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Saggio

L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi: continuità aziendale e tutela del credito*

Antonio Elia, Giurista e Consulente di impresa

16 Giugno 2025

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Il presente elaborato analizza in chiave sistematica la disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, istituto concorsuale di matrice pubblicistica volto a coniugare la gestione della crisi con la salvaguardia degli interessi collettivi, occupazionali e strategici. Dopo aver ricostruito l’evoluzione normativa – dalla legge Prodi (L. n. 95/1979) al D.Lgs. 270/1999 (Prodi bis), fino agli interventi eccezionali come i decreti Marzano, Volare e Alitalia – lo studio approfondisce i presupposti soggettivi e oggettivi per l’accesso alla procedura, la sua struttura bifasica, i poteri del commissario straordinario, il ruolo del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, e le modalità di predisposizione ed esecuzione dei programmi di risanamento o cessione. Viene inoltre evidenziata la tensione tra le esigenze di continuità aziendale e le regole del mercato, in particolare alla luce della normativa europea sugli aiuti di Stato. L’elaborato si conclude con l’analisi delle cause di cessazione della procedura, mettendo in rilievo la sua funzione centrale nel diritto della crisi come strumento di equilibrio tra efficienza economica e stabilità sociale.
 
This paper provides a systematic analysis of the extraordinary administration procedure for large insolvent enterprises in Italy, a public-law insolvency mechanism designed to manage corporate crises while safeguarding collective, occupational, and strategic interests. Tracing its legislative evolution—from the original Prodi Law (Law No. 95/1979) to Legislative Decree No. 270/1999 (Prodi bis), and including exceptional measures such as the Marzano, Volare, and Alitalia decrees—the study explores the subjective and objective prerequisites for access to the procedure, its two-phase structure, the powers of the extraordinary commissioner, and the supervisory role of the Ministry of Enterprises and Made in Italy. It examines the formulation and execution of restructuring or asset disposal programs, highlighting the persistent tension between business continuity and market principles, particularly in light of EU state aid regulations. The paper concludes by analyzing the termination grounds of the procedure, emphasizing its central role in contemporary insolvency law as a tool for balancing economic efficiency and social stability.
Riproduzione riservata
1 . Introduzione
L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi rappresenta uno strumento essenziale nella gestione delle crisi d'impresa, delineato dal legislatore attraverso un complesso quadro normativo, evolutosi significativamente nel corso degli ultimi decenni. Nato inizialmente come risposta pragmatica alle crisi industriali degli anni '70, questo istituto si è configurato progressivamente come meccanismo di intervento pubblico volto alla salvaguardia della continuità aziendale e dei livelli occupazionali, assumendo una crescente rilevanza economica e sociale. 
A partire dalla legge Prodi (L. n. 95/1979) fino all'emanazione del D.Lgs. n. 270/1999 (legge Prodi bis) e ai successivi interventi normativi emergenziali, quali il decreto Parmalat (D.L. n. 347/2003), il decreto Volare (D.L. n. 281/2004) e il decreto Alitalia (D.L. n. 134/2008), la disciplina dell'amministrazione straordinaria si è caratterizzata per un delicato equilibrio tra tutela degli interessi collettivi – in particolare occupazionali e produttivi – e il principio concorsuale della par condicio creditorum. La continua tensione tra esigenze macroeconomiche e tutela del mercato ha posto in luce criticità significative, tra cui la potenziale distorsione della concorrenza dovuta agli interventi pubblici e il rischio di compromissione dei diritti individuali dei creditori. 
Questo articolo si propone di analizzare dettagliatamente i presupposti, le fasi e gli effetti giuridici della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, evidenziando le specificità e le deroghe introdotte dalla normativa per imprese strategiche o di particolare interesse pubblico. L'analisi critica della giurisprudenza recente e della dottrina prevalente consentirà di offrire una visione d'insieme aggiornata sul tema, individuando possibili prospettive evolutive nella gestione delle crisi d'impresa di rilevanza sistemica.
2 . Crisi e intervento pubblico nelle grandi imprese
È interessante rilevare la distinzione tra due istituti concorsuali che, pur condividendo la natura pubblicistica dell’intervento, si fondano su presupposti differenti: la liquidazione coatta amministrativa e l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. 
La liquidazione coatta amministrativa, regolata dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019), si giustifica per la presenza di un interesse pubblico rilevante connesso all’attività esercitata dall’impresa (es. banche, assicurazioni, imprese vigilate), che impone l’intervento di un’autorità amministrativa sovraordinata, volta a garantire non solo la soddisfazione dei creditori ma anche la tutela dell’interesse collettivo. 
Diversamente, l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, introdotta dal D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, nasce in risposta alla crescente rilevanza economica e sociale di alcune imprese, la cui crisi coinvolge non solo i creditori ma anche i lavoratori, l’indotto, e il sistema economico nazionale nel suo complesso. In tali casi, l’obiettivo non è tanto la liquidazione del patrimonio, quanto piuttosto la conservazione e il risanamento dei complessi aziendali ritenuti strategici, anche quando si tratti di imprese inefficienti o con crisi temporanee di liquidità [1]. 
Il legislatore ha così delineato un percorso alternativo alla liquidazione giudiziale, mirato alla tutela di interessi collettivi e macroeconomici, che può giungere fino al sacrificio parziale delle ragioni creditorie individuali in nome di un interesse pubblico alla continuità aziendale. Questo equilibrio tra tutela dei creditori e salvaguardia della dimensione occupazionale e produttiva rappresenta uno degli aspetti più delicati del diritto della crisi contemporaneo [2]. 
Negli anni ’70 del Novecento, in un contesto economico e sociale turbolento, emerse in Italia una prassi giurisprudenziale – sostenuta da parte della dottrina – volta a strumentalizzare l’uso delle procedure concorsuali per fini diversi rispetto a quelli per cui erano state concepite. In particolare, si ricorreva in modo improprio all’amministrazione controllata (oggi abrogata), con l’obiettivo di mantenere artificialmente in vita imprese in realtà non temporaneamente illiquide, ma strutturalmente insolventi. 
Tale utilizzo distorto rispondeva a esigenze extragiuridiche, principalmente l’interesse pubblico alla conservazione dei livelli occupazionali e alla stabilità del tessuto produttivo, che veniva perseguito a scapito dei diritti dei creditori, mediante il congelamento delle pretese creditorie e il prolungamento della vita di imprese non più economicamente sostenibili [3]. 
Di fronte a tale fenomeno, lo Stato intervenne istituzionalizzando questa prassi con l’introduzione della legge 3 aprile 1979, n. 95 (la c.d. legge Prodi), che diede vita alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. La ratio della legge consisteva nella creazione di un paradigma concorsuale speciale, capace di contemperare l’esigenza di gestione della crisi d’impresa con l’obiettivo di salvaguardare l’occupazione, i complessi produttivi e l’indotto. 
Questo meccanismo fu sostenuto da un massiccio intervento pubblico attraverso finanziamenti garantiti dallo Stato, agevolazioni fiscali e contributive, in un’ottica di collettivizzazione delle perdite: lo Stato, in veste di "salvatore", si assumeva gli oneri economici derivanti dall’incapacità di alcune imprese di generare ricchezza, pur di evitare un impatto sociale destabilizzante. 
Tale evoluzione ha segnato un passaggio cruciale nella disciplina concorsuale italiana, aprendo la strada a una lettura funzionalistica del diritto dell’insolvenza, sempre più attenta alla salvaguardia degli interessi collettivi oltre quelli dei soli creditori [4]. 
La legge Prodi (L. n. 95/1979) nacque come strumento volto a salvaguardare la continuità aziendale e l’occupazione nelle imprese di rilevante interesse economico e sociale. Già a partire dagli anni ’90, emerse con chiarezza la sua incompatibilità con i principi di concorrenza sanciti dal diritto dell’Unione Europea, in particolare con il divieto di aiuti di Stato previsto dagli artt. 107 e 108 del TFUE (ex artt. 87 e 88 TCE). La normativa, infatti, consentiva interventi pubblici a sostegno di imprese in difficoltà, spesso in deroga al principio di neutralità della concorrenza, configurando aiuti selettivi non compatibili con il mercato interno [5]. 
A seguito delle pressioni esercitate dalla Commissione europea, che avviò varie procedure di infrazione nei confronti dell’Italia, il legislatore fu indotto a riformare la disciplina. La risposta normativa fu l’emanazione del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, noto come “legge Prodi bis”, che sostituì integralmente la legge del 1979. 
Il D.Lgs. 270/1999 si proponeva di armonizzare la disciplina nazionale con quella unionale, eliminando gli automatismi negli interventi pubblici e prevedendo criteri più stringenti per l’ammissione alla procedura. Il nuovo impianto normativo introduceva una maggiore centralità del mercato e del rispetto della concorrenza, ridimensionando l’intervento statale e prevedendo piani di ristrutturazione che dovevano dimostrare concrete possibilità di recupero, in linea con quanto richiesto dalla Commissione europea per evitare la distorsione della concorrenza. 
Anche dopo l’introduzione del D.Lgs. n. 270/1999 (cd. Prodi bis), volto a rendere conforme al diritto dell’Unione europea la disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, il legislatore italiano ha continuato a ricorrere a strumenti eccezionali e settoriali per fronteggiare casi di crisi d’impresa di rilevanza sistemica. Questa tendenza ha evidenziato l’emergere, sul piano politico, dell’insoddisfazione verso una disciplina concorsuale uniforme ritenuta talvolta inadeguata ad affrontare dissesti di dimensioni straordinarie, dando luogo a interventi normativi ad hoc, dettati dalla contingenza e spesso finalizzati a consentire l’accesso immediato alla procedura e a rafforzare il controllo politico sull’intero iter gestionale.
Gli interventi normativi speciali post-1999, quale il D.L. n. 347/2003, conv. in L. n. 39/2004 – cd. “decreto Parmalat” o “decreto Marzano”, in risposta al collasso del gruppo Parmalat, che affianca alla Prodi bis un'ulteriore procedura speciale per le grandi imprese insolventi con rilevanza sistemica. Il decreto consente l’accesso immediato all’amministrazione straordinaria previa semplice dichiarazione di insolvenza da parte del tribunale su richiesta del Ministro delle Attività Produttive. La procedura si caratterizza per una maggiore snellezza, la possibilità di prosecuzione dell’attività aziendale, nonché per la centralità del controllo ministeriale, riducendo così la discrezionalità giudiziaria.
Il D.L. n. 281/2004 – cd. “decreto Volare”, quale intervento straordinario adottato per fronteggiare la crisi del vettore aereo Volareweb. Anche in questo caso, si conferma la tendenza ad utilizzare normative eccezionali con forte connotazione politica, marginalizzando gli strumenti ordinari previsti dalla legge fallimentare e dalla Prodi bis. Il decreto favoriva la possibilità di amministrazione straordinaria semplificata, per consentire soluzioni rapide e operative in un settore – quello del trasporto aereo – strategico per il paese.
Il D.L. n. 134/2008 – cd. “Decreto Alitalia”, quale intervento legislativo emergenziale per la crisi della compagnia Alitalia, che segna un ulteriore passo verso l’accentramento politico delle decisioni sulla gestione delle crisi industriali [6]. Il decreto prevede una gestione straordinaria completamente svincolata dal controllo giurisdizionale, puntando a favorire la cessione dei complessi aziendali attraverso procedure accelerate e riservate, anche a costo di ridurre le garanzie per i creditori [7].
Questi interventi si inseriscono in una linea di continuità con la storica tensione tra esigenze di tutela occupazionale e continuità aziendale, da un lato, e rispetto delle regole di mercato e dei principi concorsuali, dall’altro. Secondo parte della dottrina, l’eccessiva ricorrenza alla legislazione speciale ha indebolito la coerenza sistematica dell’ordinamento concorsuale italiano, creando una pluralità di regimi spesso eterogenei e derogatori del diritto comune, e potenzialmente in contrasto con i principi unionali di concorrenza e con la par condicio creditorum.
3 . La disciplina dell’amministrazione straordinaria della grande impresa insolvente
L’amministrazione straordinaria, disciplinata dall’art. 1 del D.Lgs. 270/1999, è una procedura concorsuale riservata alle grandi imprese insolventi, volta alla conservazione dei complessi aziendali e alla salvaguardia dell’occupazione e della continuità produttiva [8]. 
La procedura è applicabile: 
● alle imprese, anche individuali, purché siano soggette alle norme sulla liquidazione giudiziale; 
● sono escluse le imprese soggette esclusivamente alla liquidazione coatta amministrativa. 
Non è sufficiente che l’impresa superi le soglie che distinguono l’impresa minore (ex art. 2, lett. d, CCII), ma deve qualificarsi come grande impresa secondo l’art. 2 del D.Lgs. n. 270/1999, ossia deve soddisfare entrambe le seguenti condizioni: 
a) Occupazionale: 
○ Deve impiegare almeno 200 lavoratori subordinati da almeno un anno. 
○ Non si considerano i lavoratori impiegati in rami d’azienda affittati a terzi, anche se vantano ancora crediti verso l’impresa originaria [9]. 
b) Indebitamento: 
○ I debiti complessivi devono essere almeno pari ai due terzi: 
■ del totale dell’attivo dello stato patrimoniale, e 
■ dei ricavi da vendite e prestazioni (fatturato) dell’ultimo esercizio. 
Queste condizioni definiscono l’ambito soggettivo di applicazione dell’amministrazione straordinaria, riservata a imprese di rilevante dimensione e complessità economico-organizzativa [10]. 
Il secondo requisito dimensionale dell’amministrazione straordinaria, previsto dall’art. 2, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 270/1999, non si fonda su valori assoluti, ma misura l’incidenza proporzionale del debito rispetto all’attivo dello stato patrimoniale e ai ricavi dell’ultimo esercizio. Si tratta dunque di una valutazione relativa, finalizzata a evidenziare la gravità dello squilibrio economico-patrimoniale. 
c) Deroghe per imprese di rilevanza strategica e imprese confiscate: 
Il legislatore ha introdotto eccezioni ai requisiti ordinari per ragioni di interesse pubblico: 
● imprese confiscate alla criminalità organizzata: 
○ le imprese confiscate a organizzazioni criminali di tipo mafioso ai sensi della L. n. 575/1965 possono accedere alla procedura anche in deroga ai requisiti dimensionali dell’art. 2, comma 1. 
● Imprese di rilevanza strategica: 
○ le imprese che: 
■ esercitano attività di rilevanza strategica per l’interesse nazionale; 
■ detengono reti e impianti strategici come definiti dagli artt. 1, 1 bis e 2 del D.L. n. 21/2012; 
○ possono essere sottoposte ad amministrazione straordinaria anche se occupano almeno 40 lavoratori subordinati da almeno un anno, in deroga quindi al requisito occupazionale ordinario; 
○ resta tuttavia necessario il rispetto del requisito di indebitamento di cui all’art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 270/1999. 
La normativa consente l’accesso all’amministrazione straordinaria anche a imprese non pienamente corrispondenti ai requisiti ordinari, se esse rivestono un rilevante interesse pubblico o strategico, garantendo così la tutela della legalità, dell’occupazione e degli asset strategici nazionali. 
Dal punto di vista oggettivo, per l’accesso alla procedura di amministrazione straordinaria è necessario che l’impresa si trovi in uno stato di insolvenza, secondo quanto previsto anche per la liquidazione giudiziale. 
Non ogni stato di insolvenza è compatibile con la piena operatività della procedura, ovvero con l’accesso alla fase gestionale vera e propria dell’amministrazione straordinaria. In particolare: 
L’amministrazione straordinaria è finalizzata, per espressa previsione dell’art. 1 del D.Lgs. n. 270/1999, alla conservazione del patrimonio produttivo, da realizzarsi attraverso: 
● la prosecuzione, 
● la riattivazione, oppure 
● la riconversione delle attività imprenditoriali [11]. 
Pertanto, è ammissibile solo l’impresa insolvente che si trovi in una situazione economico-produttiva potenzialmente recuperabile, ovvero in grado di far ragionevolmente prevedere il raggiungimento di tali obiettivi. 
Anche un’insolvenza grave o apparentemente irreversibile può rientrare nella procedura, purché sia compatibile con la conservazione o la valorizzazione degli asset produttivi, ad esempio attraverso la cessione dell’impresa o di suoi rami.
Resta però esclusa l’ammissione nei casi in cui l’insolvenza: 
○ derivi da cause strutturali tali da impedire la riconversione o il riutilizzo del patrimonio produttivo; 
○ implichi l’impossibilità oggettiva di qualsiasi forma di prosecuzione o recupero, come può accadere quando l’apparato produttivo non sia più in alcun modo utilizzabile o valorizzabile. 
L’insolvenza deve essere tale da non precludere in radice la finalità conservativa della procedura, anche se si prevede un esito liquidatorio tramite cessione. La valutazione non è solo giuridica, ma economico-industriale, richiedendo una verifica concreta delle potenzialità di recupero dell’impresa [12]. 
Quando sussistono i requisiti soggettivi (grande impresa) e oggettivi (stato di insolvenza compatibile con le finalità della procedura), l’impresa non può essere assoggettata alla liquidazione giudiziale, ma viene necessariamente sottoposta all’amministrazione straordinaria, come procedura speciale e preferenziale. Se in seguito emergesse che non è possibile perseguire gli obiettivi di conservazione del patrimonio produttivo previsti dalla legge, si procederà alla conversione della procedura in liquidazione giudiziale. 
La procedura di amministrazione straordinaria si articola secondo la seguente struttura bifasica: 
● Fase di osservazione: 
○ Si apre con la dichiarazione giudiziale dello stato di insolvenza. 
○ L’impresa viene esaminata per verificare se vi siano concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali. 
○ Solo se tali prospettive risultano realistiche, si passa alla fase successiva. 
● Fase di amministrazione straordinaria vera e propria: 
○ l’impresa è ammessa alla procedura in senso stretto, con l’elaborazione e attuazione di un programma di ristrutturazione o di cessione finalizzato alla conservazione e valorizzazione del patrimonio produttivo. 
○ Se però, durante questa fase: 
■ si constata l’impossibilità di realizzare il programma, oppure 
■ non si raggiungono gli obiettivi entro i termini massimi stabiliti dalla legge (1 anno per la cessione, 2 anni per la ristrutturazione), la procedura viene interrotta e convertita in liquidazione giudiziale [13]. 
La liquidazione giudiziale, quindi, resta sempre una possibile evoluzione della procedura, sia al termine della fase preliminare (osservazione), sia in itinere, nel corso dell’amministrazione straordinaria vera e propria, qualora fallisca il tentativo di risanamento o cessione. 
Un’impresa che possiede i requisiti soggettivi e oggettivi per l’assoggettamento alla procedura di amministrazione straordinaria può, in via preventiva o alternativa, accedere anche ad altri strumenti di regolazione della crisi previsti dall’ordinamento, prima di essere eventualmente indirizzata all’amministrazione straordinaria. 
Ai sensi dell’art. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 270/1999: 
● L’impresa può essere inizialmente ammessa a un concordato preventivo. 
● In caso di insuccesso del concordato (es. mancata omologazione o revoca), potrà essere avviata la procedura di amministrazione straordinaria, partendo almeno dalla fase di osservazione. 
● Qualora, al termine di tale fase, non emergano concrete prospettive di recupero, resta aperta la via della liquidazione giudiziale. 
L’impresa può anche decidere di affrontare la crisi o lo stato di insolvenza mediante la composizione negoziata, introdotta dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), come strumento non giudiziale e flessibile, fondato sull’intervento di un esperto. 
L’art. 1, comma 2, lett. a), del CCII stabilisce che: 
● le procedure ordinarie del Codice della crisi (es. concordato, accordi di ristrutturazione, composizione negoziata) sono applicabili anche alle imprese potenzialmente soggette ad amministrazione straordinaria, 
● purché la disciplina dell’amministrazione straordinaria non preveda un trattamento esclusivo della crisi o insolvenza (cioè non riservi ad essa in via unica la regolazione della crisi). 
L’amministrazione straordinaria rappresenta la procedura speciale e prioritaria per la grande impresa insolvente, ma: 
● non esclude a priori il ricorso a strumenti alternativi o prodromici, come il concordato o la composizione negoziata; 
● può subentrare solo in un secondo momento, qualora questi strumenti falliscano; 
● e può sempre evolvere, se necessario, in liquidazione giudiziale [14].
4 . Avvio e fase iniziale della procedura di amministrazione straordinaria
La procedura di amministrazione straordinaria si apre con la dichiarazione dello stato di insolvenza da parte del tribunale competente per territorio, secondo il centro principale degli interessi del debitore, ai sensi dell’art. 27 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Tale dichiarazione può avvenire su ricorso dell’imprenditore, di uno o più creditori, del pubblico ministero, oppure d’ufficio, come previsto dall’art. 3 del D.Lgs. n. 270/1999 (a differenza della liquidazione giudiziale, che non può essere attivata d’ufficio). 
Il presupposto oggettivo della procedura è l’insolvenza dell’impresa, ma essa deve anche rispettare i requisiti dimensionali indicati dall’art. 2 del D.Lgs. n. 270/1999 [15]. 
Durante l’istruttoria per una richiesta di liquidazione giudiziale, il tribunale può accertare l’esistenza dei requisiti per l’amministrazione straordinaria e convertire la procedura, anche dopo aver pronunciato la sentenza di apertura della liquidazione, se ciò emerge in sede di opposizione. In tal caso: 
● Il curatore è incaricato di verificare la sussistenza di una possibilità di risanamento dell’impresa. 
● Se tale possibilità sussiste, si avvia la fase vera e propria di amministrazione straordinaria [16]. 
Viceversa, se l’istanza iniziale è per amministrazione straordinaria ma mancano i requisiti dimensionali, il tribunale può comunque dichiarare la liquidazione giudiziale, anche su opposizione [17]. 
Il procedimento per la dichiarazione dello stato di insolvenza è camerale e sommario: il tribunale verifica l’esistenza dell’insolvenza e la presenza dei requisiti di ammissibilità alla procedura. A tal fine, si basa su: 
a) relazione dell’imprenditore sulle cause dell’insolvenza e altri elementi utili; 
b) documentazione contabile: due ultimi bilanci, situazione patrimoniale aggiornata, elenco dei creditori e dei titolari di diritti reali mobiliari [18]; 
c) audizione dell’imprenditore, del ricorrente (se diverso) e del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, che può anche fornire un parere scritto e indicare i nominativi di uno o tre commissari giudiziali [19]. 
Se all’esito del procedimento preliminare il tribunale accerta l’insolvenza e i requisiti richiesti, emette sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, da comunicare anche al Ministro delle Imprese e del Made in Italy, secondo quanto previsto dall’art. 8 del D.Lgs. n. 270/1999. Con tale sentenza: 
a) vengono nominati gli organi della procedura: 
● Giudice delegato 
● Commissario giudiziale (uno o tre, in caso di particolare complessità), scelto secondo l’indicazione del Ministro, o, in mancanza, direttamente dal tribunale. 
b) Si ordina all’imprenditore di depositare le scritture contabili e i bilanci, se non lo ha già fatto in precedenza. 
c) Si assegna un termine per le domande dei creditori e degli aventi diritti reali mobiliari: 
● Il termine deve essere compreso tra 90 e 120 giorni dalla pubblicazione della sentenza. 
● Il commissario giudiziale deve darne apposita comunicazione con avviso. 
d) Si fissa l’adunanza per l’esame dello stato passivo, che dovrà tenersi entro 30 giorni dal termine suddetto, davanti al giudice delegato. 
e) Si stabilisce la gestione dell’impresa nella fase iniziale, decidendo se: 
● lasciarla all’imprenditore insolvente, oppure 
● affidarla al commissario giudiziale. 
Contestualmente o con successivo decreto, il tribunale può adottare misure conservative a tutela del patrimonio dell’impresa [20]. 
I mezzi di impugnazione sono: 
● la sentenza di insolvenza che può essere oggetto di opposizione. 
● Il rigetto del ricorso, che avviene con decreto, che è reclamabile davanti alla Corte di Appello. 
In caso di accoglimento del reclamo, la Corte rinvia gli atti al tribunale, che potrà poi dichiarare lo stato di insolvenza o la liquidazione giudiziale
5 . Effetti della fase di osservazione e trattamento dei crediti
Con la sentenza che dichiara lo stato di insolvenza si apre una fase preliminare, detta “prodromica” o di “osservazione”, finalizzata a verificare se le condizioni economiche dell’impresa siano compatibili con gli scopi dell’amministrazione straordinaria, ossia la conservazione del patrimonio produttivo attraverso la prosecuzione, riattivazione o riconversione dell’attività imprenditoriale, come previsto dall’art. 1 del D.Lgs. n. 270/1999 [21]. In questa fase, il commissario giudiziale svolge un ruolo centrale: deve redigere una dettagliata relazione, da depositare in cancelleria e trasmettere al Ministro, per accertare l’esistenza di concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico [22]. Tali prospettive possono essere perseguite mediante un programma di cessione o di ristrutturazione, che il commissario può iniziare a delineare sin da subito. Se tali condizioni risultano presenti, la procedura prosegue con l’apertura della fase successiva, nella quale il commissario straordinario – subentrando al commissario giudiziale – svilupperà compiutamente il piano di amministrazione straordinaria. In caso contrario, ossia se non vi sono prospettive concrete di recupero, la fase di osservazione si conclude con l’avvio della liquidazione giudiziale dell’impresa. 
La fase di osservazione, pur limitata al termine di sessanta giorni dalla dichiarazione di insolvenza (ai sensi degli artt. 28 e 30 del D.Lgs. n. 270/1999), segna l’inizio di una nuova condizione giuridica per l’impresa, determinata dagli effetti derivanti dalla dichiarazione stessa [23]. Tali effetti variano in intensità a seconda che il tribunale, nella sentenza dichiarativa o con successivo decreto, decida di lasciare la gestione dell’impresa all’imprenditore oppure di trasferirla al commissario giudiziale. 
Nel primo caso, l’imprenditore (o gli amministratori, se si tratta di una società) mantiene la gestione dell’impresa e l’amministrazione del patrimonio, ma sotto la vigilanza del commissario giudiziale e con l’obbligo di ottenere l’autorizzazione del giudice delegato per gli atti più rilevanti. Gli atti compiuti dopo la sentenza che dichiarano lo stato di insolvenza diventano inefficaci nei confronti dei creditori se le formalità per renderli opponibili sono effettuate successivamente. I creditori, a loro volta, non possono intraprendere o proseguire azioni esecutive o cautelari individuali e i loro crediti, considerati scaduti ed espressi in termini monetari, vengono “cristallizzati” per la successiva regolazione concorsuale [24]. 
Nel secondo caso, se la gestione è affidata al commissario giudiziale, si ha lo spossessamento del debitore, secondo principi simili a quelli della liquidazione giudiziale. Il commissario assume tutti i poteri e doveri propri del curatore nella liquidazione, inclusa la gestione dell’impresa e l’amministrazione del patrimonio del debitore, e ha l’obbligo di rendere conto della propria gestione al termine dell’incarico, ai sensi dell’art. 231 CCII. 
Durante la fase di osservazione dell’amministrazione straordinaria, i crediti sorti per la prosecuzione dell’attività dell’impresa devono essere soddisfatti in prededuzione, ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs. n. 270/1999, ossia con priorità rispetto agli altri crediti. Per quanto riguarda i debiti pregressi, il giudice delegato può autorizzarne il pagamento anticipato (art. 18), ma tale facoltà deve essere interpretata in modo conforme al principio della parità di trattamento tra i creditori: il pagamento anticipato è dunque consentito solo a titolo provvisorio, con possibilità di ripetizione nel caso in cui il creditore interessato risulti, all’esito della procedura, aver ricevuto più di quanto gli spettasse in sede concorsuale [25]. 
A seguito della dichiarazione di insolvenza, il tribunale acquisisce competenza esclusiva per tutte le controversie derivanti dalla procedura, indipendentemente dal loro valore, fatta eccezione per le azioni reali immobiliari, per le quali continua ad applicarsi la disciplina ordinaria della competenza territoriale e per materia. Tale eccezione non si applica invece nella liquidazione giudiziale. 
In questa fase non sono ancora esperibili le azioni revocatorie concorsuali, che potranno essere promosse soltanto nella successiva fase dell’amministrazione straordinaria, e solo al ricorrere delle condizioni di legge. 
Infine, gli artt. 23 ss. del D.Lgs. n. 270/1999 disciplinano gli effetti estensivi della dichiarazione di insolvenza e dell’apertura della procedura anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili delle società assoggettate all’amministrazione straordinaria. A tali soggetti si estendono automaticamente gli effetti della procedura prevista per la società. Questa estensione solleva perplessità, soprattutto quando il socio non è un’impresa: appare infatti difficilmente compatibile con la sua posizione la finalità propria della procedura, ovvero il recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali. 
6 . Effetti dell’apertura dell’amministrazione straordinaria
Entro trenta giorni dalla ricezione della relazione del commissario giudiziale, il tribunale è chiamato a pronunciarsi sull’ammissibilità dell’impresa alla procedura di amministrazione straordinaria, ai sensi dell’art. 57 del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270 (c.d. legge Prodi bis). La relazione del commissario giudiziale ha la funzione di verificare la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico dell’impresa, da attuarsi attraverso un programma che potrà consistere nella cessione o nella ristrutturazione dei complessi aziendali. 
In questa fase, il tribunale tiene conto delle osservazioni dell’imprenditore, dei creditori o di altri interessati; del parere reso dal Ministro delle imprese e del Made in Italy sull’ammissibilità dell’impresa alla procedura; del contenuto della relazione del commissario giudiziale, che assume rilievo centrale, poiché è su questa base che il giudice valuta la possibilità effettiva di superamento della crisi. 
Il tribunale decide con decreto motivato e reclamabile, disponendo alternativamente: 
a) la liquidazione giudiziale, qualora non emergano prospettive concrete di risanamento; 
b) l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria, nel caso opposto. 
I creditori, pur potendo intervenire mediante osservazioni, non hanno potere dispositivo in merito all’esito del procedimento: la loro posizione rimane consultiva, nonostante il loro interesse sia fortemente coinvolto. 
Questo momento processuale rappresenta una fase cruciale del procedimento, in quanto costituisce il punto di discrimine tra la prosecuzione della vita dell’impresa – sia pure in forma controllata – e la sua definitiva liquidazione giudiziale [26]. 
Lo svolgimento della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, secondo quanto previsto dal D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, si ispira tendenzialmente alla disciplina della liquidazione coatta amministrativa, ai sensi dell’art. 36. Tuttavia, in luogo del commissario liquidatore, l’organo preposto alla gestione della procedura è il commissario straordinario. 
Il commissario straordinario rappresenta l’organo centrale della procedura, dalla cui attività dipende l’attuazione del programma di risanamento o di cessione dell’azienda. Deve essere nominato dal Ministro delle imprese e del Made in Italy entro cinque giorni dalla comunicazione del decreto di apertura della procedura. Egli agisce sotto la vigilanza del Ministro, che svolge un ruolo di sorveglianza e controllo sull’intero procedimento e detiene un ampio potere autorizzatorio, necessario per il compimento di determinati atti gestionali, straordinari o strategici. 
A supporto e controllo dell’operato del commissario straordinario è istituito un comitato di sorveglianza, composto da tre o cinque membri, scelti tra i creditori chirografari e con prevalenza di esperti del settore di attività dell’impresa o del diritto concorsuale. Tale comitato ha una funzione essenzialmente consultiva e ispettiva, secondo quanto stabilito dall’art. 305 CCII. I suoi pareri non sono vincolanti, ma contribuiscono a garantire la trasparenza e la regolarità dell’operato del commissario. 
La struttura così delineata tende a combinare esigenze di continuità e recupero dell’impresa con il controllo pubblico e la tutela dei creditori, attraverso una gestione straordinaria che, pur non essendo giurisdizionale in senso stretto, è soggetta a regole stringenti e alla vigilanza ministeriale [27]. 
Con l’apertura dell’amministrazione straordinaria di cui al D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, si assiste a un mutamento sostanziale rispetto alla fase di osservazione iniziale. Mentre in quest’ultima il commissario giudiziale poteva, in via eventuale, assumere la gestione dell’impresa, provocando uno spossessamento parziale del debitore, con il decreto di apertura della procedura il tribunale affida senz’altro tale gestione al commissario giudiziale, e successivamente al commissario straordinario, determinando uno spossessamento integrale e definitivo dell’imprenditore. Contestualmente, opera anche la cessazione automatica degli organi societari. 
Sul fronte dei creditori, si conferma la disciplina concorsuale tipica della liquidazione giudiziale, ma con il mantenimento di un divieto assoluto di azioni esecutive individuali. I crediti sorti per la continuazione dell’attività d’impresa sono soggetti a prededuzione, anche nel caso in cui la procedura di amministrazione straordinaria sfoci in una successiva liquidazione giudiziale, come previsto dall’art. 52 del D.Lgs. n. 270/1999. 
Quanto ai contratti pendenti, la regola generale – ex art. 50 – è quella della loro automatica prosecuzione, in deroga alla sospensione tipica della liquidazione giudiziale. Il commissario straordinario potrà scioglierli a sua discrezione, mentre non si applica tale disciplina ai contratti di lavoro subordinato e a quelli di locazione immobiliare, in cui il commissario, se parte locatore, subentra ex lege, salvo patto contrario. 
Particolarmente significativa è la responsabilità solidale ex art. 50 bis tra impresa cedente e cessionaria nei casi in cui, entro un anno dalla cessione, entrambe risultino sottoposte alla dichiarazione di insolvenza. La norma mira a salvaguardare l’integrità funzionale dei complessi aziendali trasferiti, prevenendo operazioni elusive o disfunzionali. 
L’art. 49 disciplina le azioni di revoca o inefficacia degli atti pregiudizievoli ai creditori, consentendole solo nell’ambito del programma di cessione. Infatti, il programma di ristrutturazione ha una finalità di risanamento e si presume compatibile con una fisiologica continuità aziendale: ciò esclude la compatibilità con le azioni revocatorie. Solo in caso di conversione della procedura in liquidazione giudiziale, il commissario potrà esercitare dette azioni, con effetto retroattivo [28]. Se invece un programma di cessione viene sostituito da uno di ristrutturazione, le azioni revocatorie già promosse saranno sospese per tutta la durata del nuovo programma [29]. 
7 . Il programma di amministrazione straordinaria e la liquidazione dei beni
Il decreto legislativo n. 270 del 1999 (c.d. legge Prodi bis) disciplina la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, ponendo particolare attenzione alla finalità del risanamento e della salvaguardia del patrimonio produttivo e occupazionale. 
Già in sede di ammissione, il tribunale è tenuto a verificare, sulla base della relazione analitica del commissario giudiziale, e del parere del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (già Ministero dello Sviluppo Economico), la concreta possibilità di recupero dell’equilibrio economico dell’impresa, attraverso due percorsi alternativi: 
a) cessione dei complessi aziendali; 
b) ristrutturazione dell’attività imprenditoriale. 
Una volta accertata la sostenibilità del risanamento e disposta l’amministrazione straordinaria, entro 60 giorni il commissario straordinario è chiamato a scegliere il piano da seguire e a presentare un programma, ex art. 27 D.Lgs. n. 270/1999, che può essere: 
● programma di cessione: prevede l’alienazione, in tutto o in parte, dei complessi aziendali, dei contratti o dei diritti ad essi inerenti. Tale programma è accompagnato dalla prosecuzione dell’attività d’impresa, che non può superare la durata di un anno; 
● programma di ristrutturazione: punta al risanamento industriale e/o finanziario, con permanenza dell’impresa nella titolarità della società debitrice, da realizzarsi entro due anni. 
In entrambi i casi, il programma è sottoposto all’approvazione del Ministero e rappresenta lo strumento centrale per il perseguimento delle finalità dell’amministrazione straordinaria [30]. 
Nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, regolata dal D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, il commissario straordinario è tenuto a predisporre un programma dettagliato che delinei la prosecuzione, anche parziale e limitata, dell'attività d'impresa. Questo programma deve identificare le attività imprenditoriali da proseguire e quelle da dismettere, nonché prevedere la liquidazione dei beni non funzionali all'esercizio dell'impresa. In particolare, l'articolo 56 del decreto stabilisce che il programma deve indicare: 
● le attività imprenditoriali destinate alla prosecuzione e quelle da dismettere; 
● il piano per l’eventuale liquidazione dei beni non funzionali all'esercizio dell'impresa; 
● le previsioni economiche e finanziarie connesse alla prosecuzione dell'esercizio dell'impresa; 
● i modi della copertura del fabbisogno finanziario, con specificazione dei finanziamenti o delle altre agevolazioni pubbliche di cui è prevista l'utilizzazione. 
Inoltre, l'articolo 62, comma 3 bis, prevede che il commissario straordinario, previa autorizzazione del Ministro delle imprese e del Made in Italy e sentito il comitato di sorveglianza, può rinunciare a liquidare uno o più beni se l'attività di liquidazione appare manifestamente non conveniente. 
La predisposizione del programma da parte del commissario straordinario rappresenta un passaggio fondamentale della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, disciplinata dal D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270. A seconda dell'indirizzo adottato – cessione dei complessi aziendali o ristrutturazione dell’impresa – il programma deve contenere previsioni specifiche e dettagliate, nel rispetto dei criteri dettati dagli articoli 55 e 56 del decreto. 
Se il commissario straordinario opta per la cessione, il programma deve individuare le modalità con cui essa potrà realizzarsi; evidenziare le prospettive industriali e occupazionali della cessione; indicare le offerte ricevute o comunque le manifestazioni di interesse acquisite; formulare stime sull’impatto in termini di soddisfazione dei creditori; prevedere un termine massimo di un anno per l'esecuzione del piano, ai sensi dell’art. 27, comma 2, lett. a), D.Lgs. 270/1999. 
Se, invece, viene prescelta la via della ristrutturazione, il programma deve delineare le previsioni di ricapitalizzazione e di eventuale mutamento degli assetti imprenditoriali (es. nuovi soci, aumento di capitale, modifiche statutarie); specificare le modalità di collaborazione con gli organi sociali, in particolare con l’assemblea dei soci che deve deliberare eventuali operazioni straordinarie; indicare tempi e modalità di soddisfazione dei creditori, anche mediante strumenti di modifica convenzionale delle scadenze o tramite concordato; prevedere un termine massimo di due anni per l’attuazione del piano, come previsto dall’art. 27, comma 2, lett. b), D.Lgs. n. 270/1999. 
La discrezionalità del commissario straordinario, pur rilevante, non è assoluta. Essa è vincolata a criteri normativi precisi secondo l’art. 55 del D.Lgs. n. 270/1999, il programma deve essere predisposto sotto la vigilanza del Ministero delle imprese e del Made in Italy, il quale fornisce indirizzi di politica industriale. Occorre inoltre salvaguardare l’unità operativa dei complessi aziendali e tenere conto degli interessi dei creditori, assicurando quindi un equilibrio tra esigenze industriali e tutela patrimoniale [31]. 
L’intenso condizionamento esercitato dall’autorità amministrativa si manifesta principalmente attraverso il necessario controllo ministeriale sul programma predisposto dal commissario straordinario, che non può essere eseguito senza l’autorizzazione del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (già Ministero dello Sviluppo Economico). Il Ministero ha il potere di richiedere chiarimenti, integrazioni o modifiche al programma, incidendo così significativamente sull'autonomia tecnica e gestionale del commissario. 
Questa ingerenza trova giustificazione nella natura politica e sistemica dell’amministrazione straordinaria, pensata non solo come strumento alternativo alla liquidazione giudiziale, ma anche come meccanismo di salvaguardia dell’interesse pubblico, in particolare in termini di tutela dell’occupazione, della produzione e della continuità aziendale. Ciò determina un dualismo di finalità, spesso difficilmente conciliabili: da un lato l’interesse economico (es. massimizzazione del prezzo in caso di cessione), dall’altro l’interesse sociale (es. tutela dei livelli occupazionali). Il commissario deve trovare un equilibrio tra questi obiettivi, seguendo le linee guida del Ministero, nel rispetto della finalità delineata dall’art. 55 del D.Lgs. n. 270/1999. 
Inoltre, il programma di ristrutturazione che contempli aiuti di Stato (come garanzie del Tesoro ex art. 2 bis della legge Prodi) deve essere conforme alla disciplina europea sugli aiuti al salvataggio e alla ristrutturazione di imprese in difficoltà [32]. In tal caso, l’approvazione ministeriale è subordinata al via libera della Commissione europea, e in mancanza di questo il programma dovrà essere riformulato, escludendo le agevolazioni pubbliche non autorizzate. 
Una volta autorizzato, il programma deve essere trasmesso entro tre giorni al tribunale competente e depositato in cancelleria, affinché possa essere consultato da imprenditore, creditori e altri soggetti interessati. 
Durante l’esecuzione del programma, è prevista la possibilità di modifica o sostituzione dello stesso da parte del commissario straordinario, con approvazione ministeriale, ma senza possibilità di proroga dei termini originari di durata dell’intervento straordinario, che restano calcolati a partire dalla data dell’approvazione iniziale [33]. 
L'esecuzione del programma nell'ambito dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi è affidata al commissario straordinario, il quale, ai sensi dell'art. 61 del D.Lgs. 270/1999, ha il dovere e il potere di compiere tutte le attività funzionali alla realizzazione del programma stesso. In determinati casi, l'art. 42 del medesimo decreto prevede la necessità dell'autorizzazione del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, talvolta previo parere non vincolante del comitato di sorveglianza. 
L'autorizzazione ministeriale è richiesta in particolare per: 
●       gli atti di alienazione e di affitto di aziende e di rami di azienda; 
●       gli atti di alienazione e di locazione di beni immobili e di costituzione di diritti reali sui medesimi; 
●       gli atti di alienazione di beni mobili in blocco, di costituzione di pegno e le transazioni, se di valore indeterminato o superiore a euro 206.582,72. 
È importante sottolineare che, sebbene tali operazioni siano subordinate all'autorizzazione ministeriale, i contratti stipulati dal commissario straordinario sono a tutti gli effetti contratti di diritto privato e non soggetti alle procedure di evidenza pubblica [34]. 
Gli artt. 62 e 63 del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, disciplinano in dettaglio le modalità di liquidazione del patrimonio aziendale, la tutela giurisdizionale e gli obblighi informativi del commissario straordinario. 
L’alienazione dei beni dell’impresa soggetta alla procedura avviene secondo le modalità che il commissario straordinario ritenga più appropriate, tenendo conto della natura dei beni (mobiliare, immobiliare, azienda o ramo d’azienda), e del fine del miglior realizzo, in coerenza con l’obiettivo di tutela dei creditori e di possibile conservazione dei complessi aziendali. 
Tale potere discrezionale è vincolato al rispetto dei criteri generali fissati con decreto dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy (ex Ministero dello Sviluppo Economico), e alla valutazione preventiva da parte di esperti stimatori, che devono redigere una stima del valore del bene oggetto di alienazione. 
In particolare, l’alienazione di immobili, aziende o rami d’azienda aventi un valore superiore a € 51.645 deve essere preceduta da idonee forme di pubblicità, volte ad assicurare trasparenza e concorrenzialità nella procedura di vendita (art. 62, comma 2, D.Lgs. n. 270/1999). 
Contro gli atti e i provvedimenti del commissario straordinario relativi alla liquidazione (es. vendite, assegnazioni, distribuzioni), è ammesso ricorso al tribunale, ma solo in presenza di lesione di diritti soggettivi. 
Esempio tipico: un provvedimento che autorizza la vendita di un bene locato senza rispettare il diritto di prelazione del conduttore, rappresenta una violazione di un diritto soggettivo e pertanto rientra nella competenza del giudice ordinario. 
Diversamente, se l’atto incide solo su interessi legittimi, rimane competente il giudice amministrativo. Tale distinzione risponde al principio di separazione tra giurisdizione ordinaria e amministrativa. 
È dunque configurabile una dualità di giurisdizione, una ordinaria per lesione di diritti soggettivi da parte di atti relativi alla liquidazione, e un’altra amministrativa per tutti gli altri provvedimenti amministrativi funzionali alla procedura. 
Durante l’esecuzione del programma, il commissario straordinario ha il dovere di presentare al Ministro relazioni semestrali periodiche (ogni tre mesi) sull’andamento dell’esercizio dell’impresa e sull’attuazione del programma, e una relazione finale entro dieci giorni dalla scadenza del programma, in cui indica se e in che misura gli obiettivi sono stati raggiunti. 
Le relazioni devono essere trasmesse al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, comunicate a tutti i creditori, consultabili dall’imprenditore e da ogni altro interessato, garantendo trasparenza e controllo partecipativo sull’andamento della procedura [35].
8 . La soddisfazione dei creditori
Nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria la soddisfazione dei creditori rappresenta un obiettivo fondamentale. A tal fine, la normativa prevede specifiche fasi procedurali: 
- accertamento del passivo (art. 53 D.Lgs. n. 270/1999), che si svolge secondo le modalità previste per la liquidazione giudiziale, con l'applicazione degli articoli 93 e seguenti della legge fallimentare. Il commissario straordinario sostituisce il curatore nelle relative funzioni. Il tribunale, con la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, nomina il giudice delegato e fissa i termini per la presentazione delle domande di ammissione al passivo, nonché la data dell'adunanza per l'esame dello stato passivo; 
- ripartizione dell’attivo (art. 67 D.Lgs. n. 270/1999), che avviene secondo le norme previste per la liquidazione giudiziale, mediante riparti parziali: il commissario straordinario presenta ogni quattro mesi al giudice delegato un prospetto delle somme disponibili e un progetto di ripartizione, e una ripartizione finale: effettuata dopo l'approvazione del conto della gestione e la liquidazione del compenso al commissario straordinario. 
È importante notare che l'apertura della fase di ripartizione dell'attivo non segue automaticamente la scadenza del programma di cessione dei complessi aziendali; essa è subordinata alla realizzazione del programma stesso. 
In qualsiasi momento della procedura, il commissario straordinario, sentito il parere del comitato di sorveglianza e con l'autorizzazione del giudice delegato, può distribuire acconti parziali ai creditori o ad alcune categorie di essi [36]. Tale distribuzione deve rispettare le cause legittime di prelazione e tener conto delle esigenze connesse all'esercizio dell'impresa [37].
9 . La cessazione dell’amministrazione straordinaria tra liquidazione e risanamento
La prima causa di cessazione è la conversione dell’amministrazione straordinaria in liquidazione giudiziale, che può avvenire nei seguenti casi: 
● quando il programma autorizzato non risulti più realizzabile, né modificabile utilmente; 
● oppure quando alla scadenza del termine per la sua esecuzione, esso non risulti realizzato (art. 74, comma 1, lett. a, D.Lgs. n. 270/1999). 
In questi casi, il tribunale, sentiti il commissario straordinario, il Ministro competente e gli amministratori della società, emette un decreto reclamabile dinanzi alla Corte d’Appello. 
La procedura può cessare con decreto del tribunale reclamabile quando non siano state proposte domande di ammissione al passivo (ipotesi eccezionale); l’imprenditore insolvente abbia recuperato la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni; sia stato approvato un concordato; oppure, nel caso di programma di cessione, quando: 
○ i crediti ammessi siano stati integralmente soddisfatti o estensi in altro modo; 
○ l’attivo sia stato integralmente ripartito; 
○ non vi siano risorse sufficienti a soddisfare neppure in parte i crediti prededucibili o concorsuali. 
Anche in questo caso, si applica l’art. 74 bis del decreto, che mantiene la legittimazione processuale del commissario, nonostante eventuali procedimenti pendenti (v. anche art. 234 CCII). 
Nel programma di cessione, una volta completata l’integrale cessione dei complessi aziendali, il tribunale, su istanza del commissario, dichiara la cessazione dell’esercizio d’impresa con decreto reclamabile. Da quel momento, la procedura assume natura puramente liquidatoria, ed è possibile una conversione in liquidazione giudiziale, oppure una chiusura della procedura, se l’attivo è stato interamente ripartito o non residua patrimonio [38]. 
Anche l’amministrazione straordinaria può essere riaperta, ma esclusivamente come procedura liquidatoria, in analogia con l’art. 121 CCII e l’art. 118, comma 2, L. fall. (con valore interpretativo) [39]: 
● se entro cinque anni dalla chiusura emergono attività patrimoniali non considerate, o 
● se l’imprenditore offre garanzia del pagamento di almeno il 10% ai creditori vecchi e nuovi. 
Il tribunale, su istanza dell’imprenditore o di un creditore, potrà ordinare con sentenza la riapertura della procedura e la conversione immediata in liquidazione giudiziale. 
Infine, la cessazione può avvenire anche per concordato, che si innesta nella procedura di amministrazione straordinaria con peculiarità proprie: 
● si applicano le norme del concordato nella liquidazione coatta amministrativa (art. 214 CCII); 
● la proposta può essere presentata solo dall’imprenditore o da un terzo, e solo dopo la dichiarazione esecutiva dello stato passivo; 
● necessita della previa autorizzazione del Ministro, che decide sulla base: 
○ del parere del commissario straordinario, 
○ del comitato di sorveglianza, 
○ e della valutazione di convenienza e compatibilità con la funzione conservativa della procedura [40]. 
In tutti i casi di chiusura della procedura, il commissario straordinario è tenuto a sottoporre al Ministero delle Imprese e del Made in Italy il bilancio finale e il conto della gestione, corredati da una relazione del comitato di sorveglianza, ai sensi dell’art. 75, D.Lgs. n. 270/1999. 
Il Ministero, dopo le opportune verifiche, autorizza il deposito del bilancio e del conto presso la cancelleria del tribunale competente. A questo punto, tutti gli interessati, in particolare i creditori, devono essere informati mediante comunicazione telematica, così da poter eventualmente proporre ricorso al tribunale per sollevare contestazioni. 
Se non vengono proposte opposizioni, oppure se queste vengono rigettate, il bilancio e il conto si intendono approvati. Il tribunale potrà quindi emettere il decreto di chiusura della procedura, che dovrà essere motivato e sarà reclamabile dinanzi alla Corte d’Appello, ex art. 76, D.Lgs. n. 270/1999. 
Un’importante previsione riguarda i soci illimitatamente responsabili delle imprese collettive coinvolte, qualora gli effetti della dichiarazione di insolvenza siano stati estesi anche a loro. In tal caso, essi possono beneficiare dell’esdebitazione, secondo quanto stabilito dagli artt. 278 e ss. del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, analogamente a quanto avviene nella liquidazione giudiziale. 
L’amministrazione straordinaria può concludersi secondo due percorsi alternativi, entrambi previsti dalla normativa vigente (artt. 27 ss. D.Lgs. n. 270/1999): 
a) cessione dei complessi aziendali (programma di cessione): 
se è stato adottato un programma di cessione, la procedura può concludersi: 
● con la conversione in liquidazione giudiziale, se il programma si rivela infruttuoso (assenza di acquirenti, oppure nessuna parte sana dell’impresa valorizzabile); 
● con la chiusura della procedura, qualora il programma venga realizzato con successo, trasferendo la parte sana dell’impresa ad un terzo acquirente. 
b) Ristrutturazione (programma di ristrutturazione): 
nel caso di un programma di ristrutturazione, la procedura può cessare: 
● con la conversione in liquidazione giudiziale, se il piano non viene realizzato; 
● con la chiusura per compiuta ristrutturazione, che consente all’impresa di proseguire nella titolarità del debitore originario, recuperata la solvibilità. 
In entrambi i percorsi è sempre praticabile il ricorso al concordato, quale strumento di composizione negoziale della crisi. 
Per quanto riguarda i creditori anteriori alla procedura, nel programma di cessione, il soddisfacimento sarà tendenzialmente parziale, data la liquidazione degli attivi a prezzi di mercato e il soddisfacimento secondo le regole della par condicio creditorum; nel programma di ristrutturazione, è tendenzialmente integrale, benché ritardato, in quanto la ristrutturazione mira a consentire la continuità e il ripristino della capacità reddituale dell’impresa.
La chiusura dell’amministrazione straordinaria si articola in una serie di adempimenti finalizzati a garantire la trasparenza della gestione, la tutela dei creditori e la corretta definizione degli effetti della procedura [41]. Essa può avvenire per: 
● completamento del programma (di cessione o ristrutturazione); 
● infruttuosità degli stessi, con conversione in liquidazione giudiziale; 
● eventuale approvazione di un concordato. 
Il modello si pone dunque all'incrocio tra strumenti concorsuali liquidatori e strumenti di risanamento, offrendo al legislatore e agli operatori del diritto un quadro di intervento flessibile, ma rigorosamente normato [42].
10 . Conclusioni
Le conclusioni della presente analisi evidenziano come l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi rappresenti un cruciale strumento di intervento pubblico volto alla gestione delle crisi aziendali con rilevante impatto socio-economico. La procedura, delineata dal D.Lgs. n. 270/1999, ha evoluto nel tempo una natura sempre più orientata al delicato equilibrio tra esigenze economiche, tutela dei creditori e interessi pubblici quali la salvaguardia occupazionale e la continuità produttiva.
L'intervento legislativo ha chiaramente privilegiato il mantenimento dei complessi aziendali strategici e il contenimento degli effetti destabilizzanti delle crisi, prevedendo programmi specifici di cessione o ristrutturazione. L'applicazione pratica di queste norme ha spesso evidenziato tensioni tra la dimensione giurisdizionale della procedura e il forte ruolo assunto dal controllo politico-ministeriale, con il rischio di derogare ai principi concorsuali ordinari e ai criteri di neutralità competitiva sanciti dall'Unione europea. 
L'esperienza italiana dimostra infatti una persistente inclinazione all'uso di normative speciali, come evidenziato dai casi emblematici di Parmalat, Alitalia e Volareweb, che hanno comportato una gestione semplificata e accelerata, talvolta a scapito delle garanzie creditorie. 
Pertanto, pur restando uno strumento fondamentale per gestire situazioni di crisi complesse e di rilevanza sistemica, l'amministrazione straordinaria richiede una continua vigilanza e una rigorosa applicazione dei principi concorsuali e del diritto europeo della concorrenza, al fine di garantire un efficace bilanciamento tra esigenze economico-produttive, tutela del credito e rispetto delle regole di mercato.

Note:

[1] 
Cass. Civ., Sez. I, 14 marzo 2025, n. 6837 - L’atto di accertamento dello stato di insolvenza produce un effetto interruttivo permanente della prescrizione anche per i crediti verso la massa, finché dura la procedura ex D.Lgs. n. 270/1999, in Dirittobancario.it, 2025.
[2] 
M. Fabiani, Diritto della crisi e dell’insolvenza, Zanichelli, 2017.
[3] 
Corte cost., Sent. n. 154/2006 - Ha escluso l’illegittimità costituzionale del meccanismo di riparto dell’AS (L. n. 95/1979) ritenendo congruo il bilanciamento tra par condicio creditorum e finalità occupazionali, in https://www.eius.it.
[4] 
M. Sciuto, Le procedure amministrative, in Diritto commerciale II - Diritto della crisi d’impresa, Torino, 2025.
[5] 
CGUE, Trib. UE, 29 settembre 2011, Ryanair v Commissione, T-442/07 - Ha precisato i confini dell’obbligo della Commissione d’intervenire in presenza di potenziali aiuti incompatibili; la messa in AS di Alitalia non esenta dal previo controllo ex artt. 107-108 TFUE, in https://eur-lex.europa.eu.
[6] 
Decisione Commissione (UE) 2023/2160 del 27 marzo 2023 - Conferma l’incompatibilità degli aiuti e ne ordina il recupero, chiarendo che l’AS “decreto Alitalia” del 2008 non può giustificare trasferimenti pubblici senza un reale piano di ristrutturazione conforme alle “Rescue & Restructuring Guidelines”, in https://eur-lex.europa.eu.
[7] 
Decisione Commissione (UE) 2023/2160 del 27 marzo 2023 - Conferma l’incompatibilità degli aiuti e ne ordina il recupero, chiarendo che l’AS “decreto Alitalia” del 2008 non può giustificare trasferimenti pubblici senza un reale piano di ristrutturazione conforme alle “Rescue & Restructuring Guidelines”, in https://eur-lex.europa.eu. 
[8] 
V. Minervini, Le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi nel nuovo ordinamento concorsuale, in Ristrutturazioni Aziendali, 2024.
[9] 
Cass. civ., Sez. I, 15 marzo 2013, n. 6648, in Ilcaso.it; Cass. civ., Sez. I, 10 febbraio 2022, n. 4342, in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it - I lavoratori in rami d’azienda affittati a terzi non rilevano, anche se creditori dell’impresa cedente.
[10] 
L. Ficari, I lavoratori nella grande impresa insolvente, Torino, 2003.
[11] 
S. Ambrosini, Riparlando di amministrazione straordinaria: ingresso e collocazione dell’istituto nel sistema, in Ristrutturazioni Aziendali, 2024.
[12] 
S. Bonfatti, & P. F. Censoni, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2011.
[13] 
S. Bonfatti, Coordinamento tra LCA e procedure di crisi nel CCII, in Dirittodellacrisi.it, 2021.
[14] 
M. Fabiani, Le relazioni tra composizione negoziata e amministrazione straordinaria, IPSOA, 2024, 1217.
[15] 
Art. 3 D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270 – “L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi”, in Osservatorio-Insolvenza, 2020.
[16] 
Art. 35 D.Lgs. n. 270/1999 - “Le discipline amministrative delle crisi”, dispensa universitaria, in UniTE, 2009 (agg. 2024). 
[17] 
Cass. civ., Sez. I, 17 febbraio 2009, n. 3769, in IlCaso.it, massima e testo integrale.
[18] 
Art. 5 D.Lgs. n. 270/1999, - “Obblighi dell’imprenditore che chiede la dichiarazione del proprio stato di insolvenza”, in Osservatorio-OCI, 2024.
[19] 
M. Bianca, La dichiarazione dello stato di insolvenza nell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese, Milano, 2001.
[20] 
Art. 21 D.Lgs. n. 270/1999, in Ristrutturazioni Aziendali, QdRA n. 546/2024.
[21] 
L. Farenga, L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, Milano, 2005. 
[22] 
D.Lgs. 8 luglio 1999, artt. 28–30 – Relazione del commissario e termine di 60 giorni; G. Russotto, L’attività prognostica del commissario giudiziale, in Diritto Bancario, 2019.
[23] 
ODCEC Milano, Le amministrazioni straordinarie fra salvaguardia della continuità, tutela dei livelli occupazionali ed efficacia delle azioni di risanamento, in Quaderni SAF n. 74, 2018.
[24] 
P. F. Censoni, Gli effetti sostanziali del c.d. periodo di osservazione e della nuova amministrazione straordinaria, Giuffrè, 2001, I, 548 ss.
[25] 
Cass. civ., Sez. I, ord. 26 ago 2024, n. 23133 – Prededuzione dei crediti sorti in costanza di procedura, in https://www.quotidianopiu.it; Cass. civ., Sez. I, ord. 3 apr 2023, n. 9166 – Collocazione in prededuzione, in Diritto bancario.
[26] 
F. Vassalli, F. P. Luiso, & E. Gabrielli, Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali. Le altre procedure concorsuali (Vol. IV), Torino, 2014.
[27] 
V. Minervini, Le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi nel nuovo ordinamento concorsuale, in Ristrutturazioni Aziendali, 2024, 44.
[28] 
Trib. Bologna, 26 gennaio 2024, Pres. M. Guernelli, Est. M. Atzori - Conversione da liquidazione giudiziale ad A.S., in Dirittodellacrisi.it.
[29] 
V. Minervini, Le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi nel nuovo ordinamento concorsuale, in Ristrutturazioni Aziendali, 2024, 44.
[30] 
S. Pacchi, Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in https://www.treccani.it, Enciclopedia Treccani, 2012.
[31] 
V. Minervini, Le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi nel nuovo ordinamento concorsuale, in Ristrutturazioni Aziendali, 2024, 1-44.
[32] 
Commissione UE, Orientamenti 2014/C 249/01 sugli aiuti di Stato - Comunicazione della Commissione - Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltà.
[33] 
G. Lazoppina, Amministrazione straordinaria: disciplina generale, in Ius Crisi d’impresa, 2024. 
[34] 
Corte di Cassazione, Sez. I Civile, sentenza 5 gennaio 2022, n. 192 - Questa sentenza sottolinea l'importanza dell'autorizzazione ministeriale nelle operazioni di cessione aziendale nell'ambito dell'amministrazione straordinaria, evidenziando come il commissario straordinario debba attenersi scrupolosamente alle condizioni stabilite dal Ministero, a tutela degli interessi pubblici coinvolti nella procedura. 
[35] 
D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, artt. 62, 63, 65.
[36] 
Cass. S.U. 26 settembre 2019, n. 24068 ha chiarito i rimedi contro il decreto che rende esecutivo il piano di riparto, ammettendo il reclamo di qualsiasi creditore controinteressato, in https://www.foroeuropeo.it.
[37] 
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[38] 
S. Ambrosini, Riparlando di Amministrazione straordinaria, in Ristrutturazioni Aziendali, 2024.
[39] 
V. Minervini, Le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi nel nuovo ordinamento concorsuale, in Ristrutturazioni Aziendali, 2024.
[40] 
D. Vattermoli, Le amministrazioni straordinarie delle grandi imprese insolventi. Analisi de iure condito e prospettive de iure condendo, Pacini Editore, 2024.
[41] 
Cass. S.U. 26 09 2019 n. 24068 - riparto, in Diritto.it
[42] 
L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, in Osservatorio sull’insolvenza, 2020.

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