Sull’ampiezza dei limiti di accesso alla composizione negoziata.
La previsione del Codice della Crisi, in tema di limiti di accesso alla composizione negoziata, appare riferirsi a tutte le fattispecie previste dal procedimento unitario ed a partire dal relativo avvio, così come previsto nell’art. 40 del CCII.
L’articolo 25 quinquies CCII dispone, infatti, che l’istanza di composizione negoziata di cui all’art 17, non possa essere più proposta sin dalla “pendenza del procedimento introdotto con ricorso di cui all’art. 40”.
Il caso che qui si vuole discutere è relativo ad una società che, in vigenza della vecchia legge fallimentare sia stata ammessa nel 2020 ad un procedimento di concordato preventivo (di natura mista di continuità e liquidatorio) conclusosi con un giudizio di omologa del marzo 2020, ad oggi in fase di esecuzione.
Questa società, ad oggi, presenta delle condizioni di squilibrio economico e finanziario che lasciano prevedere una situazione di crisi prospettica che non le potrà consentire il rispetto degli impegni concordatari e di quelli successivi maturati in continuità.
La situazione, ancorchè specifica, può ritenersi comune ad un ampio novero di soggetti che avevano ottenuto l’omologa di piani di continuità in periodo ante crisi pandemica COVID.
Le relative difficoltà di esecuzione dei piani sono state infatti fatte proprie dal legislatore che nel decreto 118/2021 art. 23 prevede la sospensione delle istanze di risoluzione dei concordati ope legis fino al 31/12/2021 e quindi anche l’inutilizzabilità del percorso di composizione negoziata per tali fattispecie.
Allo stato attuale della normativa riteniamo che la società (anche se impegnata dal precedente concordato omologato) possa fare legittimo ricorso all’istituto della composizione negoziata per sottoporre un nuovo piano di risanamento che tenga conto sia delle obbligazioni scaturenti dagli obblighi concordatari che da quelle nate durante la continuità.
La soluzione che prospetto è quella di presentare legittimamente un piano di risanamento che consenta all’esperto di verificare se i creditori concordatari siano disponibili a rivedere le loro ragioni di credito anche rinunciando unilateralmente e senza effetti sugli altri creditori.
Interessante notare che il creditore erariale, per effetto della intervenuta normativa sulla rottamazione quater, si vedrà attribuito un importo nettamente inferiore a quello previsto dagli obblighi concordatari.
Il piano prevederà comunque adeguate condizioni e garanzie per il risanamento aziendale.
Si ritiene infatti che la società istante possa, nell’ambito di quanto occorre dichiarare nella domanda di cui all’articolo 17, sulla assenza di pendenza, nei suoi confronti, di ricorsi per l’apertura della liquidazione giudiziale o per l'accertamento dello stato di insolvenza e possa attestare di non avere depositato ricorsi ai sensi dell’articolo 40, anche nelle ipotesi di cui agli articoli 44, comma 1, lettera a), e 54, comma 3.
Quanto precede si basa sul presupposto che non possa considerarsi pendente un procedimento di concordato preventivo avviatosi ai sensi della vecchia normativa, già omologato nel marzo 2020 ed ora in fase dio esecuzione.
A ben vedere tutto si regge sulla interpretazione che vuole darsi al termine di “pendente”.
Riassumendo i punti dubbi oggetto della proposta di discussione:
1) L’esperto, nell’accettare il suo incarico avrebbe il dovere di verificare l’esistenza di una precedente procedura di concordato chiusa con l’omologa ai fini di una eventuale improcedibilità della domanda ? Ritengo di no.
2) Il segretario generale della CCIAA o la Commissione designatrice dell’esperto potrebbero svolgere un vaglio di ammissibilità dell’istanza di composizione ? Ritengo di no.
3) Nel caso di iniziativa di un creditore finalizzata all’istanza di risoluzione del vecchio concordato o ad una nuova istanza di liquidazione giudiziale, la domanda di composizione in precedenza presentata e avvalorata da successiva richiesta di misure protettive, potrebbe sospendere la sentenza di liquidazione giudiziale ? Ritengo di si.
4) Solo la mancata concessione delle misure protettive ovvero la successiva revoca delle stesse aprirebbero la strada all’instaurazione di quel procedimento unitario teso all’accertamento dell’intervenuta insolvenza.
5) L’esperto, qualora incontrasse la disponibilità dei creditori ed avendo verificato la validità e la congruità del piano di risanamento potrebbe utilizzare uno degli strumenti previsti a sua disposizione per facilitare la conclusione delle trattive.