L’omologazione del concordato segna un punto di svolta nella procedura concorsuale, poiché da essa scaturiscono una serie di effetti di natura sostanziale e processuale che ridisegnano profondamente i rapporti tra debitore e creditori. L’art. 117 CCII delinea con chiarezza le conseguenze giuridiche che l’omologazione produce, ma al contempo lascia emergere alcune questioni interpretative tuttora dibattute in dottrina e in giurisprudenza.
a) La riacquisizione della piena capacità e l’effetto esdebitatorio:
in primo luogo, l’omologazione determina la piena “restituzione” del debitore alla propria autonomia patrimoniale e gestionale: vengono meno, infatti, le limitazioni alla disponibilità del patrimonio imposte nel corso della procedura e si ripristina la piena capacità d’agire e processuale. Contestualmente, il debitore è liberato dalle obbligazioni non previste nella proposta approvata, con un effetto liberatorio che assume rilievo centrale nella dinamica del concordato.
Sotto questo profilo, la dottrina si interroga se l’effetto esdebitatorio comporti una vera e propria estinzione delle obbligazioni escluse dal piano, ovvero se si tratti di un mero pactum de non petendo tra debitore e creditori[82]. Secondo la prima tesi, il debito verrebbe definitivamente cancellato dal patrimonio giuridico del soggetto, producendo un effetto assimilabile a una causa di estinzione dell’obbligazione[83]. La seconda impostazione, più prudente, ravvisa invece una rinuncia all’azione da parte dei creditori, i quali manterrebbero tuttavia un’obbligazione naturale, moralmente esigibile ma non giuridicamente coercibile. Tale interpretazione trova conferma nel fatto che rimangono intatte ed escutibili le garanzie prestate a copertura dei debiti originari, come espressamente previsto dall’art. 117 CCII, a conferma che il debito in sé non scompare, ma viene soltanto neutralizzato nei confronti del debitore principale[84].
Resta peraltro ferma la responsabilità degli amministratori, del direttore generale, dei sindaci e dei liquidatori, i quali possono essere chiamati a rispondere dei danni subiti dai creditori sociali ai sensi dell’art. 2394 c.c. (richiamato dall’art. 115 CCII), anche nella misura corrispondente alla falcidia subita in sede concordataria. L’effetto liberatorio, dunque, non si estende automaticamente ai soggetti che abbiano concorso alla crisi o aggravato la situazione debitoria della società[85].
b) L’effetto liberatorio nei confronti dei soci:
nel caso di società di capitali, l’effetto esdebitatorio si estende anche ai soci illimitatamente responsabili, salvo patto contrario. Si tratta, tuttavia, di una liberazione circoscritta ai soli creditori sociali, poiché i creditori particolari dei soci conservano impregiudicate le proprie pretese[86]. La ratio di tale previsione risiede nella funzione del concordato, che mira a riequilibrare i rapporti con i creditori della società in crisi, senza incidere sulle relazioni obbligatorie personali dei soci.
c) L’obbligo di esecuzione del piano e i vincoli gestionali residui:
il debitore – o l’eventuale assuntore – rimane obbligato ad adempiere a quanto promesso nel piano concordatario, sia mediante pagamenti diretti, sia attraverso atti funzionali all’attuazione del piano (costituzione di garanzie, modifiche statutarie, operazioni straordinarie, ecc.). Tale vincolo si traduce in una significativa limitazione della libertà imprenditoriale, poiché le scelte gestionali successive all’omologazione dovranno restare coerenti con il contenuto del piano approvato, pena la possibile risoluzione del concordato o, nei casi più gravi, la successiva apertura della liquidazione giudiziale[87].
d) L’opponibilità dell’effetto esdebitatorio e la posizione dei creditori:
l’effetto esdebitatorio si estende erga omnes nei confronti di tutti i creditori anteriori alla pubblicazione della domanda di concordato, inclusi quelli dissenzienti o rimasti estranei alla procedura. In tal modo, l’omologazione realizza una forma di coazione legale al rispetto dell’accordo, espressione del principio di maggioranza che governa il procedimento. I creditori successivi, invece, restano pienamente tutelati nelle loro ragioni, poiché il concordato non incide sui rapporti sorti dopo la pubblicazione della domanda[88].
e) I coobbligati e i garanti del debitore:
nonostante l’effetto liberatorio, i creditori anteriori conservano intatti i propri diritti nei confronti dei coobbligati, dei fideiussori e degli obbligati in via di regresso con il debitore. In tal senso, l’art. 117 CCII introduce una deroga al principio di comunicabilità degli effetti favorevoli tra condebitori, sancito dagli artt. 1301, 1239 e 1941 c.c. L’effetto liberatorio, quindi, resta confinato al solo debitore concordatario, mentre i garanti e i soci illimitatamente responsabili continuano a rispondere integralmente del debito, salvo patto espresso in senso contrario[89].
f) La ripresa delle azioni esecutive e cautelari:
con il ritorno in bonis del debitore, ai creditori è nuovamente consentito l’esercizio individuale delle azioni esecutive e cautelari volte alla tutela delle proprie ragioni. Ciò vale tanto per i creditori anteriori quanto per quelli successivi, sebbene, per i primi, l’azione debba trovare fondamento nel piano omologato. In alternativa, il creditore può richiedere la risoluzione del concordato, o – nei casi in cui l’inadempimento riguardi obbligazioni sorte dopo l’apertura della procedura – la liquidazione giudiziale del debitore (art. 119, comma 7 CCII)[90].
g) La consecuzione di procedure e la tutela della “nuova finanza”:
qualora all’esecuzione del concordato segua una liquidazione giudiziale, si applicano specifiche disposizioni di salvaguardia. Gli atti e i pagamenti compiuti in funzione del piano omologato sono esenti da azione revocatoria, a tutela dell’affidamento dei terzi e della stabilità dell’operazione. I crediti derivanti dalla nuova finanza, concessa per sostenere l’impresa nella fase di esecuzione, godono del beneficio della prededucibilità, riconoscendo così la loro funzione propulsiva per la continuità aziendale[91].
Infine, l’art. 324 CCII prevede un’espressa esenzione dai reati di bancarotta per gli atti, pagamenti o operazioni poste in essere in esecuzione dell’accordo omologato. Si tratta di una tutela penale coerente con la logica del sistema: gli atti funzionali all’attuazione di un piano approvato dal tribunale non possono essere considerati illeciti, anche qualora rientrino astrattamente nelle fattispecie di cui agli artt. 322 e 323 CCII, come nel caso di pagamenti preferenziali o di operazioni che aggravino formalmente il dissesto.
Tali condotte risultano infatti “legittimate” dall’omologazione giudiziale, in quanto espressione di una procedura che la legge stessa qualifica come mezzo di risanamento e non come atto distrattivo[92].