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Saggio

Il concordato preventivo nel Codice della crisi d’impresa: autonomia del debitore, controllo giudiziale e tutela della continuità aziendale*

Antonio Elia, Giurista e Consulente di impresa

2 Dicembre 2025

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Il presente studio analizza in modo sistematico la disciplina del concordato preventivo nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019), come modificato dai decreti correttivi del 2022 e del 2024, mettendo in luce il complesso equilibrio tra autonomia negoziale del debitore, controllo giudiziale e tutela della continuità aziendale. 
L’analisi si sviluppa attraverso l’esame dei presupposti e delle funzioni dell’istituto, delle forme di concordato in continuità e liquidatorio, dei limiti all’autonomia del debitore derivanti dalle proposte concorrenti e dai procedimenti competitivi, nonché del ruolo del professionista attestatore quale garante della veridicità dei dati e della fattibilità del piano. 
Particolare attenzione è riservata al concordato con riserva, ai controlli del tribunale sulla fase di ammissione, alla disciplina della nuova finanza e al regime dello spossessamento attenuato. La trattazione si estende alle fasi di votazione, omologazione e attuazione del piano, evidenziando il rilievo del best interest test, del cross-class cram down e dei rimedi in caso di inadempimento o dolo del debitore (artt. 118-120 CCII). 
Ne emerge un modello procedurale ibrido, orientato alla massimizzazione del valore e alla prevenzione delle crisi irreversibili, che coniuga la logica concorsuale tradizionale con i principi della Direttiva (UE) 2019/1023, in un’ottica di efficienza, trasparenza e tutela dell’interesse collettivo dei creditori. 

This paper provides a systematic analysis of the preventive composition with creditors (concordato preventivo) under the Italian Business Crisis and Insolvency Code (Legislative Decree No. 14/2019), as amended by the 2022 and 2024 reform decrees. It explores the delicate balance between the debtor’s contractual autonomy,judicial oversight, and the preservation of business continuity. 
The study examines the objectives and legal framework of the concordato, distinguishing between continuing and liquidation plans, and investigates the limitations on debtor autonomy arising from competing proposals and competitive procedures. The pivotal role of the independent expert in certifying the reliability of financial data and the feasibility of the plan is emphasized. 
Special focus is placed on the “concordato with reservation”, judicial scrutiny at the admission stage, regulation of new financing, and the regime of attenuated dispossession. Further sections address creditor voting, confirmation, and implementation phases, highlighting the best interest test, cross-class cram down, and remedies in cases of non-performance or fraud (Articles 118–120 CCII). 
The analysis portrays a hybrid procedural model aimed at maximizing value and preventing irreversible insolvency, aligning the Italian system with the EU Directive 2019/1023 and its goals of early intervention, transparency, and the collective protection of creditors’ interests. 
Riproduzione riservata

Sommario:

1 . Introduzione

2 . Presupposti e funzioni

3 . Il concordato preventivo tra continuità aziendale e liquidazione del patrimonio: struttura, finalità e criticità applicative

4 . L’autonomia del debitore nella proposta concordataria e i suoi limiti normativi

5 . L’iniziativa per l’accesso al concordato preventivo: profili normativi, giurisprudenziali e dottrinali

6 . Il concordato con riserva nel Codice della crisi d’impresa: funzione anticipatoria, rischi di abuso e presidi di controllo giurisdizionale

7 . Il controllo giudiziale sulla fase di ammissione al concordato tra verifica dei presupposti e tutela della par condicio creditorum

8 . L’amministrazione del patrimonio e la gestione dell’impresa nel concordato preventivo

8.1 . Limiti ai poteri del debitore e spossessamento attenuato

9 . La disciplina della nuova finanza nel concordato preventivo

10 . Il voto dei creditori nel concordato preventivo: disciplina, limiti e prospettive tra Codice della crisi e Direttiva (UE) 2019/1023

11 . La fase di omologazione del concordato preventivo: procedimento, opposizioni e controlli di merito

12 . Gli effetti dell’omologazione del concordato preventivo: profili sistematici e problematici

13 . Gli effetti dell’omologazione del concordato preventivo tra vincolo di adempimento e rimedi all’inadempimento

13.1 . Il ruolo dei liquidatori e del commissario giudiziale

13.2 . L’inadempimento del debitore e i poteri sostitutivi del tribunale

13.3 . Le modifiche sostanziali del piano (art. 118 bis CCII)

13.4 . La risoluzione del concordato per inadempimento (art. 119 CCII)

13.5 . L’annullamento del concordato per dolo del debitore (art. 120 CCII)

14 . Conclusioni

1 . Introduzione
La riforma della disciplina concorsuale, culminata con l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019), segna un profondo mutamento di prospettiva nel sistema italiano di regolazione delle situazioni di crisi. Essa abbandona la tradizionale logica liquidatoria di matrice fallimentare, orientandosi verso un modello improntato alla prevenzione, alla conservazione del valore e alla continuità aziendale, in linea con i principi della Direttiva (UE) 2019/1023. 
In tale contesto, il concordato preventivo assume una funzione centrale: da strumento residuale di composizione della crisi, esso diviene oggi il principale veicolo di ristrutturazione negoziale dei debiti, capace di coniugare l’interesse del debitore alla prosecuzione dell’attività con quello dei creditori alla massimizzazione del soddisfacimento. Il legislatore, recependo la tendenza europea alla ristrutturazione precoce, ha ridisegnato la procedura valorizzando il ruolo dell’imprenditore quale soggetto attivo del risanamento, ma ne ha contestualmente rafforzato i presìdi di controllo giudiziale e la trasparenza informativa. 
L’analisi dell’istituto, nella sua attuale configurazione normativa, richiede dunque di esplorare il delicato equilibrio tra autonomia negoziale del debitore e funzione pubblicistica della procedura, espressione del principio di par condicio creditorum e della tutela dell’affidamento dei terzi. Tale equilibrio emerge in particolare nei profili relativi ai limiti all’autonomia imprenditoriale (proposte concorrenti, procedimenti competitivi, vincoli informativi), nonché nel ruolo del professionista attestatore e del commissario giudiziale come garanti di legalità e correttezza economica del piano. 
Il presente lavoro si propone di ricostruire in modo sistematico la disciplina del concordato preventivo nel Codice della crisi, analizzandone i presupposti applicativi, le principali fasi procedimentali e le implicazioni giuridico-economiche connesse all’omologazione e all’esecuzione del piano. Particolare attenzione è dedicata al concordato in continuità aziendale, strumento privilegiato dal legislatore per favorire il risanamento dell’impresa e la salvaguardia dei livelli occupazionali, nonché ai rimedi contro l’inadempimento e il dolo del debitore, che completano la logica di equilibrio tra libertà d’iniziativa e controllo giudiziale. 
Ne risulta un quadro organico in cui il concordato preventivo, pur mantenendo la propria natura concorsuale, evolve verso un modello ibrido di giustizia negoziale, in cui l’intervento pubblico si limita a garantire la correttezza e la sostenibilità del piano, lasciando al mercato – e alla responsabilità dell’imprenditore – il compito di determinarne il successo. 
2 . Presupposti e funzioni
La crisi di un’impresa commerciale può essere gestita con soluzioni alternative alla liquidazione giudiziale, che si attiva in caso di insolvenza. Oltre agli accordi stragiudiziali, il Codice della crisi prevede strumenti giudiziali di regolazione della crisi e dell’insolvenza, caratterizzati da una componente negoziale. Questi includono: il piano attestato di risanamento[1], gli accordi di ristrutturazione dei debiti[2], la convenzione moratoria[3], il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione[4] e, per i debitori non assoggettabili a liquidazione giudiziale, le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento[5]. Tra questi strumenti vi è anche il concordato preventivo[6], la cui logica negoziale si riflette nel concordato nella liquidazione giudiziale[7], che rappresenta una modalità di chiusura della procedura liquidatoria. 
Il concordato preventivo, disciplinato dagli artt. 84 ss. CCII, è una procedura concorsuale giudiziale, alternativa alla liquidazione giudiziale. Esso consente all’imprenditore in crisi di mantenere la gestione della propria impresa e beneficiare di una sospensione dei pagamenti sui debiti pregressi, offrendo ai creditori un piano di soddisfacimento, anche solo parziale o dilazionato. Se la proposta ottiene il consenso della maggioranza dei creditori[8] e viene omologata dal tribunale[9], l’imprenditore è vincolato esclusivamente agli impegni assunti nel concordato, ottenendo l’esdebitazione anche nei confronti dei creditori dissenzienti[10]. 
Il concordato preventivo, rispetto alla liquidazione giudiziale, ha come presupposto fondamentale la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei creditori. Pur potendo essere attuato con diverse modalità e risultare compatibile con obiettivi complementari, come il risanamento dell’impresa, la sua continuità in capo all’imprenditore o la tutela dell’occupazione, la sua finalità principale rimane quella satisfattiva, al pari della liquidazione giudiziale. 
Il concordato preventivo può essere richiesto non solo in caso di insolvenza, ma anche in presenza di uno stato di crisi, inteso come una situazione di probabile insolvenza. Tale condizione si manifesta, ad esempio, quando i flussi di cassa prospettici risultano insufficienti a coprire le obbligazioni nei successivi dodici mesi, come previsto dall’art. 2, comma 1 CCII[11]. 
La distinzione tra stato di crisi e stato di insolvenza giustifica la coesistenza, nel nostro ordinamento, del concordato preventivo accanto alla liquidazione giudiziale, pur avendo entrambe le procedure l'obiettivo di soddisfare i creditori. Il concordato assume una funzione preventiva, permettendo all’imprenditore di avviare la regolazione concorsuale dei debiti prima che la crisi evolva in insolvenza. Ciò consente di evitare gli effetti della liquidazione giudiziale, inclusa la perdita della gestione dell’impresa, e di ottenere una parziale esdebitazione. Anche i creditori ne traggono vantaggio, potendo recuperare un valore potenzialmente superiore rispetto a quello ottenibile in sede di liquidazione, grazie alla tempestiva attivazione della procedura e alla definizione di un piano elaborato dall’imprenditore stesso, che meglio conosce le potenzialità dell’azienda[12].
3 . Il concordato preventivo tra continuità aziendale e liquidazione del patrimonio: struttura, finalità e criticità applicative
Il nucleo sostanziale della domanda di concordato preventivo risiede nella proposta rivolta ai creditori, volta a garantire una soddisfazione, pur parziale o dilazionata, comunque preferibile rispetto all’esito di una liquidazione giudiziale. Tale proposta si struttura attraverso un programma di attuazione – il cosiddetto piano concordatario – che definisce le modalità con cui reperire le risorse necessarie e realizzare la ristrutturazione dei debiti[13]. 
La legge distingue due principali tipologie di percorso: il concordato in continuità aziendale e quello con liquidazione del patrimonio. Quest’ultimo, sebbene talvolta preferito dagli imprenditori per evitare la liquidazione giudiziale, è reso meno agevole dal legislatore, che ne subordina l’ammissibilità a condizioni stringenti: l’apporto di risorse esterne almeno pari al 10% dell’attivo disponibile e la garanzia di un soddisfacimento dei crediti chirografari in misura non inferiore al 20%. L’orientamento del Codice della crisi è, invece, chiaramente volto a privilegiare il concordato in continuità aziendale, ritenuto capace di contemperare l’interesse dei creditori con la salvaguardia dei livelli occupazionali, dei complessi produttivi e, più in generale, del tessuto economico-sociale. La continuità può assumere forma diretta, se l’impresa è proseguita dal debitore stesso, o indiretta, quando l’attività è affidata a terzi mediante cessione, affitto, usufrutto o conferimento d’azienda. Ciò che rileva è che i creditori siano soddisfatti, almeno in parte, mediante i flussi generati dalla prosecuzione dell’attività economica[14]. 
Il piano concordatario non è predeterminato nel contenuto, ma la legge ne impone una struttura minima, come previsto dall’art. 87 CCII. Esso deve includere: la descrizione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell’impresa; le cause della crisi; il valore di liquidazione ipotetico in caso di procedura giudiziale; le modalità di ristrutturazione dei debiti; la scansione temporale degli adempimenti e i loro effetti finanziari; nonché, nei casi di continuità aziendale, il piano industriale con costi, ricavi e fabbisogni finanziari. Inoltre, vanno indicati gli apporti di nuova finanza, le eventuali azioni di recupero patrimoniale, la suddivisione dei creditori in classi, gli effetti sui rapporti di lavoro e le cautele relative alla sicurezza e all’ambiente. 
Affinché la proposta possa essere approvata, è essenziale che essa si presenti conveniente per i creditori, i quali devono essere indotti a preferirla alla liquidazione giudiziale. Nei casi di continuità aziendale, occorre altresì dimostrare l’utilità specifica ed economicamente valutabile per i creditori, che può consistere non solo in pagamenti immediati, ma anche nella prosecuzione di rapporti contrattuali idonei a generare redditività futura[15]. 
La prassi conosce infine i c.d. patti paraconcordatari, accordi stipulati a latere tra il debitore e alcuni creditori, i quali possono agevolare la fattibilità del piano ma, al tempo stesso, suscitano perplessità circa la loro compatibilità con i principi e i vincoli propri della procedura[16]. 
Il concordato preventivo si configura come uno strumento flessibile ma normativamente guidato, volto non solo al riequilibrio finanziario del debitore, ma anche alla tutela di interessi più ampi, quali la stabilità del mercato e la salvaguardia del tessuto imprenditoriale e sociale.
4 . L’autonomia del debitore nella proposta concordataria e i suoi limiti normativi
Il principio cardine che informa il concordato preventivo nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza[17] è la tendenziale autonomia del debitore nella scelta di se e come formulare una proposta concordataria. Tale autonomia si esercita nella definizione di contenuti e modalità di soddisfacimento dei creditori, con l’unico vincolo di predisporre un piano “sufficientemente appetibile” da ottenere il consenso delle maggioranze qualificate previste dalla legge. In assenza di tale appetibilità, la proposta si rivela priva di utilità pratica[18]. Questa autonomia incontra due limiti rilevanti. 
Il primo limite si rinviene nelle proposte concorrenti[19], ovvero nella possibilità che uno o più creditori, rappresentanti almeno il 5% dei crediti ammessi, presentino proposte concorrenti rispetto a quella del debitore. Tale facoltà è preclusa solo quando la proposta del debitore garantisca il pagamento di almeno il 30% dei crediti chirografari (ridotto al 20% in caso di precedente accesso alla composizione negoziata della crisi). 
La ratio è duplice: 
● prevenire abusi del debitore che, sfruttando il proprio vantaggio informativo, presenti piani eccessivamente riduttivi; 
● valorizzare le potenzialità dell’impresa, stimolando soluzioni alternative eventualmente più soddisfacenti per la massa creditoria 
Le proposte concorrenti sono successive a quella del debitore e vengono sottoposte al voto congiunto dei creditori[20], con la possibilità che una di esse, se approvata, venga omologata ed eseguita anche contro la volontà del debitore[21]. In caso di inerzia del debitore nell’esecuzione, il commissario giudiziale può procedere coattivamente[22]. Si tratta di una deroga al principio dell’autodeterminazione imprenditoriale, giustificata dalla tutela della par condicio creditorum e dal contenimento del rischio di piani velleitari[23]. 
L’effettività di questa facoltà richiede un riequilibrio informativo tra debitore e creditori. A tal fine:
● il commissario giudiziale deve fornire ai creditori tutte le informazioni necessarie, su richiesta e sotto vincolo di riservatezza[24]; 
● per i profili già verificati dal commissario, i creditori possono evitare l’attestazione della fattibilità della proposta[25]. 
Questa previsione riduce i costi di accesso alla proposta concorrente e limita il rischio di iniziative imprudenti. 
Il secondo limite opera quando il piano prevede l’offerta di un soggetto già individuato di acquisire l’azienda, suoi rami o beni, anche prima dell’omologazione[26]. La norma mira a prevenire operazioni simulate in cui il debitore si riappropri indirettamente dei beni aziendali tramite soggetti interposti. 
In tale ipotesi, il commissario giudiziale, valutata la congruità dell’offerta e l’interesse dei creditori, può chiedere al tribunale di avviare un procedimento competitivo. Questo consente a terzi di presentare offerte concorrenti in forma segreta e senza condizioni. Se un’offerta terza risulta preferibile, il debitore è obbligato a modificare il piano per recepirne i contenuti. Tale meccanismo si ispira al principio di massimizzazione del valore realizzabile e trova analogie con le aste competitive nel diritto fallimentare[27]. 
I limiti esaminati rappresentano un bilanciamento tra: 
● la libertà negoziale del debitore, riconosciuta dall’art. 1322 c.c. e dal principio di autonomia imprenditoriale[28]; 
● l’esigenza di tutela della collettività dei creditori, perseguita attraverso strumenti competitivi e di riequilibrio informativo. 
Il sistema del CCII, in questa prospettiva, si configura come ibrido tra modelli di ristrutturazione debtor in possession e strumenti ad alta incidenza partecipativa dei creditori, in linea con la Direttiva (UE) 2019/1023 sulla ristrutturazione preventiva. 
5 . L’iniziativa per l’accesso al concordato preventivo: profili normativi, giurisprudenziali e dottrinali
L’accesso al concordato preventivo costituisce prerogativa esclusiva del debitore, in coerenza con il principio di autonomia decisionale dell’imprenditore nella gestione della crisi, come delineato dal procedimento unitario previsto dagli artt. 40 ss. del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza[29]. La domanda di ammissione alla procedura assume la forma di un ricorso, che può essere presentato anche nel corso del procedimento di apertura della liquidazione giudiziale, purché sottoscritto personalmente dal debitore o, nel caso di società, dagli amministratori, cui compete in via esclusiva la relativa deliberazione, formalizzata mediante atto pubblico. 
Tale deliberazione deve essere comunicata ai soci, i quali non dispongono di un potere impeditivo. L’art. 120 bis CCII sancisce inoltre che, dal momento della deliberazione, i soci non possono revocare gli amministratori se non per giusta causa, escludendo espressamente che tale giusta causa possa ravvisarsi nella presentazione della domanda di concordato. Questa previsione, volta a preservare la continuità gestionale, trova riscontro nella giurisprudenza che riconosce la necessità di evitare interferenze assembleari pregiudizievoli per la tempestività degli strumenti di composizione della crisi[30]. 
Il ricorso, oltre ad essere notificato al pubblico ministero, deve essere presentato al tribunale del luogo in cui l’impresa ha la sede principale dei propri interessi, senza possibilità di alterazione della competenza per effetto di trasferimenti di sede avvenuti nell’anno precedente al deposito[31]. Dopo il deposito, la domanda deve essere iscritta nel Registro delle imprese, garantendo così pubblicità e opponibilità ai terzi. 
Elemento essenziale della domanda è la relazione del professionista indipendente, designato dal debitore e in possesso dei requisiti di cui all’art. 2, comma 1, lett. o), CCII, chiamato ad attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano[32]. Tale attestazione, che deve essere rinnovata in caso di modifiche sostanziali del piano, riveste un ruolo determinante, poiché incide direttamente sulla valutazione dei creditori. La dottrina ha evidenziato che la relazione costituisce un “filtro tecnico-giuridico” volto a garantire l’affidabilità dell’intera procedura[33]. 
La responsabilità del professionista è particolarmente rilevante sia in sede civile che penale, atteso che un piano fondato su dati falsi o su proiezioni irrealistiche altererebbe radicalmente il consenso informato dei creditori. La giurisprudenza ha sottolineato che la verifica non può limitarsi ad un mero controllo formale, ma deve comprendere un’analisi sostanziale della coerenza logico-economica del piano[34] 
Nel caso di concordato in continuità, l’attestazione deve inoltre confermare che il piano sia idoneo a impedire o superare lo stato di insolvenza, assicurando la sostenibilità economica dell’impresa e garantendo ai creditori un trattamento migliore rispetto a quello conseguibile mediante la liquidazione giudiziale[35]. Secondo autorevole dottrina, tale requisito rende la continuità aziendale non un’opzione generica, ma una strategia di risanamento ancorata a parametri verificabili[36]. 
L’impianto normativo, letto alla luce della prassi applicativa, evidenzia come il legislatore abbia voluto bilanciare l’autonomia imprenditoriale con rigorosi presidi di trasparenza, responsabilità e tutela della par condicio creditorum. La funzione dell’attestatore si configura così quale snodo cruciale tra l’iniziativa del debitore e il controllo di merito dei creditori, in un contesto procedurale che mira alla massimizzazione del valore e alla prevenzione di abusi.
6 . Il concordato con riserva nel Codice della crisi d’impresa: funzione anticipatoria, rischi di abuso e presidi di controllo giurisdizionale
La disciplina del concordato con riserva, altresì denominato pre-concordato – risponde all’esigenza di garantire all’imprenditore uno strumento anticipatorio e flessibile per l’accesso alla procedura concordataria, anche in una fase in cui il piano non sia ancora stato definito nei suoi contenuti essenziali. Ai sensi dell’art. 44 CCII, infatti, l’imprenditore in stato di crisi (anche qualora penda già un’istruttoria prefallimentare) può limitarsi a depositare la sola domanda di accesso prevista dall’art. 40 CCII, corredata dai bilanci degli ultimi tre esercizi e da un elenco dei creditori (art. 39, comma 3, CCII), riservandosi di depositare – entro un termine assegnato dal tribunale – la proposta, il piano e la restante documentazione richiesta. In tal modo viene riconosciuta la possibilità di “congelare” la situazione debitoria, onde evitare che le trattative con i creditori degenerino in iniziative di tipo liquidatorio che comprometterebbero definitivamente la continuità aziendale[37]. 
Il termine ordinario è pari a 60 giorni, prorogabile fino a un massimo di 120 giorni in presenza di giustificati motivi supportati da un progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza, ai sensi dell’art. 44, comma 1, CCII. Durante tale periodo il debitore può, contestualmente o successivamente alla domanda, richiedere l’applicazione delle misure protettive di cui all’art. 54 CCII, beneficiando di una moratoria generale rispetto alle iniziative esecutive e cautelari dei creditori. Tale effetto sospensivo opera anche nel caso in cui sia già pendente un procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale, giacché, ex art. 7 CCII, la domanda di concordato (pur in bianco) deve essere esaminata con priorità. 
Non a caso, la pratica applicativa ha registrato un massiccio ricorso al pre-concordato quale meccanismo di “congelamento” della crisi, talvolta in funzione meramente dilatoria e in assenza di realistiche prospettive di regolazione negoziale[38]. 
Proprio per prevenire tali condotte abusive il legislatore ha introdotto alcune misure di controllo: le misure protettive sono soggette a conferma del tribunale entro trenta giorni dall’istanza, pena decadenza automatica[39], e possono avere durata massima di quattro mesi, prorogabili fino a dodici mesi nei soli casi previsti dalla legge. 
Nel decreto con cui vengono concessi i termini per il deposito del piano, il tribunale: (i) nomina un commissario giudiziale “anticipato” (c.d. pre-commissario), incaricato di verificare l’eventuale presenza di atti fraudolenti (art. 46 CCII); (ii) impone obblighi informativi periodici concernenti la gestione finanziaria e lo stato di predisposizione del piano (ivi incluso il deposito mensile della situazione economico-patrimoniale da pubblicarsi nel registro delle imprese); (iii) ordina il versamento di un anticipo delle spese di procedura. La violazione di tali obblighi o l’emersione di atti di frode comportano la revoca del decreto e la dichiarazione di improcedibilità della domanda, con conseguente apertura della liquidazione giudiziale[40]. 
Entro il termine assegnato, l’imprenditore dovrà integrare la domanda depositando proposta, piano e documentazione richiesta dall’art. 39 CCII, proseguendo così l’iter concordatario ordinario; in alternativa potrà depositare un ricorso per l’omologazione di un accordo di ristrutturazione ex artt. 57 ss. CCII, o di un piano di ristrutturazione ex art. 64 bis CCII, mantenendo comunque gli effetti protettivi della domanda originaria. 
Durante questa fase l’imprenditore potrà compiere atti di straordinaria amministrazione solo se urgenti e previa autorizzazione del tribunale o del giudice delegato; per le società non si applicano le norme in tema di riduzione del capitale al di sotto del minimo legale e conseguente causa di scioglimento[41]. Qualora, tuttavia, entro il termine concesso non siano presentati la proposta ed il piano, la domanda sarà dichiarata improcedibile e – in presenza dei relativi presupposti – potrà essere pronunciata la liquidazione giudiziale per effettiva insolvenza del debitore.
7 . Il controllo giudiziale sulla fase di ammissione al concordato tra verifica dei presupposti e tutela della par condicio creditorum
Il tribunale è tenuto a pronunciarsi sull’ammissibilità del ricorso, verificando preliminarmente la sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi della procedura, nonché la completezza della documentazione richiesta[42]. La valutazione muta a seconda della tipologia di concordato. In presenza di una domanda di concordato liquidatorio, il giudice dovrà esaminare l’ammissibilità della proposta, con particolare riguardo alla provenienza delle nuove risorse e al livello minimo di soddisfacimento dei creditori imposto dall’art. 84, comma 4 CCII, nonché la fattibilità del piano in termini di “non manifesta inattitudine” a conseguire gli obiettivi indicati[43]. 
Nel concordato in continuità aziendale, trattandosi di una procedura caratterizzata da maggior complessità e impatto prospettico, l’accertamento giudiziale è più circoscritto: si limita alla verifica della regolarità formale della proposta e, sotto il profilo della fattibilità, alla sola valutazione dell’eventuale “manifesta inidoneità” del piano a soddisfare i creditori e preservare i valori aziendali[44]. 
In entrambe le ipotesi, il tribunale è altresì chiamato a controllare la correttezza della formazione delle classi, qualora i creditori siano stati suddivisi secondo criteri di omogeneità[45]. Se, alla luce di tali criteri, la domanda risulti inammissibile – anche dopo un eventuale termine concesso per l’integrazione della documentazione o la modifica del piano – il giudice la dichiara inammissibile con decreto non reclamabile. In presenza di istanze presentate da soggetti legittimati, potrà inoltre dichiarare l’apertura della liquidazione giudiziale[46]. 
Qualora, invece, il ricorso venga ritenuto ammissibile, il tribunale, con decreto reclamabile, dichiara aperta la procedura, nominando il giudice delegato e il commissario giudiziale (eventualmente confermando quello già designato in sede di domanda “con riserva”). Gli atti degli organi della procedura risultano sempre reclamabili, secondo il regime previsto per la liquidazione giudiziale[47]. Il decreto di apertura deve inoltre indicare il periodo entro cui i creditori potranno esprimere il proprio voto e viene comunicato e pubblicato in estratto nel registro delle imprese ai sensi dell’art. 45 CCII.
8 . L’amministrazione del patrimonio e la gestione dell’impresa nel concordato preventivo
Durante la procedura di concordato preventivo, a partire dalla presentazione della domanda di accesso e sino all’omologazione, il debitore conserva l’amministrazione dei propri beni e la gestione dell’impresa, pur sotto la vigilanza degli organi della procedura[48]. Tale permanenza della gestione in capo all’imprenditore assume particolare rilievo nel concordato con continuità aziendale, in cui l’attività d’impresa costituisce lo strumento principale – anche non prevalente, secondo l’art. 84 CCII – per la produzione dei flussi finanziari necessari all’adempimento della proposta concordataria. 
Per le società, la prosecuzione dell’attività è assicurata dalla piena funzionalità degli organi sociali, che restano in carica anche in presenza di perdite di capitale tali da determinare, in via ordinaria, l’obbligo di riduzione o ricapitalizzazione, ovvero lo scioglimento della società[49]. In tal modo, il legislatore ha inteso sospendere temporaneamente le regole poste a presidio del capitale sociale, reputando che le stesse siano sostituite, durante la procedura, dalla vigilanza del commissario giudiziale e del tribunale[50]. 
Tale sospensione, tuttavia, non è definitiva: con l’omologazione, la società deve recuperare l’equilibrio patrimoniale necessario per la regolare prosecuzione dell’attività, pena lo scioglimento[51].
8.1 . Limiti ai poteri del debitore e spossessamento attenuato
Il mantenimento della gestione non è privo di limiti. L’imprenditore conserva la disponibilità dei beni, ma gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione necessitano di autorizzazione del giudice delegato, previo parere del commissario giudiziale, e devono risultare funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori[52]. In caso contrario, detti atti sono inefficaci nei confronti della massa creditoria, senza che ciò ne determini l’invalidità assoluta. Tale regime, definito come “spossessamento attenuato”[53], si distingue dal pieno spossessamento proprio della liquidazione giudiziale[54]. 
Il legislatore offre un elenco esemplificativo degli atti di straordinaria amministrazione: mutui, transazioni, alienazioni di diritti immobiliari o partecipazioni di controllo, concessioni di garanzie reali, fideiussioni, rinunce alle liti, accettazioni di eredità e donazioni. La giurisprudenza ha chiarito che la valutazione di straordinarietà va compiuta non solo in astratto, ma considerando il contesto dell’attività d’impresa e la tutela della par condicio creditorum[55]. 
In caso di atti non autorizzati diretti a frodare i creditori, il commissario giudiziale ha l’obbligo di riferirne al tribunale, che può revocare l’ammissione al concordato[56].
9 . La disciplina della nuova finanza nel concordato preventivo
Il legislatore, nell’ottica di favorire la continuità aziendale e di prevenire l’insolvenza irreversibile, ha introdotto una serie di misure volte ad agevolare l’accesso al credito da parte delle imprese in difficoltà, con particolare riferimento al pagamento delle forniture essenziali per la prosecuzione dell’attività[57]. Tali misure si pongono come strumentali alla stabilità del concordato preventivo, istituto che persegue una duplice finalità: da un lato, il risanamento dell’impresa; dall’altro, la migliore soddisfazione dei creditori rispetto all’alternativa liquidatoria[58]. 
Elemento centrale del sistema è rappresentato dalla prededucibilità di specifici crediti, ossia la possibilità che determinati finanziamenti godano di priorità nel soddisfacimento rispetto agli altri debiti[59]. Tale meccanismo è volto a incentivare i finanziatori e i fornitori strategici, riducendo il rischio connesso all’erogazione di nuova liquidità in un contesto di crisi. 
L’esigenza di nuova finanza può emergere prima della presentazione della domanda di concordato preventivo[60], per due principali finalità: 
a) sostenere i costi preparatori della procedura (consulenze professionali, predisposizione del piano e della domanda);
b) garantire la continuità aziendale, preservando il valore in vista della successiva ristrutturazione. 
In tale contesto si parla di finanziamenti ponte (bridge loans), i cui crediti possono godere di prededucibilità se previsti dal piano e dichiarati tali dal tribunale. La disciplina mira a prevenire abusi a danno della massa creditoria, poiché tali finanziamenti non sono inizialmente condivisi dai creditori e rischiano di costituire indebiti privilegi. A tal fine, l’art. 99, comma 5, CCII subordina la prededuzione al vaglio giudiziale[61]. 
Dopo il deposito della domanda (anche in bianco), l’impresa può necessitare di ulteriori risorse per garantire la prosecuzione dell’attività fino all’omologazione[62]. Si tratta dei finanziamenti interinali, che richiedono[63]: 
  • autorizzazione del tribunale;
  • specificazione della destinazione delle somme e della loro indispensabilità;
  • attestazione di un professionista indipendente circa la sussistenza delle condizioni di necessità.
Laddove sussista urgenza, il tribunale può autorizzarli anche senza l’attestazione preventiva, purché motivi sull’esistenza di un rischio grave e irreparabile per la continuità aziendale. Ai finanziatori può inoltre essere concessa garanzia reale (pegno o ipoteca), senza rischio di revocatoria concorsuale, ai sensi dell’art. 99, comma 4, CCII[64].
La necessità di nuova finanza può infine emergere nella fase di esecuzione del piano omologato, quando la continuità aziendale richiede liquidità immediata. L’art. 101 CCII prevede che i crediti derivanti da tali finanziamenti godano della prededucibilità in caso di successiva liquidazione giudiziale, purché espressamente contemplati dal piano[65].
Ulteriore aspetto critico è rappresentato dai pagamenti in costanza di procedura. In via generale, i crediti sorti durante la procedura godono di prededuzione, mentre quelli anteriori possono essere soddisfatti solo in esecuzione del piano, nel rispetto della par condicio creditorum[66]. Tuttavia, il tribunale può autorizzare il pagamento di crediti anteriori “essenziali” per la prosecuzione dell’attività, previa attestazione professionale. La dottrina ha osservato come tale deroga risponda all’esigenza di bilanciare la parità tra i creditori con la tutela della continuità aziendale[67].
Il modello di amministrazione nel concordato preventivo riflette un bilanciamento tra l’autonomia gestionale del debitore e le esigenze di controllo a tutela dei creditori[68]. La soluzione dello spossessamento attenuato conferma la tradizione concorsuale italiana, ma si armonizza con l’obiettivo europeo di favorire strumenti di allerta precoce e ristrutturazione preventiva, come sancito dalla Direttiva (UE) 2019/1023.
10 . Il voto dei creditori nel concordato preventivo: disciplina, limiti e prospettive tra Codice della crisi e Direttiva (UE) 2019/1023
La disciplina del voto dei creditori nel concordato preventivo si inserisce in un quadro procedurale scandito da passaggi ben definiti. Nel periodo stabilito dal decreto di ammissione (art. 47, comma 1, lett. c), CCII), ha luogo la votazione, secondo quanto previsto dagli artt. 107 ss. CCII. Prima di tale fase, entro quindici giorni dall’inizio delle operazioni di voto, il commissario giudiziale è chiamato a illustrare ai creditori, tramite una relazione inviata via posta elettronica certificata, la proposta concordataria nonché le eventuali proposte concorrenti, corredando la comunicazione con l’elenco dei creditori ammessi al voto e l’indicazione dei rispettivi importi. 
Nei dieci giorni precedenti l’avvio della votazione, le parti interessate – debitore, coobbligati, creditori e autori di proposte alternative – possono formulare osservazioni e contestazioni. Il commissario, a sua volta, ha l’obbligo di riferirne a tutti gli interessati e al giudice delegato, depositando infine, entro i sette giorni precedenti la votazione, una relazione definitiva. Su tale base, il giudice può emettere provvedimenti, soprattutto in ordine all’ammissione al voto di crediti contestati, la cui rilevanza resta tuttavia limitata alla fase deliberativa e al calcolo delle maggioranze, senza incidere sulle decisioni definitive circa l’esistenza e la graduazione dei crediti stessi. I creditori esclusi, dal canto loro, mantengono la facoltà di opporsi in sede di omologazione, qualora la loro mancata ammissione abbia influito sul quorum[69]. 
La votazione avviene esclusivamente tramite posta elettronica certificata indirizzata al commissario giudiziale, e coinvolge i creditori ammessi nonché, in classe autonoma, eventuali proponenti di piani concorrenti. La legittimazione al voto è circoscritta alle “parti interessate” ai sensi dell’art. 87, comma 1, lett. l) e m), CCII e della direttiva (UE) 2019/1023, che riconosce tale qualifica ai creditori – compresi i lavoratori – e ai detentori di strumenti di capitale i cui interessi risultino incisi direttamente dall’esito del piano. 
Tra le parti interessate figurano in primo luogo i creditori chirografari, cui si affiancano i creditori subordinati, salvo il caso in cui la proposta non preveda alcuna soddisfazione: in tali ipotesi, la loro esclusione dal voto è stata talvolta sostenuta anche in giurisprudenza. Più articolata appare la posizione dei creditori privilegiati. Essi non partecipano alla votazione se la proposta assicura il pagamento integrale dei loro crediti, salvo i casi di rinuncia, anche parziale, al diritto di prelazione o di incapienza della garanzia. In tali evenienze, per la quota non integralmente soddisfatta, i privilegiati votano al pari dei chirografari (art. 109, comma 3 e 4 CCII)[70]. Diverso è il regime previsto per il concordato con continuità aziendale, ove la nozione di “integrale soddisfazione” viene precisata in modo più rigoroso: il pagamento deve avvenire in denaro entro 180 giorni dall’omologazione (ridotti a 30 per i crediti di lavoro ex art. 2751 bis c.c.), con permanenza della garanzia fino alla liquidazione del bene gravato. Il mancato rispetto di tali condizioni comporta l’ammissione al voto anche dei privilegiati[71]. 
Sono invece esclusi dal voto i creditori in conflitto di interessi o legati al debitore da rapporti qualificati (coniugi, parenti fino al quarto grado, società controllanti, controllate o sottoposte a comune controllo, nonché i cessionari di crediti da meno di un anno)[72]. L’obiettivo è evitare il formarsi di maggioranze artificiose. Restano però ammessi al voto i creditori proponenti piani concorrenti, purché collocati in un’apposita classe, così come, a determinate condizioni, i soci della società debitrice. 
Le maggioranze richieste variano a seconda della natura del concordato. Per entrambe le tipologie – liquidatorio e in continuità – occorre il voto favorevole della maggioranza dei crediti ammessi, con la specificazione che, nel caso di concentrazione del credito in capo a un solo soggetto, è richiesta anche la maggioranza per teste. Nel concordato liquidatorio, inoltre, la maggioranza deve sussistere all’interno del maggior numero di classi, mentre nel concordato in continuità è richiesta, in prima battuta, l’approvazione unanime di tutte le classi. 
In difetto di tale unanimità, può operare la c.d. ristrutturazione trasversale (cross-class cram down, art. 112, comma 2 CCII), che consente l’omologazione del concordato anche in presenza di classi dissenzienti, purché ricorrano condizioni stringenti: rispetto della c.d. absolute priority rule sul valore di liquidazione, applicazione della relative priority rule sul plusvalore derivante dalla continuità, assenza di arricchimenti indebiti per i singoli creditori, e consenso della maggioranza delle classi (di cui almeno una munita di prelazione) o, in alternativa, di almeno una classe che avrebbe percepito una quota in base al rispetto della c.d. absolute priority rule[73]. 
Nell’ipotesi di più proposte approvate, sarà privilegiata in sede di omologazione quella che prevede la continuità aziendale, anche se sostenuta da un consenso inferiore; ove invece siano state approvate più proposte tutte in continuità, sarà scelta quella con il maggior supporto dei creditori chirografari (art. 109, comma 5 bis CCII).
11 . La fase di omologazione del concordato preventivo: procedimento, opposizioni e controlli di merito
All’esito della votazione, il commissario giudiziale è tenuto a redigere una relazione analitica, da depositare in cancelleria il giorno successivo alla chiusura delle operazioni, nella quale vengono sintetizzati i risultati della consultazione dei creditori. Qualora non si raggiungano le maggioranze prescritte, e il debitore non richieda entro sette giorni l’accertamento dei presupposti per una ristrutturazione trasversale, il concordato sarà respinto e il giudice delegato riferirà al tribunale per l’eventuale apertura della liquidazione giudiziale, ai sensi degli artt. 49 e 111 CCII. In caso contrario, cioè se le maggioranze risultano conseguite, la procedura prosegue con il giudizio di omologazione disciplinato dall’art. 112 CCII[74]. 
In questa fase, il giudice delegato trasmette gli atti al tribunale, che fissa un’udienza in camera di consiglio, con la partecipazione del debitore, del commissario giudiziale e dei creditori dissenzienti. Il decreto di fissazione dell’udienza, oltre a essere pubblicato nel registro delle imprese, deve essere notificato a tutte le parti interessate. Fino a tale momento, i creditori che abbiano già espresso il proprio voto possono modificare la decisione, qualora il commissario giudiziale li abbia informati di sopravvenuti mutamenti nelle condizioni di fattibilità del piano[75]. 
Il giudizio di omologazione presenta una duplice dimensione. Sul piano formale, il tribunale è chiamato a verificare la regolarità della procedura, l’esito della votazione, la corretta formazione delle classi e il rispetto del principio di parità di trattamento tra creditori appartenenti alla medesima classe. Sul piano sostanziale, invece, l’oggetto dell’esame varia a seconda della tipologia di concordato. Nel concordato liquidatorio, la verifica riguarda la non manifesta inidoneità del piano a raggiungere gli obiettivi dichiarati; nel concordato in continuità, si tratta piuttosto di accertare l’esistenza di ragionevoli prospettive di superamento dell’insolvenza, nonché la necessità ed equità dei nuovi finanziamenti eventualmente previsti. In tale contesto, trova spazio anche la ristrutturazione trasversale, che consente l’omologazione nonostante il dissenso di una o più classi[76]. 
Ai creditori dissenzienti è riconosciuta la facoltà di proporre opposizione, su motivi sia formali (ad esempio, l’errato computo dei voti), sia sostanziali (come la falsità dei dati o la non convenienza della proposta). La legittimazione, tuttavia, è differenziata: nel concordato in continuità spetta a qualunque creditore dissenziente, mentre nel concordato liquidatorio è limitata ai membri di una classe dissenziente, oppure – in mancanza di classi – a creditori che rappresentino almeno il 20% dei crediti ammessi[77]. 
Un aspetto centrale è rappresentato dal controllo di convenienza, il c.d. best interest test, che opera quando venga contestato il trattamento riservato dalla proposta. L’omologazione resta comunque possibile se quel trattamento non risulta inferiore a quanto sarebbe ottenibile in sede di liquidazione giudiziale, secondo il valore di liquidazione definito dall’art. 87 CCII. In tale ipotesi, si applica il meccanismo del cram down, per cui il creditore opponente deve accettare il trattamento prospettato. A garanzia di questo controllo, l’art. 112, comma 4 CCII prevede la possibilità che il tribunale disponga una stima del complesso aziendale, volta a verificare l’effettiva convenienza della proposta. Tale strumento, pur necessario, rende evidente l’importanza di predisporre piani concordatari basati su valutazioni realistiche e prudenti, in modo da evitare costi ulteriori e contestazioni fondate[78]. 
Le opposizioni possono estendersi anche alle operazioni straordinarie previste dal piano – trasformazioni, fusioni o scissioni – che, in via ordinaria, sarebbero di competenza del Tribunale delle imprese. In questo modo si concentra in sede concordataria ogni contestazione, evitando tempi processuali incompatibili con le esigenze di celerità proprie della procedura[79]. 
Il tribunale, assunti i mezzi istruttori e valutata la relazione del commissario giudiziale (da depositarsi almeno cinque giorni prima dell’udienza), decide sulle opposizioni. Se le accoglie, può disporre la liquidazione giudiziale; se le respinge, procede con l’omologazione mediante sentenza, notificata alle parti e iscritta nel registro delle imprese, così da produrre effetti rispettivamente interni ed esterni. L’art. 113 CCII impone, peraltro, che l’omologazione intervenga entro dodici mesi dall’apertura della procedura, a pena di improcedibilità[80]. 
La sentenza che definisce la procedura, sia essa di rigetto o di omologazione, può essere oggetto di reclamo dinanzi alla Corte d’Appello entro trenta giorni dalla notificazione o iscrizione[81]. Pur in pendenza di reclamo, la decisione è provvisoriamente esecutiva, salvo che la Corte disponga l’inibitoria, anche parziale, dell’attuazione del piano, qualora sussistano gravi e fondati motivi.
12 . Gli effetti dell’omologazione del concordato preventivo: profili sistematici e problematici
L’omologazione del concordato segna un punto di svolta nella procedura concorsuale, poiché da essa scaturiscono una serie di effetti di natura sostanziale e processuale che ridisegnano profondamente i rapporti tra debitore e creditori. L’art. 117 CCII delinea con chiarezza le conseguenze giuridiche che l’omologazione produce, ma al contempo lascia emergere alcune questioni interpretative tuttora dibattute in dottrina e in giurisprudenza. 
a) La riacquisizione della piena capacità e l’effetto esdebitatorio: 
in primo luogo, l’omologazione determina la piena “restituzione” del debitore alla propria autonomia patrimoniale e gestionale: vengono meno, infatti, le limitazioni alla disponibilità del patrimonio imposte nel corso della procedura e si ripristina la piena capacità d’agire e processuale. Contestualmente, il debitore è liberato dalle obbligazioni non previste nella proposta approvata, con un effetto liberatorio che assume rilievo centrale nella dinamica del concordato. 
Sotto questo profilo, la dottrina si interroga se l’effetto esdebitatorio comporti una vera e propria estinzione delle obbligazioni escluse dal piano, ovvero se si tratti di un mero pactum de non petendo tra debitore e creditori[82]. Secondo la prima tesi, il debito verrebbe definitivamente cancellato dal patrimonio giuridico del soggetto, producendo un effetto assimilabile a una causa di estinzione dell’obbligazione[83]. La seconda impostazione, più prudente, ravvisa invece una rinuncia all’azione da parte dei creditori, i quali manterrebbero tuttavia un’obbligazione naturale, moralmente esigibile ma non giuridicamente coercibile. Tale interpretazione trova conferma nel fatto che rimangono intatte ed escutibili le garanzie prestate a copertura dei debiti originari, come espressamente previsto dall’art. 117 CCII, a conferma che il debito in sé non scompare, ma viene soltanto neutralizzato nei confronti del debitore principale[84]. 
Resta peraltro ferma la responsabilità degli amministratori, del direttore generale, dei sindaci e dei liquidatori, i quali possono essere chiamati a rispondere dei danni subiti dai creditori sociali ai sensi dell’art. 2394 c.c. (richiamato dall’art. 115 CCII), anche nella misura corrispondente alla falcidia subita in sede concordataria. L’effetto liberatorio, dunque, non si estende automaticamente ai soggetti che abbiano concorso alla crisi o aggravato la situazione debitoria della società[85]. 
b) L’effetto liberatorio nei confronti dei soci: 
nel caso di società di capitali, l’effetto esdebitatorio si estende anche ai soci illimitatamente responsabili, salvo patto contrario. Si tratta, tuttavia, di una liberazione circoscritta ai soli creditori sociali, poiché i creditori particolari dei soci conservano impregiudicate le proprie pretese[86]. La ratio di tale previsione risiede nella funzione del concordato, che mira a riequilibrare i rapporti con i creditori della società in crisi, senza incidere sulle relazioni obbligatorie personali dei soci. 
c) L’obbligo di esecuzione del piano e i vincoli gestionali residui: 
il debitore – o l’eventuale assuntore – rimane obbligato ad adempiere a quanto promesso nel piano concordatario, sia mediante pagamenti diretti, sia attraverso atti funzionali all’attuazione del piano (costituzione di garanzie, modifiche statutarie, operazioni straordinarie, ecc.). Tale vincolo si traduce in una significativa limitazione della libertà imprenditoriale, poiché le scelte gestionali successive all’omologazione dovranno restare coerenti con il contenuto del piano approvato, pena la possibile risoluzione del concordato o, nei casi più gravi, la successiva apertura della liquidazione giudiziale[87]. 
d) L’opponibilità dell’effetto esdebitatorio e la posizione dei creditori: 
l’effetto esdebitatorio si estende erga omnes nei confronti di tutti i creditori anteriori alla pubblicazione della domanda di concordato, inclusi quelli dissenzienti o rimasti estranei alla procedura. In tal modo, l’omologazione realizza una forma di coazione legale al rispetto dell’accordo, espressione del principio di maggioranza che governa il procedimento. I creditori successivi, invece, restano pienamente tutelati nelle loro ragioni, poiché il concordato non incide sui rapporti sorti dopo la pubblicazione della domanda[88]. 
e) I coobbligati e i garanti del debitore: 
nonostante l’effetto liberatorio, i creditori anteriori conservano intatti i propri diritti nei confronti dei coobbligati, dei fideiussori e degli obbligati in via di regresso con il debitore. In tal senso, l’art. 117 CCII introduce una deroga al principio di comunicabilità degli effetti favorevoli tra condebitori, sancito dagli artt. 1301, 1239 e 1941 c.c. L’effetto liberatorio, quindi, resta confinato al solo debitore concordatario, mentre i garanti e i soci illimitatamente responsabili continuano a rispondere integralmente del debito, salvo patto espresso in senso contrario[89]. 
f) La ripresa delle azioni esecutive e cautelari: 
con il ritorno in bonis del debitore, ai creditori è nuovamente consentito l’esercizio individuale delle azioni esecutive e cautelari volte alla tutela delle proprie ragioni. Ciò vale tanto per i creditori anteriori quanto per quelli successivi, sebbene, per i primi, l’azione debba trovare fondamento nel piano omologato. In alternativa, il creditore può richiedere la risoluzione del concordato, o – nei casi in cui l’inadempimento riguardi obbligazioni sorte dopo l’apertura della procedura – la liquidazione giudiziale del debitore (art. 119, comma 7 CCII)[90]. 
g) La consecuzione di procedure e la tutela della “nuova finanza”: 
qualora all’esecuzione del concordato segua una liquidazione giudiziale, si applicano specifiche disposizioni di salvaguardia. Gli atti e i pagamenti compiuti in funzione del piano omologato sono esenti da azione revocatoria, a tutela dell’affidamento dei terzi e della stabilità dell’operazione. I crediti derivanti dalla nuova finanza, concessa per sostenere l’impresa nella fase di esecuzione, godono del beneficio della prededucibilità, riconoscendo così la loro funzione propulsiva per la continuità aziendale[91]. 
Infine, l’art. 324 CCII prevede un’espressa esenzione dai reati di bancarotta per gli atti, pagamenti o operazioni poste in essere in esecuzione dell’accordo omologato. Si tratta di una tutela penale coerente con la logica del sistema: gli atti funzionali all’attuazione di un piano approvato dal tribunale non possono essere considerati illeciti, anche qualora rientrino astrattamente nelle fattispecie di cui agli artt. 322 e 323 CCII, come nel caso di pagamenti preferenziali o di operazioni che aggravino formalmente il dissesto. 
Tali condotte risultano infatti “legittimate” dall’omologazione giudiziale, in quanto espressione di una procedura che la legge stessa qualifica come mezzo di risanamento e non come atto distrattivo[92].
13 . Gli effetti dell’omologazione del concordato preventivo tra vincolo di adempimento e rimedi all’inadempimento
L’omologazione del concordato preventivo segna il momento in cui la procedura, da fase di verifica e approvazione giudiziale del piano, si trasforma in un vero e proprio rapporto obbligatorio tra debitore e creditori. Da tale provvedimento discende, in primo luogo, l’obbligo del debitore di adempiere alla proposta concordataria, nella forma e secondo le modalità approvate. 
Il vincolo dell’adempimento non si esaurisce in un mero dovere morale di correttezza, ma assume natura giuridica vincolante, potendo la sua violazione comportare la risoluzione del concordato o la riapertura di una procedura liquidatoria. In altri termini, l’omologazione segna il passaggio da una fase negoziale e giudiziale ad una di esecuzione controllata, in cui il rispetto delle obbligazioni assunte diviene l’asse portante della continuità degli effetti esdebitatori. 
13.1 . Il ruolo dei liquidatori e del commissario giudiziale
Nel caso di concordato con cessione, anche parziale, dei beni, l’art. 114 CCII prevede che, salvo diversa disposizione del piano, il tribunale nomini uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori, determinando altresì le modalità della liquidazione[93]. 
I liquidatori sono legittimati a compiere ogni atto utile alla miglior realizzazione del patrimonio del debitore: tra i loro compiti rientrano le azioni recuperatorie di beni o crediti e l’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori della società debitrice. Resta invece ferma, ai sensi dell’art. 115 CCII, la legittimazione concorrente dei singoli creditori all’azione di responsabilità prevista dall’art. 2394 c.c., a tutela dei propri interessi[94]. 
Tanto nel concordato liquidatorio quanto in quello in continuità aziendale, permane la funzione di vigilanza del commissario giudiziale, il quale prosegue nell’esercizio del suo ufficio anche dopo l’omologazione, verificando non solo l’esatto adempimento delle obbligazioni concordatarie, ma anche la persistente fattibilità del piano, alla luce dell’evoluzione della situazione economico-finanziaria dell’impresa. 
Il controllo si estende, dunque, ad una dimensione dinamica, che guarda al mantenimento delle condizioni di equilibrio prospettico e alla coerenza delle operazioni poste in essere con gli obiettivi di risanamento o liquidazione approvati.
13.2 . L’inadempimento del debitore e i poteri sostitutivi del tribunale
Non sempre il piano trova regolare esecuzione. Può accadere che il debitore o i terzi garanti non rispettino gli impegni assunti, e ciò a prescindere da profili soggettivi di dolo o colpa. 
In simili circostanze, la legge attribuisce al commissario giudiziale il potere-dovere di segnalare l’inadempimento al tribunale, che potrà investire lo stesso commissario dei poteri necessari per l’esecuzione coattiva del concordato[95].
Se il debitore ha forma societaria, l’art. 120 quinquies CCII prevede strumenti incisivi: il tribunale può revocare l’organo amministrativo e nominare un amministratore giudiziario, eventualmente coincidente con il liquidatore, al quale conferire i poteri per compiere ogni atto necessario all’attuazione del piano[96]. 
Tali poteri possono spingersi fino alla convocazione dell’assemblea dei soci per deliberare modifiche statutarie, anche relative ad aumenti di capitale, se previste dal piano. Laddove la modificazione statutaria sia contemplata nel piano omologato come effetto automatico, essa discende direttamente dal provvedimento di omologazione senza necessità di ulteriore deliberazione assembleare[97].
13.3 . Le modifiche sostanziali del piano (art. 118 bis CCII)
La disciplina si mostra particolarmente flessibile nei concordati in continuità aziendale, dove l’attuazione del piano può incontrare imprevisti che ne rendano necessaria una revisione. 
Per evitare la risoluzione dell’accordo – soluzione pregiudizievole sia per il debitore che per i creditori – l’art. 118 bis CCII consente all’imprenditore di modificare sostanzialmente il piano, purché ciò avvenga nel rispetto di determinate garanzie procedurali[98]. 
In particolare, l’imprenditore dovrà ottenere una nuova attestazione di fattibilità del piano modificato e trasmetterla al commissario giudiziale, il quale informerà il tribunale. Quest’ultimo, verificata la natura sostanziale delle modifiche, disporrà la pubblicazione nel registro delle imprese e la comunicazione ai creditori[99]. 
Entro trenta giorni dalla comunicazione, i creditori potranno proporre opposizione; in assenza di opposizioni o qualora esse siano rigettate, il tribunale, con decreto motivato adottato secondo il rito di cui all’art. 48 CCII, approverà le modifiche, che diverranno così parte integrante del piano originario.
13.4 . La risoluzione del concordato per inadempimento (art. 119 CCII)
Qualora, nonostante i poteri sostitutivi e le misure correttive, non si riesca a garantire l’esecuzione regolare del concordato, si apre la via della risoluzione[100]. 
L’art. 119 CCII prevede che essa possa essere chiesta dai creditori o, su loro istanza, dal commissario giudiziale, quando l’inadempimento non sia di scarsa importanza. Il ricorso deve essere proposto entro un anno dal termine fissato per l’ultimo adempimento e si svolge con rito camerale. 
Se il tribunale accerta l’inadempimento di rilievo, dichiara la risoluzione del concordato e, se del caso, apre la liquidazione giudiziale del debitore[101]. 
Non è tuttavia ammessa la risoluzione quando gli obblighi concordatari siano stati assunti da un terzo assuntore con liberazione del debitore: in tale evenienza, l’effetto esdebitatorio permane in capo al debitore, e l’inadempimento potrà essere fatto valere esclusivamente nei confronti del terzo. 
La risoluzione comporta la caducazione retroattiva degli effetti del concordato, in primis di quello esdebitatorio. Restano tuttavia validi e irretrattabili gli atti compiuti durante la procedura e in esecuzione del piano, compresi quelli organizzativi della società debitrice, che non potranno essere oggetto di revocatoria. 
I creditori torneranno così titolari del credito originario, decurtato delle somme eventualmente già riscosse in esecuzione del concordato.
13.5 . L’annullamento del concordato per dolo del debitore (art. 120 CCII)
Diverso dalla risoluzione è l’annullamento del concordato, disciplinato dall’art. 120 CCII, che presuppone la scoperta di un disegno fraudolento del debitore, quale l’occultamento o la dissimulazione di una parte rilevante dell’attivo, o l’esagerazione dolosa del passivo. L’annullamento non deriva dunque da un inadempimento sopravvenuto, ma da una mendace rappresentazione originaria che ha viziato la volontà dei creditori e la valutazione del tribunale[102]. 
Il rimedio può essere richiesto dai creditori o dal commissario giudiziale entro sei mesi dalla scoperta del dolo o, in ogni caso, entro due anni dall’ultimo adempimento previsto. 
La pronuncia di annullamento determina la caducazione degli effetti del concordato e può essere accompagnata, se ne ricorrono i presupposti, dalla dichiarazione di liquidazione giudiziale del debitore. 
14 . Conclusioni
L’omologazione del concordato preventivo non rappresenta il punto d’arrivo della procedura, bensì l’inizio di una fase nuova, in cui l’equilibrio tra autonomia negoziale del debitore e controllo giudiziale si traduce in un complesso sistema di garanzie e rimedi. 
La disciplina vigente – specie alla luce del D.Lgs. n. 83/2022 e del successivo D.Lgs. n. 136/2024 – mira a coniugare efficienza e tutela, introducendo meccanismi di flessibilità e adattamento del piano (art. 118 bis) e strumenti di intervento sostitutivo e correttivo (artt. 115 e 120 quinquies), in linea con la logica europea della prevenzione e del risanamento precoce delle crisi.
Laddove, tuttavia, la buona fede o la fattibilità economica vengano meno, la legge non esita a ripristinare la tutela concorsuale ordinaria, mediante risoluzione o annullamento, a conferma della funzione pubblicistica che permea il moderno diritto della crisi: garantire che il risanamento, per essere legittimo, resti sempre fondato sulla verità e sulla trasparenza dei comportamenti del debitore.

Note:

[1] 
Art. 56 CCII. 
[2] 
Artt. 57-60 CCII. 
[3] 
Art. 62 CCII. 
[4] 
Art. 64 bis CCII. 
[5] 
Artt. 65-83 CCII. 
[6] 
Artt. 84 ss. CCII. 
[7] 
Artt. 240-247 CCII. 
[8] 
Art. 109 CCII. 
[9] 
Art. 112 CCII. 
[10] 
Cass., sez. 3, 11 ottobre 2024, n. 26560 - l’omologa vincola erga omnes (anche i dissenzienti) agli impegni assunti nel concordato; restano azionabili accertamenti sull’an e rango del credito al di fuori del quantum falcidiato. 
[11] 
Cass., S.U., 31 dicembre 2021, n. 42093 - Le Sezioni Unite richiamano la logica di accesso precoce agli strumenti di regolazione per preservare continuità e prevenire l’insolvenza: cornice che giustifica l’accesso al concordato anche in stato di crisi. 
[12] 
M. Sciuto, Gli strumenti di regolazione negoziata della crisi di impresa, Diritto della crisi d’impresa, Torino, 2025, 150-152. 
[13] 
WKI – IPSOA, Il concordato preventivo, cap. 20 (ultima ed.), 2024, 492–497. 
[14] 
M. Arato, Il discrimen tra concordato preventivo liquidatorio e in continuità, in Ristrutturazioni Aziendali, 2025, 3–7; Cass., Sez. 1, 6 agosto 2024, n. 22169 - nel concordato in continuità, il surplus generato dalla prosecuzione non è liberamente distribuibile e soggiace al divieto di alterazione delle cause legittime di prelazione. 
[15] 
S. Ambrosini, Finalità del concordato preventivo e tipologie di piano: gli interessi protetti e lo “statuto” della continuità aziendale, in Ristrutturazioni Aziendali, 2024, 29–31; Cass., Sez. I, 2 ottobre 2024, n. 25919 - in continuità, è inammissibile la proposta che non prefiguri un’utilità economicamente valutabile per i chirografari. 
[16] 
S. Ambrosini, Concordato preventivo e autonomia privata: i cc.dd. patti paraconcordatari, in Crisi d’impresa e fallimento, 2016, 2–5, 11–16; Corte di Cassazione, Sez. I, 6 agosto 2024, n. 22169 - in tema di regole distributive (art. 84, comma 6–7 CCII), ribadisce il nesso tra valore di liquidazione e surplus: utile per verificare che eventuali patti a latere non alterino la graduazione dei diritti. 
[17] 
D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, “CCII”. 
[18] 
V. Zanichelli, Il concordato come procedimento concorsuale negoziato, in Questione Giustizia, 2/2019 - L’autore evidenzia “l’ampio margine di manovra concesso al debitore nell’organizzare la proposta… [che] testimonia ancora il riconoscimento… dell’autonomia privata” (con richiamo al ruolo del voto dei creditori). 
[19] 
Art. 90 CCII.
[20] 
Art. 109, comma 7 CCII. 
[21] 
Art. 118, comma 3 CCII. 
[22] 
Art. 118, comma 4 CCII. 
[23] 
M. Aiello, Concordato preventivo e proposte concorrenti: i casi della nomina dell’amministratore giudiziale e dell’aumento del capitale, in Ristrutturazioni Aziendali, 2022. 
[24] 
Art. 105, comma 3 CCII. 
[25] 
Art. 90, comma 4 CCII. 
[26] 
Art. 91 CCII. 
[27] 
Trib. Torino, 25 luglio 2024 — Ammesso l’avvio della procedura competitiva già in fase prenotativa (accesso con riserva), quando esiste un’offerta irrevocabile per l’azienda: il tribunale può disporre pubblicità per acquisire offerte concorrenti e poi fissare condizioni e tempi della gara. Conferma l’impianto dell’art. 91 CCII e la funzione pro-concorrenziale di massimizzazione del valore; Trib. Bolzano, 9 giugno 2023 — Se il piano prevede la cessione (azienda/ramo/bene) a un soggetto già individuato, il tribunale apre la procedura competitiva ex art. 91 CCII, indicando modalità e requisiti; la gara è strumentale a garantire pubblicità e competitività nella scelta del miglior offerente. 
[28] 
Art. 41 Cost. 
[29] 
D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, di seguito “CCII”. 
[30] 
Trib. L’Aquila, sez. imprese, decreto 18 aprile 2023 - Rigetta l’approvazione della delibera assembleare di revoca del CdA che aveva deliberato l’accesso allo strumento di regolazione; chiarisce che il tribunale deve svolgere un controllo intrinseco sulla “giusta causa” e che la sola decisione/domanda di accesso non integra giusta causa. Ratio: evitare che l’assemblea frustri, con revoche ritorsive, la tempestiva attivazione degli strumenti di composizione della crisi. 
[31] 
Art. 27 CCII. 
[32] 
Art. 87, comma 3, CCII. 
[33] 
N. Usai, Il controllo sulla fattibilità del concordato con continuità aziendale nel CCII: una prima applicazione dello standard europeo, in Dirittodellacrisi.it, 2024.
[34] 
Cass., S.U., 23 gennaio 2013, n. 1521 – distingue tra fattibilità giuridica (controllo pieno del giudice) e fattibilità economica, sulla quale il giudice verifica che il piano non sia manifestamente irrealizzabile: non basta il controllo formale, serve coerenza logico-funzionale del piano rispetto alla “causa concreta” della procedura. 
[35] 
Art. 84, comma 6, CCII. 
[36] 
S. Leuzzi, Il volto nuovo del concordato preventivo in continuità aziendale, in Dirittodellacrisi.it, 2022. 
[37] 
L. De Simone, L’accesso “con riserva” al procedimento unitario, in Dirittodellacrisi.it, 2022. 
[38] 
F. Pani, La domanda prenotativa nel procedimento unitario, Dirittodellacrisi.it, 2024. 
[39] 
Artt. 8 e 55 CCII. 
[40] 
Trib. Santa Maria Capua Vetere, decreto 2 febbraio 2024. 
[41] 
Art. 44, comma 1 bis e 1 ter CCII. 
[42] 
Art. 47 CCII. 
[43] 
Trib. Milano, 11 maggio 2023. 
[44] 
Cass., sez. I, 7 aprile 2017, n. 9061 - Il giudice può arrestare la proposta se emerge prima facie un’assoluta/manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi della procedura; il controllo di merito economico resta ai creditori.; Trib. Milano, decreto 11 maggio 2023 - In sede di apertura, per il concordato in continuità il controllo del tribunale si arresta alla ritualità della proposta; l’inammissibilità scatta solo se il piano è manifestamente inidoneo a soddisfare i creditori e a preservare i valori aziendali. 
[45] 
Art. 47, comma 1 CCII, in raccordo con art. 85 CCII. 
[46] 
Cass., Sez. 1, 16 aprile 2018, n. 9378 - Fissa il criterio della “doppia omogeneità” (posizione giuridica + interessi economici) e i limiti del sindacato del tribunale sulla corretta composizione delle classi. Valutazione di fatto riservata al merito, legittimità solo per errori di diritto. 
[47] 
Art. 124 CCII. 
[48] 
Art. 94 CCII. 
[49] 
Art. 89 CCII. 
[50] 
V. V. Calandra Buonaura, La gestione societaria dell’impresa in crisi, in Società, banche e crisi d’impresa, Liber amicorum Pietro Abbadessa, vol. III, Torino, 2014, 2597 ss. 
[51] 
V. F. P. Petrera, La sospensione degli obblighi di cui agli artt. 2446, 2447, 2482-bis e 2482-ter c.c. e la non operatività delle cause di scioglimento prevista negli artt. 20, 64 ed 89 del CCII, Fondazione Italiana del Notariato, 2023. 
[52] 
Art. 94, comma 2 CCII. 
[53] 
Cass. civ., Sez. I, 15 febbraio 2021, n. 3850 - nel concordato opera il c.d. “spossessamento attenuato” (il debitore conserva l’amministrazione dei beni sotto vigilanza del commissario), a differenza del pieno spossessamento della liquidazione giudiziale. 
[54] 
Art. 145 CCII. 
[55] 
Cass. civ., Sez. I, 16 maggio 2019, n. 13261 - la locazione infranovennale stipulata in pendenza di concordato non è di per sé atto di straordinaria amministrazione. La distinzione va compiuta caso per caso in base al rapporto dell’atto con la gestione normale del tipo di impresa e alle sue dimensioni, salvo che incida negativamente sulla par condicio o sulla consistenza patrimoniale. 
[56] 
Art. 106 CCII. 
[57] 
Art. 84 CCII. 
[58] 
Art. 100 CCII; M. Fabiani, Nuova finanza prededucibile negli accordi di ristrutturazione e nell’esecuzione del concordato preventivo: alla ricerca della razionalità, in Dirittodellacrisi.it, 2023. 
[59] 
Art. 6, 99, 100, 101 CCII.; Direttiva (UE) 2019/1023 (“Insolvency”); Cass., Sez. Unite, 31 dicembre 2021, n. 42093. Mappa le fonti della prededuzione e ribadisce che per la finanza interinale/ponte servono autorizzazione giudiziale e attestazione di funzionalità alla migliore soddisfazione; niente applicazioni analogiche facili. Fondamentale per l’inquadramento sistematico. 
[60] 
Trib. Milano, 29 agosto 2023, Finanza d’urgenza ex art. 99 CCII, in Ristrutturazioni Aziendali, 2023; Trib. S. Maria Capua Vetere, decreto 25 giugno 2024, in Il Caso, 2024 - distingue interinale (autorizzazione prima dell’erogazione) e ponte (prededuzione solo nel decreto di apertura; non con provvedimento autonomo). 
[61] 
Massimo Fabiani, La prededuzione nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Dirittodellacrisi.it, 2023.
[62] 
Artt. 44, 99 CCII; art. 17 Direttiva (UE) 2019/1023. 
[63] 
Trib. Milano, 24 luglio 2023 - la finanza d’urgenza ex art. 99 può essere autorizzata anche senza relazione (urgenza), ma il vaglio è particolarmente rigoroso, specie se si concedono garanzie reali, in Dirittodellacrisi.it, 2023; Trib. Santa Maria Capua Vetere, 25 giugno 2024 - distingue finanza interinale (serve autorizzazione prima dell’erogazione) da finanza ponte (vaglio ex post sulla prededuzione), in Dirittodellacrisi.it, 2024. 
[64] 
G. Meo, Nuova finanza e concordato preventivo, in Fondazione Italiana del Notariano, 2024. 
[65] 
Procura Generale presso la Cassazione, ud. 25 marzo 2025 (RG 11057/2022): richiama l’orientamento per cui i crediti sorti in esecuzione del concordato sono prededucibili nel successivo fallimento, nel perimetro e limiti normativi, in https://www.procuracassazione.it; L. Morellini, Finanziamenti ammissibili nel codice della crisi e dell’insolvenza, in Dirittodellacrisi.it, 2023. 
[66] 
Artt. 6, 100 CCII. 
[67] 
Trib. Roma, 17 aprile 2024: autorizzato il pagamento di crediti previdenziali pregressi come “essenziali” in un concordato in continuità; conferma struttura e limiti dell’art. 100, in Unijuris.it
[68] 
S. Leuzzi, Il volto nuovo del concordato preventivo in continuità aziendale, in Dirittodellacrisi.it, 2022; Art. 94 CCII. 
[69] 
Cass., Sez. I, 24 dicembre 2024, n. 34372, in https://www.unijuris.it - l’ammissione al voto del credito contestato ha natura provvisoria e non incide sull’accertamento definitivo; si collega alla disciplina di cui agli artt. 107–108 CCII; Cass., Sez. III, 11 ottobre 2024, n. 26560, https://www.unijuris.it - i provvedimenti del Giudice delegato su ammissione/esclusione sono finalizzati al solo calcolo delle maggioranze, senza giudicato su esistenza/entità/rango del credito. 
[70] 
Trib. Milano, decr. 5 febbraio 2024. 
[71] 
F. A. Chiaves, Il voto dei creditori privilegiati nel concordato preventivo: nuovi scenari?, in Diritto Bancario, 2024, 1–3. 
[72] 
Cass., Sez. 1, 29 dicembre 2024, n. 34807, in https://www.unijuris.it - esclusione dal voto della controllante non opera quando la stessa, al momento del voto, sia a sua volta assoggettata a procedura concorsuale (lettura restrittiva del perimetro soggettivo delle esclusioni). 
[73] 
Trib. Bergamo, 11 aprile 2023. 
[74] 
S. Ambrosini, Finalità del concordato preventivo e tipologie di piano: gli interessi protetti e lo “statuto” della continuità aziendale, in Ristrutturazioni Aziendali, 2024, 4-5; Trib. Bergamo, 11 aprile 2023, Pres. De Simone, Est. Magrì.
[75] 
Cass. civ., Sez. I, 6 maggio 2024, n. 12137 — Necessità di rinnovazione del voto quando la proposta è modificata: principio di diritto sulle informazioni ai creditori e sull’inefficacia dei voti resi prima della modifica, in Diritto Bancario, 2024. 
[76] 
S. Leuzzi, Il giudizio di omologazione del concordato preventivo: oggetto, regole, controlli, Scuola Superiore della Magistratura, 2023, 20 ss.; Trib. Milano, 30 maggio 2024 - applica la ristrutturazione trasversale ed omologa in presenza del voto favorevole di almeno una classe parzialmente soddisfatta anche sul valore eccedente quello di liquidazione, in Ilcaso.it, 2024. 
[77] 
F. Dal Porto, Il nuovo giudizio di omologazione del concordato, in ECNews, 2022. 
[78] 
A. Turchi, Il valore di liquidazione nel codice della crisi e dell’insolvenza dal testo originario al D.Lgs. n. 136/2024, in Dirittodellacrisi.it, 2025; Trib. Roma, 11 aprile 2024, Pres. Coluccio, Est. Miccio - definisce il valore di liquidazione ex art. 84, comma 5-6 CCII come valore, alla data della domanda, ricavabile dalla alienazione in liquidazione giudiziale (azienda in esercizio provvisorio o beni atomisticamente se l’esercizio è non conveniente), utile per il best interest test, in Dirittodellacrisi.it, 2024. 
[79] 
Art. 116 CCII; R. Sacchi, Le operazioni straordinarie nel concordato preventivo, in Rivista di diritto societario, 4/2016, 776 ss. 
[80] 
Art. 48 CCII; Unioncamere, “Guida procedure concorsuali”, 2023, 60 ss. 
[81] 
Corte d’Appello di Napoli, 21 giugno 2024. Pres. Dacomo. Est. Salvatore. – ammissibilità del reclamo ex art. 51 CCII contro sentenza di omologa, in Ilcaso.it, 2024; Corte d’Appello di Brescia, 17 novembre 2024 – reclamo avverso rigetto dell’omologa, in Unijuris, 2024.
[82] 
T. dalla Massara, L’accordo di non chiedere tra obbligazione e azione, in RomaTre-Press, 2024, 15, 51 ss. 
[83] 
Cass., Sez. 1, 18 luglio 2025, n. 20175, in UniJuris.it - l’omologazione determina una temporanea inesigibilità dei crediti anteriori e incide sulla prescrizione (sospensione sino alle nuove scadenze concordatarie). Conferma la logica dell’inesigibilità, non dell’estinzione. 
[84] 
Cass., Sez. 1, 6 settembre 2019, n. 22382, in Diritto Bancario, 2020- il fideiussore non beneficia dell’effetto esdebitatorio del concordato del debitore principale; rimane obbligato per l’intero, a riprova che il debito non “scompare” ma è reso inesigibile verso il solo debitore. 
[85] 
Trib. Bologna, 7 ottobre 2022, in Giurisprudenza delle imprese, 2023 - azione ex art. 2394 c.c. esperibile anche nella fase di esecuzione del concordato per mala gestio; ribadita l’autonomia della responsabilità degli amministratori rispetto all’esito della procedura. 
[86] 
Trib. Pistoia, 12 giugno 2024, in Ilcaso.it – applica il principio: l’efficacia dell’omologa verso i soci illimitatamente responsabili opera anche se il socio ha prestato fideiussione per debiti sociali (coerente con l’impianto dell’art. 117 CCII / art. 184 L. fall.). 
[87] 
F. Carelli, Le attività di liquidazione in esecuzione della proposta di concordato omologata,in Ristrutturazioni Aziendali, 2024, 1. 
[88] 
S. Leuzzi, Il giudizio di omologazione del concordato preventivo: oggetto, regole, controlli, in Scuola Superiore della Magistratura, 2023, 56; Cass. civ., sez. I, 7 dicembre 2022, n. 35960. 
[89] 
Cass., Sez. I, 6 settembre 2019, n. 22382, in Ilcaso.it, 2020 -inammissibile la clausola di proposta che estende l’esdebitazione ai fideiussori; art. 184 L. fall./oggi 117 CCII assicurano ai creditori la conservazione dell’azione contro coobbligati/garanti. 
[90] 
App. Firenze, 10 marzo 2025, in Dirittodellacrisi.it - l’art. 119, comma 7, CCII consente al creditore anteriore (anche senza aver prima chiesto la risoluzione) di domandare la liquidazione giudiziale omisso medio se prova un’insolvenza derivante anche da debiti successivi alla domanda di concordato (legittimazione nei limiti del credito falcidiato). 
[91] 
Commissione Crisi – ODCEC Milano, Quaderno n. 91, Il finanziamento alle imprese nel CCII, 2023, 34 ss.; Cass., Sez. Un., 31 dicembre 2021, n. 42093, in Dirittodellacrisi.it  — prededuzione dei crediti professionali funzionali al concordato e suoi riflessi in consecuzione (principi di utilità ex ante e continuità del dissesto). 
[92] 
F. Di Vizio, Le ricadute penali del CCII: i confini delle bancarotte, Wolters Kluwer, in Discrimen, 2022. 
[93] 
F. Carelli, Le attività di liquidazione in esecuzione della proposta di concordato preventivo omologato, in Ristrutturazioni aziendali, 2024, 1 ss. 
[94] 
S. Ambrosini, Doveri degli amministratori e azioni di responsabilità alla luce del Codice della crisi, in Diritto bancario, 2021; Cass., Sez. 1, 9 gennaio 2023, n. 286, in Simpliciter - La Cassazione ha ribadito che il liquidatore nel concordato ha compiti gestori legati alla liquidazione, non un perimetro onnivoro di legittimazioni; la massima è spesso richiamata per tracciare i confini dell’organo. 
[95] 
Cass., Sez. 4, 18 maggio 2021, n. 13468, in Unijuris.it, 2022 - nella risoluzione del concordato omologato rileva solo l’inadempimento oggettivo di non scarsa importanza, è irrilevante che sia o non sia imputabile al debitore (anche se dovuto al comportamento di terzi). 
[96] 
G. Bezzi, Riflessi sull’attività notarile nel novellato art. 120-bis CCII, in Ristrutturazioni Aziendali, 2025, 9 ss. 
[97] 
F. Magliulo, Le operazioni di fusione e scissione nell’ambito degli strumenti di regolamentazione della crisi e dell’insolvenza soggetti ad omologazione, in Consiglio Nazionale del Notariato, 2023, §5. 
[98] 
A.J Pagano, & B. Ronconi, Le modifiche alla proposta ed al piano di concordato preventivo: una lettura sistematica dell’istituto, in Ristrutturazioni Aziendali, 2025. 
[99] 
Fondazione Nazionale dei Commercialisti, Principi di attestazione dei piani di risanamento, 2024, 84. 
[100] 
Cass. civ., Sez. 1, 31 luglio 2019, n. 20652, in Il Codice dei concordati - il concordato va risolto quando è venuto meno alla sua funzione di soddisfare i creditori nella misura promessa, salvo che l’inadempimento sia di scarsa importanza (principio già su art. 186 L. fall., oggi riflesso nell’art. 119 CCII). 
[101] 
Cass. civ., VI, 18 maggio 2021, n. 13468, in Unijuris.it, 2022 - ai fini della risoluzione conta il fatto oggettivo dell’inadempimento grave, irrilevanti dolo/colpa. 
[102] 
Cass., sez. I, 14 settembre 2016, n. 18090 - chiarisce la ratio dell’annullamento del concordato omologato quale rimedio a vizi genetici/fraudolenti della rappresentazione della situazione patrimoniale (anche mediante dolosa esagerazione del passivo o dissimulazione dell’attivo) che abbiano fuorviato i creditori sulla fattibilità/convenienza, in Diritto Bancario, 2016. 

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