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Saggio

Contenuto della proposta di concordato semplificato e del piano di liquidazione: spunti dalla giurisprudenza*

Francesco Slucca e Alessandro Turchi, Dottori Commercialisti in Milano

10 Giugno 2025

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Sebbene il concordato semplificato sia stato concepito come extrema ratio a cui affidarsi qualora non sia percorribile alcuno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, tanto contrattuali quanto concorsuali, annoverati dall’art. 23 CCII come esiti fisiologici della composizione negoziata, l’istituto può concretamente rappresentare una via d’uscita rapida ed efficiente da una situazione di profonda crisi, anche e soprattutto mediante l’individuazione di un soggetto terzo, sull’assunto che la cessione unitaria dell’ azienda, ancora in esercizio o suscettibile di immediata riattivazione, sia in grado di generare un ricavato migliore rispetto alla liquidazione giudiziale (o controllata). Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio rappresenta uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza più innovativi all’interno del diritto concorsuale e, in quanto tale, uno tra quelli maggiormente caratterizzati da questioni interpretative non ancora risolte. Lo scritto, dopo una breve disamina delle caratteristiche generali dell’istituto, analizza i principali elementi che connotano il contenuto della proposta di concordato semplificato e del piano di liquidazione, focalizzando l’attenzione sui dubbi interpretativi e sulle soluzioni individuate dapprima in dottrina e, in seguito, dalla giurisprudenza di merito e di legittimità. 
Riproduzione riservata
1 . Introduzione
Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio rappresenta uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza più nuovi all’interno del diritto concorsuale e, in quanto tale, uno tra quelli maggiormente caratterizzati da questioni interpretative ancora irrisolte. Il “vuoto normativo”[1] venutosi a creare nel passaggio dalla normativa introduttiva della composizione negoziata della crisi d’impresa (D.L. 4 agosto 2021, n.118 convertito con modificazioni della L. 21 ottobre 2021, n. 147) al sistema integrato del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (in seguito “CCII”), ha contribuito a generare in giurisprudenza e in dottrina numerosi dubbi interpretativi con risvolti pratici di rilievo. 
La disciplina allora contenuta negli artt. 18 e 19 del D.L. n. 118/2021 è rimasta poi pressoché immutata a seguito dell’innesto del nuovo istituto nel CCII, agli artt. 25 sexies e 25 septies, ad opera del D.Lgs. n. 83/2022, che ha dato attuazione alla Direttiva (UE) 2019/1023 (c.d. Direttiva Insolvency). Tali articoli hanno successivamente subito alcune modifiche, non marginali, a seguito dell’intervento del D.Lgs. n. 136/2024, noto come Correttivo ter[2]. 
Con l’obiettivo di chiarire alcuni dubbi sorti a seguito delle prime applicazioni dello strumento, a distanza di tre anni dalla sua introduzione, sono intervenuti sia il legislatore, attraverso talune modifiche apportate da ultimo con il Correttivo ter, sia la giurisprudenza, mediante pronunce di merito e di legittimità. 
Tra queste sono state selezionate ed esaminate quelle che, ad avviso degli scriventi, permettono di cogliere con maggior cognizione le potenzialità aziendalistiche dell’istituto e perciò di definire con miglior accortezza il potenziale contenuto della proposta di concordato semplificato e del relativo piano di liquidazione. Prima di procedere in tal senso, pare utile fornire un rapido inquadramento dell’istituto. 
2 . Cenni sulle caratteristiche generali del concordato semplificato
Il concordato semplificato[3] rappresenta uno strumento di regolazione delle crisi e dell’insolvenza[4], ascrivibile all’alveo delle procedure concorsuali[5], attuabile esclusivamente a seguito di una composizione negoziata, svoltasi secondo correttezza e buona fede pur senza l’individuazione di soluzioni al risanamento dell’impresa, della quale costituisce uno dei possibili esiti, ai sensi dell’art. 23, comma 2, CCII[6]. 
Da un punto di vista giuridico tale definizione permette di individuare lo strumento attraverso l’intersecazione sistematica di diversi strati normativi, il cui centro si colloca indubbiamente agli artt. 25 sexies e 25 septies CCII. 
Le due disposizioni si auto integrano attraverso l’espresso rinvio ad uno specifico e corposo gruppo di regole dettate in materia di concordato preventivo[7], che costituiscono un secondo elemento di contribuzione disciplinare. Si tratta, in particolare, delle disposizioni di cui all’ art. 39 CCII in merito ai documenti da allegare alla proposta, di quelle di cui agli artt. 6, 46, 94, e 96[8] CCII riguardanti gli effetti della pubblicazione della domanda e di quelle di cui agli artt. 106, 114, 115, 117, 118, 119, 324 e 341 CCII, in quanto compatibili. A queste, il Correttivo ter ha aggiunto il richiamo all’ art. 84, comma 5, CCII in tema di degrado dei crediti prelatizi per incapienza e agli artt. 40 e 44 CCII in tema di accesso all’istituto, anche con riserva di deposito della proposta e del piano[9]. 
Non pare invece ammissibile un rinvio generale alle norme proprie del concordato preventivo in quanto, come osservato in dottrina[10] e in giurisprudenza[11], il concordato semplificato non può essere considerato una sua mera variante, ma un istituto dotato di una propria autonomia giuridica. Alla luce di tale considerazione appare chiara la ratio del legislatore di definire il nuovo concordato come semplificato prevedendo, tra gli altri, l’assenza di una vera e propria fase di ammissione di cui all’art. 47 CCII, la mancata necessità di attestazioni specifiche, fatta salva quella di cui all’art. 84, comma 5, CCII, l’assenza della votazione dei creditori[12] e l’impossibilità di presentare proposte concorrenti di cui agli artt. 90 e 91 CCII. 
Alle disposizioni esplicitamente richiamate dagli artt. 25 sexies e 25 septies CCII si aggiungono, da un lato, gli apporti normativi derivanti dalla sua appartenenza agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e, dall’altro, il portato disciplinare derivante dall’obbligato e precedente passaggio per la composizione negoziata della crisi. Così, a titolo esemplificativo, possono essere considerate applicabili all’istituto le regole in tema di procedimento unitario e di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi di cui agli artt. 120 bis e ss. CCII o ancora gli artt. 12 e 25 CCII in tema di presupposti soggettivi e oggettivi di accesso allo strumento[13]. 
Quanto al presupposto soggettivo, considerata l’interdipendenza dalla composizione negoziata, il proponente può essere identificato dalla qualifica di “imprenditore agricolo e commerciale”, regolarmente iscritto nel registro imprese[14]. Pertanto, i soggetti legittimati a presentare una proposta di concordato semplificato sono gli imprenditori in generale, senza distinzioni tra imprenditori commerciali o agricoli, sopra o sotto soglia (art. 25 quater, commi 4, 5 e 6, CCII), comprese le start up innovative. In considerazione dello stretto legame con la composizione negoziata, non pare che siano escluse neppure le imprese assoggettabili ad amministrazione straordinaria di cui al D.Lgs. n. 270/1999 o D.L. n. 347/2003, nonché le imprese assoggettabili a liquidazione coatta amministrativa, comprese le cooperative, e le società a partecipazione pubblica, superando le difficoltà derivanti dalla mancanza di un richiamo espresso nell’art. 296 CCII e nell’art. 14 del D.Lgs. n. 175/2006 che, tra gli strumenti di regolazione della crisi, menzionano unicamente il concordato preventivo. 
Sebbene manchi un espresso riferimento al concordato semplificato nell’art. 284 CCII, si ritiene ammissibile il ricorso al concordato semplificato di gruppo, in considerazione dello stretto legame con il percorso negoziato e l’esistenza di una specifica disposizione per la composizione negoziata di gruppo[15]. 
Incerta risulta l’ammissibilità di società in stato di liquidazione, soprattutto in considerazione del passaggio obbligato per la composizione negoziata e le ampie discussioni dottrinali e giuridiche che hanno riguardato la fattispecie[16]. Si ritiene che lo stato di liquidazione, seppur non direttamente preclusivo dello strumento in questione, tuttavia, possa incidere in maniera rilevante, in primo luogo, sul giudizio circa la reversibilità o meno dell’insolvenza in sede di accesso alla composizione negoziata e, in secondo luogo, su uno dei requisiti esplicitamente richiamati dall’art. 25 sexies CCII, ovverosia quello di “correttezza e buona fede” nella conduzione delle trattative. 
Nel silenzio della normativa sul concordato semplificato, il presupposto oggettivo si rinviene dall’art. 12 CCII nello stato di “crisi” o di “insolvenza”, così come definite dall’art. 2, comma 1, lett. a) o b), oppure nello “squilibrio patrimoniale o economico finanziario che ne rendano probabile la crisi o l’insolvenza”[17]. Tenuto conto anche delle specificità e finalità dell’istituto quale esito della composizione negoziata in cui le trattative non hanno portato al risanamento dell’impresa, rimane quindi sostanzialmente esclusa, in linea con la condizione di non praticabilità delle soluzioni prescritte dall’art. 23, commi 1 e 2, CCII, la possibilità per un imprenditore in equilibrio aziendale di accedere al concordato semplificato, salvo quanto previsto dall’art. 25, comma 6, CCII in tema di gruppi di imprese. Invero, pur nella consapevolezza che lo stato del debitore postulato dal legislatore pare ricomprendere ogni squilibrio aziendale[18], è ragionevole ritenere che, stante l’impraticabilità delle soluzioni concordate e la natura liquidatoria dell’istituto, al momento della presentazione della domanda di concordato semplificato l’imprenditore si trovi in situazione di crisi o, più probabilmente, di conclamata insolvenza[19]. 
Ulteriore presupposto risulta quello procedurale[20] in quanto il ricorso per l’accesso allo strumento deve essere presentato “nei sessanta giorni successivi alla comunicazione di cui all’art. 17, comma 8 CCII”, con la quale l’esperto trasmette all’imprenditore la propria relazione finale. Con il ricorso il proponente ha la facoltà di richiedere al tribunale competente l’applicazione di misure cautelari e protettive di cui agli artt. 54 e 55 CCII[21]. 
In ossequio al primo comma dell’art., 25 sexies CCII, il concordato semplificato è accessibile unicamente previo accesso alla composizione negoziata, presupponendo che nella relazione finale di cui all’art. 17, comma 8, CCII l’esperto dichiari due circostanze: (i) l'avvenuto svolgimento, secondo i canoni di correttezza e buona fede, di trattative che non hanno consentito di conseguire il risanamento dell'impresa e (ii) l'impraticabilità sperimentata di tutte le altre soluzioni contemplate dall’art. 23, commi 1 e 2, lett. a) e b)[22] CCII[23]. Soltanto al verificarsi di tali circostanze l’imprenditore può presentare, nei sessanta giorni successivi alla comunicazione della relazione finale dell’esperto, una proposta di concordato semplificato con il relativo piano di liquidazione. Il termine di sessanta giorni dalla comunicazione della relazione finale è considerato decadenziale, non essendo previste proroghe o eccezioni[24]. 
La pubblicazione dell’atto introduttivo risulta attuativa di un effetto di spossessamento attenuato, in quanto, per effetto del richiamo agli artt. 46 e 94 CCII, i poteri gestori rimangono in capo all’imprenditore, sebbene in forma notevolmente ridimensionata. 
Ulteriore peculiarità dell’istituto in esame concerne la previsione dell’assenza di voto da parte dei creditori, che potrebbe anche fungere da elemento deterrente che incentivi le parti[25] a compiere ogni sforzo per addivenire a una soluzione conveniente per entrambe nell’ambito della composizione negoziata[26]. 
Da un punto di vista procedurale, l’assenza di voto da parte dei creditori è accompagnata dalla mancanza di una vera e propria fase di ammissione della proposta e da un duplice momento di valutazione del tribunale che assume un connotato di altissima pregnanza[27]. 
Un primo momento valutativo è quello successivo al deposito della proposta, dove viene avviata in seno al tribunale un’attività di analisi contraddistinta dalla valutazione della “ritualità della proposta anche con riferimento alla corretta formazione delle classi” ad esito della quale viene nominato un ausiliario ai sensi dell’art. 68 c.p.c. L’art. 25 sexies, comma 3, CCII specifica altresì che il tribunale prima della nomina dell’ausiliario proceda all’acquisizione della relazione dell’esperto e del suo parere circa “i presumibili risultati della liquidazione e delle garanzie offerte”. 
Un secondo momento di analisi è quello che precede l’omologa del concordato per decreto motivato ed immediatamente esecutivo. In questa fase, il tribunale deve verificare la regolarità del contraddittorio e del procedimento, nonché il rispetto dell'ordine delle cause di prelazione e la fattibilità economica e giuridica del piano di liquidazione. Il tribunale è altresì tenuto a rilevare che la proposta non arrechi “pregiudizio ai creditori rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale o della liquidazione controllata e comunque assicuri un'utilità a ciascun creditore”. 
Infine, seppur privato del diritto di voto, resta comunque salva per il creditore la possibilità di proporre opposizione all’omologa nel termine perentorio di dieci giorni prima dell’udienza fissata per l’omologa, ai sensi dell’art. 25 sexies, comma 4, CCII.
3 . Il contenuto della proposta e il piano di liquidazione
Come autorevolmente osservato, la proposta di concordato rappresenta la proposta negoziale che il debitore formula ai suoi creditori e con la quale assume un impegno che diviene vincolante una volta ottenuta l’omologazione, mentre il piano rappresenta lo strumento operativo per formulare la proposta e per far sì che quest’ultima appaia credibile ai creditori[28]. 
3.1 . La proposta di concordato semplificato
Nell’ambito del concordato semplificato, la prima indicazione in ordine al contenuto della proposta è fornita dall’art. 25 sexies, comma 1, CCII, il quale specifica che la stessa debba avere ad oggetto la “cessione dei beni”, accompagnata da un “piano di liquidazione” e dai documenti prescritti dall’art. 39 CCII. Specifica, inoltre, il legislatore che la proposta possa prevedere la suddivisione dei creditori in classi, nonché l’applicazione dell’art. 84, comma 5, CCII dettato in materia di concordato preventivo ai fini del pagamento non integrale dei creditori prelatizi. 
3.1.1 . La cessione dei beni
In sede di definizione del contenuto della proposta, il legislatore non parla di “concordato liquidatorio”, così come definito dall’art. 84 CCII, ma richiama la figura archetipica del concordato con “cessione dei beni”, inquadrabile nell’ambito dell’istituto della cessio bonorum del Codice civile. Questa si sostanzia nella messa a disposizione dei creditori della totalità dei beni costituenti il patrimonio del debitore ed è finalizzata alla loro liquidazione per la ripartizione del ricavato a favore dei creditori[29]. Come autorevolmente osservato[30], la cessione immaginata dal legislatore rientra nell’arco delle cessioni traslative, volte a monetizzare i beni per destinarne il ricavato in via diretta al riparto fra i creditori, non per finanziarne l'esercizio d’impresa, poiché l'intento del risanamento dell'impresa è del tutto estraneo alla procedura liquidatoria semplificata che rimane, invece, orientata alla tutela esclusiva dei diritti dei creditori. 
Stante la centralità dello schema di concordato con “cessione dei beni”, si pone la questione se oggetto di liquidazione debba essere la totalità del patrimonio del debitore, ovvero anche solo una sua parte. Come osservato, poiché nel concordato semplificato non vi è una cessione accettata dai creditori, sarebbe esclusa in radice la cedibilità solo parziale dei beni. D’altronde, il debitore non può restringere la garanzia generica patrimoniale ex art. 2740 c.c. se non sulla scorta di un accordo con i creditori, che nel concordato semplificato non sussiste[31]. La cessione parziale non è, pertanto, consentita nel concordato semplificato in quanto la mancanza di voto dei creditori impone che tutto il patrimonio del debitore sia liquidato, il che è incompatibile con la perdurante titolarità di una porzione – anche minore – di beni in capo al debitore[32].
3.1.2 . La suddivisione dei creditori in classi e le regole distributive
A seguito delle modifiche introdotte dal Correttivo ter, l’art. 25 sexies, comma 1, CCII dispone che “La proposta può prevedere la suddivisione dei creditori in classi e si applica l’articolo 84, comma 5”. Per comprendere la portata normativa occorre analizzare sinteticamente le regole di distribuzione del patrimonio a favore dei creditori nell’ambito del concordato semplificato. 
La modalità di soddisfazione del ceto creditorio, come sostenuto dalla dottrina[33] e dalla giurisprudenza[34], avviene secondo l’absolute priority rule, in forza della quale non è possibile pagare un creditore di rango inferiore, se non dopo avere interamente soddisfatto i creditori di rango superiore. Invero, il concordato semplificato ha sempre natura e funzione liquidatoria, anche nell’ipotesi di cessione dell’azienda, poiché, come meglio esposto in seguito, quest’ultima è funzionale alla massimizzazione del valore; pertanto, la regola di distribuzione del valore non può che essere quella assoluta[35]. Non è quindi applicabile al concordato semplificato la regola della priorità relativa, utilizzabile invece nel concordato preventivo in continuità (diretta o indiretta), ai sensi dell’art. 84, comma 6, CCII. Ne discende che nel concordato semplificato l’eventuale maggior valore derivante dalla “continuità indiretta”, nella accezione di cui infra, rispetto all’ipotesi liquidatoria deve seguire le regole distributive previste nel rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione. 
Sul tema, prima del Correttivo ter si era posta la questione dell’ammissibilità di un pagamento non integrale dei creditori privilegiati. Invero, stante l’assenza di un richiamo o di una disposizione analoga a quella contenuta nell’art. 84, comma 5, CCII dettata in tema di concordato preventivo, si prospettava un’interpretazione rigorosa, per cui nel concordato semplificato non fosse ammissibile alcuna degradazione a chirografo dei creditori privilegiati, quale contrapposizione della mancata previsione di una percentuale minima di soddisfazione ai creditori chirografari e di apporto di finanza esterna, come avviene invece nel concordato preventivo liquidatorio[36]. A risolvere il dilemma è intervenuto il Correttivo ter, aggiungendo all’art. 25 sexies, primo comma, CCII la dizione “[…] e si applica l’articolo 84, comma 5”. Pertanto, fermo il rispetto del valore di liquidazione dei beni su cui grava il privilegio, la quota degradata a chirografo per incapienza potrà essere oggetto di falcidia nel concordato semplificato. 
In caso di mancato pagamento integrale di tutti i creditori privilegiati, si pone il tema della formazione delle classi, dal momento che detta suddivisione ha senso solo in caso di previsione di un trattamento differenziato tra creditori chirografari ab origine o divenuti tali a seguito dell’attestata incapienza dei beni su cui insiste il privilegio[37], mentre risulterebbe priva di utilità se il trattamento dovesse essere il medesimo per tutti i creditori[38]. 
Con riferimento ai criteri di formazione della classe, è ragionevole ritenere che possa applicarsi analogicamente quello della doppia omogeneità (posizione giuridica e interessi economici) che connota ogni forma di suddivisione in classi in materia concordataria. 
Considerato il rinvio all’art. 84, comma 5, CCII, si potrebbe, infine, ritenere necessaria la presenza di una relazione di attestazione[39], che evidenzi come i creditori aventi titolo di prelazione vengano soddisfatti “in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione dei beni o dei diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, al netto del presumibile ammontare delle spese di procedura inerenti al bene o diritto e della quota parte delle spese generali”.
3.1.3 . L’utilità da assicurare a ciascun creditore e l’assenza di pregiudizio rispetto all’alternativa liquidatoria di riferimento
Altra indicazione introdotta dal legislatore per delineare il contenuto della proposta di concordato semplificato è rappresentata dalla necessità di assicurare “un’utilità a ciascun creditore” (art. 25 sexies, comma 5, CCII). Diversamente rispetto alle previsioni contenute nell’ambito del concordato preventivo, manca ogni riferimento alla natura necessariamente economica di tale utilità[40]. Come osservato, l’utilità perde gli stilemi del “vantaggio economico” sia pur latamente inteso: maggior incasso, minor spesa, scudo dalla revocatoria lasciano spazio a qualsiasi utilità tangibile, ancorché economicamente non computabile[41]. 
Nel concordato in continuità aziendale è contemplato come esempio normativo di utilità economicamente valutabile “la prosecuzione o rinnovazione di rapporti contrattuali con il debitore o con il suo avente causa” (art. 84, comma 3, CCII). Si pone, pertanto, la questione se anche nell’ambito del concordato semplificato la prosecuzione dei rapporti contrattuali o la loro rinnovazione possono rientrare nel concetto di utilità[42]. Sul punto, in dottrina è stato evidenziato che nel concetto di utilità possono essere ricomprese anche la salvaguardia di un rapporto in corso di esecuzione o la conservazione promessa di una posizione negoziale che in sede di liquidazione giudiziale rimarrebbe ineluttabilmente esposta[43]. 
Il legislatore, inoltre, precisa che la proposta di concordato non debba arrecare “pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale o della liquidazione controllata”. Ne discende che, sebbene il legislatore non abbia inteso prevedere una soglia minima di soddisfacimento dei creditori e ammetta la possibilità di assicurare utilità non necessariamente monetarie, il trattamento offerto a ciascun creditore non può essere pregiudizievole rispetto ai risultati conseguibili con la liquidazione giudiziale o, laddove applicabile, con la liquidazione controllata[44]. Ne discende che la proposta di concordato semplificato deve osservare la waterfall dei pagamenti rigida, ossia in applicazione della regola della absolute priority rule. Allo stesso modo, i creditori privilegiati devono essere soddisfatti nei “limiti della capienza” al fine di rispettare il principio di assenza di pregiudizio[45]. 
Nell’ambito della verifica dell’assenza di pregiudizio rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale assume rilievo, tra gli altri, il possibile esito di azioni revocatorie e di responsabilità, soprattutto a seguito del recente intervento correttivo[46]. Invero, già prima del Correttivo ter la proposta di concordato preventivo poteva prevederne l’esperimento[47], tuttavia, stante il mancato richiamo all’art. 115 CCII, che attribuisce al liquidatore giudiziale del concordato preventivo liquidatorio l’autonomo esercizio dell’azione sociale di responsabilità, qualora il piano di liquidazione prevedesse come posta dell’attivo le utilità derivanti da tali azioni, sarebbe stata necessaria una specifica delibera dell’assemblea dei soci[48]. A seguito delle modifiche introdotte dal Correttivo ter, l’art. 25 septies, comma 1, CCII richiama non soltanto l’art. 114 CCII ma anche l’art. 115 CCII; trovano quindi spazio nel piano anche le azioni finalizzate “a conseguire la disponibilità dei beni compresi nel patrimonio del debitore e ogni azione volta al recupero dei crediti”, oltreché “l’azione sociale di responsabilità”. La portata della novità ha notevoli effetti pratici. Invero, con tale modifica risulta amplificata in sede di valutazione di convenienza la portata applicativa del concordato semplificato, in quanto, nel caso in cui da tali azioni possano derivare utilità rilevanti, viene ridotto il divario risultante dal raffronto con l'alternativa della liquidazione giudiziale, a prescindere dall’esistenza di una specifica delibera dell’assemblea dei soci.
3.1.4 . L’attribuzione della percentuale irrisoria ai creditori
Tenuto conto delle condizioni di omologazione rappresentate dalla necessità di assicurare un’utilità a ciascun creditore e l’assenza di pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa liquidatoria di riferimento (liquidazione giudiziale o controllata), si pone la questione della legittimità dell’attribuzione ai creditori (chirografari ab origine ovvero divenuti tali per incapienza dell’attivo ex art. 84, comma 5, CCII) di una percentuale irrisoria. 
Come efficacemente osservato, se non esiste la necessità di assicurare ai chirografari il pagamento del 20% previsto nell’ambito del concordato preventivo liquidatorio, il debitore, ammesso che debba offrire qualcosa ai creditori chirografari, può promettere qualsiasi percentuale, anche irrisoria se i beni ceduti non consentono di meglio e, quindi, anche l’utilità per i creditori non può che essere parametrata su queste unità di misura[49]. 
3.1.5 . Il trattamento dei debiti tributari e contributivi
La transazione fiscale non è prevista nell’ambito del concordato semplificato liquidatorio in considerazione della struttura di tale istituto, che non richiede né un accordo con i creditori né l’espressione di un voto da parte di questi ultimi, ma solo la possibilità di opporsi alla omologazione del concordato da parte del tribunale, il quale, eseguite le necessarie verifiche, ha in ogni caso il potere di omologare il concordato[50]. 
In mancanza di una previsione espressa sul punto, la tutela dei crediti tributari e contributivi è rimessa ai dui criteri che presidiano ogni altro credito: (i) il superamento del c.d. “test di convenienza” rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale o della liquidazione controllata e (ii) il rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione[51].
3.1.6 . La realizzazione di operazioni straordinarie
Stante il mancato richiamo all’art. 116 CCII[52] in tema di operazione straordinarie nel contesto del concordato preventivo, ci si pone la questione circa la loro ammissibilità nell’ambito del concordato semplificato. 
Sino ad ora parte della dottrina[53] ha riconosciuto la possibilità di effettuare operazioni di finanza straordinaria, purché esse siano mosse dal fine ultimo della miglior liquidazione sul mercato del compendio aziendale[54]. In particolare, la loro ammissibilità deriverebbe dell’applicazione allo strumento degli artt. 120 bis e quinquies CCII[55], ritenuti titolo sufficiente ad assicurare l’integrale esecuzione di tali operazioni anche in assenza di apposite delibere da parte dei soci[56].
3.1.7 . L’intervento di un assuntore e di un garante
Nell’ambito della definizione del contenuto della proposta di concordato semplificato si pone il dubbio se quest’ultima possa prevedere la cessione dei beni ad un assuntore, ovvero l’intervento di un garante. 
In dottrina è stato ritenuto ammissibile l’intervento di un garante o di un assuntore, purché sia accompagnato dalla cessione dei beni del debitore[57].
3.2 . Il piano di liquidazione e le ipotesi di continuità aziendale
L’art. 25 sexies, comma 1, CCII, sebbene detti una scarna disciplina, prevede che il piano su cui poggia la proposta debba necessariamente consistere in un “piano di liquidazione”. Invero, la liquidazione dell’intero patrimonio del debitore, che non è riuscito a comporre la crisi nell’ambito della composizione negoziata, rappresenta l’esito al quale il concordato semplificato deve sempre pervenire. Come già osservato, la liquidazione deve riguardare la totalità dei beni del debitore e, pertanto, in sede di predisposizione della proposta di concordato semplificato il debitore non ha la possibilità di scegliere se liquidare o meno il proprio patrimonio. In tale scelta, infatti, verrebbero in gioco apprezzamenti discrezionali (primo fra tutti la propensione al rischio) che non possono essere del tutto sottratti alla libertà di autodeterminazione dei creditori[58]. 
Si tratta ora di comprendere quali siano le modalità attuative della liquidazione del patrimonio del debitore nell’ambito del concordato semplificato. 
Il piano di liquidazione può essere organizzato sia nella forma atomistica sia in quella aggregata, comprensiva dell’intera azienda, fermo restando che, stante il necessario esito liquidatorio del piano, la disciplina del concordato semplificato non può essere differenziata a seconda che il piano sia incentrato sulla liquidazione atomistica dei beni oppure sul trasferimento dell’azienda o di un suo ramo[59]. 
Sul tema, l’art. 25 septies, comma 2, CCII dispone che il piano di liquidazione possa prevedere “un’offerta da parte di un soggetto individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore dell’azienda o di uno o più rami d’azienda o di specifici beni”. Con tale disposizione il legislatore ammette la possibilità, anche prima della omologazione come previsto dal comma successivo, di trasferire a terzi l’azienda o un ramo di essa[60], sebbene non trovi applicazione la puntigliosa disciplina di cui all’art. 91 CCII dettata in materia di concordato preventivo[61]. 
Sulla scorta di quanto sopra, si pone la questione della compatibilità della continuità aziendale (diretta e indiretta) con il piano di liquidazione alla base della proposta di concordato semplificato.
3.2.1 . Continuità indiretta
Come efficacemente osservato, nella continuità indiretta (i.e. “oggettiva”) di cui all’art. 84 CCII, rileva il fatto oggettivo della continuità dell’attività di impresa, anche se in capo ad un soggetto diverso dal debitore[62]. Nel concordato semplificato, invece, non ha alcuna rilevanza che l’azienda sia alienata in funzione della prosecuzione dell’esercizio dell’impresa: il legislatore non attribuisce valore alla continuazione dell’attività di impresa, ma regola le modalità di liquidazione del patrimonio, disponendo la nomina del liquidatore giudiziale e richiamando le disposizioni di vendita dettate in tema di liquidazione giudiziale[63]. Ciò si rinviene dalla natura liquidatoria del concordato semplificato[64]: la cessione dell’azienda non è “funzionalizzata alla continuità ma alla massimizzazione del valore”. Pertanto, non viene in rilievo la continuità indiretta ma si cede l’azienda come complesso organizzato sull’assunto che la cessione unitaria della stessa sia in grado di generare un ricavato migliore[65]. Lo scopo, pertanto, non si rinviene nella rimessione sul mercato dell’impresa, bensì nel tentativo di evitare la dispersione del valore unitario del complesso aziendale orientata alla tutela primaria dei diritti dei creditori[66]. L’interesse protetto dal legislatore, infatti, non si identifica con il risanamento dell’impresa – non essendo conseguito nell’ambito della precedente composizione negoziata – bensì con la definizione dei rapporti con i creditori, recuperando ciò che resta ancora vitale del complesso produttivo[67]. D’altronde, non appare neppure causale che nessuna delle norme previste per il concordato con continuità aziendale venga richiamata dall’art. 25 sexies CCII: il riferimento è rivolto, in particolare, agli artt. 94 bis CCII in ordine ai contratti pendenti nei casi di continuità aziendale, 95 CCII relativo ai contratti con le pubbliche amministrazioni, 99-101 CCII in relazione ai finanziamenti prededucibili e ai pagamenti di crediti anteriori. 
Nell’imminenza dell’introduzione del concordato semplificato ad opera del D.L. 118/2021 è stato autorevolmente osservato che il ricorso all’istituto, con le relative semplificazioni, si giustifica proprio in presenza di ipotesi in cui il patrimonio da liquidare sia composto, anche soltanto in parte, di un’azienda ancora in esercizio o suscettibile di immediata riattivazione[68]. In questo contesto, pertanto, la finalità sostanziale e principale dell’istituto sarebbe quella di consentire una rapida cessione dell'azienda in esercizio, specie quando già vi sia un soggetto interessato all'acquisto, nella prospettiva ultima della conservazione dell'attività d'impresa, anche nei casi in cui l'imprenditore gravato dai debiti non abbia trovato soluzione alla propria crisi con la composizione negoziata. 
In conclusione, la cessione dell’azienda o di un suo ramo a terzi, costituisce una “mera modalità di liquidazione ritenuta più proficua della c.d. vendita parcellizzata”[69].
3.2.2 . Continuità diretta (ponte)
Secondo quanto sopra esposto, la cessione dell’azienda unitaria può rappresentare una proficua modalità di liquidazione nell’ambito del piano di concordato qualora, grazie alla conservazione dei valori aziendali, consente di ritrarre un maggior ricavato rispetto alla vendita atomistica dei singoli beni appartenenti al patrimonio del debitore. Al fine di evitare la dispersione di valore, il complesso produttivo oggetto di trasferimento a terzi dovrebbe essere ancora in funzionamento, anche nell’ottica della massimizzazione del valore a tutela del ceto creditorio. Ne discende che un’eventuale prosecuzione temporanea dell’attività d’impresa nelle more della dismissione del patrimonio aziendale potrebbe astrattamente rappresentare una modalità funzionale a conseguire una miglior liquidazione. Da qui sorge la questione della compatibilità del piano di liquidazione nell’ambito del concordato semplificato con la previsione di una continuità diretta in funzione di una successiva (e imminente) liquidazione. 
Al riguardo, sarebbe necessario distinguere tra cessione dell’azienda in esercizio con finalità di natura meramente liquidatoria e cessione funzionale ad una continuità indiretta, come comunemente nota all’interno della procedura di concordato preventivo. Tuttavia, nella maggior parte dei casi appare assai complesso operare tale distinzione. Secondo una parte della dottrina, al di là delle etichette, la continuità aziendale funzionale alla successiva liquidazione sarebbe compatibile con la disciplina del concordato semplificato, sull’assunto che la prosecuzione dell’attività deve essere finalizzata alla conservazione dell’azienda in esercizio per consentire la liquidazione a migliori condizioni rispetto alla vendita atomistica. Invero, nell’ambito del concordato semplificato non si tratterebbe di “continuità indiretta”, bensì di “prosecuzione dell’attività di impresa in funzione della liquidazione”. Tale prosecuzione sarebbe unicamente finalizzata alla conservazione dell’azienda in esercizio per consentire una più proficua liquidazione del patrimonio, funzionale a soddisfare le aspettative del ceto creditorio che non devono essere peggiori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale (o controllata)[70]. 
Secondo altra dottrina, sarebbe poco condivisibile la previsione di una continuità diretta nell’ambito del concordato semplificato. Invero, tale istituto sembra destinato a scongiurare lo smembramento del compendio aziendale, ma in una prospettiva indilazionabile di soddisfazione dei crediti analoga a quella propria della liquidazione giudiziale, nel cui ambito non è ipotizzabile la permanenza nella detenzione dell’azienda del debitore. Quest’ultimo viene immantinente disarcionato dal compendio produttivo, poiché l’esercizio dell’impresa potrebbe proseguire semmai sotto la guida del curatore (art. 211 CCII)[71]. 
La compatibilità della continuità diretta con la disciplina del concordato semplificato deve essere analizzata anche con riferimento all’assenza del diritto di voto in capo ai creditori, diversamente dalle previsioni normative dettate per il concordato preventivo. Invero, nel concordato preventivo sono i creditori a votare e a decidere anche sulla conservazione in capo al debitore dell’azienda o di un suo ramo, mentre nel concordato semplificato i creditori non votano. Da ciò si comprende la chiara scelta legislativa: se il debitore vuole continuare direttamente l’attività di impresa e trattenere a sé tutta o una parte dell’azienda, non può accedere al concordato semplificato, ma deve ricorrere al concordato preventivo e sottoporre la sua proposta al ceto creditorio[72]. 
Infine, secondo un filone dottrinale, il concordato semplificato rappresenta una forma particolare di realizzazione della responsabilità del debitore – né più né meno della liquidazione giudiziale – mentre l’imposizione di una continuità diretta, che esclude la liquidazione del patrimonio, potrebbe comportare una troppo vistosa violazione, non solo dell’art. 2740 c.c., ma anche dei soprastanti principi costituzionali e sovranazionali che accumunano la tutela del diritto di proprietà e del diritto di credito (art. 42 Cost. e art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo)[73].
4.1 . L’ipotesi di “continuità indiretta” nel piano di liquidazione
Come anticipato al paragrafo precedete, il piano di concordato semplificato può prevedere la liquidazione del patrimonio mediante l’alienazione atomistica dei beni ovvero attraverso la cessione di azienda o di suoi rami, sulla base di un piano che, nell’ambito del concordato preventivo, verrebbe definito in continuità indiretta. La compatibilità di quest’ultima con il concordato semplificato rappresenta uno dei primi temi trattati in giurisprudenza a seguito dell’introduzione dell’istituto. 
Invero già nel mese di maggio del 2022, il Tribunale di Ivrea[74] ha affrontato un caso in cui il piano di concordato semplificato si basava, per quanto rilevante in questa sede, sull’alienazione di un ramo d’azienda ad altra impresa, già previamente individuata nell’affittuaria che conduceva il ramo in forza di contratto di affitto. Invero, nell’ambito dello strumento concordatario semplificato, l’affittuaria ha presentato un impegno irrevocabile all’acquisto del ramo d’azienda, che prevedeva l’imputazione a titolo di acconto sul prezzo dei canoni di versati. Con la pronuncia in esame, i giudici di merito hanno statuito la compatibilità del piano di liquidazione nell’ambito del concordato semplificato con la cessione a terzi dell’azienda in funzionamento, ancorché già condotta da terzi in forza di contratto di affitto. In aggiunta, il Tribunale ha evidenziato la necessità di un congruo e ragionevole prolungamento del contratto di affitto del ramo di azienda, nonché del consequenziale impegno all’acquisto del ramo aziendale, funzionale a coniugare l’evidenza di una seria stabilità dell’impegno assunto dalla conduttrice dell’azienda con i tempi tecnici della procedura di concordato semplificato e delle verifiche giudiziali che essa necessariamente richiede per verificare la sussistenza dei presupposti per conseguire l’omologazione. 
Con provvedimento di omologa del concordato semplificato del 24 gennaio 2023 emesso dal Tribunale di Udine[75] viene nuovamente affrontato il tema della cessione di azienda nell’ambito dell’istituto in esame. In particolare, nel caso di specie, il piano di liquidazione prevedeva uno scenario base che assumeva prudenzialmente che non si addivenisse alla cessione dell’azienda (o di rami di essa) e uno scenario “migliorativo” che assumeva la valorizzazione dei complessi aziendali in continuità indiretta. Di particolare interesse quest’ultimo scenario, tenuto conto della ammissibilità, nel caso di specie, di un piano di liquidazione imperniato su un accordo con le organizzazioni sindacali idoneo a ridurre il passivo e su una continuità indiretta volta a valorizzare i complessi aziendali in funzione di una più proficua loro cessione, suscettibile di essere condotta dall’ausiliario. 
Un ulteriore precedente giurisprudenziale si rinviene in Trib. Parma del 12 luglio 2023[76], nell’ambito del quale il piano di liquidazione prevedeva la cessione dell’azienda in presenza di un’offerta irrevocabile di acquisto. Per quanto rilevante in questa sede, i giudici di merito hanno statuito la compatibilità di tale ipotesi con l’istituto del concordato semplificato considerando che la ricorrente, conformemente al dettato dell’art. 25 sexies CCII, ha proposto “un concordato puramente liquidatorio, prevedendo l’integrale cessione a terzi dei beni, ivi compresa l’azienda, senza contemplare una continuazione in via diretta dell’attività imprenditoriale e che la previsione della cessione a terzi dell’azienda in esercizio (“in blocco”), ammissibile ai sensi di quanto previsto dall’art 25 septies comma II CCII, costituisca mera modalità di liquidazione ritenuta più proficua della c.d. vendita parcellizzata”. 
La compatibilità del concordato semplificato con la previsione di un piano che contempli quella che viene comunemente definita nell’ambito delle ristrutturazioni la continuità indiretta è stata anche affermata da Trib. Trieste, 8 settembre 2023, Trib. Treviso 3 ottobre 2023[77], Trib. Milano 4 luglio 2024[78] [79].
4.2 . L’ipotesi di una continuità diretta temporanea
Posto che nel concordato semplificato è ammessa la soddisfazione dei creditori mediante la cessione dell’azienda in esercizio, anche in caso di pendenza di un contratto di affitto della stessa o di un suo ramo, rimane da chiarire se risulti ammissibile la prosecuzione dell’attività d’impresa per un periodo interinale volto ad assicurare il mantenimento dei valori aziendali a tutela del ceto creditorio. 
A pochi mesi dalla pronuncia che ha statuito la possibilità di prevedere un piano di liquidazione che contempli la cessione dell’azienda in funzionamento, il Tribunale di Siena[80] ha affrontato una fattispecie nella quale il piano di liquidazione prevedeva la cessione in forma frazionata dei beni costituenti l’intero patrimonio aziendale e la gestione temporanea e in continuità diretta dell’attività, funzionale alla sua dismissione, con l’obiettivo di massimizzare i flussi disponibili per la soddisfazione del ceto creditorio. In sede di valutazione della ritualità della proposta, il Tribunale non ha escluso a priori la compatibilità di una continuità diretta funzionale alla dismissione del patrimonio nell’ambito di un piano di liquidazione connesso a una proposta di concordato semplificato, a condizione della sua funzionalità rispetto al piano di dismissione e in presenza di specifiche cautele, di cui dovrà rendere conto l'esperto nel proprio parere. In particolare, dalla disamina della pronuncia in esame pare ipotizzabile l’ammissibilità di una continuazione anche diretta dell’azienda, purché: 
  • sia funzionale rispetto al piano di dismissione;
  • siano debitamente considerati i costi di gestione legati alla continuità temporanea dell’attività d’impresa e il rischio che questi ultimi vadano a detrimento dei creditori nelle more della dismissione dell’intero patrimonio aziendale;
  • l’esperto valuti la veridicità dei dati aziendali;
  • l’esperto specifichi se la prosecuzione dell’attività d’impresa non arrechi un pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa apertura della liquidazione giudiziale, ossia se rimane inalterato il principio di equivalenza del soddisfacimento dei creditori nella proposta di concordato semplificato rispetto a quello conseguibile nell’alternativa liquidatoria in sede giudiziale.
In conclusione, alla luce della pronuncia in esame, pare prospettabile una proposta di concordato semplificato che preveda la continuità aziendale diretta temporanea in funzione di una successiva liquidazione, purché i costi di gestione siano debitamente considerati e non vadano a detrimento dei creditori nelle more della dismissione dell’intero patrimonio aziendale in misura tale da inficiare l’equivalenza della proposta concordataria rispetto all’ipotesi liquidatoria di riferimento.
La compatibilità della continuità diretta temporanea funzionale alla successiva dismissione del patrimonio è stata successivamente sostenuta da Trib. Treviso, 3 ottobre 2023[81], nell’ambito del quale la proposta prevedeva la gestione diretta dell’attività funzionale a “mantenere la continuità operativa propedeutica alla cessione in esercizio” dell’azienda, anche prima dell’omologazione, sulla base di un’offerta irrevocabile ricevuta. Nel caso di specie, un creditore, in sede di opposizione, ha eccepito l’estraneità della continuità aziendale rispetto al concordato semplificato. Il Tribunale ha ritenuto di non accogliere il motivo avanzato dal creditore, tenuto conto che la “continuità interinale, funzionale alla cessione, è stata valutata nel piano e verificata dall’Ausiliario come conveniente per i creditori perché ha garantito la miglior esitazione del compendio aziendale. La comparazione dei tre scenari alternativi (liquidatorio, NO-182 bis e piano) ha, pur nelle fasi congiunturali della crisi di […] e tenuto conto dei costi della continuità, sempre confermato la prevalenza della soluzione concordataria”.
La compatibilità della prosecuzione temporanea dell’attività d’impresa nell’ambito del concordato semplificato è stata altresì sostenuta dal Tribunale di Pescara con decreto del 27 gennaio 2025[82]. Nel caso di specie, il piano prevedeva, tra gli altri, “la temporanea prosecuzione diretta dell’attività d’impresa consistente nella vendita al miglior prezzo di realizzo dei ricambi ubicati nel magazzino della società avvalendosi della collaborazione a titolo gratuito della socia”. In sede di redazione del parere, l’ausiliario ha evidenziato che l’attività temporanea prevista dalla ricorrente, qualora non interrotta, avrebbe generato delle perdite che avrebbero influito negativamente sulle risorse finanziarie messe a disposizione della procedura. In sede di deposito della memoria difensiva, la ricorrente ha dato atto del conseguimento del risparmio di taluni costi di gestione che avrebbe consentito di generare un utile dall’attività temporanea, che l’ausiliario ha provveduto a verificare. Il Tribunale ha, infine, provveduto all’omologa del concordato, rigettando altresì le opposizioni pervenute, aventi anche ad oggetto l’esiguità dell’utile prospettato dalla ricorrente come derivante dalla continuità temporanea. Pertanto, in linea con quanto statuito dal Tribunale di Siena, pare che i giudici di merito abbiano ritenuto compatibile la previsione di una continuità diretta temporanea e funzionale alla dismissione del patrimonio aziendale, a condizione che ciò non comporti un pregiudizio al ceto creditorio, rinvenibile nella generazione di una perdita di periodo che andrebbe ad influenzare negativamente le risorse finanziarie da mettere a disposizione dei creditori.
La circostanza per cui la finalità liquidatoria del concordato precluda che esso possa perseguire una continuità aziendale è stata, invece, sostenuta da App. Firenze, 5 febbraio 2025, secondo la quale il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio ha natura esclusivamente liquidatoria e non può essere utilizzato per perseguire finalità di continuità aziendale, neanche in forma indiretta o transitoria[83]. In realtà, non pare che il provvedimento in esame escluda a priori la compatibilità della continuità diretta con il concordato semplificato: il piano di liquidazione può contemplare una prospettiva temporale nella quale vi sia una continuità dell’azienda, “ma la gestione deve essere limitata all’ordinaria amministrazione, nell’ottica di non disperdere il patrimonio aziendale”. I giudici di legittimità hanno escluso, pertanto, che la continuità possa costituire l’aspetto saliente della proposta, neppure al fine di ottenere la liquidità necessaria per il pagamento dei creditori, dovendo questa necessariamente pervenire dalla vendita del compendio aziendale. Nel caso di specie, i giudici di legittimità hanno confermato la revoca dell’omologazione, considerando che la finalità della proposta di concordato depositata dalla ricorrente è palesemente quella di garantire la continuità aziendale, inizialmente diretta per poi divenire indiretta. I giudici di legittimità hanno confermato, pertanto, che una simile proposta si collochi al di fuori dello schema normativo del concordato semplificato in quanto la finalità liquidatoria viene indicata in termini assolutamente residuali rispetto alla continuità aziendale[84].
L’estraneità del ricorso alla continuità diretta, ancorché genericamente funzionale alla successiva liquidazione, con il concordato semplificato è stata sostenuta recentemente dal Tribunale di Milano con provvedimento del 15 aprile 2025[85]. Nel caso di specie, il piano di liquidazione contemplava la prosecuzione dell’attività d’impresa per tre anni, ritenuta incompatibile dai giudici di merito con l’istituto del concordato semplificato. In particolare, il Tribunale ha statuito che non “è configurabile nel concordato semplificato il ricorso alla continuità diretta, ancorché genericamente funzionale alla successiva liquidazione. Lo strumento residuale concordatario è finalizzato (anche) ad evitare lo smembramento del going concern, ma solo nel quadro di una cessione immediata dell’attività, che non rende ipotizzabile la permanenza nella detenzione dell’azienda in capo ad un debitore che in premessa adduce la propria insolvenza”. I giudici di merito sono giunti a tale conclusione a seguito di una approfondita disamina della ratio del concordato semplificato, inteso quale extrema ratio a cui affidarsi qualora non sussista altro bivio operativo possibile e l'intera gamma degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, tanto contrattuali quanto concorsuali, annoverati dall’art. 23 CCII come esiti fisiologici della composizione negoziata, siano indicati dall'esperto come impraticabili. Poiché nell’ambito della composizione negoziata è emersa l’impraticabilità di qualsiasi ipotesi di ristrutturazione sondata dall’imprenditore, con l’ausilio dell’esperto, la cessione dell’azienda in esercizio o quanto più aggregata dei beni di cui all’art. 25 septies CCII, “non è valorizzata dal legislatore in funzione della continuità d’impresa, ipotesi ormai esaurita nel contesto concreto, ma è funzionale alla maggior soddisfazione dei creditori, in linea con la previsione dell’art. 214 comma 1 CCII”. In conclusione, il Tribunale di Milano ha assunto una posizione chiara circa l’incompatibilità del ricorso alla continuità diretta, ancorché genericamente funzionale alla successiva liquidazione, con il concordato semplificato, cui accedono imprese non più risanabili con la finalità di favorire una cessione traslativa e non anche il “finanziamento di un persistente esercizio dell’attività economica da parte del debitore titolare dell’impresa non risanabile”.
4.3 . La previsione di una utilità minima e l’attribuzione ai creditori di una percentuale irrisoria
Tra i requisiti richiesti ai fini dell’omologazione della proposta, l’art. 25 sexies, comma 5, CCII specifica che deve essere riconosciuta ai creditori una soddisfazione non deteriore rispetto a quella rinvenibile dalla liquidazione giudiziale (o liquidazione controllata) e comunque un’utilità minima per ciascuno di essi. Se la prima parte della disposizione risulta di immediata comprensione, non altrettanto si può sostenere della seconda, anche tenuto conto che la norma dettata in materia di concordato semplificato non chiarisce la portata dell’espressione “utilità a ciascun creditore”, poiché è assente il riferimento alla valutabilità economica della stessa, come invece previsto in tema di concordato in continuità. 
Il tema in esame è stato affrontato in giurisprudenza con il provvedimento del Tribunale di Bergamo del 6 dicembre 2023[86]. In questo caso il piano di liquidazione prevedeva, a seguito della liquidazione atomistica dei beni, l’assenza di alcuna soddisfazione di carattere monetario al di sotto dei creditori privilegiati di cui all’art. 2752, comma 3, c.c. In particolare, la ricorrente specificava come il requisito di utilità da riservare a ciascun creditore veniva rispettato in quanto anche i creditori rimasti privi di soddisfazione potevano godere di un’utilità derivante dai vantaggi fiscali (i.e. la possibilità di recuperare l'Iva) derivanti dal mancato pagamento del loro credito. 
Il Tribunale di Bergamo, nel corso del vaglio di ritualità, ha rigettato la proposta in quanto, seppur “non risulta necessario che l’utilità sia economicamente computabile” non essendo richiamato l’art. 84, comma 3, CCII, nondimeno “deve trattarsi di un’utilità apportata dall’imprenditore della procedura, un quid pluris di qualsiasi natura connesso alla soluzione alternativa alla liquidazione giudiziale che intende proporre”. 
Pertanto, i vantaggi fiscali derivanti dall’insoddisfazione del credito non possono essere giuridicamente considerati un’utilità ai fini dell’omologa del concordato semplificato in quanto presenti anche nella liquidazione giudiziale. Alla medesima conclusione per cui non possa intendersi come utilità la possibilità per i creditori di immediata deducibilità fiscale del credito è giunto App. Ancona, 27 marzo 2024[87]. 
In aggiunta, con la pronuncia in esame il Tribunale di Bergamo ha riconosciuto apertamente la possibilità di soddisfo con utilità diverse dal denaro, come ad esempio, la prosecuzione dei rapporti commerciali di cui anche all’art. 84, comma 3, CCII oppure altri vantaggi commerciali. 
La posizione del Tribunale di Bergamo, seppur maggioritaria[88], non è unanime. Sulla questione, ad esempio, il Tribunale di Como con il provvedimento del 27 ottobre 2022[89] si è espresso ritenendo non indispensabile il rispetto del requisito in esame in assenza di soddisfazione nell’alternativa liquidazione giudiziale. A fronte del mancato soddisfacimento di parte dei creditori privilegiati e dei chirografari, il Tribunale ha disposto l’omologazione della proposta rilevando come il vaglio che il Tribunale è tenuto ad effettuare in sede di omologazione ricade “sulla verifica della mancanza di pregiudizio della proposta nei riguardi dei creditori, ovvero della destinazione al singolo creditore di una utilità, non inferiore rispetto a quella da lui conseguibile nella alternativa del fallimento/liquidazione giudiziale.” 
In ordine alle utilità di riconoscere ai creditori è altresì intervenuto il Trib. di Treviso del 3 ottobre 2023. Nella fattispecie esaminata, il piano di liquidazione prevedeva la soddisfazione integrale dei creditori prededucibili e privilegiati, destinando unicamente euro 30.000, provenienti da risorse esterne alla società, per pagare l’ingente debito chirografario, che veniva così soddisfatto nella misura del 0,048%. In considerazione della cessione del ramo d’azienda ad un offerente individuato dalla ricorrente, in grado di garantire la prosecuzione dei rapporti di lavoro e la continuazione nei rapporti contrattuali con i fornitori (in particolare, fornitori commerciali e agenti), i giudici di merito hanno ritenuto che il requisito dell’utilità attribuita a ciascun creditore fosse stato rispettato. Invero, in caso di liquidazione giudiziale, i creditori chirografari non avrebbero in alcun modo conseguito queste utilità. Tra i vantaggi compensativi viene rappresentato come il concordato semplificato proposto sia in grado di esprimere un vantaggio qualitativo per i creditori rinvenibile nella maggiore rapidità procedurale e di riparto e che, laddove essa preveda la continuità indiretta, sussistano anche vantaggi non monetari, quali la continuità dei rapporti di lavoro e/o la continuazione o rinnovazione dei rapporti commerciali (fornitori strategici ed agenti). Tale posizione è stata confermata dalla Corte di Appello di Venezia del 28 marzo 2024, secondo la quale l’utilità richiesta dall’art. 25 sexies CCII deve concretizzarsi in un’assenza di danno nei confronti dei creditori[90]. 
Secondo il Tribunale di Treviso, inoltre, il rispetto del requisito dell’utilità non postula necessariamente un accordo con ogni creditore, essendo sufficiente che ognuno di essi (ad esempio, i fornitori) possa proseguire nei rapporti contrattuali (riprendendo le forniture con l’acquirente dell’azienda)[91]. 
Infine, il citato provvedimento del Tribunale di Treviso affronta altresì la questione della percentuale irrisoria proposta ai creditori chirografari (0,048%), statuendo che sia “pacifico che la percentuale di soddisfazione dei chirografari ad origine e dei privilegiati degradati sia davvero minimale, sostanzialmente irrisoria, ma i vantaggi compensativi per i creditori derivanti dalla continuità indiretta, possibile anche con il concordato semplificato avente natura liquidatoria, consentono di superare il vaglio di convenienza che deve operare il Tribunale nell’ambito di un concordato senza voto”. Pertanto, anche in questo caso ciò che rileva non è l’irrisorietà della percentuale offerta, bensì il raffronto rispetto all’alternativa liquidatoria di riferimento. Invero, la presenza di vantaggi compensativi pare legittimare la previsione di una percentuale monetaria irrisoria per la soddisfazione dei creditori chirografari ab origine e dei creditori privilegiati degradati per incapienza (compresi erario ed enti previdenziali).
4.4 . La falcidiabilità del debito erariale
Stante il mancato richiamo all’art. 88 CCII, un’ulteriore questione riguarda la possibilità di predisporre un piano di liquidazione che preveda il pagamento falcidiato o dilazionato dei crediti erariali e previdenziali nel concordato semplificato. 
In giurisprudenza il tema è stato affrontato dapprima dal Tribunale di Lecce con decreto del 30 ottobre 2023[92], chiamato ad esprimersi su una proposta che prevedeva la parziale soddisfazione, mediante la cessione d’azienda e l’apporto di finanza esterna[93], del credito chirografario, così suddiviso, per quanto rileva in questa sede: (i) credito previdenziale degradato per incapienza (6%); (ii) credito erariale degradato per incapienza (5%); (iii) fornitori, istituti bancari e altri creditori (1,66%). 
Il Collegio del Tribunale di Lecce, chiamato ad esprimersi in sede di omologa, si è espresso favorevolmente sul rispetto delle cause legittime di prelazione e sulla corretta formazione delle classi confermando, dunque, la possibilità di falcidia del credito erariale e previdenziale anche nel concordato semplificato. 
In tal senso si è espresso anche il Tribunale di Tempio Pausania con provvedimento del 18 luglio 2024[94], il quale ha osservato come dall’esclusione della transazione fiscale ex art. 88 CCII nell’ambito del concordato semplificato non discenda “l’automatico divieto di falcidia dei debiti erariali”. Invero, le norme del concordato semplificato che consentono di per sé di soddisfare in misura parziale tutti i debiti a causa della crisi del debitore, senza eccezione alcuna per quelli eventualmente aventi natura privilegiata, rappresentano una deroga al principio dell’indisponibilità dei crediti tributari. Da ciò discende l’effettiva possibilità di falcidia dei crediti erariali e previdenziali nell’ambito del concordato semplificato, seppur nel rispetto delle condizioni prescritte dal legislatore (graduazione dei privilegi, conseguimento di una effettiva utilità per l’erario e assenza di un pregiudizio rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare). 
Infine, la Corte d’Appello di Lecce, con sentenza del 15 gennaio 2025[95], ha statuito l’ammissibilità di un pagamento parziale dei debiti erariali, sull’assunto che, stante il tenore letterale dell’art. 25 sexies CCII, l’unico vincolo per l’omologazione sia che “la proposta non arrechi pregiudizio all’alternativa della liquidazione giudiziale e assicuri una utilità a ciascun creditore”. Pertanto, la Corte d’Appello ha confermato quanto ritenuto dai giudici di merito circa la possibilità di pervenire alla falcidia dei debiti tributari anche in assenza di una specifica regolamentazione, valendo il principio (generale) espresso dall’articolo 25 sexies CCII, tale per cui l’unico limite è dato dal confronto con la prospettiva di soddisfacimento nella ipotesi di liquidazione giudiziale.
4.5 . L’ammissibilità delle operazioni straordinarie
Il tema dell’ammissibilità delle operazioni straordinarie nell’ambito del piano di liquidazione di un concordato semplificato è stato affrontato dal Tribunale di Vicenza con provvedimento del 13 giugno 2024[96]. Nella proposta in esame un ruolo decisivo è stato ricoperto da una società quasi interamente controllata dalla proponente e affittuaria dell’azienda della ricorrente, la quale, tuttavia riversava in condizioni di scioglimento obbligatorio ex art. 2484, comma 1, n. 4, c.c. In particolare, nel piano veniva prospettato un superamento delle difficoltà patrimoniali ed economiche di quest’ultima attraverso una riorganizzazione aziendale che prevedeva il conferimento dell’azienda della proponente nell’affittuaria con conseguente ricostituzione del capitale sociale, copertura delle perdite ed efficientamento dei costi, in considerazione del venir meno dei canoni d’affitto. Secondo la proponente, ciò avrebbe garantito la prosecuzione dell’attività della società controllata “in funzione della buona riuscita del piano di concordato”. 
Il Tribunale di Vicenza, pur non escludendo in astratto la possibilità di effettuare operazioni sul capitale, ha ritenuto non attuale la fattibilità del piano, in quanto subordinata a condizione sospensiva[97]: il superamento dello stato di deficit patrimoniale in cui versa l’affittuaria, da realizzarsi mediante il perfezionamento dell’operazione di conferimento dell’azienda condotta in affitto, entro quindici giorni dall’omologazione. Ulteriore vulnus alla fattibilità del piano di liquidazione, tale da inibire in termini assoluti l’espressione di un giudizio positivo sul punto da parte del tribunale, è stato individuato nell’incertezza relativa, tra l’altro, all’incidenza dell’operazione sul valore di iscrizione della partecipazione, che avrebbe dovuto essere rideterminata sulla base del nuovo piano previsionale della società affittuaria. 
Sebbene si possa astrattamente sostenere che il caso in esame non configuri una proposta condizionata, bensì un evento destinato a verificarsi in epoca successiva all’omologazione e come tale da valutarsi secondo un criterio di probabilità, il mancato richiamo all’art. 116 CCII impone inevitabilmente una valutazione ricostruttiva del fenomeno delle operazioni straordinarie nel concordato semplificato attraverso gli artt. 120 bis e 120 quinquies CCII, nonché in correlazione con le disposizioni del Codice civile.
4.6 . Attribuzione delle attività ad un assuntore
Il tema dell’ammissibilità dell’attribuzione delle attività ad un assuntore nel concordato semplificato è stato analizzato dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con decreto di omologazione dell’11 ottobre 2024[98]. 
Nel caso di specie, la società ricorrente ha presentato un piano che prevedeva la soddisfazione del ceto creditorio mediante l’intervento di un terzo assuntore che diviene successore e sostituto del debitore liberato, impegnandosi a adempiere in via esclusiva il concordato. 
Il Tribunale ha riconosciuto come la fattispecie in questione non costituisca una tipologia di concordato diversa rispetto a quello con cessione dei beni o liquidatorio, in quanto l’assunzione da parte di un terzo degli obblighi di adempimento involge solo l’aspetto soggettivo del rapporto obbligatorio. In tal caso, il vaglio di fattibilità del piano è stato esteso alla verifica del grado di solvibilità del terzo assuntore e delle garanzie prestate a supporto del proprio intervento, nel caso di specie costituite da una somma imputata a caparra confirmatoria degli impegni assunti. 
5 . Considerazioni conclusive
Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio risulta uno strumento concepito dal legislatore alla stregua di ipotesi estrema a cui affidarsi in quei casi in cui non sussista altra alternativa di risanamento possibile all’esito della composizione negoziata. Non renderebbe giustizia allo strumento, tuttavia, considerare l’istituto una mera alternativa alla liquidazione giudiziale senza tener presenti le sue possibili declinazioni pratiche. 
Alla luce delle pronunce analizzate, infatti, emerge come l’istituto possa concretamente rappresentare una via d’uscita rapida ed efficiente da una situazione di profonda crisi aziendale anche e soprattutto mediante l’individuazione di un soggetto diverso dal debitore, sull’assunto che la cessione unitaria della azienda, ancora in esercizio o suscettibile di immediata riattivazione, sia in grado di generare un ricavato migliore rispetto alla liquidazione giudiziale (o controllata). L’istituto, grazie alla sua elevata flessibilità, permette di valorizzare a pieno l’attivo aziendale anche mediante operazioni straordinarie o la continuità diretta per un periodo interinale, laddove ritenuta compatibile. Particolarmente significativo risulta in ogni caso il ruolo ricoperto da un terzo, il quale, attraverso la formulazione di una offerta irrevocabile d’acquisto ovvero ricoprendo la figura di assuntore, può consentire di trasferire in tempi brevi complessi aziendali funzionanti, salvaguardando posti di lavoro e preservando valore a tutela del ceto creditorio. Tuttavia, poiché il concordato semplificato rappresenta uno tra gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza più innovativi nel panorama concorsuale, si connota ancora per diverse questioni interpretative rimaste irrisolte. Da un lato, appare difficilmente opinabile che il piano di un concordato semplificato debba anzitutto esprimere un piano dalla matrice liquidatoria, che sia rispettoso della par condicio creditorum, della fattibilità, del riconoscimento di una utilità a ciascun creditore, ancorché non necessariamente monetaria e di una soddisfazione non deteriore rispetto allo scenario alternativo di liquidazione giudiziale o controllata. Entro questi limiti, l’autonomia concessa al debitore è massima. Dall’altro lato, invece, devono ancora trovare soluzione unanime diverse questioni con risvolti pratici molto rilevanti, tra cui la compatibilità di una gestione temporanea dell’attività d’impresa funzionale alla dismissione dell’intero patrimonio aziendale.

Note:

[1] 
S. Sanzo, Concordato semplificato e misure protettive: un vuoto normativo nel codice della crisi? in Il Fallimentarista, 20 luglio 2022. 
[2] 
In realtà sarebbe meglio parlare di “secondo correttivo” poiché il D.Lgs. n. 82/2023 non venne emanato in esecuzione della delega al governo ad apportare correttivi al CCII, bensì in esecuzione della delega “per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione Europea”. Pur nella consapevolezza di ciò, ai fini di una maggior semplicità espositiva e per tenere conto delle varie modifiche che – per qualsiasi ragione – sono state adottate successivamente alla promulgazione della versione originale del D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, nel presente elaborato si utilizza il termine “Correttivo ter” con riferimento al D.Lgs. n. 136/2024. 
[3] 
È stato osservato che il nome stesso dell’istituto non appare appropriato: l’istituto si chiama “concordato”, ma non si concorda nulla, né fra il debitore e i suoi creditori (la mancanza di un accordo con i creditori o alcuni di essi in sede di composizione negoziata rappresenta proprio uno dei presupposti di accesso), né con il tribunale. Così, P. F. Censoni, Il concordato ‘semplificato’ nel Codice della crisi e dell’insolvenza: un istituto enigmatico, in Giur. Comm., 2, 2023, p. 188. 
[4] 
Sebbene la disciplina del concordato semplificato sia collocata separatamente rispetto a quella dedicata agli “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza” (Titolo IV), la definizione contenuta nell’art. 2, comma 1, lett.) m-bis, CCII appare sufficientemente ampia per ricomprendervi anche il concordato semplificato. Invero, la ratio della collocazione sistematica del concordato semplificato è riconducibile allo stretto legame di tale istituto con il percorso della composizione negoziata. 
[5] 
Il concordato semplificato rientra nella nozione di procedura concorsuale, tenuto conto che: (i) trova la sua genesi in una domanda di omologazione rivolta al tribunale, che accerta una situazione di patologia dell’impresa (crisi o insolvenza); (ii) la gestione della liquidazione del patrimonio viene affidata ad un organo nominato dall’autorità pubblica (liquidatore giudiziale); (iii) viene coinvolto l’intero patrimonio del debitore; (iv) viene inibita la creazione di posizioni di preferenza tra creditori; (v) trovano applicazione le regole di parità di trattamento in sede di distribuzione del patrimonio. Sui connotati delle procedure concorsuali si veda Fabiani (a cura di), Sistema, principi e regole del Dirittodellacrisi.it d’impresa, Milano, 2023, p. 9. La qualificazione di procedura concorsuale del concordato semplificato è stata sostenuta in giurisprudenza di merito dapprima dal Trib. Milano, 16 settembre 2022, in Procedure concorsuali e crisi d’impresa, 5, 2023, p. 699, con nota di G. Carmellino, Prove di concorsualità per il concordato semplificato. Nella giurisprudenza di legittimità, si veda Cass., 12 aprile 2023, n. 9730, in Dirittodellacrisi.it, a tenore della quale il concordato semplificato, pur connotato da peculiarità rispetto al concordato preventivo fin dalla fase d'accesso in quanto postula il previo percorso della composizione negoziata, rientra al pari di quest'ultimo nell'alveo delle procedure concorsuali. 
[6] 
Il concordato semplificato è concepito dal legislatore come extrema ratio, a cui affidarsi in ipotesi in cui non sussista altro bivio operativo possibile e l'intera gamma degli strumenti di regolazione della crisi, tanto contrattuali quanto concorsuali, annoverati dell'art. 23 come esiti fisiologici della composizione negoziata, siano indicati dall'esperto come impraticabili”. Così, Trib. Milano, 15 aprile 2025, in Dirittodellacrisi.it
[7] 
Per una puntuale disamina differenziale del concordato semplificato e preventivo si rimanda a S. Leuzzi, Analisi differenzia fra concordati: concordato semplificato vs ordinario, in Dirittodellacrisi.it, 9 novembre 2021. 
[8] 
Manca, invece, ogni riferimento alla sorte dei rapporti giuridici preesistenti, non essendo stati richiamati né l’art. 95 CCII né l’art. 97 CCII, con la conseguenza che non sia consentito al debitore di chiedere l’autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento di detti rapporti. Non è richiamato e non appare compatibile (e per vero neppure necessario) l’art. 89 CCII in tema di neutralizzazione degli obblighi degli amministratori in caso di perdite e di scioglimento della società, tenuto conto della natura liquidatoria del concordato semplificato. 
[9] 
L’opportunità introdotta dal Correttivo ter di accesso con riserva al concordato semplificato non può essere utilizzata al fine di ampliare il termine di sessanta giorni dalla comunicazione della relazione finale dell’esperto, pena l’inammissibilità della domanda. In giurisprudenza, v. Trib. Milano, 5 dicembre 2024, in Dirittodellacrisi.it, il quale aggiunge che, in pendenza del termine per il deposito della proposta e del piano di liquidazione, in analogia a quanto previsto dall’art. 44, comma 1, lett. c) e d) CCII, può essere imposto all’imprenditore di adempiere a specifici obblighi informativi. 
[10] 
G. D’Attorre, Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, in S. Sanzo-D. Burroni (a cura di), Crisi e insolvenza dopo il Correttivo ter, Bologna, 2024, F. Lamanna, Il concordato semplificato: incentivo per la composizione negoziata o arma “sleale” e “letale”?, in Il Fallimentarista, 27 aprile 2022 e A. Rossi, Le condizioni di ammissibilità del concordato semplificato, Il Fall. e le altre procedure concorsuali, 6, 2022; G. Bozza, Il concordato semplificato introdotto dal d.l. n. 118 del 2021, convertito, con modifiche dalla l. n. 147 del 2021, in Dirittodellacrisi.it, 9 novembre 2021. 
[11] 
Tra tutte: Trib. Torino, 25 novembre 2022, in Diritti della Crisi e App. Trieste, 21 marzo 2024, in Dirittodellacrisi.it. 
[12] 
La proposta del debitore è naturalmente diretta ai creditori, i quali, diversamente dal concordato preventivo, non sono chiamati ad esprimere alcuna accettazione, nemmeno nella forma attenuata del silenzio-assenso. A fronte di ciò, il legislatore ha previsto che, in sede di giudizio di omologazione, il tribunale è tenuto a verificare il requisito della convenienza, sebbene declinato nei termini ridotti di assenza di “pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale o della liquidazione controllata” (art. 25 sexies, comma 5, CCII). 
[13] 
Sul punto si vedano tra gli altri: P.F. Censoni, Il concordato “semplificato”: un istituto enigmatico, in Ristrutturazioni Aziendali, 22 febbraio 2022 ed C. Esposito (a cura di), Il concordato semplificato, Milano, 2023. 
[14] 
L’art. 13 CCII dispone che solo in quanto iscritto al registro delle imprese, l’imprenditore può accedere alla piattaforma telematica nazionale, attraverso la quale avviare il percorso della composizione negoziata, che potrebbe successivamente naufragare nel concordato semplificato. L’accesso a quest’ultimo presuppone, pertanto, la regolare iscrizione presso il registro delle imprese. 
[15] 
Tribunale di Bergamo, 26 aprile 2023, in Procedure concorsuali e crisi d’impresa, 2023, con nota di L. Panzani, Concordato semplificato di gruppo ed opposizione all’omologazione. I giudici, nel rigettare l’eccezione di improcedibilità dell’opposizione, rilevata dalle società del gruppo proponente, fanno esplicito richiamo a quanto disposto dall’art. 284 CCII. 
[16] 
A favore Trib. Perugia, 15 luglio 2024, in Dirittodellacrisi.it; il tema viene anche affrontato in Trib. Bergamo, 15 febbraio 2022, in Dirittodellacrisi.it e Trib. Arezzo, 16 aprile 2022, in Dirittodellacrisi.it.
Sul punto si veda, E. Bissocoli, La presunta incompatibilità tra lo stato di liquidazione (recte il piano di liquidazione) e la composizione negoziata della crisi d’impresa: un equivoco da evitare, in Dirittodellacrisi.it, 31 agosto 2022. 
[17] 
Il concordato semplificato costituisce uno “strumento percorribile anche nelle ipotesi di insolvenza della ricorrente”. Così, Trib. Ancona, 1 aprile 2025, in IlCaso.it
[18] 
Ciò che assume rilievo è la circostanza per cui all’avvio del percorso negoziato l’insolvenza del debitore si mostrasse ancora fronteggiabile, attraverso iniziative industriali concrete e una manovra finanziaria realizzabile ad esito della composizione stessa. 
[19] 
Qualora l’imprenditore non dovesse versare in una situazione di crisi o insolvenza non troverebbe giustificazione l’imposizione ai creditori di una liquidazione del patrimonio del debitore, su richiesta di quest’ultimo, con previsione di un sacrifico, in tutto o in parte, delle proprie ragioni di credito. Del resto, l’accesso al concordato semplificato è ammissibile solo quando non sono praticabili soluzioni effettivamente concordate con i creditori (art. 23, comma 1, e art. 23, comma 2, lett. a) e b) CCII). Sul punto, v. F. Lamanna, Criticità del presupposto oggettivo della composizione negoziata, in Ilfallimentarista.it, 20 aprile 2022, il quale precisa che “o quella del superamento di una semplice crisi con il rispristino della continuità mediante sbocchi concordati e direi quasi fisiologici […]; oppure quella della liquidazione facilitata attraverso il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, chiaramente destinata alle situazioni di insolvenza”. 
[20] 
Così definito da P.F. Censoni, Il concordato ‘semplificato’ nel Codice della crisi e dell’insolvenza: un istituto enigmatico, op. cit., p. 189. 
[21] 
Sul punto, si veda, tra gli altri, E. Sorci, L’applicabilità delle misure protettive e cautelari nell’ambito del concordato semplificato e la via stretta dell’analogia legis: in attesa del correttivo, in Dirittodellacrisi.it, 24 giugno 2024. 
[22] 
Prima del Correttivo ter, la norma si riferiva solo al comma 2 lett. b), escludendo l’ipotesi di piano attestato di risanamento ex art. 56 CCII (lett. a) del comma 2). 
[23] 
In giurisprudenza, si è ritenuto che, qualora in esito alla composizione negoziata, si palesi praticabile il ricorso all’accordo di ristrutturazione dei debiti, anche con transazione fiscale, l’imprenditore non è legittimato ad accedere al concordato semplificato: Trib. Bergamo, 23 settembre 2022, e Trib. Mantova, 17 aprile 2023, entrambi in Dirittodellacrisi.it
[24] 
G. Bozza, op. cit., p. 12. In giurisprudenza, si veda di più recente Trib. Milano, 15 aprile 2025, in Dirittodellacrisi.it, ove si legge che “Trattasi di termine che non contempla proroghe o eccezioni, sussistendo un palese nesso funzionale, cronologico e teleologico tra la negoziazione intervenuta con i creditori e lo strumento previsto in sede giurisdizionale”. Ancora, Trib. Milano, 31 marzo 2025, in IlCaso.it.
[25] 
App. Lecce, 15 gennaio 2025, in IlCaso.it, lo definisce come “un incentivo esercitabile nei confronti dei creditori per indurli a partecipare attivamente alle trattative e definire la composizione con un accordo negoziale che garantirebbe loro un soddisfacimento maggiore rispetto all’ipotesi plastica del concordato semplificato, all’esito del quale potrebbe aver luogo uno stralcio pressoché totale dei loro crediti”. 
[26] 
La previsione della mancanza del diritto di creditori vale a conferire una più spiccata forza contrattuale all’imprenditore in fase di trattative nella composizione negoziata, posto che i creditori mal disposti a rimodulare le pretese entro i limiti esterni dell’apprezzabile sacrificio, saranno ben consapevoli che il mancato accordo non li premierà, perché non saranno ulteriormente chiamati a pronunciarsi, né riceveranno di più nel plesso della liquidazione giudiziale. Così, S. Leuzzi, Il concordato semplificato nel prisma delle prime applicazioni, in Dirittodellacrisi.it, 19 maggio 2023, p. 20. L’autore precisa che il concordato semplificato non aggiunge e non toglie nulla ai creditori, sicché su un piano sistematico viene a rappresentare nel nuovo ambito codicistico l’ultimo ricovero per quelle imprese che non siano riuscite a cogliere, in modo razionale e solerte, la possibilità, prima di trovare un accordo con i propri creditori per la continuazione dell’attività, quindi, in caso d’insuccesso, di esdebitarsi cedendo il patrimonio, senza infliggere un danno ai creditori. Inoltre, il mancato diritto di voto non comporta una reale compressione del diritto di difesa (e di parola): i creditori lo recuperano in virtù del riconoscimento della legittimazione a proporre a titolo individuale l’opposizione, deducendo suo tramite tutta la gamma delle contestazioni possibili. Inoltre, come osservato da M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, op. cit., p. 269, il concordato semplificato non deve essere inteso come una minaccia da brandire contro i creditori costringendoli ad accettare una delle soluzioni proposte nell’ambito della composizione negoziata, poiché i creditori possono rifiutarsi, far chiudere subito la composizione, liberarsi dalle misure protettive e chiedere l’apertura della liquidazione giudiziale. 
[27] 
Per un approfondimento sull’omologazione del concordato semplificato, si veda il recente contributo di A. Paluchowski, I principi che sottendono l’omologazione del concordato semplificato alla luce delle realtà fattuali in cui si coniugano, in Procedure concorsuali e crisi d'impresa, 4, 2025, pp. 522 ss. 
[28] 
M. Fabiani, Per la chiarezza delle idee su proposta, piano e domanda di concordato preventivo e riflessi sulla fattibilità, in Procedure concorsuali e crisi d’impresa, 2, 2011, p. 167. In giurisprudenza, v. Cass., Sez. 1, 22 luglio 2022, n. 22988 in One Legale, ove si legge che “la proposta consiste nel contenuto negoziale del concordato, mentre il piano ha la diversa funzione di illustrare la descrizione analitica delle modalità e dei tempi con cui verrà adempiuta la proposta. La prima consente di comprendere il risultato finale della procedura di risanamento, indica eventuali classi di creditori, con le rispettive percentuali di soddisfo, e la natura della procedura (liquidatoria; in continuità diretta o indiretta, o mista), mentre il secondo pone un'attenzione particolare sul processo industriale (nel caso di continuità) o finanziario (nel caso di liquidazione)”. 
[29] 
F. Innocenti, Il concordato semplificato tra liquidazione del patrimonio e ‘continuità indiretta’. Il nodo gordiano delle prospettive di risanamento dell’impresa, in Dir. Fall., 3-4/2024, p. 530. 
[30] 
S. Leuzzi, Analisi differenziale fra concordati: concordato semplificato vs ordinario, op. cit., p. 21. 
[31] 
S. Leuzzi, Il concordato semplificato nel prisma delle prime applicazioni, op. cit., p. 6. 
[32] 
G. D’Attorre, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, in Procedure concorsuali e crisi di impresa, 2021, 12, p. 1613. L’autore precisa che nel concordato preventivo sono i creditori a votare e a decidere anche sulla possibile conservazione di parte del patrimonio in capo al debitore, mentre nel concordato semplificato i creditori non votano e, di conseguenza, non vi sarebbe legittimazione rispetto ad una cessione solo parziale dei beni. 
[33] 
P.F. Censoni, Il concordato semplificato: un istituto “enigmatico”, op. cit.; S. Leuzzi, Il concordato semplificato nel prisma delle prime applicazioni, op. cit.; A. Rossi, L’apertura del concordato semplificato, in Dirittodellacrisi.it, 18 marzo 2022. 
[34] 
Tra tutte: Trib. Milano, 27 ottobre 2022, in Dirittodellacrisi.it e App. Ancona, 4 dicembre 2024, in IlCaso.it.
[35] 
M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, op. cit., p. 269. 
[36] 
Seppur non sia previsto un obbligato apporto minimo di finanza esterna, come accade invece per il concordato liquidatorio ex art. 84, comma 4, CCII, quasi sempre questo si rivela necessario per rendere la proposta quantomeno equivalente all’alternativa liquidatoria e per garantire un’utilità minima a ciascun creditore. La nuova finanza risulta distribuibile in deroga alla regola di priorità assoluta. Sul punto, tra tutte si veda Trib. Treviso, 3 ottobre 2023, in Dirittodellacrisi.it, la quale evidenzia come l’attivo non rientrante nel patrimonio sociale non incontra i limiti degli art. 2740 e 2741 c.c. 
[37] 
La suddivisione in classi dei creditori non è prevista ai fini del voto, essendo assente tale previsione, bensì ai fini di una distribuzione differenziata delle risorse. Sul punto, v. Trib. Ancona, 1 aprile 2025, in IlCaso.it, ove si legge che “la valutazione di corretta formazione delle classi non deve essere verificata ai fini del voto trattandosi di una disamina strettamente connessa al rispetto della par condicio creditorum”. 
[38] 
Una parte della dottrina ha espresso una certa perplessità circa la rilevanza pratica del classamento, stante la mancata previsione normativa del diritto di voto. Sul punto, v. M. Petriello – V. Peduto, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, in S. Sanzo-D. Burroni (a cura di), Il Nuovo Codice della crisi dopo il Correttivo ter, Bologna, 2024, pp. 208-209; A. Rossi, L’apertura del concordato semplificato, op. cit. 
[39] 
In ragione della necessità di speditezza che caratterizza il concordato semplificato rimane astrattamente il dubbio circa tale esigenza, che rischierebbe di appesantire lo strumento, soprattutto in termini di costi della procedura. 
[40] 
Al fine di comprendere la portata di tale requisito è opportuno richiamare le norme dettate in tema di concordato preventivo. L’art. 84, comma 4, CCII prevede, per il concordato preventivo liquidatorio, l’obbligo di apportare risorse esterne che incrementino di almeno il 10% l’attivo disponibile, nonché il dovere di assicurare il soddisfacimento dei creditori chirografari (ab origine o privilegiati degradati per incapienza dei beni sui quali insiste il privilegio) nella misura minima del 20%. Nel concordato preventivo in continuità aziendale, diretta o indiretta, in ossequio all’art. 84, comma 3, CCII l’imprenditore deve invece assicurare una “utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile” ad ogni creditore. 
[41] 
S. Leuzzi, Analisi differenziale fra concordati: concordato semplificato vs ordinario, op. cit., p. 17. 
[42] 
In senso positivo si veda P.F. Censoni, Sulla (presunta) utilità del concordato “semplificato” per i creditori anche in assenza di soddisfacimento degli stessi e abuso dello strumento concordatario, in Procedure concorsuali e crisi d'impresa, n. 3, 2023, p. 401. L’autore sostiene che “allorché la liquidazione si traduca nella cessione dell’impresa a terzi, con conseguente mantenimento della continuità aziendale in via indiretta, l’utilità possa essere rappresentata anche dalla prosecuzione dei rapporti negoziali in corso; diversamente avrebbe poco senso la stessa possibilità di suddividere i creditori in classi”. Sul punto, v. anche G. Bozza, op. cit., p. 19, il quale rileva che l’utilità richiesta “può ricomprendere la continuazione o la contrattualizzazione di nuovi rapporti commerciali in caso di cessione di azienda, o qualsiasi altra utilità che il creditore valuti per il creditore rende il concordato preferibile al fallimento”. 
[43] 
S. Leuzzi, Il concordato semplificato nel prisma delle prime applicazioni, op. cit., p. 25. 
[44] 
In altre parole, non è necessario che il concordato semplificato comporti un quid pluris ma solo che non vi sia per i creditori un livello di soddisfazione inferiore a quello ricavabile dalla liquidazione giudiziale, quale soglia minima. La norma è dettata da un evidente favor per la soluzione concordataria, se pur in una prospettiva liquidatoria e in ipotesi di equivalenza dei risultati economico-finanziari netti delle due procedure, perché il concordato semplificato può esprimere un vantaggio qualitativo per i creditori in termini di maggiore rapidità procedurale e di riparto”. Così, Trib. Treviso, 3 ottobre 2023, in Dirittodellacrisi.it
[45] 
M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, op. cit., p. 270. 
[46] 
Sul punto, v. Trib. Ancona, 1 aprile 2025, in IlCaso.it, ove si legge che “Ulteriore elemento utile al positivo accertamento dell’assenza di pregiudizio per i creditori rispetto allo scenario liquidatorio consiste nella permanenza, in capo al nominando liquidatore, della facoltà di esperire ogni azione giurisdizionale a tutela del ceto creditorio, ivi incluse le eventuali azioni di responsabilità e/o recuperatorie o di accertamento finalizzate a massimizzare l’utilità ricavabile da mettere a disposizione dei creditori”. 
[47] 
Ciò in forza del più generale principio di applicabilità delle norme di carattere generale in tema di concordato che non può escludere, nel concordato semplificato, l’esperibilità delle azioni di responsabilità da parte del liquidatore. In proposito va osservato come la sintetica formulazione normativa in materia di concordato semplificato introdotto all’esito dell’archiviazione (nel rispetto del canone di buona fede) della composizione negoziata non possa giustificare deroghe ai principi generali in materia di concordato ancor più quando si tratti di tutelare il superiore ed immanente interesse della massa dei creditori”. Così Trib. Ancona, 1 aprile 2025, in IlCaso.it
[48] 
R. Bonivento, Opportunità e criticità del concordato semplificato: aspetti operativi, in Ristrutturazioni Aziendali, 16 febbraio 2024, p. 19. 
[49] 
G. Bozza, op. cit., p. 18. L’autore precisa altresì che “né varrebbe dire che una soddisfazione irrisoria sarebbe inidonea a concretare la ricorrenza della causa del concordato nella singola proposta, […] o che una proposta irrisoria sarebbe una proposta priva di causa perché, ‘quando si è postulato che la causa del concordato è la regolazione della crisi e non il soddisfacimento dei creditori si è implicitamente negato che una proposta irrisoria sia inammissibile perché priva di causa’”. 
[50] 
G. Andreani, La “variabile fiscale” nella crisi d’impresa, in Ristrutturazioni Aziendali, 7 marzo 2025. 
[51] 
G. D’Attorre, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, op. cit., p. 1612. 
[52] 
Il Correttivo ter ha precisato, con una modifica all’art. 25 septies, comma 1, ultimo periodo, CCII che al concordato semplificato si applicano gli artt. 114 e 115 CCII. 
[53] 
C. Esposito, Il concordato semplificato, Giuffrè, Milano, 2023 e R. Bonivento, Opportunità e criticità del concordato semplificato, in Ristrutturazioni Aziendali, 16 febbraio 2024. Quest’ultimo specifica in particolare come: “il trasferimento a terzi del compendio aziendale può avvenire anche realizzando operazioni straordinarie, quali la scissione o il conferimento dell’azienda in una Newco interamente partecipata dalla debitrice e la successiva cessione delle partecipazioni.” 
[54] 
F. D’acquino-G. Minniti, Codice della crisi, il rebus dell’assuntore sull’ammissibilità del concordato semplificato, in Il Sole 24 Ore, 4 novembre 2024. In tal caso gli autori sostengono che “[..] non è esclusa del tutto la possibilità che nel concordato semplificato si possa dar luogo a operazioni straordinarie, purché esse siano mosse dal fine ultimo della miglior liquidazione sul mercato, e non certo, come nel caso di specie, indirizzate a una fusione che miri a “trattenere” gli assets all’interno del perimetro societario”. 
[55] 
C. Esposito, op. cit., p. 142 e ss. 
[56] 
I. Pagni-M. Fabiani, Le operazioni straordinarie nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza tra l’art. 116 e gli artt. 120-bis e ss. CCII, in Riv. Soc. 2022, 1308. Gli autori specificano come “dal canto suo, l’art. 120-quinquies CCII, volto a disciplinare l’esecuzione del provvedimento di omologazione, recepisce l’idea che il concordato omologato costituisca un titolo giuridico di per sé sufficiente ad assicurarne la completa esecuzione, con la produzione degli effetti delle operazioni che vi sono previste, indipendentemente all’adozione di delibere da parte dei soci”. 
[57] 
P.F. Censoni, op. cit., n. 14, il quale osserva che il parere dell’esperto deve vertere anche sulle “garanzie offerte”, ai sensi dell’art. 25 sexies, comma 3, CCII. 
[58] 
In questo contesto, la necessaria liquidazione del patrimonio del debitore rappresenta l’ineludibile contrappeso dell’espropriazione integrale del diritto di voto dei creditori. 
[59] 
Stante il richiamo all’art. 214 CCII, da parte dell’art. 114 CCII nel concordato preventivo, a sua volta richiamato nel concordato semplificato dall’art. 25 septies, comma 1, CCII, si ritiene che la scelta tra le due opzioni sia rimessa al debitore, il quale deve, tuttavia, tenere in debita considerazione la preferenza operata dal legislatore della vendita aggregata in luogo di quella atomistica. 
[60] 
Appare condivisibile quanto sostenuto da A. Mancini, La prospettiva del creditore nella composizione negoziata: linee operative per il suo advisor legale, in Dirittodellacrisi.it, 14 dicembre 2022, ove si legge che “È curioso notare che la prosecuzione indiretta dell’attività, nel contesto della legge fallimentare ed ora dell’art. 84 CCII, è ricondotta nell’alveo del concordato in continuità aziendale (già art. 186 bis L. fall.), mentre nel Concordato Semplificato integra una soluzione qualificata dal legislatore come prettamente liquidatoria”. 
[61] 
Per il concordato semplificato, il legislatore si limita a disporre che “il liquidatore giudiziale, verificata l’assenza di soluzioni migliori sul mercato, dà esecuzione all’offerta”. Inoltre, il legislatore ha ritenuto opportuno precisare che, in ogni caso, si tratta di una vendita forzata (“alla vendita si applicano gli articoli da 2919 a 2929 del Codice civile”). 
[62] 
Nel concordato preventivo la continuità va intesa in senso oggettivo, poiché ciò che rileva per la qualificazione del concordato in continuità è il fatto che l’attività di impresa possa proseguire anche dopo l’omologazione. Così, M. Arato, Il concordato preventivo, in O. Cagnasso-L. Panzani (a cura di), Crisi d’impresa e procedure concorsuali, Vicenza, 2025, p. 1583. 
[63] 
F. Innocenti, op. cit., p. 538. 
[64] 
La dimensione liquidatoria ovvero in continuità indiretta – pur essendo speculare alle ipotesi di concordato preventivo – viene realizzata secondo un sistema normativo del tutto differente, agli esiti dell’articolazione di un procedimento semplificato in seno al quale l’imprenditore gode di un elevatissimo tasso di autonomia non rinvenibile nel concordato preventivo. Così, C. Esposito, Concordato semplificato, in Enciclopedia del diritto, VIII crisi d’impresa diretto da F. Di Marzio, Milano, 2024, p. 291. 
[65] 
Così, M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, op. cit., p. 269. L’autore precisa che l’indifferenza del legislatore alla continuità è confermata dal fatto che l’acquirente potrebbe legittimamente dismettere l’azienda subito dopo averla acquistata. 
[66] 
Il presupposto del concordato semplificato è “l’irreversibilità dell’insolvenza. Il risanamento non è possibile neppure in via mediata. La procedura a quel punto tende necessariamente a realizzare, non il recupero dell'equilibrio economico ormai svanito e la riconduzione dell'impresa nell'area della redditività, ma la funzione (più modesta) del mantenimento dell'unità operativa in capo ad altri al fine di ottenere liquidità per soddisfare i creditori. L'intento del risanamento dell'impresa è del tutto estraneo alla procedura liquidatoria semplificata, che tiene luogo del fallimento, pur evitandone lo stigma”. Così, S. Leuzzi, Il concordato semplificato nel prisma delle prime applicazioni, op. cit., p. 5. 
[67] 
G. Bozza, op. cit., p. 16. L’autore sottolinea come: “l’ottica in cui si muove questa procedura è solo ed esclusivamente liquidatoria, per cui anche la vendita unitaria dell’azienda o di rami della stessa non è considerata sotto il profilo del risanamento dell’impresa, finalità ormai già accantonata a causa dell’esito infausto delle trattative, ma è vista solo come occasione di una più proficua liquidazione.” 
[68] 
M. Vitiello, Il concordato semplificato: tra liquidazione del patrimonio e continuità indiretta, in Ius Crisi d’impresa, 26 aprile 2022. L’autore precisa che nell’ipotesi in cui si tratti semplicemente di effettuare una liquidazione atomizzata dei beni, senza conservazione dei valori aziendali, la mancata previsione delle soglie di accesso alla liquidazione che l'art. 84 CCII prevede per il concordato preventivo liquidatorio avrebbe poche giustificazioni, se non quella imperniata sulla considerazione del fatto che la procedura sia scaturita dall'esito negativo di trattative svolte, quanto al debitore, con correttezza e buona fede. 
[69] 
Trib. Parma, 12 luglio 2023, in Dirittodellacrisi.it
[70] 
F. Innocenti, op. cit., p. 544. L’autore conclude precisando che, in funzione della interpretazione sopra esposta, si potrebbe ritenere che nel giudizio di omologazione ai fini della verifica dell’assenza di pregiudizio per i creditori, il tribunale dovrebbe comparare il concordato semplificato con uno scenario di liquidazione giudiziale con esercizio provvisorio dell’impresa. 
[71] 
Così, S. Leuzzi, Il concordato semplificato nel prisma delle prime applicazioni, op. cit., p. 4. 
[72] 
G. D’Attorre, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, op. cit., p. 1603. 
[73] 
A. Zuliani, Concordato semplificato liquidatorio, in O. Cagnasso-L. Panzani (a cura di), Crisi d’impresa e procedure concorsuali, Vicenza, 2025, p. 1069. 
[74] 
Trib. Ivrea, 27 maggio 2022, in Dirittodellacrisi.it
[77] 
Nel provvedimento si legge che, secondo il parere dell’ausiliario, “il piano di concordato attraverso il veicolo della continuità indiretta e in forza della celerità della vendita prima dell’omologazione ha consentito di salvare un business sano”. 
[78] 
Nella quale viene affrontato anche il tema dell’urgenza nella cessione dell’azienda: “Il Tribunale ritiene che vada senz’altro percorsa la strada della cessione dell’azienda: la crisi finanziaria della società, la stagionalità del mercato di riferimento e la presenza di tre dipendenti attualmente occupati nell’impresa costituiscono ragioni d’urgenza che impongono una vendita immediata del ramo d’azienda quale mezzo al fine di assicurare il miglior soddisfacimento dei creditori e, più in generale, dei valori che intorno all’azienda ruotano”. 
[80] 
Trib. Siena, 22 settembre 2022, in Dirittodellacrisi.it
[82] 
In IlCaso.it
[83] 
Nel caso di specie, la proposta non solo prevedeva la gestione dell’attività per un periodo di cinque anni prima della liquidazione, ma fondava il pagamento dei creditori sui flussi di cassa generati dall’attività in corso, subordinando la vendita dei beni aziendali a condizioni incerte, venendo prodotte solo generiche manifestazioni di interesse, peraltro con data di scadenza già decorsa. 
[84] 
Nel provvedimento si legge che “le risorse acquisite dalla gestione dell’azienda assumono un ruolo determinante, costituendo una buona parte dell’attivo individuato per il pagamento dei creditori. Per converso, la vendita dei beni aziendali viene prospettata in termini tutt’altro che certi, venendo prodotte solo generiche manifestazioni di interesse, peraltro con data di scadenza già decorsa”. 
[88] 
Sul punto, App. Ancona, 27 marzo 2024, in Dirittodellacrisi.it, nel quale viene negata l’omologa in quanto, tra gli altri, la proposta non contemplava un’utilità specifica per tutti i creditori, da intendersi quale quid pluris di qualsiasi natura connesso alla soluzione alternativa alla liquidazione giudiziale. 
[90] 
Nel decreto, reperibile su Dirittodellacrisi.it, si legge che “Non si tratta di una utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile, come il legislatore ha previsto nel caso di cui all’art. 84, comma 3, CCII per il concordato preventivo, ma qualsiasi utilità, anche non economica, che ponga il creditore in una situazione non deteriore rispetto alla liquidazione giudiziale; il concetto di utilità, dunque, non è collegato alla convenienza per il creditore ma alla assenza di danno, assenza che giustifica la compressione del diritto del creditore anche contro la sua volontà”. 
[91] 
Nello specifico, nel provvedimento si legge che “l’utilità data dalla prosecuzione dei rapporti con i fornitori non richiede uno specifico accordo con ognuno ma postula la possibilità per la vasta platea delle imprese che avevano rapporti commerciali con di riprendere le forniture, possibilità che scaturisce dalla continuità indiretta e dalla ristrutturazione del Ramo”. 
[93] 
Garantita mediante apposito deposito fiduciario presso uno studio notarile degli assegni circolari non trasferibili. 
[94] 
In IlCaso.it
[95] 
In IlCaso.it
[96] 
In IlCaso.it
[97] 
Che costituisce, ex art. 1353 c.c., un evento futuro e incerto da cui appunto dipende l’efficacia di un negozio giuridico. 
[98] 
In IlCaso.it

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