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I fallimenti dichiarati nella regione Toscana

Alberto Valcarenghi, Dottore Commercialista in Crema

5 Maggio 2022

Il professionista esamina i dati statistici delle procedure fallimentari dei tribunali toscani traendone conclusioni e prospettive alla luce delle misure pubbliche di supporto economico alle imprese durante la pandemia.
Riproduzione riservata
Vengono di seguito riportate due tabelle che evidenziano il numero dei fallimenti dichiarati nella regione Toscana per ogni Tribunale: nella prima tabella i dati si riferiscono ai fallimenti dichiarati al 30 aprile dell’anno 2022 e al 30 aprile dell’anno 2019; nella seconda tabella sono indicati i fallimenti dichiarati al 31 dicembre dell’anno 2021 e al 31 dicembre dell’anno 2019. 

Figura

Figura

I dati evidenziano, in entrambi i confronti, una diminuzione media dei fallimenti. Al 30 aprile la contrazione è pari al 25% circa, mentre al 31 dicembre si evidenzia un decremento pari al 30% circa, rispetto all’anno 2019, prima della pandemia.
Al 30 aprile 2022, solo il Tribunale di Firenze evidenzia un incremento di 8 fallimenti rispetto al 30 aprile 2019, mentre tutti gli altri Tribunali rilevano una diminuzione del numero dei fallimenti.
Al 31 dicembre 2021, solo il Tribunale di Livorno evidenzia un incremento di 1 fallimento rispetto al 31 dicembre 2019, mentre tutti gli altri Tribunali evidenziano una diminuzione.
Il numero di fallimenti dichiarati sembra inferiore rispetto alle previsioni.
In base alla collana Economie regionali della Regione Toscana, predisposta nel mese di novembre 2021 dalla Banca d’Italia, l’attività industriale, nel corso dell’anno 2021, è risultata in netta ripresa in tutti i settori; in alcuni di essi è tornata sui livelli pre-pandemia.
Nelle note Covid-19 del 24 gennaio 2022 della Banca d’Italia “L’impatto del Covid-19 sui fallimenti e le uscite dal mercato delle imprese Italiane”, si evidenzia che le misure eccezionali di supporto alle imprese hanno permesso a molte società di coprire almeno parzialmente i propri fabbisogni di liquidità ed eventuali deficit patrimoniali. Dall’analisi si rileva che “nonostante la crisi abbia colpito imprese, aree geografiche e, in particolare settori con intensità eterogenea, le imprese fallite e uscite dal mercato nel primo anno della pandemia non appaiono strutturalmente diverse da quelle fallite e uscite nel periodo precedente. Né si rileva alcuna correlazione tra l’intensità dello shock economico e la variazione dei livelli di fallimenti e delle uscite dal mercato tra il 2019 e il 2020”.
Appare quindi che le risorse stanziate per il supporto alle imprese siano state utilizzate nei settori produttivi che ne avevano maggiormente bisogno, contribuendo al contenimento della crisi. 
In precedenti cicli economici negativi, si era rilevato che ad una diminuzione del PIL comportava nello stesso anno e nei due anni successivi un aumento del numero dei fallimenti.
Sempre nelle Note Covid-19 della Banca d’Italia i fallimenti attesi nell’anno 2020 erano stati stimati in circa 12 mila unità, mentre nell’anno 2020 sono stati pari a 7.574. Questo dato evidenzia un impatto significativo delle misure pubbliche di supporto economico alle imprese durante la pandemia. 
In base alle indicazioni della Banca d’Italia nel Rapporto sulla stabilità finanziaria n. 1 del 2022 pubblicato il 29 aprile 2022, si evidenzia che nell’anno 2021 il reddito disponibile è aumentato e il clima di fiducia è migliorato, ma la guerra in Ucraina e la crescente inflazione condizionano negativamente le prospettive.  Inoltre La vulnerabilità finanziaria delle imprese è in aumento, nonostante il miglioramento ciclico del 2021.
Alcune società sono quindi riuscite a superare la crisi, ma a parere dello scrivente altre società potrebbero essere ancora in grosse difficoltà e le agevolazioni introdotte potrebbero aver solo “congelato” la situazione.
Per valutare la contrazione del numero dei fallimenti dichiarati, si possono ipotizzare alcuni motivi:
- superamento della crisi da parte di alcune società, che usufruendo delle normative straordinarie introdotte dalla Stato, dalle Regioni e dai Comuni sono riuscite a rilanciare la loro attività;
- sfiducia da parte dei creditori che non chiedono il fallimento del debitore insolvente, perché ipotizzano di non avere nessuna soddisfazione del loro credito o perché non hanno risorse per pagare un legale che chieda il fallimento;
- i vari contributi erogati potrebbero non essere stati risolutivi per il superamento della crisi, ma potrebbero permettere ad alcune società di “sopravvivere”.

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