Con il decreto correttivo è stato eliminato dal primo periodo del comma 1 dell’art. 88 CCII il riferimento iniziale all’art. 112, comma 2, CCII, che, con infelice formulazione, faceva salva l’applicazione di tale norma in caso di concordato in continuità aziendale e, contestualmente, è stato inserito all’inizio del secondo periodo del medesimo comma 1 dell’art. 88 (concernente il trattamento dei crediti tributari e contributivi privilegiati) l’
incipit “
Fermo restando per il concordato in continuità aziendale il rispetto dell’articolo 84, commi 6 e 7”. Nella relazione illustrativa a tale decreto si afferma che attraverso tale locuzione si è inteso inserire “
il riferimento alle regole di redazione del piano dettate dai commi 6 e 7 dell’articolo 84 per il concordato in continuità aziendale”. Nonostante la laconicità di tale motivazione, lo scopo dell’inserimento di detta previsione è evidentemente quello di
risolvere il descritto conflitto fra l’art. 88, comma 1, da un lato, e gli artt. 84, comma 6, e 112, comma 2, lett. b), dall’altro lato, affermando la prevalenza della regola della priorità relativa (di cui al citato art. 84, comma 6) su quella che vieta il trattamento deteriore dei crediti tributari e contributivi di cui si è riferito (secondo periodo del comma 1 dell’art. 88); regola che (come con tale decreto correttivo è stato precisato integrando il secondo periodo del comma 6 dell’art. 84) rileva sì “
ai fini del giudizio di omologazione” e segnatamente ai fini del
cross class cram down disciplinato dall’art. 112, comma 2
[7], ma di fatto rientra tra le regole a cui il debitore può attenersi (ed è opportuno che si attenga) nella redazione del piano, nell’eventualità di dover ricorrere - in assenza dell’approvazione della proposta di concordato da parte di tutte le classi di creditori - a tale forma di omologazione e quindi di dover rispettare il disposto della lett. b) di quest’ultima norma. La modifica legislativa confermerebbe quindi che nel concordato in continuità aziendale il trattamento dei crediti tributari e contributivi privilegiati, ancorché deroghi alle specifiche regole previste dal comma 1, secondo periodo, dell’art. 88 (per essere conforme alla
RPR sancita dal comma 6 dell’art. 84), deve considerarsi comunque legittimo perché queste ultime norme
prevalgono su quelle recate dal comma 1 dell’art. 88; anzi, al contrario, il trattamento dei suddetti crediti sarebbe illegittimo qualora, per rispettare il disposto del secondo periodo del comma 1, non fosse conforme alla RPR.
Tuttavia, la deroga prevista dal suddetto incipit (che dispone la prevalenza della RPR) è stata introdotta dal decreto correttivo solo con riguardo al divieto di trattamento deteriore stabilito nel secondo periodo del comma 1 dell’art. 88, avente letteralmente a oggetto i crediti tributari e contributivi assistiti da privilegio, mentre un’analoga disposizione non è stata prevista con riguardo al divieto concernente i crediti chirografari (per degrado e ab origine, come precisa la norma) disposto dal terzo periodo del medesimo comma. Poiché quest’ultima disposizione ha espressamente a oggetto anche i crediti privilegiati degradati al chirografo, stabilendo che il loro trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari, occorre chiedersi se in essi (cioè chirografari “anche se a seguito di degradazione per incapienza”) possono essere compresi anche quelli assistiti da privilegio generale degradati al chirografo per incapienza del valore di liquidazione: in caso di risposta affermativa a questa domanda si potrebbe, infatti, trarre la conclusione che la prevalenza della RPR, sebbene prevista nel secondo periodo, non opererebbe per detti crediti (cioè per quelli assistiti da privilegio generale degradati al chirografo), in quanto contenuti in altra disposizione (in questa ipotesi nel terzo periodo e non nel secondo), ai quali la RPR tuttavia dovrebbe comunque applicarsi in forza del disposto del comma 6 dell’art. 84. Si ripresenterebbe così il conflitto tra la regola della priorità relativa e il divieto di trattamento deteriore, non essendo previsto nel terzo periodo del comma 1 l’incipit introdotto nel secondo dal decreto correttivo.
Poiché il citato terzo periodo equipara i crediti tributari privilegiati degradati a quelli chirografari ab origine, per comprendere se tra i primi rientrano anche quelli assistiti da privilegio generale degradati al chirografo occorre chiedersi se tale equiparazione sia legittima, con la conseguenza che, ove essa risulti illegittima, si dovrebbe escludere che i crediti privilegiati degradati richiamati nel predetto terzo periodo siano (anche) quelli assistiti da privilegio generale.
A questo interrogativo ha risposto con chiarezza la Corte di Appello di Milano, la quale, con la sentenza del 24 marzo 2025 pronunciata nella causa n. 3572/2024, ha condivisibilmente stabilito che nel concordato preventivo in continuità aziendale le classi costituite dai crediti assisiti da privilegio generale mobiliare degradati al chirografo, a causa dell’incapienza dell’attivo su cui possono essere soddisfatte, non sono equiparabili alle classi costituite dai crediti chirografari ab origine e, conseguentemente, ai fini della omologazione del concordato questi ultimi non devono (e non possono) ricevere il medesimo trattamento previsto per i suddetti crediti privilegiati degradati.
Con tale pronuncia, la citata Corte d’Appello ha riformato il provvedimento con cui il Tribunale di Busto Arsizio aveva precedentemente rigettato la domanda di omologazione di un concordato preventivo, che prevedeva un trattamento dei crediti (tributari) privilegiati degradati maggiore di quello attributo ai chirografari ab origine, ritenendo (erroneamente) che per questo motivo la proposta di concordato avesse violato il disposto dell’art. 112, comma 2, lett. b), CCII, ai sensi del quale, come si è già ricordato, il valore eccedente quello di liquidazione deve essere distribuito fra i creditori “in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore”.
Ciò perché i crediti assisiti da
privilegio generale degradati al chirografo non acquisiscono, per effetto del degrado dovuto all’incapienza dell’attivo su cui il loro privilegio può essere esercitato, il medesimo rango dei crediti chirografari
ab origine, e a questi non sono dunque equiparabili, poiché godono di una sorta di “
ultrattività moderata” (ovvero di un “
privilegio attenuato”). Infatti, l’incapienza è un fenomeno meramente fattuale, che non è idoneo a far perdere al credito la sua natura privilegiata e la sua causa, e il credito privilegiato è tale perché così è qualificato da una norma (si veda al riguardo anche quanto esposto nel paragrafo 5) e tale rimane nonostante le vicende fattuali che lo interessano (come l’incapienza). La regola distributiva del valore eccedente quello di liquidazione
[8] (cioè la RPR) che si applica a questi crediti si colloca pertanto a metà strada fra la norma che prevede una distribuzione indifferenziata dell’attivo tra i creditori e quella che impone in ogni caso il soddisfacimento integrale dei crediti di lavoro subordinato (art. 87, comma 7). Per effetto di tale regola i crediti privilegiati degradati possono, sì, essere soddisfatti non integralmente, ma a condizione che il loro soddisfacimento sia almeno pari a quello delle classi dello stesso grado sia “più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore”. Di tale trattamento beneficiano solo i
crediti assistiti da privilegio generale mobiliare (degradati) ed è solo a essi che si applica la RPR, mentre non vi è dubbio – come ha osservato la Corte di Appello di Milano – che la quota dei
crediti assistiti da privilegio speciale è invece trattata come credito chirografario (nel prosieguo, per semplicità, con l’espressione “crediti assistiti da privilegio generale” si farà riferimento quindi ai crediti assistiti da privilegio generale mobiliare).
Ne discende che, in presenza, ad esempio, di crediti tributari erariali e tributari locali, entrambi privilegiati degradati al chirografo, e di crediti bancari chirografari ab origine: i) queste tre categorie di crediti non devono e non possono essere trattate allo stesso modo, perché nonostante la degradazione delle prime due non sono da considerare del medesimo grado; ii) è conforme alle disposizioni recate dall’art. 84, comma 6, e dall’art. 112, comma 2, lett. b), del Codice della crisi la proposta di concordato che preveda un soddisfacimento dei crediti erariali percentualmente più elevato di quello destinato ai crediti tributari locali, essendo questi di grado inferiore rispetto a quelli erariali, e un trattamento ancora minore dei crediti finanziari, essendo questi ultimi chirografari ab origine e non chirografari solo per degrado.
Considerato che il terzo periodo del comma 1 dell’art. 88 prevede l’equiparazione fra i crediti tributari privilegiati e quelli chirografari ab origine e che a questi ultimi, come ha affermato la Corte di Appello di Milano, non possono essere equiparati i crediti assistiti da privilegio generale ancorché degradati al chirografo, ne discende che i crediti tributari e contributivi privilegiati degradati menzionati nel citato terzo periodo non sono quelli (degradati) assistiti da privilegio generale e possono essere solo quelli assistiti da privilegio speciale “incapiente”, nei confronti dei quali la regola della priorità relativa prevista dal comma 6 dell’art. 84 non è peraltro applicabile.
Così ricostruita la disciplina concernente il divieto di trattamento deteriore dei crediti tributari e contributivi, non emerge alcun conflitto né fra il menzionato terzo periodo del comma 1, che dispone il divieto di trattamento indifferenziato dei crediti privilegiati degradati, e quella della RPR recata dal citato 6 dell’art. 84, poiché questa regola non si applica ai crediti tributari assistiti da privilegio speciale degradati, ai quali soltanto – come rilevato – si riferisce il suddetto periodo. Non sussiste, inoltre, alcun conflitto tra la RPR e il secondo periodo del comma 1 dell’art. 88, perché, pur riferendosi quest’ultimo ai crediti tributari assistiti da privilegio generale degradati al chirografo a cui la RPR si applica, l’incipit del medesimo risolve il conflitto che dispone la prevalenza di questa regola rispetto al divieto di trattamento deteriore.
Alla luce di questi principi, nel concordato preventivo in continuità aziendale devono essere individuate le seguenti tipologie di crediti tributari e contributivi:
a) crediti assistiti da privilegio generale capiente (in merito ai quali dispone il secondo periodo del comma 1 dell’art. 88);
b) crediti assistiti da privilegio speciale capiente (in merito ai quali dispone il medesimo secondo periodo);
c) crediti assistiti da privilegio speciale incapiente e quindi degradati al chirografo (in merito ai quali dispone il terzo periodo);
4) chirografari ab origine (in merito ai quali dispone il medesimo terzo periodo);
5) crediti assistiti da privilegio generale incapiente, disciplinati dal secondo periodo del comma 1 dell’art. 88, tenuto conto della deroga prevista dall’incipit di tale periodo, per effetto del quale resta fermo il rispetto dell’art. 84, comma 6 (oltre che del comma 7) e dunque la prevalenza della RPR sul divieto di trattamento deteriore.
Non v’è chi non veda come alle conclusioni sopra esposte si pervenga sul presupposto che i crediti assistiti da privilegio generale degradati al chirografo debbano ricevere un soddisfacimento migliore di quello offerto ai creditori chirografari ab origine e gradatamente differenziato al loro interno, ma ciò non è il frutto di un’assunzione, costituendo invece un dato, in quanto espressamente richiesto ai fini della omologazione del concordato. In ogni caso, anche qualora, diversamente opinando, si dovesse ritenere che il terzo periodo del comma 1 dell’art. 88 abbia a oggetto anche i crediti assistiti da privilegio generale degradati al chirografo, non avrebbe alcun senso escludere relativamente a essi l’applicazione del suddetto incipit del secondo periodo, poiché lo scopo dell’inserimento di questa disposizione nel comma 1 dell’art. 88 non può che essere quello di stabilire che i crediti, inclusi quelli tributari e contributivi, assistiti da privilegio generale che non trovano capienza nell’attivo di liquidazione (cioè quelli degradati) devono essere soddisfatti rispettando la RPR, anche se per far ciò è necessario derogare alla disposizione dell’art. 88 che vieta il trattamento deteriore dei crediti tributari e contributivi, in quanto contrastante con detta regola. Non avrebbe, infatti, alcuna utilità il riferimento alla prevalenza dell’art. 84, comma 6, contenuto nel secondo periodo del comma 1 dell’art. 88, se non con riguardo ai crediti aventi privilegio generale che vengono degradati a causa dell’incapienza del valore di liquidazione, atteso che, relativamente a quelli che non subiscono tale degrado essendo il valore di liquidazione capiente, così come a quelli che godono di un privilegio speciale, la RPR non trova applicazione. In altri termini, il secondo e il terzo periodo del comma 1 dell’art. 88 non sono separati da un muro invalicabile e quindi, anche ove si ritenesse che i crediti tributari e contributivi assistiti da privilegio generale che non trovano capienza nell’attivo di liquidazione siano da ricomprendere nel terzo periodo, l’incipit del secondo dovrebbe rilevare anche relativamente a tali crediti: sia perché il terzo periodo altro comunque non è che il completamento del secondo, sia per i motivi logici e sistematici poc’anzi indicati.
Nel concordato liquidatorio, invece, la RPR non trova applicazione e pertanto il divieto di trattamento deteriore dei crediti tributari e contributivi previsto dal comma 1 dell’art. 88 esplica pienamente i suoi effetti, non creando alcun conflitto con la disposizione recata dal comma 6 dell’art. 84.