art. 356 CCI sia quella che porti ad identificare la finestra temporale utile per l'iscrizione all'albo col periodo che va dal 15/07/2022 (data di entrata in vigore dell'ultima versione dell'art. 356 CCI) al 15/07/2018.

Così ricostruita la sequenza normativa, buon senso (magari tradotto in provvedimento normativo esplicito) - poi - dovrebbe indurre a considerare e a contare come incarichi validi al fine del primo popolamento anche quelli ricevuti dai professionisti dal 15/07/22 ad oggi.
Confido, comunque, che da qui al 1 aprile verrà fatta chiarezza, anche con disposizioni normative che possano disinnescare potenziali contenziosi sul tema.
Cordiali saluti
Filippo Rasile
Un quadro desolante quello che ci restituisce il ‘dipinto’ di GLC, che lascia davvero l’amaro in bocca, anche perché, visto il tempo a disposizione, poteva senz’altro evitarsi.

Mi permetto solo aggiungere , in relazione agli accennati rischi di (in)costituzionalità inerenti le limitazioni all’attività privatistica/non di nomina giudiziale ( pur con indubbia valenza da “contatto sociale”) del professionista attestatore , che forse anche l’art.41 Cost. ,in tema di libertà nelle attività economiche, rischia di essere inciso, quantomeno rispetto all’art.3 Cost. in punto di uguaglianza di trattamento tra professionisti dello stesso settore.

Anzitutto , molto discutibilmente viene richiesto dall’art.2, co.1,lett.o), n.1 , CCII che anche il professionista attestatore soggiaccia all’ obbligo di iscrizione nel fatidico Albo “356” ( ed ai conseguenti obblighi formativi) : difatti, trattasi pur sempre di una professionalita’ ordinistica altamente specializzata( richiedendosi anche l’iscrizione al registro dei rl)*, quindi con necessità , oltre che di un esame abilitante , di un’iscrizione all’Albo di categoria, con conseguenti obblighi formativi ( al contrario di C., C.& L. che, alla luce dell’art.358, co.1, lett.c), CCII, possono risultare anche soggetti privi di particolari titoli di studi , esami abilitanti o dell’ iscrizione ad un Albo ordinistico).

Aggiungo, per inciso, che la Dir.Ins. solo con riferimento ai professionisti di nomina giudiziale/amministrativa richiede espressamente che gli Stati membri si attivino affinche‘ ricevano “una formazione adeguata e possiedano le competenze necessarie per adempiere alle loro responsabilità” ( art.26, par.1,lett.a)).

In tutti i casi, anche volgendo lo sguardo alla sola fase di primo popolamento, mi pare irragionevole il non aver consentito l‘’iscrizione all’ Albo “356” anche a coloro i quali abbiamo redatto almeno due relazioni attestative negli ultimi 4 anni, analogamente, cioè, a quanto avviene per gli aspiranti C.,C. & L. con la richiesta di avvenuta nomina in almeno due procedure.

Comunque, forse con un po’ di …creatività ( ma al più si butterebbero 150 euro), alle ingiuste ‘iscrizione negate’, si potrebbe provare a por rimedio cogliendo lo spiraglio offerto (volutamente ?) dal redattore delle Specifiche Tecniche 30.12.22 :

“5.8 Tabella degli allegati
Di seguito si indicano, in tabella sinottica, i tipi di allegati che possono/debbono essere caricati nel Sistema, suddivisi per tipo di utente.

5.eventuale dichiarazione ai sensi degli articoli 46 e 47 d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la sussistenza di altri fatti idonei a dimostrare il possesso dei requisiti di professionalità (il DAG potrà richiedere la trasmissione di eventuale documentazione comprovante i fatti dichiarati)….”

Dunque …“altri fatti idonei” , oltre cioè quelli tipizzati nel l’antecedente punto 4 inerente quelli espressamente canonizzati nell’art.356, co.2, CCII.

E’ pur vero che tale disposizione sembra voler indirizzare verso la tassatività , ma una lettura costituzionalmente orientata potrebbe valorizzare l’”anche” che segue : “Ai fini del primo popolamento dell’albo, possono ottenere l’iscrizione anche i soggetti …” ; pertanto non solo loro.

[*]
Possono chiedere l'iscrizione al Registro dei revisori legali:
1) Le persone fisiche che soddisfano i seguenti requisiti:

sono in possesso dei requisiti di onorabilità previsti dall’articolo 3 del D. M. 20 giugno 2012, n. 145;
sono in possesso di un titolo di laurea almeno triennale, tra quelli individuati dall’articolo 2 del D. M. 20 giugno 2012, n. 145;
hanno svolto il tirocinio triennale di cui all’art. 3 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39;
hanno superato l'esame di idoneità professionaledisciplinato dall’articolo 4 del D.lgs. 39/2010 e dal D.M. 19 gennaio 2016, n. 63.
Giovanni La Croce, Dottore commercialista

22 Gennaio 2023 11:01

Le riflessioni e le criticità del collega La Croce mettono ben in evidenza quello che, lo stesso, ha definito come un cortocircuito originato dalla confusione che sta accompagnando la nascita di un Albo concepito ormai in tempi lontani.
È ben evidente che il dettato normativo non ha seguito il passo dei ritardi e dei rinvii e, non poco colpevolmente, anche gli interventi successivi non hanno certo favorito quell’auspicato aggiornamento o adeguamento ormai necessario.
Sotto lo sguardo di tutti, è l’emblematico contenuto, sotto molti aspetti, anacronistico del DM 3.3.2022 n. 75, pubblicato in G.U. n. 143 del 21.6.2022, non in linea con le modifiche introdotte con il DLgs. 83/2022 che, tra l’altro, hanno visto la caducazione degli OCRI e dei sistemi di allerta.
Un regolamento pronto da marzo 2022 che, pubblicato in G.U a giugno e con efficacia dal 6.7.2022, è risultato altresì immediatamente monco delle specifiche tecniche necessarie a garantire l’effettiva operatività dell’Albo.
Solo con il DM 29.12.2022, con efficacia dal 5.1.2023, finalmente sono giunte le agognate specifiche ed anche con sorpresa dei più, avendo immaginato che, come per altri decreti che ancora si attendono (p.e. il decreto non regolamentare di cui all’art. 25 undecies co.3 del CCII), anche questo potesse cadere nel dimenticatoio.
Del resto, nel mentre, non potendo diversamente, l’Autorità Giudiziaria ha già tracciato le sue prime linee di azione orientandosi, quantomeno, sulla sussistenza in capo al professionista nominato dei requisiti ex art. 358 CCII ovvero delle risultanze provenienti dei rapporti riepilogativi.
Mi permetto di introdurre qualche altra riflessione, potenziale spunto di ulteriori criticità che richiederebbero altrettanti interventi precisi e chiarificatori.

Prima riflessione ad integrazione della questione delle nomine e del periodo di osservazione.

Se lodevole poteva essere l’intento di un primo popolamento immediato dell’Albo nel 2019, oggi una tale scelta rappresenta effettivamente un ingiusto pregiudizio la cui ratio appare difficile da comprendere.
Paradossale che professionisti che, solo a partire dal 17 marzo 2019 abbiano però ricevuto incarichi sino ad oggi (al 1° aprile 2023) si trovino nella oggettiva impossibilità di poter essere successivamente nominati, nonostante le procedure svolte o addirittura in corso di svolgimento.
In altri termini, a partire da aprile, il professionista che fino ad oggi svolge con competenza e diligenza il proprio ruolo, perderà improvvisamente (e ingiustamente) queste sue skills in ragione di un mero dato storico o ed anche, in ragione della sua “giovinezza” che in quegli anni gli ha eventualmente consigliato di dedicarsi ad una prima fase di specializzazione.
Avremo aule di tribunale con curatori in carica ma privi del requisito per il primo popolamento, unitamente a colleghi iscritti all’albo che assolvo allo stesso ruolo e con medesime funzioni.
Quanto poi al periodo di osservazione circa l’aver maturato i due incarichi, questione non solo di opportunità ma di giustizia e senso pratico dovrebbe condurre a ritenere qualificanti tutte le nomine sino al 1° Aprile 2023.
La ragione di un tale spunto (se si vuole provocazione) è frutto della chiara indicazione contenuta nella Circolare n. 1769 del 4.1.2023 emanata dal Ministero della Giustizia ove è indicato che “nelle more, quindi, l'assegnazione degli incarichi da parte dell'Autorità Giudiziaria proseguirà in conformità alle prassi attualmente vigenti”.
Orbene, se ciò è vero, non avrebbe particolare giustificazione tralasciare quei professionisti che ancora oggi e per altri 3 mesi circa saranno ugualmente nominati nelle more di un Albo che si sta popolando ma che, nella sostanza, ancora è inoperativo.

Seconda riflessione circa i requisiti formativi.

Ad oggi, sembra essere trascurato un aspetto di particolare criticità legato al mancato richiamo, all’art. 356 co. 2 del CCII, dell’art. 4 co. 6 del DM 202/2014.
Sul punto, si rammenta che ai sensi dell’art. 4 co. 6 del DM 202/2014, ai professionisti appartenenti agli Ordini Professionali dei Dottori Commercialisti, degli Avvocati e dei Notai non si applicano le disposizioni di cui all’art. 4 co. 5 lett. c) del medesimo DM ossia l’obbligo di “svolgimento presso uno o più organismi, curatori fallimentari, commissari giudiziali, professionisti indipendenti ai sensi del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, professionisti delegati per le operazioni di vendita nelle procedure esecutive immobiliari ovvero nominati per svolgere i compiti e le funzioni dell'organismo o del liquidatore a norma dell'articolo 15 della legge, di un periodo di tirocinio, anche in concomitanza con la partecipazione ai corsi di cui alla lettera b), di durata non inferiore a mesi sei”.
Il mancato richiamo apre ad una importante criticità che, tuttavia, gli interventi successivi non hanno avuto ancora il pregio di risolvere.
È un paradosso nel paradosso che il professionista nominato sino ad aprile 2023, nelle more di un Albo non consultabile, nel caso in cui sia carente dei requisiti per il primo popolamento, si trovi successivamente non solo nella necessità di adempiere all’obbligo formativo ma anche, eventualmente, nella necessità di svolgere un tirocinio professionale qualificante.
Gli scenari che potrebbero aprirsi sono molteplici ma soprattutto tali da rendere il sistema poco credibile: si immagini solo professionisti che siano costretti a svolgere il tirocinio presso colleghi che hanno sì maturato il requisito previsto per il primo popolamento ma che, ad esempio, successivamente si siano dedicati ad altro, anche semplicemente alle sole funzioni di advisor o di attestatore.
Eppure, nonostante i diversi interventi successivi, il dubbio non appare né affrontato né risolto. Anzi, dal DM 3.3.2022 n. 75 al DM 29.12.2022 non vi è alcuna traccia tanto che, tra l’altro, tra la documentazione da allegare non vi è, ad esempio, alcuna esplicita indicazione ad una certificazione attestante lo svolgimento e il compimento del tirocinio.
Sarà interessante verificare, nei giorni che verranno, come il Consiglio Nazionale affronterà la questione e, di conseguenza, come procederanno gli Ordini territoriali.
Sicuramente, sarebbe stato forse auspicabile che tutti questi chiarimenti fossero resi già oggi disponibili, onde evitare che oltre al percorso formativo di 40 ore bisogni poi attendere ulteriori sei mesi per “qualificarsi sul campo”.

Terza riflessione circa i percorsi formativi e la proliferazione degli albi

È indubbio che una riflessione sui percorsi formativi già svolti vada compiuta. Tuttavia, forse, sarebbe opportuno che si seguisse sempre un principio di buon senso.
È forse troppo semplice cassare i percorsi già compiuti mentre coraggiosa sarebbe la scelta di non “punire” quanti, in ragione di una possibilità loro offerta, abbiano deciso di formarsi seguendo percorsi in linea con le linee guida dettate dalla SSM.
Del resto, ragioni di praticità, anche nell’interesse di tutela del professionista, inducono a costatare che quei percorsi richiederebbero certamente un aggiornamento ma che non è tale da giustificare la loro perdita totale.
Questo induce anche ad altra riflessione in merito proprio ai numerosi percorsi formativi ed anche alla proliferazione degli albi.
Ad oggi, considerando l’iscrizione all’Albo dei gestori della crisi di impresa e dell’insolvenza, all’elenco dei gestori della crisi (da sovraindebitamento) e all’elenco degli esperti della composizione negoziata, dobbiamo verificare che il professionista è chiamato a svolgere 135 ore di formazione specifica in materia di crisi di impresa (e del sovraindebitato), a cui aggiungere la formazione professionale continua obbligatoria prevista dai propri Ordini di appartenenza.
Una formazione che, a ben evidenza, è indispensabile ma, in taluni casi, sovrapponibile nei contenuti (p.e. anche nella composizione negoziata è prevista una formazione sugli altri istituti di risoluzione della crisi piuttosto che sul tema delle misure protettive e cautelari), a fronte di un proliferare di costi e di tempo necessario che il professionista dovrà dedicarvi.
A ciò si aggiunga il proliferare di albi che rischiano, in ragione di una forse ideale specializzazione, di creare ulteriori storture, se non già esistenti.
Emblematico, ad esempio, è il professionista gestore e/o esperto che non potrà svolgere le funzioni di curatore perché privo dei due incarichi o che dovrà sottoporsi al periodo di tirocinio, nel mentre tratta con le parti interessate di un’azienda in squilibrio o si occupa di un concordato minore.
Si tralasci poi la questione del professionista indipendente versus l’esperto nella composizione negoziata.
Per essere esperto, è necessario aver maturato esperienza, di fatto, da professionista indipendente ma non da curatore.
Ma per aver maturato esperienze da professionista indipendente, ai sensi dell’art. 2 co. 1 lett. o) n. 1 del CCII è necessario che sia iscritto all’Albo ex art. 356 dello stesso CCII e, dunque, aver maturato esperienze da curatore o comunque seguire un percorso formativo che lo formi in tal senso.
Più che un cortocircuito si rischia un’implosione che avrebbe richiesto un intervento sistematico e unitario che, al di là degli strumenti, guardasse al professionista quale elemento centrale dei processi di risanamento, che favorisse una sua specializzazione a 360 gradi in materia, senza porre talune barriere all’ingresso che, a ben evidenza, sebbene potessero rispondere ad iniziali fini lodevoli ora appaiono solo poco comprensibili.
Pertanto, non possiamo che associarci alla richiesta di chiarimenti, nella speranza che questi non siano né centellinati né colpevolmente tardivi.
Il tuo timore che tra i requisiti per l’iscrizione all’Albo vi fosse anche quello del tirocinio ex D. M. 202/2014 era fondato.
Non mi pare possa essere revocato in dubbio - ahinoi! - che nella circolare del MdG ve se ne affermi l'obbligo anche per gli "ordinisti":
«Tanto considerato, alla luce della mancata menzione del comma 6 a opera dell’articolo 356 cit., occorre ritenere che, alla stregua della normativa vigente, il tirocinio semestrale di cui all’articolo 4, comma 5, lett. c) cit. sia obbligatorio per tutte le categorie di soggetti legittimate a iscriversi all’albo, ivi inclusi avvocati, dottori commercialisti ed esperti contabili. Ne discende che tutti i soggetti che richiedono l’iscrizione dovranno dimostrare di aver svolto il tirocinio.»

Attenzione, però: l'obbligo di tirocinio disciplinato da D.M. 24 settembre 2014, n. 202, inter alia, fa riferimento a un tirocinio svolto presso « …curatori fallimentari, commissari giudiziali, professionisti indipendenti ai sensi del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 … ».

Orbene, a riguardo, dovrebbe ritenersi che l'obbligo di tirocinio possa considerarsi assolto anche in via antecedente l'entrata in vigore dell'art. 356; il D.M. già esisteva, né è stato soppresso a seguito dell'avvio del nuovo codice; non si potrebbe, in conseguenza ritenere cancellati i diritti acquisiti sulla sua base.

Ne dovrebbe conseguire ulteriormente che tutti coloro che abbiano ricoperto i suddetti ruoli (curatore, commissario, professionista indipendente) in qualsiasi epoca siano esenti dall'obbligo formativo in questione essendo essi i dominus a cui i tirocinanti del D.M. in questione avrebbero dovuto rivolgersi per dimostrare l'assolvimento dell'onere previsto dalla suddetta disciplina, che, ripeto, non è stata affatto incisa - a mio molto sommesso parere - dal CCII.

Identicamente esenti dal tirocinio dovrebbero essere tutti coloro che lo avessero svolto sino ad oggi.

Al contrario tutti gli "ordinisti" che non si trovassero in una delle due citate condizioni soggettive dovrebbero sottoporsi all'obbligo di praticantato.

Non so quanto questa mia ricostruzione possa essere convincente, ma come soleva affermare Ennio Flaiano (erano, però, gli anni '50/60) «In Italia la linea più breve tra due punti è l'arabesco. Viviamo in una rete di arabeschi». Io ho provato a congiungerli, ma potrei anch essermi perso nel labirinto del percorso compiuto.

Il paradosso dei paradossi, tra i tanti già evidenziati nel corso di questa discussione, è che chi avrebbe il titolo, secondo la mia ricostruzione, per essere dominus nella formazione ex D.M. 202/2014 non avrebbe titolo autonomo, senza l'attestato di partecipazione al corso di formazione delle 40 ore, per l'iscrizione all'Albo dei gestori della crisi, mentre lo hanno i curatori di fallimenti "a zero" nominati nel quadriennio 2015/2019.

Conscio di suscitare l'irritazione di qualcuno, domando: ma siamo davvero certi che con una normativa contrassegnata da così diffuse incertezze e irrazionalità la competitività del Paese ne abbia guadagnato? Davvero si può pensare che un curatore con due nomine "a zero", ma nel quadriennio, garantisca quella professialità necessaria a un miglior andamento dei processi di risanamento o liquidazione cui il nuovo ordinamento ambiva?

Interessante su questa specifica questione sarebbe l'opinione di un ingegnere gestionale, soggetto dotato di un livello di razionalità che non pertiene a nessuno di noi.
Giovanni La Croce, Dottore commercialista

22 Gennaio 2023 18:21

Il tuo timore che tra i requisiti per l’iscrizione all’Albo vi fosse anche quello del tirocinio ex D. M. 202/2014 era fondato.
Non mi pare possa essere revocato in dubbio - ahinoi! - che nella circolare del MdG ve se ne affermi l'obbligo anche per gli "ordinisti":
«Tanto considerato, alla luce della mancata menzione del comma 6 a opera dell’articolo 356 cit., occorre ritenere che, alla stregua della normativa vigente, il tirocinio semestrale di cui all’articolo 4, comma 5, lett. c) cit. sia obbligatorio per tutte le categorie di soggetti legittimate a iscriversi all’albo, ivi inclusi avvocati, dottori commercialisti ed esperti contabili. Ne discende che tutti i soggetti che richiedono l’iscrizione dovranno dimostrare di aver svolto il tirocinio.»

Attenzione, però: l'obbligo di tirocinio disciplinato da D.M. 24 settembre 2014, n. 202, inter alia, fa riferimento a un tirocinio svolto presso « …curatori fallimentari, commissari giudiziali, professionisti indipendenti ai sensi del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 … ».

Orbene, a riguardo, dovrebbe ritenersi che l'obbligo di tirocinio possa considerarsi assolto anche in via antecedente l'entrata in vigore dell'art. 356; il D.M. già esisteva, né è stato soppresso a seguito dell'avvio del nuovo codice; non si potrebbe, in conseguenza ritenere cancellati i diritti acquisiti sulla sua base.

Ne dovrebbe conseguire ulteriormente che tutti coloro che abbiano ricoperto i suddetti ruoli (curatore, commissario, professionista indipendente) in qualsiasi epoca siano esenti dall'obbligo formativo in questione essendo essi i dominus a cui i tirocinanti del D.M. in questione avrebbero dovuto rivolgersi per dimostrare l'assolvimento dell'onere previsto dalla suddetta disciplina, che, ripeto, non è stata affatto incisa - a mio molto sommesso parere - dal CCII.

Identicamente esenti dal tirocinio dovrebbero essere tutti coloro che lo avessero svolto sino ad oggi.

Al contrario tutti gli "ordinisti" che non si trovassero in una delle due citate condizioni soggettive dovrebbero sottoporsi all'obbligo di praticantato.

Non so quanto questa mia ricostruzione possa essere convincente, ma come soleva affermare Ennio Flaiano (erano, però, gli anni '50/60) «In Italia la linea più breve tra due punti è l'arabesco. Viviamo in una rete di arabeschi». Io ho provato a congiungerli, ma potrei anch essermi perso nel labirinto del percorso compiuto.

Il paradosso dei paradossi, tra i tanti già evidenziati nel corso di questa discussione, è che chi avrebbe il titolo, secondo la mia ricostruzione, per essere dominus nella formazione ex D.M. 202/2014 non avrebbe titolo autonomo, senza l'attestato di partecipazione al corso di formazione delle 40 ore, per l'iscrizione all'Albo dei gestori della crisi, mentre lo hanno i curatori di fallimenti "a zero" nominati nel quadriennio 2015/2019.

Conscio di suscitare l'irritazione di qualcuno, domando: ma siamo davvero certi che con una normativa contrassegnata da così diffuse incertezze e irrazionalità la competitività del Paese ne abbia guadagnato? Davvero si può pensare che un curatore con due nomine "a zero", ma nel quadriennio, garantisca quella professialità necessaria a un miglior andamento dei processi di risanamento o liquidazione cui il nuovo ordinamento ambiva?

Interessante su questa specifica questione sarebbe l'opinione di un ingegnere gestionale, soggetto dotato di un livello di razionalità che non pertiene a nessuno di noi.
…aggiungo, su sollecitazione dell’amico Antonio Pezzano, che da tempo sollecita una riflessione sul tema, che nel secondo periodo del secondo comma dell'art. 356 è presente la particella aggiuntiva "anche" [Ai fini del primo popolamento dell'albo, possono ottenere l'iscrizione ANCHE i soggetti in possesso dei requisiti di cui all'articolo 358, comma 1, che documentano di essere stati nominati, alla data di entrata in vigore del presente articolo, in almeno due procedure negli ultimi quattro anni, curatori fallimentari, commissari o liquidatori giudiziali di essere stati nominati, alla data di entrata in vigore del presente articolo, in almeno due procedure negli ultimi quattro anni, curatori fallimentari, commissari o liquidatori giudiziali ] che non lascia dubbi sul fatto che "in prima popolazione" i cd. "nominati" costituiscano una categoria aggiuntiva - e non esclusiva del diritto all'iscrizione - alla principale, rappresentata dai soggetti individuati al periodo precedente del medesimo comma, ossia coloro che avessero assolto gli obblighi formativi «di cui all'articolo 4, comma 5, lettere b), c) e d), del decreto del Ministro della giustizia 24 settembre 2014, n. 202». Dunque, coloro che, al tempo della "prima popolazione", avessero assolto all'obbligo formativo delle 40 ore e "praticato" per sei mesi presso un curatore, un commissario giudiziale o un esperto indipendente.
Dall'obbligo di praticantato dovrebbero essere esclusi per logica coloro che prima del 27 settembre 2014 avessero ricoperto i suddetti ruoli, pena l'impossibilità per coloro che non lo avevano rivestito di poter concretamente "praticare" ai fini del D.M. 202/2014, per la già richiamata inesistenza, a quella data, di dominus.
Forse con questa aggiunta, che dobbiamo ad Antonio Pezzano, si può ritenere di essere usciti effettivamente dal dedalo.
Ma che fatica!!!

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