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Adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili: riflessioni sugli aspetti applicativi della norma

Maria Edvige Chiari, Dottore Commercialista in Bologna

2 Febbraio 2024

L’A. affronta le modifiche legislative apportate al Codice civile e al Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza e i conseguenti impatti sulle strategie aziendali, anche alla luce delle sfide imposte dalla globalizzazione e dalla trasformazione digitale. Completano il quadro dell’analisi le più recenti pronunce giurisprudenziali sulla responsabilità dell’imprenditore e degli organi sociali. 
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1 . Introduzione
Il tema che sarà oggetto di trattazione unisce fortemente l’attenzione del mondo imprenditoriale, dei professionisti e dei creditori finanziari ed attiene alle modalità con cui viene esercitata l’attività di impresa e al suo intimo legame con la responsabilità dei soggetti in essa coinvolti. 
La riflessione che segue si propone di rappresentare in maniera necessariamente sommaria la visuale giuridico aziendalistica della normativa in tema di adeguati assetti, con un particolare focus sui profili introdotti dal Codice della crisi. 
Per naturale costituzione, l’impresa è un’attività economica organizzata per la produzione di beni e servizi; l’economicità dell’attività poggia sull’aspettativa di remunerare in forma soddisfacente i fattori produttivi in una prospettiva volta alla continuità nel tempo. L’organizzazione e l’aspettativa di un futuro conseguimento di reddito sono caratteristiche genetiche dell’impresa. Nella libertà di esercizio dell’iniziativa economica privata, l’imprenditore e/o il suo organo amministrativo devono muoversi all’interno di un perimetro di norme, definite dal nostro ordinamento, nazionale e sovranazionale, che rappresentano le regole del gioco a cui deve attenersi l’esercizio dell’impresa. 
Il legislatore è intervenuto a disciplinare le modalità con cui l’impresa è organizzata ben prima del Codice della crisi, prescrivendo l’obbligo di prevedere assetti adeguati; prima il Testo Unico della finanza (1998) [1] e poi la disciplina delle società per azioni (cfr. art. 2381 e 2403 del Codice civile) hanno prescritto il dovere degli organi sociali di curare che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, mentre è previsto che il collegio sindacale vigili “sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento[2]”. 
L’organizzazione, dunque, che è una caratteristica genetica dell’impresa, deve per legge essere adeguata alla natura e alla dimensione dell’impresa per consentirne una corretta gestione; in altre parole, una organizzazione adeguata fa sì che l’attività di impresa possa realizzarsi in un contesto di legalità e quindi, non “in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all'ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana[3]”. Sulla scia delle recenti disposizioni in materia di sostenibilità, la migliore dottrina e gli organismi di settore si riferiscono più propriamente ad una vocazione dell’impresa al “successo sostenibile”[4], o per utilizzare un gergo più vicino ai professionisti, al concetto di “continuità aziendale quale persistenza lecita dell’impresa sul mercato”[5]. In sostanza, il modello imprenditoriale fondato sul principio del “neminem laedere” ha lasciato il passo ad un modello imprenditoriale, obbligato a porre in essere i presidi organizzativi necessari a non danneggiare i soggetti con cui intrattiene rapporti sul mercato. 
Ritornando all’argomento oggetto di trattazione, a partire  dal 2019 l’imprenditore, che opera in forma societaria o collettiva, si deve confrontare con una arricchita formulazione degli obblighi che il legislatore pone in capo all’imprenditore; l’art. 2086 del Codice civile prevede infatti che l’imprenditore, a capo dell’impresa, “ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”. In breve, ad un generale dovere di organizzazione dell’imprenditore, il legislatore ha associato un obbligo di rilevazione tempestiva dei segnali della crisi e della perdita di continuità aziendale e un correlato obbligo di reazione tramite l’individuazione del più appropriato percorso di risanamento e di salvaguardia della continuità aziendale. 
Le disposizioni previste dal Codice civile sono state ulteriormente approfondite all’art. 3 del CCII, entrato in vigore nel luglio del 2022, che oltre ad estendere i richiamati doveri anche all’imprenditore individuale, individua i seguenti requisiti “minimali” che un assetto deve possedere per rilevare tempestivamente l’emersione della crisi: 
a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell'impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore; 
b) verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi e rilevare i seguenti segnali: 
- esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell'ammontare complessivo mensile delle retribuzioni; 
- esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti; 
- esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché' rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni; 
- esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall'articolo 25 novies, comma 1 (i.e. creditori istituzionali). 
c) ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all'articolo 13, comma 2, CCII. 
Prima di entrare nel merito dei risvolti applicativi della norma, giova in breve ricordare la ratio dei suddetti interventi legislativi e il contesto storico in cui sono stati formulati: ricordiamo che il legislatore è intervenuto a precisare i doveri dell’imprenditore in termini di assetti adeguati alla prevenzione della crisi a fronte di un contesto in cui i crediti fiscali inesigibili conseguenti alle procedure concorsuali avevano assunto valori tali da incidere in maniera rilevante sulla valutazione del rischio-paese percepito dagli operatori finanziari. Di fronte ai rischi generati dal mancato gettito fiscale, la nascita del Codice della crisi è segnata profondamente dalla necessità di indurre il mondo imprenditoriale ad anticipare i segnali di crisi, nella convinzione che un intervento correttivo sulla strategia aziendale, operato all’insorgere dei primi segnali, consenta di preservare e/o recuperare la continuità aziendale con maggiore probabilità di successo rispetto ad un intervento non tempestivo. 
Ciò premesso, preservare e monitorare la permanenza della continuità aziendale diventa uno dei focus principali dei doveri che il legislatore pone in capo all’imprenditore, al fine di limitare il più possibile i danni ai terzi derivanti da una inadeguata conduzione dell’attività di impresa. 
2 . Gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili: il concetto di adeguatezza
 Prima di proseguire nell’analisi, occorre soffermarsi brevemente su alcuni aspetti definitori, tratti dal diritto vigente, e dove occorra, dalla migliore prassi professionale. Più in dettaglio, trattare di assetti organizzativi significa riferirsi a: 
“(i) il sistema di funzionigramma e di organigramma e, in particolare, il complesso delle direttive e delle procedure stabilite per garantire che il potere decisionale sia assegnato ed effettivamente esercitato a un appropriato livello di competenza e responsabilità; 
(ii) il complesso procedurale di controllo[6], da intendersi come l’insieme delle direttive, delle procedure e delle prassi operative adottate dall’impresa allo scopo di raggiungere, attraverso un adeguato processo” di Risk management, gli obiettivi aziendali; 
per sistema amministrativo contabile si intende invece: 
l’insieme delle direttive, delle procedure e delle prassi operative dirette a garantire la completezza, la correttezza e la tempestività di una informativa societaria attendibile, in accordo con i principi contabili adottati dall’impresa[7]
Il legislatore ha inoltre definito all’art. 2 del CCII il concetto di crisi da intendersi quale “lo stato del debitore che rende probabile l'insolvenza e che si manifesta con l'inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi”. 
Quando un assetto organizzativo amministrativo contabile può ritenersi adeguato? 
La migliore prassi professionale qualifica un assetto organizzativo adeguato quando consente il perseguimento dell’oggetto sociale, “nonché la rilevazione tempestiva degli indizi di crisi e di perdita della continuità aziendale e può quindi consentire, agli amministratori preposti, una sollecita adozione delle misure più idonee alla sua rilevazione e alla sua composizione[8]”, mentre un sistema amministrativo contabile può dirsi adeguato quando consente:  “la completa, tempestiva e attendibile rilevazione contabile e rappresentazione dei fatti di gestione; la produzione di informazioni valide e utili per le scelte di gestione e per la salvaguardia del patrimonio aziendale; la produzione di dati attendibili per la formazione dell’informativa societaria[9]”. 
Al fine di normare l’obbligo di adeguati assetti, il legislatore non ha inteso prevedere una soluzione unica e uguale per tutte le imprese, ma ha lasciato all’impresa l’autonomia di definire strutture organizzative a misura della tipologia di attività svolta e della dimensione di impresa. Tuttavia, con l’introduzione del Codice della crisi, il legislatore ha voluto circoscrivere gli ambiti di discrezionalità dell’imprenditore definendo quali sono gli standard qualitativi minimali che un assetto adeguato deve garantire per prevenire i segnali di crisi, e cioè: a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario; b) verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi; b bis) rilevare l'esistenza di scaduti rilevanti relativi all’esposizioni verso dipendenti, fornitori, banche, altri intermediari finanziari, e creditori pubblici qualificati, oltre il superamento degli affidamenti in qualunque forma concessi; c) ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all'articolo 13, comma 2. 
Dalla lettura delle disposizioni normative, i valori fondanti un “assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato” possono essere individuati nella necessità di operare secondo un approccio previsionale (i.e. forward looking) e nella prioritaria rilevanza della gestione finanziaria nelle dinamiche organizzative.
Ciò detto, le imprese di maggiori dimensioni e più strutturate si confrontano con il diritto vigente senza subire forti scossoni: in tali contesti, infatti, la visione imprenditoriale ispirata ai principi del forward looking e tradotta nei processi di budget periodici e nei piani industriali pluriennali è parte di meccanismi organizzativi già familiari e facenti parte del patrimonio culturale dell’intera organizzazione, con particolare riferimento alle risorse umane. Aggiungasi che in tali organizzazioni la dinamica finanziaria della gestione di impresa ha assunto una importanza pari se non superiore alle dinamiche economiche e patrimoniali, anche a fronte di un rapporto con il ceto bancario, diventato più esigente rispetto all’aggiornamento del set informativo da porre a base del rinnovo degli affidamenti.
Diverso è il confronto con le aggiornate disposizioni normative a cui va incontro l’impresa, tipicamente di piccole-medie dimensioni, che non ha ancora affrontato a livello organizzativo le nuove tematiche poste dal legislatore. In tali contesti, il cambiamento organizzativo, spesso attuato con il supporto consulenziale, richiede una sorta di “rivoluzione culturale” dell’impresa, che coinvolge le risorse umane a tutti i livelli organizzativi tramite progetti di reskilling, insieme agli investimenti in strumenti hardware e/o software e/o all’ampliamento delle relative modalità di utilizzo. 
In sintesi, la lettura del set informativo minimale che un assetto adeguato deve garantire all’imprenditore è figlio di una struttura organizzata, con approccio forward looking, con  attenzione prioritaria alla previsione delle dinamiche finanziarie. Fra le informazioni minimali che devono essere fruibili all’imprenditore per la corretta gestione dell’impresa, si rammenta che la lista di controllo particolareggiata, elaborata dal Ministero di Giustizia in occasione dell’istituzione della composizione negoziata della crisi di impresa, è una check list da compilarsi a cura dell’imprenditore e dell’Esperto e rappresenta un percorso guidato per la costruzione di un piano pluriennale che presenti requisiti di affidabilità, coerenza e sostenibilità, necessari a intraprendere le trattative con i creditori e con gli stakeholders; così pure come il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento rappresenta sostanzialmente un indicatore approssimativo del numero di anni necessari all’impresa per pagare il debito maturato ad una certa data. 
Ora, considerato l’intervento legislativo, ideare e porre in essere un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai nuovi standard normativi non è un’attività che si perfeziona con soluzioni puramente formali, ma scaturisce da un progetto che coinvolge tutte le risorse aziendali e che richiede la pianificazione di un percorso che può implicare la necessità di prendere le distanze rispetto a “ciò che si è sempre fatto”; in breve: 
- gestire un’impresa monitorando i soli consuntivi una volta l’anno, in occasione della redazione del bilancio civilistico, rappresenta un modus operandi che rende difficoltosa la preservazione della continuità aziendale, tanto più nel contesto mondiale che le imprese di tutte le dimensioni stanno sperimentando da oltre un decennio; 
- ignorare la necessità di pianificare e monitorare la dinamica finanziaria mette l’impresa in particolare debolezza rispetto alla conservazione della continuità aziendale e alla preservazione dei rapporti con i principali stakeholders (e.g. fornitori, clienti, banche, etc.); 
- pianificare l’attività di impresa, rilevare gli scostamenti dei consuntivi rispetto ai valori pianificati, approfondirne le cause e revisionare di conseguenza la pianificazione, rappresenta probabilmente l’unico modus operandi per preservare la continuità aziendale, secondo un percorso tracciato in cui limitare il rischio di impresa; 
- il rapporto con gli organi di controllo deve evolvere da puro adempimento formale a confronto costruttivo, per anticipare e gestire le problematiche che possono interessare l’esercizio dell’impresa. 
Ciò su cui si intende richiamare l’attenzione è che l’adempimento del dovere degli amministratori di istituire un adeguato assetto non si misurerà né in termini di “carte di lavoro” prodotte e archiviate in azienda (i.e. il famoso” libro delle procedure”, che spesso non viene applicato), né in termini di oneri di consulenza sostenuti, quanto nell’attitudine dell’organizzazione a fornire informazioni, segnali e indicazioni strumentali a supportare le decisioni degli amministratori allo scopo di preservare la continuità aziendale e di scongiurare la crisi di impresa.  
A supporto degli imprenditori e dei professionisti che li assistono, oggi sono stati resi disponibili dal Ministero e dagli organismi professionali numerosi documenti tecnici [10] nella forma di “Check list” che dovrebbero supportare l’organo amministrativo e/o il consulente nella riflessione sullo stato attuale degli assetti e sulla eventuale necessità che vengano modificati e/o integrati. Rispetto all’utilizzo di tali utilissimi strumenti, è necessario porsi in un’ottica per cui la relativa compilazione non deve essere realizzata a fini di mero adempimento formale per rispondere ad un obbligo richiesto dal legislatore e/o per precostituirsi uno strumento di difesa in caso di contenzioso giudiziale; occorre infatti in tale contesto superare un atteggiamento meramente formalistico, per trasformare l’utilizzo dello strumento in una riflessione che abbia un valore aggiunto per l’impresa. 
3 . Le risorse chiave nella costruzione e nella “manutenzione” degli assetti
 L’impresa è una organizzazione mai statica ma quotidianamente in divenire; ciò implica che gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili non possono assumere la caratteristica dell’adeguatezza attestabile con una “certificazione di qualità” , ma in realtà devono essere costantemente monitorati, e se necessario modificati, in modo da rispondere alle ampliate esigenze informative dell’imprenditore affinché l’impresa operi sul mercato senza arrecare danni ai terzi. 
La manutenzione ordinaria degli assetti dovrà necessariamente considerare il contesto tecnologico in continuo divenire in cui l’impresa opera, con i relativi investimenti in supporti tecnologici e/o software, oltre all’investimento nel fattore umano, che necessiterà di reskilling in funzione dei progressi tecnologici acquisiti. Ancora oggi in qualsiasi organizzazione imprenditoriale il binomio “risorsa umana”/ software è ineliminabile, e tutto ciò anche nelle organizzazioni più evolute che opereranno nel futuro (più o meno prossimo),  e che saranno sempre più interessate dai temi dell’intelligenza artificiale e dai relativi benefici attesi. 
I progetti di “riorganizzazione aziendale” dovranno perciò tararsi sia sulla necessità dell’impresa di essere competitiva sotto il profilo della strumentazione disponibile (tipicamente hardware/software), sia con il fatto di doversi relazionare con un mercato del lavoro profondamente segnato dall’emergenza epidemiologica nonché da tutto ciò che ne è conseguito in termini di flessibilità dell’organizzazione del lavoro e di attrattività del posto di lavoro. A tal scopo valga riportare alcune statistiche che devono fare riflettere su quanto l’adeguatezza degli assetti si giocherà sulla capacità delle imprese di essere attrattive per le risorse umane chiave, che ne garantiranno lo sviluppo e la permanenza nel tempo: 
-  l’Istituto di ricerca “Gallup”, nel report annuale sullo stato dei luoghi di lavoro redatto nel 2022 riporta che: solo il 14% dei dipendenti è coinvolto nell’attività lavorativa svolta; appena il 33% è appagato dalla attività lavorativa; il 33% è frustrato e trova il suo lavoro tutt’altro che significativo[11]
-  i lavoratori identificati nella “Generazione Z”, nati tra il 1997 e il 2012 (in gergo indicati come Zoomer), che entro il 2030 rappresenteranno il 30% dell’occupazione mondiale, ritengono che la prospettiva salariale potrebbe non essere il fattore dominante nelle scelte lavorative, in cui appaiono privilegiati contesti che valorizzino il benessere, l’opportunità di formazione, la crescita professionale per la progressione nella carriera[12]
In conclusione, per attrarre i talenti del domani non sarà sufficiente dire “abbiamo sempre fatto così”, ma l’imprenditore dovrà confrontarsi con nuovi modi di gestire l’impresa per assicurarsi le risorse umane chiave nella preservazione della continuità aziendale. 
4 . La responsabilità degli amministratori. Prime pronunce giurisprudenziali
Pur in assenza di un apparato sanzionatorio a fronte della mancata predisposizione di adeguati assetti, da quanto premesso non sfugge il fatto che l’inadeguatezza degli assetti o nella peggiore ipotesi, la mancata predisposizione, sia fonte di responsabilità in capo all’imprenditore ( o per mancata o negligente vigilanza in capo ai sindaci) ogni qualvolta da ciò sia scaturito un danno ingiusto alla società o ai suoi creditori[13]. Con l’introduzione degli standard minimali previsti dal Codice della crisi, va da sé che l’obbligo in capo agli amministratori dovrebbe qualificarsi a contenuto specifico; ne deriva che le decisioni dell’imprenditore/organo amministrativo sugli assetti potranno essere sindacate in sede di eventuali azioni di responsabilità ed essere oggetto di censura, qualora non risultino conformi al dettato normativo. Per altro verso non può escludersi che, pur nel rispetto dei descritti contenuti minimali,  ricorrano specifici fattori di rischio per la continuità aziendale, che non possono essere tipizzati dalla legge e che senz’altro debbono essere monitorati tramite adeguati assetti organizzativi, dovendo configurarsi un profilo di responsabilità qualora gli amministratori non ne abbiano tenuto conto in adempimento del loro dovere. 
Le prime pronunce giurisprudenziali sull’obbligo di predisposizione di adeguati assetti sono state assunte a seguito di ricorso ex art. 2409 c.c. promosso su iniziativa del collegio sindacale o del socio di minoranza. Una volta appurata la gravità dell’asserita irregolarità gestionale, l’organo giudiziale ha disposto la revoca dell’amministratore e la nomina di un amministratore giudiziario al ricorrere di assetti inadeguati a verificare la permanenza della continuità aziendale[14] ovvero, è stata disposta l’ispezione della società, manifestandosi solo alcuni indicatori di irregolarità della gestione[15].
L’irregolarità gestionale è stata accertata dal Tribunale di Cagliari, anche in assenza di segnali di crisi, per mancata adozione di assetti societari adeguati; alla luce della relazione redatta dall’ispettore giudiziario, che ha evidenziato l’assenza di adeguati presidi gestionali, il Tribunale adito ha ordinato all’organo amministrativo di adottare gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati, nominando un amministratore giudiziario, ai sensi dell’art. 2409 c.c., affinché, tra gli altri, verifichi l’adeguatezza delle misure adottate dall’organo gestorio. Come evidenziato dai giudici di merito, “una volta manifestatasi la crisi, sfuma la gravità dell’adozione di adeguati assetti e viene in massimo rilievo, invece, la mancata adozione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per fronteggiarla”. In altre parole, conclude il Collegio, “la violazione dell’obbligazione di predisporre adeguati assetti è più grave quando la società non si trova in crisi, anche perché, del resto, proprio in tale fase essa ha le risorse anche economiche per predisporre con efficacia le misure organizzative, contabili e amministrative[16]». 
Volendo sintetizzare quanto emerso in sede giudiziale, se è vero che la mancata adozione di qualsivoglia misura organizzativa comporti di per sé una responsabilità dell'organo gestorio, dall'altra, si ritiene possibile assoggettare a sindacato giudiziale la struttura organizzativa predisposta dall'amministratore secondo i criteri della proporzionalità e della ragionevolezza, tutto ciò al fine di verificare se  l’assetto è adeguato a percepire i segnali di crisi e se le decisioni assunte dall’organo gestorio sono ragionevoli. 
In linea con i suddetti principi, l’iniziativa assunta da parte dei soci di minoranza allo scopo di revocare l’organo amministrativo a fronte di contestazioni generiche sull’inidoneità degli assetti organizzativi, amministrativi, contabili, è stata rigettata dal Tribunale di Bologna anche sulla scorta di non confutati dati di bilancio ed economico-finanziari attestanti una equilibrata e proficua operatività dell’impresa, nonché in assenza di alcun segnale di crisi, né presente, né potenziale, e/o di perdita della continuità aziendale ragionevolmente suscettibile di rilevazione[17]; tutto ciò a significare che l’inidoneità dell’assetto adottato dagli amministratori deve essere provata da parte ricorrente con motivazioni sostanziali a supporto di una potenzialità lesiva della condotta omissiva degli amministratori. 
5 . Conclusioni
 Il dovere di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, rappresenterà un onere a carico dell’impresa, che auspicabilmente faciliterà le operazioni di M&A e per l’effetto la scomparsa dal mercato di soggetti di piccole dimensioni. Tale processo evolutivo sarà più facilmente realizzabile con il supporto di professionisti che sappiano indirizzare l’imprenditore verso una consapevole e razionale strategia di limitazione del rischio di impresa. 

Note:

[1] 
 Cfr. Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) aggiornato, da ultimo, dal D.Lgs. 6 dicembre 2023, n. 204 e dal D.Lgs. 7 dicembre 2023, n. 207, art.149 Doveri,co.1: “1. Il collegio sindacale vigila: 
a) sull'osservanza della legge e dell'atto costitutivo; 
b) sul rispetto dei principi di corretta amministrazione; 
c) sull'adeguatezza della struttura organizzativa della società per gli aspetti di competenza, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo-contabile nonché sull'affidabilità di quest'ultimo nel rappresentare correttamente i fatti di gestione; 
c-bis) sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria, cui la società, mediante informativa al pubblico, dichiara di attenersi; 
d) sull'adeguatezza delle disposizioni impartite dalla società alle società controllate ai sensi dell'articolo 114, comma 2”. 
[2] 
Cfr. art. 2403 c.c. 
[3] 
 Cfr. art. 41 della Costituzione Italiana.
[4] 
 Cfr. ex multis, Codice di corporate governance, pag. 7, nella versione aggiornata a gennaio 2020, emesso dal Comitato per la Corporate Governance, costituito, nell’attuale configurazione, nel giugno del 2011 ad opera delle Associazioni di impresa (ABI, ANIA, Assonime, Confindustria), Borsa Italiana S.p.A. e l’Associazione degli investitori professionali (Assogestioni). Il Comitato ha quale scopo istituzionale la promozione del buon governo societario delle società italiane quotate. A tal fine il Comitato approva il Codice di Corporate Governance delle Società Quotate e ne assicura il costante allineamento alle best practice internazionali. Il Codice definisce il “successo sostenibile” come l’”obiettivo che guida l’azione dell’organo di amministrazione e che si sostanzia nella creazione di valore nel lungo termine a beneficio degli azionisti, tenendo conto degli interessi degli altri stakeholder rilevanti per la società”.
[5] 
 In altre parole, la continuità aziendale è assimilata al concetto di “persistenza (lecita) dell’impresa sul mercato. Si rammenta che  il legislatore non dà alcuna definizione di continuità aziendale, né dà indicazioni in merito al suo accertamento; il concetto di continuità aziendale, infatti ha una matrice economico aziendale, identificabile in quella attitudine dell’impresa ad operare in una situazione di normale funzionamento, in una prospettiva temporale di almeno un esercizio. Per normale funzionamento intendendosi la capacità dell’impresa di realizzare, attraverso lo svolgimento dell’attività caratteristica (oggetto sociale), flussi economico-finanziari idonei a dare compiutezza al proprio ciclo produttivo e a far fronte regolarmente alle obbligazioni aziendali. Cfr. AA.VV. Assetti aziendali, crisi di impresa, responsabilità della banca, a cura di S. Ambrosini, 2023, Pacini Editore, pag. 25, 26, contributo a cura di Maurizio Onza. 
[6] 
Cfr. Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili,  Norme di comportamento del collegio sindacale di società non quotate, Norma 3.5 pag. 56.
[7] 
 Cfr. Norme di comportamento cit., Norma 3.7, pag. 62. 
[8] 
 Cfr. Norme di comportamento 3.5 cit., pag. 56.
[9] 
 Norme di comportamento 3.7 cit., pag. 62. 
[10] 
Cfr. Dipartimento per gli affari di giustizia Direzione generale degli affari interni, Decreto dirigenziale 21.03.23, Aggiornamento del “decreto dirigenziale del 28 settembre 2021, adottato da questa Direzione generale in virtù dell’articolo 3, commi 2 e 4 del decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, per definire “il contenuto della piattaforma, la lista di controllo particolareggiata, le indicazioni per la redazione del piano di risanamento e le modalità di esecuzione del test pratico”; Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, ASSETTI ORGANIZZATIVI, AMMINISTRATIVI E CONTABILI: CHECK-LIST OPERATIVE, 24 luglio 2023; vedi anche Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, PREVENIRE E GESTIRE LE DIFFICOLTA’ DELL’IMPRESA: VADEMECUM PER LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE, 17.07.23; Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, Assetti organizzativi, amministrativi e contabili: profili civilistici e aziendalistici, 07 luglio 2023. 
[11] 
 Cfr. Gallup, State of the global workplace 2022 Report, 2022, citato in Alessio Carciofi, Wellbeing, il Futuro umano e digitale del benessere, Il Sole 24 Ore, 2023, pag. 7-45. 
[12] 
Le risultanze raccolte dall’Istituto Gallup sono confermate da recenti articoli di stampa: cfr. ex multis, IL Sole 24 ore, mercoledì 24 gennaio 2024, “La Carriera? Metà dei lavoratori ha perso la spinta e l’ambizione”,  Cristina Casadei, pag. 21. 
[13] 
 Cfr. ex multis AA.VV. Assetti aziendali, crisi di impresa, responsabilità della banca, a cura di S. Ambrosini, 2023, Pacini Editore, Introduzione, pag. 3; “Gli obblighi degli amministratori nel contesto del “Codice della crisi e dell’insolvenza”, contributo a cura di Francesco Bordiga, pag. 267 e ss. 
[14] 
Cfr. Tribunale di Milano, Sez. Specializzata in materia di imprese, provvedimento del 18 ottobre 2019 in www.giurisprudenzadelleimprese.it; dal provvedimento in commento risulta che la controversia ha avuto origine da due ricorsi ex art. 2409, c.c., depositati dai componenti dei collegi sindacali di due società (l’una controllante e l’altra controllata), per denunciare diverse irregolarità compiute da due amministratori unici, succedutesi uno all’altro e comuni alle due società le quali riguardavano in particolare, «inadempienze e atteggiamenti omissivi od inerti in ambito organizzativo e gestionale», tali da non consentire la verifica della continuità aziendale. del medesimo orientamento, Tribunale Catania, Sez. spec. in materia di imprese, Decreto, 08 febbraio 2023, Pres. Sciacca, Est. La Mantia: Dirittodellacrisi.it: La mancata predisposizione di assetti organizzativi adeguati a prevenire e contrastare la crisi della società configura un’irregolarità gestoria sufficiente alla revoca giudiziale degli amministratori in carica
[15] 
Cfr. Tribunale di Roma, provvedimento 24 settembre 2020, https://lamagistratura.it/: I giudici di merito si sono espressi sulla richiesta avanzata dal Collegio sindacale di un’impresa, ex art. 2409 c.c., lamentando tra gli altri anche l’omesso accertamento della perdita di continuità aziendale, derivante dalla mancanza di entrate sufficienti a far fronte all’ingente indebitamento della società. La sentenza configura espressamente la violazione degli obblighi di cui all’articolo 2086 c.c., cui porre rimedio attraverso l’ispezione della società. Cfr. Tribunale di Roma, 15 settembre 2020. Pres. Di Salvo. Est. Bernardo: Ilcaso.it, Adeguati assetti organizzativi e responsabilità degli amministratori, Ilcaso.it, Franco Benassi: “E’ responsabile l’amministratore che ometta del tutto di approntare una qualsivoglia struttura organizzativa, rimanendo inerte di fronte ai segnali indicatori di una situazione di crisi o di pre-crisi. Non potrà, invece, ritenersi responsabile l’amministratore che abbia predisposto delle misure organizzative che, con una valutazione ex ante, erano adeguate, secondo le sue conoscenze e secondo gli elementi a sua disposizione, a verificare tempestivamente la perdita della continuità aziendale. Parimenti, non potrà ritenersi responsabile l’amministratore che, pur avendo tempestivamente rilevato - grazie alla struttura organizzativa predisposta - il venir meno della continuità aziendale- ponga in essere degli interventi che, successivamente si rivelino inutili ad evitare la degenerazione della crisi (ed eventualmente il fallimento della società), qualora tali interventi - sempre sulla base di una valutazione ex ante - non risultino manifestamente irrazionali ed ingiustificati”. 
[16] 
Cfr. Tribunale Cagliari, 19 gennaio 2022. Pres. Tamponi. Est. Caschili. Cfr. Adozione per ordine del tribunale di adeguati assetti organizzativi, Redazione Ilcaso.it: “…Il procedimento di cui all’art. 2409 c.c. appartiene agli istituti di volontaria giurisdizione ed è sottratto al principio della domanda, con la conseguenza che l’ispezione della amministrazione, sebbene possa focalizzarsi su alcuni aspetti specificamente individuati, costituisce comunque uno strumento ad ampio spettro capace di evidenziare gravi irregolarità precedentemente non emerse. Nell'ambito di tale procedimento ed indipendentemente dalla formulazione di apposita richiesta, il tribunale adito ai sensi dell'art. 2409 c.c. può dunque ordinare all'impresa di adottare, sotto il controllo di un amministratore giudiziario, adeguati assetti organizzativi in ragione della natura e delle dimensioni della medesima e nel rispetto della discrezionalità dell’organo gestorio nella adozione delle misure di gestione ritenute opportune”. 
[17] 
 Cfr. Tribunale di Bologna – Sez. spec. Imprese - Ordinanza 19 maggio 2022 – Pres. Florini, est. Salina, commentata in Ristrutturazioni aziendali.Ilcaso.it, “Adeguati assetti societari: orientamenti giurisprudenziali a confronto”, Massimiliano Angelini, 9 gennaio 2024.

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