News a cura di Angela Randazzo
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8 Luglio 2024
Pronuncia della Corte Costituzionale: ammissione al patrocinio a spese dello Stato anche nella liquidazione controllata
di Kevin Silvestri, Assegnista di ricerca presso le Università di Trento e KielCon la sentenza n. 121 del 4 luglio scorso, la Corte Costituzionale ha dichiarato in contrasto con gli artt. 3 e 24, comma 3, Cost. gli artt. 144 e 146 del Testo unico in materia di spese di giustizia (D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115), nella parte in cui prevedono che, a fronte di un attivo privo del denaro necessario per farvi fronte, la procedura possa vedersi anticipate dallo Stato, o prenotate a debito, alcune delle spese che maturano nella procedura stessa, oltre a quelle cui il curatore incorra negli altri processi in cui è parte, ma soltanto nella liquidazione giudiziale, e non anche nella liquidazione controllata.Tali disposizioni, infatti, sono testualmente applicabili ai processi «in cui è parte un fallimento» (art. 144), e alla «procedura fallimentare» (specificamente definita come «la procedura dalla sentenza dichiarativa di fallimento alla chiusura»). Il Codice della crisi ne ha lasciato intatto il testo, sostituendo soltanto il fallimento con la liquidazione giudiziale quale oggetto del riferimento in esso contenuto (art. 349 CCII): si può supporre che la clausola d'invarianza finanziaria contenuta nella legge delega non permettesse di ampliarne la portata[1].La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata dal Tribunale di Verona con un'ordinanza (depositata il 30 novembre 2023) resa a valle di un decreto che autorizzava il liquidatore preposto alla liquidazione controllata di una piccola S.r.l. edile a costituirsi nel procedimento di reclamo contro la sentenza di apertura della procedura[2].L'ordinanza di rimessione (stesa dal Dottor Pier Paolo Lanni), muove dalla premessa che tale autorizzazione, anche là dove dia atto della presumibile fondatezza della pretesa, e quindi dell'utilità dell'iniziativa processuale del curatore per il migliore soddisfacimento dei creditori (art. 123, lett. f, CCII), oltre che dell'assenza di attivo liquido sufficiente per far fronte alle relative spese, non possa comportare, come nella liquidazione giudiziale, l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato[3].Nel dar conto della non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, l'estensore ha sottolineato come l'assenza di disposizioni che consentano anche al liquidatore preposto alla procedura riservata ai sovraindebitati di essere ammesso al beneficio pregiudichi immotivatamente il diritto di difesa e di azione che la legge gli conferisce in vista del miglior soddisfacimento dei creditori, producendo, rispetto al curatore nella liquidazione giudiziale, una discriminazione del tutto irragionevole, posto che l'uno come l'altro svolgono compiti simili in procedure concorsuali equiparabili per struttura e funzione.L'ordinanza ha poi evidenziato come la lacuna non può essere colmata né per mezzo di un'interpretazione analogica delle disposizioni del T.U. (normativa di carattere eccezionale in quanto incidente sul bilancio pubblico), né ipotizzando che il liquidatore possa ottenere l'ammissione al beneficio con le forme ordinarie (cioè a norma dell'art. 127 del T.U.). A ciò, infatti, è d'ostacolo la circostanza che la procedura manca dei requisiti soggettivi richiesti dall'art. 119 del T.U. (essere “cittadino”, cioè persona fisica, o un “ente o associazione” che non persegue scopi di lucro e non esercita un'attività economica).Le ragioni esposte dall'ordinanza di rimessione sono state sostanzialmente fatte proprie dalla Corte Costituzionale, che nella motivazione della sentenza (redatta dal Giudice Giulio Prosperetti), ha aggiunto (richiamandosi a precedenti pronunce in tema[4]), che se il legislatore può legittimamente sottoporre il beneficio a condizioni più o meno stringenti a seconda delle caratteristiche del procedimento[5], non può disporre irragionevolmente della discrezionalità che la Costituzione gli lascia nell'allocazione di risorse finanziarie limitate a favore di attori e convenuti bisognosi[6]. A giudizio della Corte, il limite della ragionevolezza è stato valicato nel caso di specie, posto che le due liquidazioni sono accomunate tanto dalla funzione di soddisfare i creditori nella miglior misura possibile, e in condizioni di parità, quanto dal fine di condurre (ove ne siano presenti le condizioni) all'esdebitazione del debitore e al suo reinserimento nel tessuto economico.Sarebbe, in definitiva, irragionevole un sostegno pubblico riservato agli imprenditori commerciali “sopra soglia” e negato agli altri imprenditori e ai consumatori, quando gli uni come gli altri versino in una situazione patrimoniale di grave illiquidità, e nondimeno la legge dia ad entrambi strumenti simili per sgravarsi da un carico insostenibile di debiti. Ma soprattutto, la norma censurata discrimina senza giustificazione le rispettive masse creditorie, poiché se i creditori di un'impresa commerciale “sopra soglia” possono contare su un sostegno pubblico alle iniziative che il curatore intenterà per accrescere l'attivo distribuibile, quelli di una piccola impresa o di un consumatore dal patrimonio parimenti illiquido debbono accontentarsi di un programma di liquidazione più arrendevole.Di qui l'estensione del beneficio anche alle ipotesi di liquidazione controllata.La decisione lascia irrisolto un problema: alle voci di spesa anticipabili dall'Erario a norma dell'art. 146, la Corte Costituzionale aveva aggiunto, con una sentenza del 2006 (ben prima, cioè, che nel nostro ordinamento facesse ingresso la liquidazione del patrimonio del sovraindebitato)[7], le spese e gli onorari del curatore fallimentare. Poiché il legislatore non ha trasfuso il dictum della Corte nel testo dell'art. 146, a valle dalla pronuncia odierna si porrà il problema se spetti allo Stato anticipare anche il compenso del liquidatore tutte le volte che nell'attivo non vi sia denaro a sufficienza. Lo stesso dubbio potrebbe emergere, mutato quel che vi è da mutare, con riguardo al compenso del liquidatore nel concordato con cessione dei beni, e alle spese di giustizia nei processi ch'egli può iniziare ex art. 115, comma 1, CCII per riscuotere i crediti del debitore o promuovere l'azione sociale di responsabilità ex art. 115, comma 2, CCII.Va ricordato, in conclusione, che il problema del carico delle spese nelle liquidazioni incapienti potrebbe venir presto ravvivato dalla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio volta, tra le altre cose, a introdurre negli Stati membri una procedura di liquidazione semplificata per le microimprese insolventi[8]. L'art. 38 della proposta attualmente in discussione al Consiglio dell'Unione europea, infatti, prevede, che all'apertura e allo svolgimento di dette procedure non possa essere d'ostacolo l'insufficienza dei beni del debitore a coprirne i costi, e che in tali ipotesi gli Stati membri debbano assicurarne la copertura. Non è prescritto il modo in cui tale obiettivo debba venir raggiunto[9]. Soltanto l'art. 39 dispone che i costi derivanti dalla nomina (facoltativa) di un amministratore della procedura siano sopportati da chi l'abbia chiesta, ossia il debitore, ovvero un creditore o un gruppo di creditori: una forma di “finanziamento privato coattivo” della procedura liquidatoria già nota ad alcuni ordinamenti europei[10], ma sostanzialmente inedita nel nostro (se si eccettua, forse, l'apporto obbligatorio di risorse esterne quando la liquidazione giudiziale sfoci in un concordato ad istanza del debitore o di parti correlate: art. 240, comma 1, CCII)[11].
[1] Per altro verso, il legislatore è intervenuto sull'art. 147, che individua il soggetto tenuto a rifondere allo Stato le spese anticipate nel caso di revoca della sentenza di liquidazione giudiziale.
[2] Trib. Verona, 28 novembre (depositata il 30 novembre) 2023, in Dirittodellacrisi.it.
[3] È bene ricordare, che l'ammissione della procedura di liquidazione giudiziale al patrocinio a spese dello Stato non è accordata nelle forme ordinarie previste dagli artt. 124 e 127 del T.U., ossia su istanza al consiglio dell'ordine forense istituito nel circondario in cui ha sede il giudice competente per la causa, e previa delibazione della non manifesta infondatezza della pretesa (ex ante da parte del consiglio dell'ordine, ovvero ex post da parte del giudice del merito), ma consegue di pieno diritto al decreto del giudice delegato che dia conto dell'insufficienza di attivo, e, ove la legge lo esiga, rilasci autorizzi il curatore a stare in giudizio.
[4] È testualmente citata Corte Cost., 20 luglio 2021, n. 157, in Foro it., 2021, 3001 ss., che ha sancito l'incostituzionalità dell'art. 79 del T.U., ove impone ai cittadini extra-comunitari di unire all'autocertificazione circa la situazione reddituale un'attestazione di veridicità rilasciata dalle autorità consolari dello Stato di provenienza. Più ampi riferimenti sono contenuti in Corte Cost., 19 novembre 2015, n. 237.
[5] Sono vistose, com'è noto, le differenze tra il regime del patrocinio a spese dello Stato nel processo penale da un lato e nei processi civile, amministrativo e tributario dall'altro, nei quali l'ammissione al beneficio sconta limiti più stringenti che nel primo. La Corte Costituzionale si è ripetutamente astenuta dal sindacare le scelte discrezionalmente compiute dal legislatore in questo campo, e ha fatto talora leva sull'assunto che la specialità del regime penalistico si giustifica in ragione del maggior sforzo difensivo richiesto all'imputato e al suo avvocato in tale processo: v. in particolare Corte Cost. 19 novembre 2015, n. 237 (sulla più alta soglia del “reddito famigliare” nel processo penale, ex art. 92 del T.U.); 18 luglio 2008, n. 287 (sul diverso trattamento degli ausiliari del giudice civile e rispetto a quelli del giudice penale); 29 luglio 2005, n. 350, 18 maggio 2006, n. 201 e 28 novembre 2012, n. 270 (sul dimezzamento, ex art. 130 del T.U., del compenso del difensore, del consulente di parte e degli ausiliari del magistrato, limitato al processo civile; su quest'ultimo, v. peraltro Corte Cost. 1° luglio 2022, n. 166, in Giur. cost., 2022, 1893 ss.).
[6] Per quanto riguarda il processo civile, il regime del beneficio non registra sensibili variazioni in ragione del suo oggetto: il T.U. si limita a modulare il trattamento di talune voci di spesa (particolarmente, gli onorari degli avvocati) per alcune tipologie di processo (artt. 142 ss.); il d.lgs. 27 maggio 2005, n. 116 (in attuazione della direttiva 2003/8/CE), peraltro, detta regole speciali relativamente al requisito reddituale limitatamente ai casi in cui una parte sia domiciliata o regolarmente soggiornante in un altro Stato membro dell'Unione.
Il discrimine più importante (menzionato anche nell'ordinanza di rimessione) è quello risultante dall'art. 119 del T.U., ossia il diniego del beneficio alle persone giuridiche che perseguono un fine di lucro o che, anche senza prefiggersi tale fine, svolgono un'attività economica. La Corte Costituzionale ha affermato la legittimità di tale esclusione, in base alla presunzione per cui gli enti che si finanziano in tal modo sono in grado di accantonare fondi sufficienti per far fronte a possibili spese legali: Corte Cost., 6 marzo 2019, n. 35.
Al riguardo, indicazioni differenti provengono dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea, che nella sentenza DEB c. Germania (causa C-279/09), esaminando la compatibilità con il diritto al patrocinio a spese dello Stato sancito dall'art. 47, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del § 116 della Zivilprozessordnung (che riserva il beneficio alle sole persone giuridiche incapaci di finanziarsi con apporti degli associati), ha affermato la necessità di un vaglio in concreto della situazione economica della persona giuridica richiedente, oltre che dell'importanza e della complessità del caso; una valutazione perciò agli antipodi rispetto all'inflessibile esclusione contenuta dal nostro T.U. Benché il principio di effettività sancito dalla Carta copra soltanto la tutela dei diritti soggettivi attribuiti dal diritto dell'Unione, tali indicazioni danno continuità alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha affermato come l'art. 6 CEDU, nonostante garantisca il patrocinio a spese dello Stato solo all'imputato di un processo penale, esige che il diniego del beneficio non metta la parte aspirante nella situazione di non poter ottenere un effettivo accesso alla tutela giurisdizionale, tenuto conto della sua situazione economica, dell'importanza e della complessità della causa: Airey c. Irlanda, 9 ottobre 1979; Steel e Morris c. Regno Unito, 15 febbraio 2005; Dragan Kovačević c. Croazia, 12 maggio 2022. Per un quadro storico-comparativo dei sistemi di legal aid sorti in Europa nel secondo dopoguerra, N. Trocker, voce Patrocinio gratuito, in Dig. disc. priv., sez. civ., XIII, Torino, 1995, ad vocem.
[7] Corte Cost., 28 aprile 2006, n. 174, in Dir. fall., 2007, 199 ss., che s'inserisce nell'orientamento che ha smantellato i residui del previgente sistema del “gratuito patrocinio”, che faceva gravare il dovere di solidarietà sociale sul singolo professionista o ausiliario, tenuto a prestare la propria opera gratuitamente, anziché sulle casse pubbliche: Corte Cost., 31 maggio 2019, n. 135 (che ha esteso l'anticipazione degli onorari e delle spese al difensore d'ufficio del genitore irreperibile nel procedimento di dichiarazione di adottabilità); Corte Cost., 27 luglio 2023, n. 167 (che esteso l'anticipazione degli onorari e delle spese dell'ausiliario del magistrato prevista per il processo d'interdizione e inabilitazione promosso dal p.m. a quello di nomina dell'amministratore di sostegno sempre ad iniziativa del p.m.).
[8] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=COM:2022:702:FIN. In argomento, P. De Cesari, La Proposta di direttiva sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto dell’insolvenza, riflessi sul Codice della crisi, in Fall., 2023, 581 ss.; L. Panzani, Osservazioni ragionate sulla proposta di una nuova Direttiva di armonizzazione delle leggi sull’insolvenza, in dirittodellacrisi.it (13 gennaio 2023); G. Corno, Prime riflessioni sulla proposta della Commissione europea di armonizzazione di alcuni profili del-la disciplina delle azioni revocatorie nelle procedure di insolvenza e sul possibile impatto sulla normativa italiana, in dirittodellacrisi.it (30 gennaio 2023); A. Stein, G. Corno, Verso una maggiore armonizza-zione a livello europeo, in dirittodellacrisi.it (8 febbraio 2022); M. Ferro, L’insolvenza societaria nella Direttiva Insolvency III, in giustiziainsieme.it (19 giugno 2023); e, si vis, K. Silvestri, La Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto dell’insolvenza, in dirittodellacrisi.it (17 gennaio 2023).
[9] Né particolari modalità sono suggerite dal considerando 39, che si limita a riaffermare l'opportunità «che le legislazioni degli Stati membri introducano norme per coprire i costi di gestione delle procedure di liquidazione semplificate qualora i beni e le fonti di reddito del debitore siano insufficienti a coprirli».
[10] In Spagna, ad esempio, quando il tribunale concorsuale dispone l'apertura di un concurso sin masa, invita i creditori che rappresentino almeno il 5% del passivo risultante dalla documentazione disponibile a chiedere, in un brevissimo termine (quindici giorni) la nomina di un administrador concorsual, se risultino utilmente proponibili azioni dirette a ricostituire l'attivo (revocatorie, azioni di responsabilità ecc.); nominato l'administrador, le spese delle sue iniziative, e la sua remunerazione, saranno anticipate dai creditori istanti, e rimborsate dalla procedura in caso di esito positivo (artt. 37 quinquies e 122, co. 2, Ley Concursal). Simile è la previsione del § 26 della Insolvenzordnung tedesca, che consente di evitare il rigetto dell'istanza di apertura del concorso per insufficienza di attivo tramite l'anticipazione, da parte di qualunque interessato, di una somma sufficiente a coprire le spese (solo se il debitore è persona fisica l'anticipazione delle spese può essere chiesta all'Erario: §§ 4a e 63(2) Insolvenzordnung); nei processi promossi dal curatore, il patrocinio a spese dello Stato è accordato alla duplice condizione che la massa sia insufficiente, e che dai creditori non si possa ragionevolmente esigere un'anticipazione delle spese (§ 116 Zivilprozessordnung).
Analogamente all'ordinamento italiano, pone l'anticipazione delle spese interamente a carico del bilancio pubblico l'ordinamento francese: art. L633-1 Code de commerce.
Sui possibili meccanismi di finanziamento (pubblico o privato) delle masse incapienti e i rispettivi vantaggi e svantaggi, si v. i paragrafi 72-75 ss. della seconda parte della Legislative Guide on Insolvency Law dell'UNCITRAL (disponibile all'indirizzo https://uncitral.un.org/en/texts/insolvency/legislativeguides/insolvency_law).
[11] L'incidenza di questa previsione potrà aumentare se il Parlamento darà seguito al suggerimento del Comitato economico-sociale alla proposta di direttiva di sgravare il lavoro delle “autorità competenti” (i giudici concorsuali), cui il Titolo VI della proposta di direttiva affida le operazioni di determinazione del passivo e liquidazione dell'attivo, quando non sia nominato l'amministratore della procedura (v. i paragrafi 1.6 e 4.6. del parere).