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Saggio

Il meccanismo di pre-pack nella Proposta di Direttiva 2022/0408 del Parlamento europeo e del Consiglio*

Luca Mandrioli, Professore a contratto di diritto della crisi nell’Università di Modena e Reggio Emilia

4 Novembre 2025

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
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Il contributo affronta il tema del meccanismo di pre-pack, disciplinato dalla Proposta di Direttiva 2022/0408 del Parlamento europeo e del Consiglio, quale strumento volto a consentire la vendita al miglior offerente dell’azienda in esercizio o di un ramo di essa nel corso della procedura di insolvenza del debitore. Mentre la fase di preparazione é finalizzata a trovare un acquirente idoneo con l’ausilio del Monitor, quella liquidatoria – che inizia allorquando apre la procedura di insolvenza in conformità al diritto nazionale – è dedicata ad approvare ed eseguire l’alienazione dell’azienda del debitore o di un suo ramo e a distribuire il ricavato tra i creditori. L’Autore si concentra, inoltre, sull’analisi di talune disposizioni relative al trasferimento del complesso produttivo per poi sviscerare, in ipotesi di recepimento della Direttiva, le problematiche di coordinamento del meccanismo di pre-pack con il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza e con le tutele dei lavoratori dipendenti nell’ambito della Direttiva 2001/23/CE. 

This article concerns the pre-pack mechanism, ruled by Proposal for a Directive 2022/0408 of the European Parliament and of the Council, as an instrument to enable the sale of a business or a division thereof to the highest bidder during the debtor’s insolvency proceedings. While the preparation phase is aimed at finding a suitable buyer with the assistance of the Monitor, the liquidation phase – which begins when insolvency proceedings are opened in accordance with national law – is dedicated to approving and executing the sale of the debtor’s business or a division thereof and distributing the proceeds among creditors. The Author also focuses on the analysis of certain provisions relating to the transfer of the production complex and then examines the coordination issues, in the event of implementation of the Directive, of the pre-pack mechanism with the Italian Business Crisis and Insolvency Code and with the protections of employees under Directive 2001/23/EC. 
Riproduzione riservata
1 . La Proposta di Direttiva per l’armonizzazione delle leggi sull’insolvenza
Nel solco della Direttiva Insolvency 2019/1023 in materia concorsuale, il 7 dicembre 2022 la Commissione europea ha presentato la Proposta di Direttiva 2022/0408 del Parlamento europeo e del Consiglio [1], con l’obiettivo di armonizzare le discipline dei vari Paesi in tema di insolvenza, la cui carenza è ritenuta ostativa, da parte dell’Unione europea, tanto alla libera circolazione dei capitali quanto a una maggiore integrazione dei mercati dei medesimi [2]. 
Tuttavia, mentre la Direttiva Insolvency si è concentrata sull’eliminazione dei contrasti delle norme interne degli Stati membri relative alle procedure di ristrutturazione del debito, la Proposta in rassegna è dedicata esclusivamente a quelle liquidatorie [3].
Più precisamente, focalizzando l’attenzione su taluni aspetti ritenuti di primario rilievo nel panorama del diritto della crisi e dell’insolvenza, lo scopo è rendere l’Unione europea più attrattiva per gli investitori stranieri e transfrontalieri, riducendo in tal modo le incertezze legate alla diversità dei sistemi applicati nei vari Paesi che ne fanno parte [4]. La frammentazione a livello nazionale delle norme sull’insolvenza e, soprattutto, i differenti tempi di liquidazione dell’impresa producono spesso risultati profondamenti eterogenei tra loro. Non solo la scarsa chiarezza giuridica comporta per i creditori transfrontalieri maggiori costi di informazione rispetto a quelli operanti a livello interno, ma sovente, in taluni Stati membri, le procedure hanno tempistiche lunghe e conducono al recupero di somme di scarso importo [5]. Questi ultimi aspetti aumentano ictu oculi l’incertezza e il rischio per gli investitori. Ciò contribuisce a incrementare il costo del capitale per l’impresa e, in caso di un’elevata incognita, scoraggia pure gli investimenti e la capacità di questa di reperire finanziamenti per lo sviluppo dell’attività economica. 
Nel chiaro intento di porre rimedio a una siffatta situazione, la Proposta di Direttiva affronta ad ampio raggio numerose tematiche che, pur tra loro diverse, sono in grado di incidere sulle attuali disposizioni del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. Infatti, in aggiunta alla previsione di alcune regole di armonizzazione in tema di azioni revocatorie, volte a contrastare i comportamenti del debitore sottrattivi di beni dal patrimonio concorsuale prima dell’inizio della procedura [6], e all’obbligo per gli amministratori di attivarsi per richiedere l’apertura di un procedimento di insolvenza entro tre mesi dal momento della conoscenza o della conoscibilità dello stato di insolvenza dell’ente [7], l’attenzione del legislatore unionale si è pure concentrata sul rafforzamento dei poteri del curatore nell’identificare i beni appartenenti alla massa, favorendo la messa a disposizione dei dati del debitore riguardanti la tracciabilità di questi e l’accesso a pubblici registri [8], e sul ruolo del comitato dei creditori [9]. Da ultimo la medesima Proposta si é soffermata diffusamente sul tema che ci occupa nel presente contributo, vale a dire il meccanismo di pre-pack per la vendita dei beni del debitore, sotto il controllo di un apposito Monitor, al fine di ridurre i tempi delle relative operazioni e massimizzare il valore degli attivi trasferendo tutta o parte dell’azienda a un acquirente preventivamente individuato, allo scopo di consentire così la prosecuzione dell’impresa come entità in funzionamento [10]. 
Il lungo iter di approvazione – non ancora concluso nel momento in cui questo scritto viene licenziato – ha tuttavia visto succedersi fino a oggi numerose tappe [11]. Il primo esame della Proposta è iniziato il 7 marzo 2023 e si è svolto nel corso delle presidenze svedese, spagnola e belga del Consiglio dell’Unione europea. Durante quest’ultima è stata presentata una prima opzione di compromesso sui titoli I (Disposizioni generali), II (Azioni revocatorie), III (Rintracciamento dei beni appartenenti alla massa fallimentare), IV (Procedura di pre-pack), V (Obbligo degli amministratori di chiedere l’apertura di una procedura di insolvenza e responsabilità civile) e VII (Comitato dei creditori). Al tempo della presidenza ungherese è stato, poi, raggiunto un orientamento generale parziale sulla Proposta, che ha incluso i titoli II, III, V e VIII (Misure volte a migliorare la trasparenza dei diritti nazionali in materia d’insolvenza) e le relative disposizioni del titolo I, mentre la presidenza polacca ha continuato l’iter al fine di pervenire a un’intesa e avviare i negoziati con il Parlamento europeo. 
In particolare, i lavori si sono focalizzati sui titoli non inclusi nell’orientamento generale parziale elaborato durante la presidenza ungherese, ovverosia IV, VI (Liquidazione delle microimprese insolventi), VII e IX (Disposizioni finali), e sulle disposizioni del titolo I. Inoltre, sono state adattate alcune previsioni dei titoli III, V e VIII. 
Il 12 giugno 2025 il Consiglio dell’Unione europea ha quindi raggiunto il c.d. “Orientamento generale” sulla bozza di Direttiva, successivo a quello “parziale” a cui si era pervenuti nel dicembre 2024 durante la presidenza ungherese. Nell’ultima fase del processo decisionale gli sforzi unionali si sono concentrati nel dettaglio sul meccanismo del c.d. pre-pack, sull’eliminazione della liquidazione delle microimprese insolventi a causa di preoccupazioni circa la sua applicabilità pratica e il suo potenziale impatto sui sistemi nazionali esistenti, nonché, da ultimo, sul Comitato dei creditori, prevedendone l’istituzione con lo scopo di coinvolgere il ceto creditorio nel procedimento di insolvenza e garantire che i relativi interessi siano adeguatamente rappresentati. 
L’Orientamento generale assunto solo pochi mesi fa dal Consiglio precede la fase di negoziato con il Parlamento, al termine della quale i due organi confezioneranno verosimilmente un accordo sulla versione finale della Direttiva, che potrebbe pure divergere dall’attuale. Si tratta del c.d. trilogo, ossia della trattativa informale che riunisce, nell’ambito della procedura legislativa ordinaria, i rappresentanti del Parlamento europeo, del Consiglio dell’Unione europea e della Commissione europea, quest’ultima con il ruolo di mediatore, allo scopo di raggiungere un’intesa provvisoria sul provvedimento in questione – e sugli aspetti ancora non risolti – tra il Parlamento e il Consiglio, ai fini dell’adozione formale [12].    
Una volta approvato il testo in via definitiva, il recepimento della Direttiva dovrà avvenire – sulla base dell’attuale art. 71 – entro tre anni dalla sua entrata in vigore. A tal proposito occorre che il Parlamento italiano, come di consueto, approvi la Legge di delegazione europea [13] con la quale viene attribuito al Governo il potere di adottare i decreti legislativi per tradurre le disposizioni della Direttiva in oggetto nel diritto italiano. Successivamente, il decreto legislativo verrà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e il nostro Paese notificherà alla Commissione europea le misure di esecuzione assunte. 
In uno scenario così complesso e ancora incerto quanto all’esito finale, il presente contributo si pone dunque l’obiettivo esclusivo di approfondire il contenuto delle fasi del meccanismo di pre-pack e il suo scopo, analizzando necessariamente il ruolo della figura del Monitor e indagando altresì le problematiche di coordinamento, in ipotesi di recepimento, rispetto agli strumenti delineati dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza nella composizione negoziata, nel concordato semplificato e in quello preventivo, oltre alle interferenze con il diritto del lavoro.
2 . Il meccanismo di pre-pack: uno sguardo d’insieme
Ancorché configurato in termini non sempre del tutto sovrapponibili a quelli che contraddistinguono la Proposta di Direttiva, il pre-pack è in realtà uno strumento già presente nel diritto concorsuale di numerosi Stati, non solo a livello internazionale ma anche europeo [14]. 
In linea generale, nelle esperienze fino a oggi acquisite nel campo della crisi e dell’insolvenza, il medesimo è stato infatti diffusamente impiegato al fine di agevolare il salvataggio aziendale e la continuità indiretta dell’attività d’impresa attraverso soluzioni negoziate in via riservata, con tempistiche celeri, ancorché per lo più di stampo ristrutturatorio. 
In particolare, la figura in esame ha assunto dimensioni assolutamente rilevanti negli Stati Uniti d’America, laddove da svariati decenni si assiste al fenomeno dei c.d. prepackaged Chapter 11, riguardanti imprenditori in difficoltà economico-finanziaria che raggiungono un accordo con i principali creditori in relazione ai termini di un piano di ammissione a tale procedura e sollecitano le adesioni a questo prima di presentare istanza per l’apertura del procedimento in occasione della quale chiedono alla Corte di confermare il piano medesimo [15]. 
Al di là dell’Oceano Atlantico, lo strumento è inoltre utilizzato in Canada [16], mentre oltremanica è in uso negli ordinamenti del Regno Unito [17], rinvenendosi all’interno della c.d. administration –regolata dall’Insolvency Act 1986 e dall’Administration Regulations 2021 – ossia una procedura di insolvenza in cui un’azienda organizza la vendita del complesso produttivo a un acquirente prima di entrare formalmente in administration e, una volta nominato l’administrator, la cessione viene completata pressoché immediatamente, consentendo all’azienda di continuare a operare sotto la direzione della nuova proprietà pressoché senza interruzioni. Una nozione di pre-pack si ritrova pure nello Statement of Insolvency Practice Number 16 (SIP 16) dell’UK Insolvency Pratictioners Association, laddove con il termine pre-packaged sale ci si riferisce a un accordo in base al quale la vendita di tutta o parte dell’attività o dei beni di una impresa viene negoziata con un acquirente antecedentemente alla scelta dell’administrator, il quale effettua la cessione subito dopo la nomina, o comunque in tempi brevi. 
La tendenza a introdurre nell’ordinamento domestico strumenti di pre-pack ha interessato anche l’Irlanda [18], dove con una siffatta espressione si indica la vendita di un’azienda in difficoltà in cui gli accordi di cessione sono negoziati e documentati prima dell’inizio di una procedura formale di insolvenza e sono effettuati al momento o subito dopo la nomina dell’insolvency practitioner
In aggiunta a ciò, tra i Paesi unionali una fattispecie analoga a quella discipinata dalla Proposta di Direttiva si rinviene già in Spagna [19], in Francia [20], in Germania [21], in Grecia [22], in Belgio [23] oltre che in Olanda [24] e nella Repubblica Ceca [25]. Sistemi c.d. pre-pack trovano applicazione financo in India [26], Filippine [27], Cayman Islands [28], Australia [29] e Singapore [30]. 
Volendosi, tuttavia, soffermare sulla bozza di Proposta di Direttiva nella versione recentemente raggiunta in sede di Orientamento generale, va innanzitutto evidenziato come all’art. 2, che rappresenta il contenitore delle definizioni della Proposta stessa [31], il pre-pack – composto da una fase preparatoria e una di liquidazione [32] – venga descritto non più al pari di una procedura, analogamente a quanto accadeva nella versione originaria, bensì alla stregua di un meccanismo atto a consentire la vendita al miglior offerente dell’azienda in esercizio o di un ramo di essa, nel corso della procedura di insolvenza del debitore. Mentre la fase di preparazione é dunque volta a trovare un acquirente idoneo, quella liquidatoria – che inizia, a norma dell’art. 25, quando viene adottata la decisione di aprire la procedura di insolvenza in conformità al diritto nazionale – è finalizzata ad approvare ed eseguire l’alienazione dell’azienda del debitore o di un suo ramo e a distribuire il ricavato tra i creditori. 
In definitiva, il segmento preparatorio rappresenta, come si avrà modo di meglio cogliere nel paragrafo 4 che segue, una sorta di “anticamera” di quello successivo di liquidazione, che lo completa: esso è nella sostanza dedicato alla ricerca sul mercato di possibili compratori in modo tale da organizzare la vendita del complesso produttivo o di una porzione di questo prima dell’apertura formale della procedura di insolvenza. Tale interesse, qualora concreto, troverà riscontro in una cornice processuale in cui la seconda fase costituirà una parentesi in gran parte nuova rispetto alla disciplina oggi in vigore nelle varie procedure concorsuali liquidatorie. 
L’obiettivo è, infatti, quello di istituire, in anticipo rispetto a un piano di dismissione generato dallo stato d’insolvenza del debitore, un congegno celere, trasparente e competitivo di alienazione dell’azienda o di un suo ramo, quando ancora l’impresa non è cessata, al fine di realizzare il migliore risultato per il ceto creditorio. Il tutto collocando l’approvazione e l’esecuzione del trasferimento, quanto al nostro ordinamento, immediatamente dopo l’apertura della liquidazione giudiziale ovvero dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi che adotta il piano di cessione dei complessi produttivi, o della liquidazione coatta amministrativa o ancora del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti caratterizzati, questi ultimi due procedimenti, da un piano liquidatorio [33]. 
Peraltro, in forza di quanto stabilito dall’art. 1, par. 3, della Proposta di Direttiva le norme del titolo IV sul pre-pack si applicano, nell’attuale versione, esclusivamente ai debitori che siano persone giuridiche [34], fatta eccezione per taluni soggetti espressamente indicati al par. 2, tra cui rientrano le imprese di assicurazione, gli enti creditizi, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo e gli enti pubblici. Tuttavia, il Considerando 22 quater si affretta a precisare che gli Stati membri hanno la facoltà di estendere tali disposizioni alle persone fisiche che siano imprenditori. 
Sul presupposto che i “Considerando”, nella legislazione unionale, non possano contenere enunciati precettivi distinti da quelli impiegati nell’articolato, ma debbano avere inderogabilmente natura specificativa delle motivazioni sottese alle previsioni dell’atto da adottare, dovendo inoltre essere banditi quelli che, al pari del caso di specie, si limitano apoditticamente a constatare la necessità di adottare talune norme senza indicarne i motivi sottostanti [35], non vi è dubbio che gli stessi necessitino di essere oggetto di interpretazione. 
Infatti, sul punto, ferme restando le critiche sopra svolte al Considerando 22 quater in esame, la Proposta di Direttiva, nell’omettere il riferimento alle società di persone, fa così sorgere il fondato dubbio che queste possano fruire di detto meccanismo, posto che non è possibile ricomprenderle nella nozione di persone giuridiche, anche se sono dotate comunque di un’autonomia patrimoniale imperfetta, né tantomeno in quella di persona fisica imprenditore a cui rimanda la deroga. 
Sennonché, vero è che la circostanza di una possibile estensione della disciplina in esame a quest’ultima categoria d’imprese dovrebbe a maggior ragione consentire di includere nella decisione lasciata ai vari Stati membri anche le società di persone. Difficilmente la percezione di tale deroga, in base all’esperienza, alla cultura e alla conoscenza del giurista italiano e al suo conseguente contributo valutativo e percettivo degli interessi in gioco, potrebbe essere limitata al solo imprenditore individuale. Tuttavia lo snodo interpretativo in questione non è certo tra i più agevoli da risolvere. È, infatti, noto come spesso l’esegesi di un testo giuridico – avendo tale natura, per le ragioni poc’anzi esposte, altresì quello dei Considerando – avvenga sulla base di uno schema non del tutto neutrale, non potendosi prescindere, quanto alla correttezza, dai suoi presupposti e, in specie, dal comprendere i problemi concreti sottostanti. Nulla esclude che, in forza del noto principio della precomprensione giuridica[36] – vale a dire della prefigurazione del significato prescrittivo della disposizione e della situazione che la medesima intende regolamentare [37] – vi possano essere differenti letture nei vari Paesi membri che dovranno recepire, una volta approvata, la Direttiva. 
D’altronde è pacifico che la comprensione precede e condiziona l’interpretazione [38]. Lo studioso del diritto si avvicina, difatti, al testo sempre con una «determinata attesa» [39] al fine di risolvere eventuali conflitti che l’operatore giuridico è chiamato in concreto ad affrontare [40]. Nel caso che ci occupa appare dunque evidente come questa precomprensione – che è l’ipotesi iniziale con la quale il giurista, sulla base delle sue conoscenze e dell’assetto normativo, «mette in movimento il processo interpretativo» [41] – condurrà verosimilmente il nostro legislatore domestico a ritenere che detta estensione, se applicata, non potrà essere circoscritta al solo imprenditore individuale sul presupposto che quello collettivo venga limitato alle persone giuridiche, poiché, se così fosse, non si comprenderebbe la ragione dell’esclusione delle società di persone. 
Quanto invece al postulato oggettivo del meccanismo di pre-pack, la Proposta di Direttiva consente agli Stati membri – in virtù del disposto dell’art. 22 bis, par. 5 e 6 – di legiferare in ordine all’introduzione del divieto di intraprendere la fase preparatoria qualora il debitore si trovi già in una situazione di impossibilità di pagare i propri debiti in scadenza nel rispetto della legislazione nazionale in materia concorsuale – che nel nostro ordinamento coincide con la nozione di stato di insolvenza – potendo essere avviata solo nell’ipotesi di probabile insolvenza, corrispondente sostanzialmente al concetto di stato di crisi di cui all’art. 2 CCII.
A ciò si ricollega, peraltro, l’art. 23 della Proposta laddove stabilisce la possibilità per gli Stati membri di prevedere che, durante la fase di preparazione, al debitore sia concesso di beneficiare della sospensione delle azioni esecutive individuali a norma degli artt. 6 e 7 della Direttiva (UE) 2019/1023 [42], non soltanto quando è insolvente ma anche allorché si trovi in una situazione di probabile insolvenza conformemente al diritto nazionale, qualora un siffatto ombrello protettivo renda agevole ed efficace lo svolgimento del meccanismo di pre-pack, e sempre che il Monitor venga ascoltato dall’Autorità giudiziaria prima della relativa decisione.
Sennonché l’enunciato di cui all’art. 22 bis, nella parte in cui impedisce il ricorso alla fase preparatoria in assenza d’insolvenza, non pare immune da una serie di conseguenze sotto il profilo operativo e sistematico. Al riguardo, infatti, se la previsione poc’anzi precisata rimanesse, nella versione definitiva della Proposta, inalterata, in primo luogo sarebbe alquanto improbabile che un imprenditore non ancora insolvente chiedesse la nomina del Monitor per dare corso all’apertura della fase di preparazione poiché cercherebbe, verosimilmente, quale via preferibile, una soluzione di ristrutturazione al posto di una liquidatoria.
In secondo luogo ciò finirebbe addirittura per contrastare con gli stessi principi della Proposta di Direttiva. L’inizio del procedimento preparatorio presuppone la successiva apertura di quello di liquidazione nell’ambito di una procedura d’insolvenza. Pertanto, occorre chiedersi come sarebbe possibile nominare un Monitor, individuare e selezionare l’offerente qualora non sussista alcuna garanzia sulla possibilità di trasferire il complesso produttivo e autorizzare la vendita. In questo caso non vi sarebbe certezza che nel frattempo si manifestino i presupposti per l’apertura di un procedimento liquidatorio – del tipo liquidazione giudiziale, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e accordi di ristrutturazione dei debiti – stante l’assenza di insolvenza.
Da ultimo, la Proposta di Direttiva contempla all’art. 19, paragrafo 1-bis, che gli Stati membri provvedano affinché i debitori, che usufruiscono del meccanismo di pre-pack, siano autorizzati a intraprendere almeno atti di gestione ordinaria durante la fase di preparazione, al fine di continuare con la regolare attività dell’impresa, dovendosi il termine “autorizzazione” intendere nel senso che i legislatori domestici dovranno lasciare al debitore la libertà di adottare atti di tal genere.
3 . L’obiettivo perseguito dallo strumento
Già si è visto come il pre-pack abbia la finalità, nell’ambito della liquidazione dei beni del debitore, di predisporre la vendita dell’azienda o di un suo ramo individuando – prima che si apra una procedura d’insolvenza e sopraggiungano difficoltà nella prosecuzione dell’impresa – un soggetto acquirente, se esistente. Ciò alimenta, da un lato, le speranze di una maggiore possibilità di soddisfacimento per i creditori e allontana, dall’altro, lo spettro che nel frattempo il complesso produttivo svilisca il suo valore.
Capita, infatti, che, quando l’imprenditore entra in una procedura concorsuale, crolli la fiducia dei clienti con conseguente calo delle vendite, insorga un’evidente difficoltà nell’incasso dei crediti non avendo più il debitore potere contrattuale, gli investimenti necessari siano preclusi dalla carenza di liquidità e si assista alla fuga delle maestranze qualificate a causa dell’instabilità e della preoccupazione della perdita del posto di lavoro. In sintesi, in poco tempo viene bruciato l’intero valore di avviamento.
In considerazione di ciò, è fin da subito evidente come il pre-pack, alla luce della sua scansione in fasi, rappresenti uno strumento volto alla tutela degli interessi dei creditori, quantomeno nella misura che a essi spetterebbe in caso di dismissione atomistica, oltre a essere preordinato a far sì che la cessione dell’azienda avvenga tramite una competizione tra i soggetti acquirenti interessati [43].
Il punto focale del meccanismo in esame è, in effetti, rappresentato dall’identificazione, a opera del debitore, del cessionario e delle condizioni della vendita prima dell’inizio della procedura di insolvenza [44]. L’iniziativa è esclusivamente in capo all’imprenditore, il quale può evidentemente condizionare il destino della liquidazione, considerando peraltro che il destinatario della cessione potrebbe essere, come si avrà modo di meglio illustrare nel successivo paragrafo 5, una parte a esso strettamente correlata [45]. Tuttavia, detto trasferimento è preparato con l’assistenza del Monitor e la supervisione dell’Autorità giudiziaria che controlla anche la fase che precede l’avvio di quella di liquidazione. 
Lo strumento qui analizzato è pertanto indirizzato a impedire che l’inizio di una procedura concorsuale determini conseguenze negative sull’avviamento, favorendo, al contrario, la circolazione dell’azienda per ottenere celermente il massimo ricavato allo scopo di soddisfare le pretese creditorie nonché di preservare l’occupazione [46]. Tale considerazione è valida, sebbene ciò possa rappresentare un rischio per i creditori – in particolare per quelli chirografari che, a differenza dei privilegiati, non hanno una collocazione preferenziale in sede di riparto – atteso che la vendita a un soggetto predeterminato al di fuori delle regole previste per la liquidazione in sede concorsuale potrebbe impedire il realizzo del giusto prezzo, trascurando altre offerte più vantaggiose [47]. 
A prescindere da detta riflessione, va tuttavia sottolineato come il pre-pack introduca un meccanismo di competitività che, pur non governato, è in ogni caso controllato dal Monitor, mentre l’impresa continua a essere gestita dal debitore. Si evita così che l’esercizio dell’impresa del debitore si protragga oltre modo, pendente la procedura liquidatoria, in attesa dell’individuazione dell’aggiudicatario e del successivo trasferimento. Una volta aperta la fase di dismissione dei beni, la continuazione dell’attività imprenditoriale potrà essere, infatti, limitata ai tempi strettamente necessari per addivenire all’autorizzazione della vendita del complesso produttivo di cui all’art. 26 della Proposta di Direttiva. 
Tuttavia, poiché l’asta pubblica può avere una durata fino a tre mesi ed essere collocata – a discrezione degli Stati membri – nella fase liquidatoria anziché in quella preparatoria, corre l’obbligo di sottolineare come questo aspetto non sia immune da un evidente pericolo: quello che il valore dell’azienda possa subire, per effetto della gestione dell’impresa che potrà determinare un incremento o un decremento dello stesso, una variazione nell’arco temporale intercorrente tra la selezione dell’offerente iniziale e il trasferimento del complesso produttivo o di un suo ramo, incidendo sui risultati del procedimento competitivo. 
A prescindere da ciò, merita però di essere osservato come il pre-pack delinei una netta separazione tra la vicenda circolatoria del complesso produttivo – che viene, quanto alla fase preparatoria, anteposta alla sistemazione del ceto creditorio e a cui è dedicata una propria autonoma fase anticipatoria della procedura liquidatoria – e quest’ultima. Il legislatore unionale prende così atto che una cosa è la sorte del complesso produttivo, al quale destina per l’appunto un’apposito spazio – il segmento preparatorio – attribuendo al Monitor il ruolo di controllore dell’iter di vendita e al debitore quello di soggetto che prosegue l’impresa, e un’altra è la sistemazione del ceto creditorio, riservata all’organo amministrativo della procedura e al giudice delegato nella successiva fase di liquidazione. 
L’istituto risolve in tal modo molti dei problemi nascenti dalla difficile coesistenza tra la continuità aziendale – che, pur indiretta, avendo a oggetto il trasferimento del complesso produttivo, è comunque diretta fino al momento del perfezionamento della vicenda circolatoria – e la procedura concorsuale liquidatoria ancora oggi modellata sulla falsariga del processo di espropriazione forzata, la quale pone un vincolo di indisponibilità sui beni che saranno esclusivamente destinati alla vendita all’offerente selezionato e determina lo spossessamento attenuato del debitore nel concordato preventivo ovvero pieno nella liquidazione giudiziale. 
4 . La fase preparatoria e il ruolo del Monitor
Delle due fasi in cui si articola il pre-pack, quella preparatoria contiene senza dubbio gli spunti maggiormente innovativi, posto che la successiva di liquidazione è invero destinata a innestarsi nell’ambito dello strumento di regolazione dell’insolvenza che sarà scelto dal debitore. 
Sul punto, la Proposta prevede che è compito degli Stati membri legiferare in modo da dare avvio al segmento preparatorio attraverso la nomina di un Monitor sulla base di una procedura che va fissata in conformità alle norme dell’ordinamento domestico, inserendosi così l’iniziativa del debitore in «un contesto prettamente pubblicistico» [48]. Sotto questo profilo, il legislatore unionale non pare imporre necessariamente una designazione di matrice tribunalizia, potendo invero la stessa avvenire anche da parte di un’apposita commissione amministrativa al pari di quanto accade per la designazione dell’Esperto nella composizione negoziata della crisi. 
Definibile pure in termini di commissario [49] o di ausiliario [50], il controllore deve essere indipendente rispetto all’imprenditore e alle parti a esso correlate, fermo restando che i singoli Stati potranno introdurre ulteriori requisiti di terzietà nei confronti dei detentori di strumenti di capitale e/o dei creditori, oltre alla circostanza che tale soggetto dovrà soddisfare i criteri di ammissibilità previsti nel Paese membro per gli amministratori delle procedure di insolvenza [51]. Ciò significa, conseguentemente, che, per quanto di rilevanza ai fini dell’ordinamento concorsuale italiano, detto soggetto dovrà avere le caratteristiche richieste al curatore quale organo della liquidazione giudiziale [52]. 
Al Monitor, sulla base dell’art. 22 bis, sono attribuiti compiti particolarmente delicati [53]. Esso ha il dovere di giustificare i motivi in base ai quali ritiene che il processo di selezione del potenziale acquirente, intrapreso nella fase preparatoria, abbia rispettato i vincoli della competitività, della trasparenza e dell’equità, raggiungendo gli standard di mercato [54]. Su quest’ultimo aspetto, un possibile indizio quanto ai requisiti da soddisfare può essere rinvenuto nel Considerando 26, laddove è precisato che il processo dovrebbe essere compatibile con le norme e le prassi in materia di fusioni e acquisizioni nello Stato membro destinatario, comprendendo, tra i vari profili, l’invito alle parti astrattamente interessate a partecipare alla vendita, la divulgazione delle informazioni ai potenziali acquirenti e la possibilità di formulare offerte attraverso un procedimento strutturato. Sul Monitor incombe, inoltre, il dovere di relazionare all’Autorità giudiziaria su ogni fase del processo di alienazione, con la conseguenza che risulta alquanto evidente come la sua attività vada necessariamente documentata per iscritto. Ciascun Paese dell’Unione europea, in considerazione del rilevante ruolo incombente sul controllore, potrà inoltre introdurre la previsione di una responsabilità per danni arrecati ai creditori in ipotesi di mancato rispetto, intenzionale o per negligenza, degli obblighi che gli fanno capo. 
In definitiva, tra i compiti principali di detto soggetto vi è quello di raccomandare [55] il migliore offerente, in conformità all’art. 30 della Proposta, al fine di intraprendere la successiva fase di liquidazione, e di esprimersi sulla circostanza che l’offerta non costituisca una violazione del best interest of creditors test in base al quale nessun creditore si deve trovare, in ipotesi di realizzazione del complesso produttivo nel contesto di un meccanismo di pre-pack, in una situazione deteriore rispetto a quella che si configurerebbe qualora la conversione in denaro dei beni avvenisse in una procedura liquidatoria tenendo in considerazione le regole di graduazione stabilite dall’ordinamento giuridico. 
Tuttavia, vero è che il reticolato degli articoli della Proposta non offre una definizione chiara e precisa di tali criteri di selezione, ma al suo art. 30, in tema di “Disposizioni comuni”, si limita a rimandarne la determinazione agli Stati membri affinché gli stessi finiscano per coincidere con le regole che sono applicate per la selezione delle offerte concorrenti nella procedura di insolvenza. 
Allo scopo di raggiungere l’obiettivo di assicurare il realizzo di un prezzo di mercato equo, la Proposta di Direttiva lascia, comunque, ampia libertà ai diversi Paesi di scegliere se disporre un’asta pubblica per la vendita del complesso produttivo e, nell’ipotesi affermativa, se prevederla all’inizio della fase di liquidazione ovvero precedentemente, vale a dire pendente quella preparatoria. Nel caso in cui questo tipo di asta sia disposto, agli Stati dell’Unione Europea è altresì concessa la facoltà di disapplicare l’obbligo in capo al Monitor di giustificare il rispetto dei criteri di competitività, trasparenza, equità e conformità alle norme di mercato, poiché, di fatto, questi sono assicurati dallo svolgimento dell’obbligatorio procedimento competitivo. Analoga previsione di mancata applicazione delle suddette prescrizioni è dettata qualora la migliore offerta sia approvata dai creditori in linea con il diritto nazionale. 
In proposito, è inoltre rimessa agli Stati membri la possibilità di stabilire che la fase preparatoria non solo sia temporalmente circoscritta, ma possa pure essere interrotta in qualsiasi momento, se essa non ha prospettive di successo ragionevoli, senza dimenticare che pari sorte incontrano i casi di mancata assistenza necessaria da parte del debitore al Monitor ex art. 22 bis, par. 2, e di carenza di diligenza del medesimo imprenditore. Al contrario, l’art. 23 bis della Proposta di Direttiva dispone che, qualora un creditore presenti una richiesta di apertura di una procedura di insolvenza durante la fase di preparazione, l’avvio del segmento liquidatorio può essere sospeso se, tenuto conto delle circostanze del caso, non sia nell’interesse generale dei creditori. 
Tra gli aspetti maggiormente singolari corre pure l’obbligo di ricordare come nell’ultima versione la Proposta enunci in sede di Considerando 22 – e senza che ciò sia stato trasposto nel reticolato dell’atto normativo – che la fase preparatoria dovrebbe essere riservata per lo meno con riguardo agli sforzi indirizzati alla ricerca di un acquirente idoneo, enfatizzando in tal modo il carattere della confidenzialità tipico delle trattative che accompagnano le attività delle operazioni di trasferimento di aziende [56]. Quanto precede impone due riflessioni. La prima si incentra sul significato della portata del Considerando rispetto all’atto normativo e, per quel che ci occupa, alla Direttiva, mentre la seconda attiene all’interpretazione del lemma “riservato”. 
Se, come poc’anzi ricordato, i Considerando non creano obblighi giuridici né derogano alle disposizioni vincolanti del testo principale, ma agevolano l’interprete nell’identificare la ratio e il senso da attribuire alle norme, avendo pertanto una funzione orientativa per una migliore comprensione degli articoli, ne consegue che il connotato della riservatezza non rappresenta un elemento su cui gli Stati membri dovranno obbligatoriamente legiferare adottando la Direttiva, ma, al più, il medesimo potrà fungere da guida e indirizzo per i predetti nell’atto del recepimento facendolo eventualmente proprio [57]. 
Ma se, da un lato, quanto testé ricordato non pare foriero di ulteriori dubbi, dall’altro non può tuttavia tacersi la circostanza che la Proposta di Direttiva non sembra chiarire expressis verbis se la riservatezza si estenda all’intera fase preparatoria – che non verrebbe pertanto conosciuta al di fuori di pochissimi soggetti coinvolti tra cui debitore, Monitor e potenziali acquirenti – o sia invero circoscritta al contenuto degli accordi interlocutori con gli interessati all’azienda. In altri termini, vi è da chiedersi se a essere riservato sia l’accesso alla fase preparatoria oppure il solo oggetto della trattativa in essa svolta. Mentre a fondamento della prima delle due soluzioni risponderebbe l’esigenza di preservare il valore di avviamento, senza inscenare uno stato di preoccupazione per creditori, fornitori e clienti le cui reazioni a catena potrebbero finire per allontanare gli stessi dall’impresa pregiudicando la continuità aziendale oltre che la trattativa finalizzata alla cessione, alla base della seconda vi sono ragioni per lo più di protezione di informazioni strategiche che, se divulgate, potrebbero danneggiare il debitore, tenendo peraltro in considerazione il fatto che, il più delle volte, i potenziali interessati sono in realtà i concorrenti dell’imprenditore. 
A tal proposito è ben vero che anche l’accesso alla composizione negoziata è di dominio pubblico essendo riservate le sole negoziazioni tra il debitore e i creditori, sotto l’egida dell’Esperto, ma, qualora nel meccanismo di pre-pack si volesse conservare il valore dell’impresa, rendere accessibile a tutti la notizia della nomina di un Monitor potrebbe determinare non poche conseguenze. Poiché detta designazione – a differenza della composizione negoziata della crisi che lascia aperta la strada a più soluzioni pure di matrice ristrutturatoria del debito – precede sempre l’accesso a una procedura di insolvenza, difficilmente un fornitore sarà disponibile ad approvvigionare ancora un’impresa rischiando che il proprio credito non venga soddisfatto completamente oppure che l’atto di pagamento della fornitura sia soggetto ad azione revocatoria. Peraltro, il problema dell’assenza del riconoscimento della prededucibilità dei crediti sorti successivamente alla nomina dell’Esperto produce sovente il risultato empirico di una richiesta, da parte dei fornitori, di pagamenti già alla consegna della merce. Se quanto precede è vero, nell’ambito della composizione negoziata che sta trovando larga applicazione, aprendo lo spiraglio a varie soluzioni della crisi e dell’insolvenza anche non di natura liquidatoria, a maggior ragione ciò è verosimile che potrà accadere in un percorso già delineato in termini di liquidazione giudiziale piuttosto che in ogni altro caso di procedura di insolvenza non conservativa. 
Di contro, in generale, vero è che nel nostro ordinamento la riservatezza della sola fase preparatoria finirebbe per rappresentare un evento del tutto singolare, considerando gli obblighi informativi da compiersi al Registro delle Imprese qualora il debitore intenda accedere a uno strumento di regolazione dell’insolvenza. 
Tuttavia, a prescindere dai vari percorsi ipotizzati, che quest’ultima debba essere in conclusione la soluzione corretta pare inequivocabilmente evincersi da un passaggio assolutamente decisivo. Poiché a norma dell’art. 23 della Proposta è pure possibile chiedere e ottenere la sospensione delle azioni esecutive individuali ai sensi della Direttiva Insolvency 2019/1023, è, pertanto, evidente che il procedimento non potrà rimanere segretato, essendo anch’esse soggetto alla pubblicazione presso il Registro delle Imprese. É quindi verosimile, in ragione di queste riflessioni, che l’orientamento a favore della riservatezza contenuto nel Considerando 22 appaia più propriamente deputato a rammentare l’importanza di interlocuzioni confidenziali con i possibili interessati quanto al contenuto degli accordi e rispetto all’identità di questi ultimi e fintanto che non si sia raggiunta l’intesa che sfocia nella presentazione dell’offerta di acquisto dell’azienda o di un suo ramo, anziché a evitare di rendere conoscibile a tutti il ricorso alla fase preparatoria e alla nomina del Monitor
5 . La fase di liquidazione
In modo simmetrico a quanto accade per la fase preparatoria, la Proposta, all’art. 26, dètta i principi ai quali deve attenersi il legislatore domestico nel disciplinare quella di liquidazione, che, a norma del precedente art. 20, può essere intrapresa unicamente all’interno di procedure di insolvenza diverse dalla ristrutturazione preventiva. 
Spetta dunque agli Stati membri assicurare che, alla sua apertura, il tribunale o l’autorità competente autorizzi la vendita dell’azienda del debitore o di una sua parte, almeno in uno dei seguenti casi, ovverosia se: 
i) l’acquirente sia stato proposto dal Monitor, a condizione che quest’ultimo abbia emesso un parere di conferma che il processo di cessione svoltosi durante la fase di preparazione sia stato rispettoso dei requisiti stabiliti dall’art. 22 bis, par. 1, e ciò sia stato accertato dal tribunale o dall’autorità competente unitamente alle prescrizioni di cui ai par. 1 e 2 del medesimo articolo; 
ii) l’acquirente sia stato selezionato tramite una procedura a evidenza pubblica, qualora gli Stati membri la prevedano, utilizzando come base d’asta l’offerta individuata dal commissario; 
o ancora se: 
iii) il trasferimento all’acquirente sia stato approvato dai creditori nel rispetto dell’art. 22 bis, par. 4. 
La Proposta di Direttiva afferma altresì, con una locuzione non del tutto chiara, che i Paesi dell’Unione europea hanno il dovere di provvedere affinché le tutele concesse all’offerente iniziale nella fase di preparazione siano commisurate e proporzionate. Questa precisazione si colloca nel solco del sistema del c.d. stalking horse, vale a dire di quell’offerta iniziale caratterizzata – secondo quanto disposto dal Considerando 27 della Proposta stessa – da una serie di incentivi che il debitore riconosce all’originario offerente facendosi carico del rimborso delle spese e di eventuali penali (c.d. breakup fee) [58], nel caso in cui risultasse, in sede di asta pubblica, aggiudicatario un diverso soggetto; incentivi questi che, tuttavia, non dovranno essere tali da dissuadere i potenziali interessati dal partecipare alla gara e da interferire negativamente sul principio di competitività. La figura dello stalking horse – che si rinviene in plurime procedure di Chapter 11 degli Stati Uniti e del Canada [59] – si caratterizza proprio per il fatto che lo stesso, nel dare corso alla prima offerta, pone le basi per il successivo processo di vendita che, non potendo in linea di principio essere oggetto di modifiche [60], costituirà il modello di riferimento per la successiva gara, stimolando il mercato alla ricerca della massimizzazione del valore degli asset
La Proposta di Direttiva si preoccupa inoltre di dettare particolari cautele in ipotesi di offerta proveniente da parti strettamente correlate, vale a dire da quei soggetti, così definiti dall’art. 2, legati all’imprenditore in forza di determinati rapporti, imponendo all’interessato di comunicare al Monitor la propria relazione con il medesimo e disponendo che gli altri eventuali potenziali offerenti ne siano adeguatamente informati; a questi va per di più concesso un tempo sufficiente per un approfondito esame volto alla presentazione di un’offerta in modo tale da eliminare eventuali assimetrie informative [61]. Qualora peraltro l’offerta presentata da una parte strettamente correlata al debitore sia ritenuta la migliore, la Proposta di Direttiva facoltizza gli Stati membri ad adottare ulteriori misure di salvaguardia e tutela del ceto creditorio necessarie per addivenire all’autorizzazione e all’esecuzione dell’alienazione del complesso produttivo o di una porzione di esso. La delicatezza della vicenda in esame e il disallineamento informativo di partenza tra i soggetti strettamente correlati, da un lato, e gli altri eventuali interessati, dall’altro, impongono una maggiore attenzione in ordine al processo di individuazione del miglior offerente. Ma vi è di più: il Considerando 28 sexies della Proposta qui richiamata annovera tra le suddette misure supplementari anche l’obbligo per il cessionario di proseguire l’attività economica per un determinato periodo successivamente al trasferimento ovvero di mantenere i contratti di lavoro in essere. 
Infine, gli Stati membri possono prevedere, qualora sia dimostrato che chi è strettamente correlato al debitore non abbia rispettato dette condizioni, che l’organo giurisdizionale o l’autorità competente proceda a revocare l’applicazione delle disposizioni favorevoli per il cessionario che lo esonerano da responsabilità patrimoniale per i debiti del cedente in applicazione della regola di cui all’art. 2560 c.c. propria del nostro ordinamento. 
Al fine di garantire che l’offerta vincente raggiunga il miglior risultato sul mercato, la Proposta di Direttiva dispone inoltre che agli offerenti non possano essere concessi eventuali diritti di prelazione nella selezione dell’acquirente. La ratio della norma è evidente: al fine di assicurare che sia scelta la migliore offerta, non è ammesso che l’imprenditore permetta a qualcuno di disporre della facoltà di acquisire l’azienda prima che possa essere proposta a un altro o, altrimenti detto, che un soggetto sia il primo ad avere l’opportunità di acquisto se il debitore decide di venderla, impedendo così a eventuali terzi di acquisirla per primi. Infatti, tali diritti di preferenza, se accordati nel corso del processo di alienazione, finirebbero per alterare la competizione. Il loro esercizio potrebbe, peraltro, comportare una riduzione della possibilità di vendere i beni alle migliori condizioni, ostacolando i potenziali acquirenti nella partecipazione alla procedura competitiva. 
Nondimeno, gli Stati membri possono prevedere che i diritti di prelazione stabiliti dal sistema giuridico nazionale che non hanno interferenza con l’insolvenza del debitore siano mantenuti e siano opponibili. Questa disposizione sembra affermare che siano tali solo i diritti di prelazione concessi prima del verificarsi dello stato di insolvenza e non invero quelli sorti a seguito della stessa, fermo restando che il debitore ben potrebbe invitare i detentori di detti diritti a intervenire nel procedimento di selezione della miglior offerta. 
Qualora l’aggiudicatario del complesso produttivo sia anche creditore e vanti una garanzia accessoria alla propria pretesa, il medesimo potrà, a norma dell’art. 33 bis, par. 2, che regola la disciplina del c.d. credit bidding, compensare con il proprio credito il prezzo di acquisto dell’azienda. Al fine di evitare che questi si avvantaggi, nella selezione del miglior offerente, rispetto agli altri interessati non egualmente muniti di un credito privilegiato – che finirebbero così per essere scoraggiati dalla partecipazione al processo selettivo – la presentazione dell’offerta è, in ipotesi di credito garantito superiore, limitata al valore di mercato dell’impresa [62], fermo restando che ciò non determinerà per la parte eccedente la perdita dei diritti di garanzia riguardanti la restante parte del credito. In una siffatta circostanza, i rischi sono tuttavia rappresentati dalla poca liquidità messa a disposizione dei creditori ai fini del riparto nonché da una «intenzionale sottostima dei beni gravati da garanzia da parte dell’offerente» [63]. 
Una particolare disciplina è da ultimo prevista nell’evenienza in cui l’offerta sia subordinata all’autorizzazione del garante in materia di concorrenza. A tal riguardo la Proposta di Direttiva dispone che i Paesi membri provvedano affinché, qualora vi sia il significativo pericolo di un ritardo derivante da una procedura basata sul diritto della concorrenza o di una decisione negativa di un’Autorità Garante della Concorrenza in merito a un’offerta presentata durante la fase di preparazione, il Monitor o il debitore adottino misure appropriate per la presentazione di offerte di altri soggetti. In un contesto simile, il controllore sarà legittimato a ricevere le informazioni sulle procedure applicabili previste dal diritto della concorrenza e sui relativi risultati capaci di incidere sui tempi o sull’esito positivo dell’offerta, purché la comunicazione di tali informazioni da parte della suddetta Autorità non contrasti con le norme nazionali in materia di protezione dei segreti aziendali. 
A tal proposito, il Monitor è sottoposto a un obbligo di riservatezza conformemente alle norme nazionali. In caso di ritardo siginficativo l’offerta può essere rinunciata purché non sia l’unica e il rinvio nella conclusione della vendita dell’azienda all’offerente interessato non comporti un danno per il debitore. 
6 . Le particolari disposizioni sul trasferimento del complesso produttivo
Di peculiare importanza per il presente contributo è pure il disposto dell’art. 28 della Proposta di Direttiva, avente a oggetto la regolamentazione delle passività dell’azienda acquisita attraverso il meccanismo di pre-pack, secondo cui i Paesi dell’Unione europea sono tenuti a provvedere affinché l’acquirente rilevi il complesso produttivo o parte di esso senza rispondere dei debiti inerenti all’esercizio dell’impresa, a meno che il primo non acconsenta espressamente all’accollo di taluni di questi [64]. 
Restano in ogni caso applicabili gli artt. 27 – in tema di subentro del cessionario nei contratti pendenti e conseguentemente nelle obbligazioni che ne derivano, non trattandosi di debiti c.d. “puri” per i quali trova applicazione la deroga alla responsabilità patrimoniale del cessionario d’azienda – e 34, par. 3 e 4, con riguardo alla cancellazione dei gravami. 
In particolare, quanto alla prima delle due suddette disposizioni, la Proposta in esame ripercorre un principio già noto nell’ordinamento domestico secondo il quale la responsabilità patrimoniale del cessionario d’azienda o di un suo ramo – e pertanto anche la sua disapplicazione – è destinata a operare, in forza dell’indirizzo prevalente, in relazione alle posizioni meramente debitorie ovverosia ai c.d. debiti in sé soli considerati e non ricollegati a situazioni indefinite poiché non ancora compiutamente eseguite nascenti da contratti a prestazioni corrispettive in cui una delle due è già stata posta in essere [65], quando invero la successione dell’acquirente a norma dell’art. 2558 c.c. ha come oggetto, per l’appunto, rapporti negoziali nei quali ognuno dei soggetti è al contempo creditore di una prestazione e debitore di un’altra, di talché la posizione di entrambi si rinviene tanto sul lato attivo quanto su quello passivo dell’obbligazione [66]. 
In confronto a detta regola, collaudata nel nostro ordinamento giuridico, la Proposta di Direttiva ha tuttavia aggiunto altre considerazioni. Sul presupposto che il valore di un’azienda in esercizio sia ragionevolmente superiore a quello di un complesso produttivo caratterizzato dalla cessazione dell’impresa, in quanto capace di conservare il valore di avviamento, il legislatore unionale si è preoccupato di introdurre una particolare disciplina a tutela del cessionario in ordine alla sorte dei contratti pendenti inadempiuti. 
Nel dettaglio, per evitare la risoluzione anticipata di detti accordi, l’art. 27 della Proposta di Direttiva indica che gli Stati membri dispongano affinché all’acquirente dell’azienda siano ceduti anche i negozi ineseguiti necessari per il proseguimento dell’attività imprenditoriale la cui sospensione ne comporterebbe la paralisi. La cessione non richiede, pertanto, il consenso del contraente ceduto, fermo restando che è rimessa ai singoli Paesi la scelta di regolamentare a seconda del tipo di atto negoziale, della qualità delle parti o degli interessi dell’impresa, se detto assenso debba essere al contrario richiesto; aspetti questi ultimi che, in Italia, coincidono con la nozione del contratto a carattere strettamente personale. Peraltro, non solo è fatto salvo il recesso ai sensi del diritto nazionale, ma è altresì concessa la facoltà agli Stati membri di prevedere che la controparte possa recedere dal contratto ceduto – in termini non dissimili da quanto dispone, in ipotesi di cessione d’azienda, l’art. 2558 c.c. – con un preavviso non inferiore a tre mesi dal trasferimento, mentre, i negozi ineseguiti afferenti alle licenze di diritti di proprietà intellettuale e industriale, di cui il debitore sia il licenziante, non possono essere sciolti senza il consenso del licenziatario. Tale ultimo aspetto è dettato, ragionevolmente, dalla circostanza di non pregiudicare l’attività di quest’ultimo che, in assenza del diritto di licenza avente a oggetto un brevetto o un marchio, si troverebbe costretto a interrompere immediatamente lo sfruttamento produttivo e/o commerciale. Non è, infatti, inusuale che molteplici operazioni imprenditoriali vengano svolte proprio a fronte di accordi di licenza di titoli di privativa che autorizzano i licenziatari all’uso per produrre un bene secondo gli insegnamenti brevettuali oppure di commercializzarlo contraddistinto da uno specifico marchio. 
Quanto invece all’art. 34, par. 3 e 4, la Proposta di Direttiva concede ai destinatari di derogare al regime ordinario in forza del quale la cancellazione di un gravame avviene con l’espresso consenso del soggetto garantito. In altri termini, il testo in esame offre la possibilità di introdurre la c.d. purgazione dei gravami con riguardo alle vendite a effetti coattivi, tipica dei procedimenti concorsuali. 
Infine, in tema di crediti dei lavoratori dipendenti, l’art. 28 della Proposta in commento fa salvi, quanto alla deroga dalla responsabilità patrimoniale del cessionario, gli obblighi derivanti dai rapporti di lavoro in essere, dovendosi, nel nostro sistema giuridico, volgere immediatamente lo sguardo all’art. 2112 c.c. secondo cui, in caso di vicenda circolatoria dell’azienda, non solo i medesimi continuano con l’acquirente e il lavoratore conserva i diritti che ne derivano, ma tra cedente e cessionario vige un vincolo di solidarietà con riguardo a tutti i crediti che il primo aveva al tempo del trasferimento stesso, salva la facoltà dello stesso di acconsentire alla liberazione del cedente nell’ambito delle procedure di cui agli artt. 410 e 411 c.p.c. 
Da ultimo, poiché la prosecuzione dell’attività economica in attesa dell’autorizzazione al trasferimento del complesso produttivo – che avviene nella fase di liquidazione – rende spesso necessario per il debitore ricorrere ai finanziamenti c.d. interinali, caratterizzati dalla stipula degli stessi in un particolare arco temporale circoscritto alla fase di preparazione, il legislatore unionale ha previsto che il rimborso del tantundem sia assistito dalla prededuzione. Sul punto, la Proposta di Direttiva permette, infatti, agli Stati membri di concedere diritti di garanzia sul ricavato della vendita al fine di ottenere una corsia preferenziale nella restituzione del prestito. Inoltre, se detti finanziamenti sono erogati dall’offerente – con l’intento di non pregiudicare la continuità aziendale – sarà sempre possibile per il cessionario aggiudicatario eccepire in compensazione, rispetto al pagamento del prezzo del trasferimento, la pretesa restitutoria a titolo di rimborso delle somme erogate. 
Altrettando importante è la previsione che impone agli Stati membri di provvedere affinché detti prestiti non siano dichiarati nulli, annullabili o inopponibili e i finanziatori non siano ritenuti responsabili, sotto il profilo civilistico, amministrativo e penale, qualora gli stessi si rivelassero pregiudizievoli alla massa dei creditori, potendo ad ogni modo l’ordinamento nazionale introdurre altri motivi in relazione a tale responsabilità. 
Per di più, la Proposta, nel facoltizzare gli Stati membri a prevedere un controllo ex ante, di fatto rende possibile che sia disposto l’obbligo di preventiva autorizzazione da parte del giudice o della diversa autorità competente al pari di quanto si riscontra per i finanziamenti di cui agli artt. 22 CCII in sede di composizione negoziata della crisi, 99 CCII in tema di concordato preventivo, e 57, comma 4 bis, CCII nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.
7 . L’innesto del pre-pack nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza
Nell’ordinamento concorsuale italiano un meccanismo affine a quello di pre-pack si ritrova nell’art. 22 CCII, che si occupa del trasferimento del complesso produttivo nella composizione negoziata, nell’art. 25 septies CCII, in materia di concordato semplificato, e negli artt. 90 ss. CCII, attinenti alle c.d. offerte concorrenti di cui al concordato preventivo [67].
Tuttavia, in rapporto ai suddetti strumenti, si rinvengono non poche differenze strutturali rispetto a ciò che è previsto nella Proposta di Direttiva. Ma procediamo con ordine.
Se nella composizione negoziata l’alienazione del complesso produttivo può avvenire tanto in bonis durante il suo iter, quanto dopo, ovverosia alla sua chiusura e conseguentemente altresì in sede di procedura concorsuale [68], nel pre-pack la cessione si realizza solo nella fase di liquidazione caratterizzante quest’ultima e, a differenza del contenuto dell’art. 22 CCII, con gli effetti della vendita coattiva. Inoltre, mentre nella prima l’individuazione del migliore cessionario è lasciata, per lo più, al debitore poiché, in forza di quanto stabilito nell’ultimo capoverso dell’art. 22, comma 1, lett. d), CCII, al Tribunale compete esclusivamente la verifica in ordine al «rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente» [69], nel pre-pack il procedimento di scelta della miglior offerta avviene, se gli Stati membri optano per la gara a evidenza pubblica, da parte dell’autorità competente ovvero, in difetto, è proposta dal Monitor o approvata, laddove previsto, dal ceto creditorio.
Analogamente alla composizione negoziata pure nel concordato semplificato la selezione dell’offerta avviene a esclusivo impulso dell’imprenditore e secondo l’impostazione di una ricerca affidata a quest’ultimo in assenza di regole codificate.
Simili considerazioni valgono per il concordato preventivo liquidatorio, ove il preconfezionamento della cessione è il risultato di una trattativa svolta da detto soggetto, quando invero nel pre-pack si assiste al controllo del Monitor il cui operato è teso a offrire maggiori garanzie nel raggiungere una soluzione più vantaggiosa per i creditori. 
A questo punto però una domanda sorge spontanea: se la Proposta di Direttiva verrà approvata nel testo oggi conosciuto, il pre-pack potrà essere innestato nei vari strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza oltre che nelle differenti procedure liquidatorie oppure sarà da considerare alla stregua di un nuovo procedimento concorsuale? 
La risposta a un siffatto quesito non è del tutto immediata. Se, da una parte, la previsione delle due fasi – quella preparatoria, da un lato, e quella liquidatoria, dall’altro – rappresenta una valida argomentazione al fine di propendere per la seconda soluzione, altre riflessioni di segno diamentralmente opposto alimentano l’opposta conclusione [70]. 
Innanzitutto, la circostanza che la Proposta di Direttiva si esprima in termini di meccanismo e non più di procedura, al pari di quanto avanzato nell’originario testo del progetto della Commissione europea, costituisce di certo un indice non irrilevante in ordine al fatto che il medesimo possa essere recepito introducendo nel nostro ordinamento concorsuale una più semplice modifica [71]. A tal proposito non è tra l’altro mancato chi ha osservato come, in generale, la metodologia d’inserzione possa essere duplice, ossia di tipo tanto modificativo – adattando, nel caso di specie, i principi del Titolo IV agli istituti attuali del CCII che prevedono una cessione preconfezionata dell’azienda o di un suo ramo – quanto sostitutivo, ossia riscrivendo le attuali norme in modo radicale al fine di attribuire al debitore la facoltà autonoma, nell’ambito giudiziale, di determinare un percorso liquidatorio finalizzato alla cessione aziendale in continuità [72]. 
Fermo restando le suddette considerazioni, appare tuttavia evidente come l’inserzione in oggetto non sia estendibile a tutti gli istituti del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. In particolare, l’ostacolo principe non è tanto quello di innestare la fase di liquidazione nell’ambito dei vari procedimenti liquidatori già esistenti in Italia, quanto comprendere se il segmento preparatorio – che parrebbe profilarsi dotato di autonomia e tale da non richiedere sempre l’apertura di una contestuale procedura – sia compatibile con gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza nazionali a disposizione del debitore.  
Ad avviso di chi scrive, infatti, difficilmente l’istituto in commento, come delineato dalla Proposta di Direttiva, potrà essere introdotto nella composizione negoziata. Inannzitutto, non sarebbe agevole ipotizzare la sussistenza contemporanea del Monitor, simile a un commissario o a un curatore, e quella dell’Esperto, il cui ruolo non può certo essere equiparato a un ausiliario di giustizia poiché funge da facilitatore nelle trattative tra il debitore, il ceto creditorio ed eventuali terzi. Inoltre, le regole della composizione negoziata non risultano del tutto coerenti con la successiva e obbligatoria fase di liquidazione dal momento che prevedono, tra l’altro, a seguito del confronto tra debitore, creditori ed eventuali altri interessati, anche possibili “atterraggi” in ambito meramente ristrutturatorio del debito volti al risanamento dell’impresa, estranei pertanto al momento liquidatorio. 
Del pari, il meccanismo appare difficilmente compatibile pure se inserito all’interno del concordato semplificato che, quale alternativa ultima alla liquidazione giudiziale, si caratterizza per un piano di dismissione che, ancorché organizzato nella forma aggregata dell’azienda o di un suo ramo, segue sempre la composizione negoziata, dato che va depositato contestualmente al ricorso, senza mai precederlo, laddove invece la fase preparatoria nel pre-pack è stata concepita in termini anticipatori rispetto a quella liquidatoria. 
Non migliore sorte dovrebbe essere riservata al meccanismo in questione in presenza di un accordo di ristrutturazione dei debiti che preveda una continuità aziendale, sul presupposto che la fase successiva a quella preparatoria è necessariamente di liquidazione. Diversa parrebbe, invero, essere la conclusione in ipotesi di un accordo esclusivamente liquidatorio ove non dovrebbero sussistere ostacoli nell’ipotizzare un ricorso per l’omologa anticipato da una fase preparatoria di cessione del complesso produttivo o di un suo ramo. 
Medesime considerazioni potrebbero per di più estendersi al concordato preventivo liquidatorio, alla liquidazione coatta amministrativa e all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, nonostante quest’ultima sia disciplinata oggi al di fuori del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. 
Un discorso a parte merita invece il concordato in continuità aziendale indiretta. Il recepimento del meccanismo del pre-pack, infatti, finirà per porre inevitabilmente un evidente problema di coordinamento con la sua disciplina in vigore e, in particolare con l’art. 84, comma 2, CCII, che qualifica il trasferimento del complesso produttivo in esercizio al pari di una fattispecie di concordato in continuità aziendale indiretta in cui l’impresa viene gestita, successivamente alla cessione, da un soggetto diverso dal debitore, essendo irrilevante la liquidazione di eventuali altri asset anche se di importo ingente. È ben vero che in quest’ultima circostanza la prosecuzione dell’attività aziendale è del tutto peculiare, nel senso che è tale fino al momento in cui si perfezionerà la vicenda circolatoria del complesso produttivo, sfociando, a seguire, in una sorta di liquidazione che condurrà – a eccezione del caso in cui un ramo d’azienda venga ceduto e l’altro prosegua – alla definitiva cessazione dell’ente, ma è altrettanto chiaro che difficilmente la cessione di detto complesso potrà integrare al contempo una fattispecie di concordato in continuità aziendale, contraddistinto dalla disciplina che gli è propria, quanto una fase di liquidazione che si innesta nell’ambito di una procedura concordataria liquidatoria caratterizzata da regole non sempre del tutto sovrapponibili alla prima. In entrambi gli scenari si assisterebbe, infatti, a un unico esito finale: la cessazione dell’ente, ma la attuale disciplina del concordato liquidatorio, come noto, diverge in parecchi punti rispetto a quella del concordato in continuità aziendale venendosi a creare, pertanto, un evidente contrasto di fondo. 
Sul fronte opposto, invece, le fasi di preparazione e di liquidazione ben possono essere innestate, rispettivamente, a monte e a valle dell’apertura della liquidazione giudiziale, non essendo necessario introdurre una nuova procedura. In effetti, se la vendita antecedentemente negoziata è autorizzata ed eseguita nella successiva procedura di insolvenza – in cui si attua la fase di liquidazione che integra un vero e proprio procedimento concorsuale diverso da una ristrutturazione preventiva ai sensi dell’art. 20, par. 1, della Proposta di Direttiva – allora è ragionevole ipotizzare che la fase precedente possa essere esclusa da un rigido perimetro concorsuale, trattandosi di un mero meccanismo propedeutico per il successivo trasferimento del complesso produttivo. 
Sennonché la fase di preparazione, presupponendo una procedura collettiva liquidatoria successiva, potrà verosimilmente essere avviata unicamente nel caso in cui il debitore intenda presentare istanza di liquidazione giudiziale in proprio o ricorso alla procedura concordataria in presenza di uno stato di insolvenza o domanda per l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti liquidatorio, non potendo il meccanismo essere lasciato alla disponibilità del medesimo e pertanto tale da venire interrotto con una semplice rinuncia prima dell’inizio della fase di liquidazione. In altri termini, quando l’interessato chiede la nomina del Monitor, dovrebbe già essere consapevole di accedere a una procedura liquidatoria e non a una di ristrutturazione [73]. 
Ciò appare, tra l’altro, in linea con la tempistica – tre mesi dalla conoscenza dell’insolvenza – richiesta agli amministratori ai fini dell’obbligo dell’apertura di una procedura di insolvenza di cui all’art. 36 della Proposta di Direttiva. È questo un incentivo premiale per l’organo amministrativo che, nel proporre tempestiva domanda di nomina del Monitor, finirà per avvalersi di questa via ai fini dell’esonero da responsabilità per eventuali danni cagionati al ceto creditorio. 
Tuttavia, del passaggio tra la fase preparatoria e quella liquidatoria così come dell’accertamento dei relativi presupposti oggettivi e soggettivi per accedere a quest’ultima dovrà occuparsi il legislatore domestico, avendo la Proposta unionale indicato le linee guida e gli aspetti rilevanti del pre-pack ma, al contempo, conferito libertà agli Stati membri nel dettare la disciplina in sede di recepimento, seppure in linea con lo spirito della Direttiva [74]. 
Da ultimo, una breve riflessione merita di essere dedicata alla necessità di coordinamento tra l’attuale disciplina del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza e la previsione secondo cui non è escluso – nel rispetto del Considerando 22 – che il debitore possa proseguire l’attività d’impresa dopo la fase di liquidazione con la restante parte dell’azienda. 
Mentre ciò è assolutamente tipico del concordato o del ricorso agli accordi di ristrutturazione dei debiti in cui viene ceduto un ramo d’azienda – salvo poi nel primo caso mettere in discussione, come poc’anzi precisato, se si tratti effettivamente di continuità aziendale indiretta – una simile previsione si rinviene nell’attuale ordinamento italiano in sede di liquidazione giudiziale laddove l’art. 232, comma 2, CCII dispone che, quando questa si chiude per assenza di domande di ammissione al passivo oppure per l’integrale soddisfacimento dei creditori (ovverosia nelle ipotesi normativamente previste sub lett. a) e b) dell’art. 233, comma 1, CCII), anziché procedere alla richiesta di cancellazione della società dal Registro delle Imprese, il curatore è tenuto, trattandosi non di una mera facoltà, ma di un onere, a convocare l’assemblea ordinaria dei soci per assumere le deliberazioni necessarie ai fini della ripresa dell’attività economica – fattibile sul presupposto che non vi siano creditori istanti o insoddisfatti [75] – o per la sua definitiva cessazione oppure ancora affinché sia trattato qualsiasi argomento di cui venga richiesto per iscritto l’inserimento nell’ordine del giorno da parte di tanti soci che rappresentino almeno il venti per cento del capitale sociale. 
8 . Le tutele giuslavoristiche nel meccanismo di pre-pack
Giunti alla conclusione del presente contributo, vale la pena riservare alcune considerazioni di sistema in ordine all’impatto che, sul versante del diritto del lavoro, potrà avere l’introduzione del meccanismo di pre-pack nell’ordinamento domestico. 
Già nella Relazione accompagnatoria alla Proposta di Direttiva originaria è esplicitato che il contenuto di quest’ultima è coerente con la Direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, stabilimenti o parti di questi [76]. 
In particolare, l’art. 20, par. 2, della Proposta in esame, nella versione attuale, stabilisce che restano impregiudicate la Direttiva del 2001 e le norme attuative nazionali e prosegue, nel secondo periodo, stabilendo che quando la fase di liquidazione si svolge nell’ambito di procedimenti contraddistinti dalla cessazione dell’attività economica e dalla conseguente perdita da parte del debitore della titolarità dei beni aziendali che vengono ceduti allo scopo di soddisfare il ceto creditorio, la medesima – ai fini dell’art. 5, par. 1, della Direttiva 2001/23/CE del Consiglio – va considerata come una procedura fallimentare o una qualsiasi altra procedura concorsuale analoga avviata con l’obiettivo della dismissione del patrimonio del soggetto passivo sotto la supervisione di un’autorità pubblica competente. 
La prima conseguenza della statuizione in commento è che diviene del tutto irrilevante, con riguardo alle tutele giuslavoristiche e alle relative eccezioni, che il percorso di vendita sia stato avviato nella fase preparatoria piuttosto che in quella liquidatoria, poiché l’attuazione della soluzione di pre-pack è comunque riservata a quest’ultima e collocata in un ambito procedurale con finalità diverse dal mero risanamento. 
A tal proposito, giova rammentare che l’art. 5, par. 1, della predetta Direttiva del 2001 prescrive che, salvo diversa disposizione degli Stati membri, gli artt. 3 e 4 sul mantenimento dei diritti dei lavoratori, in ipotesi di vicenda circolatoria dell’azienda o di un suo ramo, non si applichino se il cedente è sottoposto a liquidazione giudiziale o a una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della alienazione dei suoi beni e che si svolge sotto il controllo di un’autorità pubblica competente o del curatore autorizzato da quest’ultima [77]. Infatti, mentre i suddetti artt. 3 e 4 stabiliscono che i diritti e gli obblighi risultanti per il cedente da un contratto o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di quest’ultimo, trasmessi al cessionario, e che detta vicenda circolatoria – irrilevante se di uno stabilimento o di una parte di questo – non è di per sé motivo di licenziamento a opera del venditore o dell’acquirente, il successivo art. 5 si occupa della deroga alla suddetta regola in ipotesi di procedura fallimentare o analoga di insolvenza avente finalità liquidatoria del patrimonio del debitore e non di mero risanamento [78]. In altri termini e in definitiva, nel rispetto della Direttiva 2001/23/CE i licenziamenti sono da ritenersi illegittimi allorquando attuati da un soggetto sottoposto a procedura di risanamento e invero leciti – con conseguente sacrificabilità dei livelli occupazionali – qualora la circolazione del complesso produttivo avvenga nell’ambito di un percorso procedurale dai connotati liquidatori. 
Ciò è peraltro in linea con la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa Heiploeg [79], che, come noto, è stata resa in un caso relativo a un pre-pack aperto in Olanda e ha enucleato due principi di assoluto rilievo in materia. 
Il primo concerne il fatto che l’art. 5, par. 1, della Direttiva 2001/23 va interpretato nel senso che il presupposto da esso previsto – secondo il quale gli artt. 3 e 4 di tale Direttiva non si applicano alla vicenda circolatoria di un’impresa nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso – è soddisfatto anche qualora il trasferimento sia stato predisposto anteriormente all’apertura del procedimento diretto alla cessione dei beni del cedente, a condizione che venga realizzato nel corso di detto fallimento nell’ambito di una procedura di pre-pack disciplinata da disposizioni legislative e regolamentari avente l’obiettivo principale di consentire un soddisfacimento al meglio dell’insieme dei creditori, mantenendo, per quanto possibile, l’occupazione. Così facendo, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha finito per riconoscere natura liquidatoria al pre-pack, ponendo al centro degli interessi – al pari di tutte le procedure concorsuali aventi scopo di dismissione degli asset – la tutela del ceto creditorio, cercando al contempo di salvaguardare, per quanto possibile, i rapporti di lavoro dipendente. 
Il secondo principio puntualizza che all’art. 5, par. 1, della Direttiva 2001/23 va attribuito il significato per cui il presupposto da esso previsto opera anche laddove il trasferimento di tutto o parte del complesso produttivo sia stato predisposto, nell’ambito di una procedura di pre-pack preliminare alla dichiarazione di fallimento, da un curatore appositamente nominato, sottoposto, a sua volta, al controllo di un giudice delegato designato, sebbene detto accordo traslativo sia stato concluso dopo la pronuncia di apertura del fallimento diretto alla liquidazione dei beni del cedente. 
Stando pertanto a quanto contenuto nell’art. 20, par. 2, della Proposta in ipotesi di pre-pack e tenendo conto della giurisprudenza della Corte di Giustizia non dovrebbero trovare applicazione né l’obbligatoria successione del cessionario nei debiti di lavoro ai sensi dell’art. 3 della Direttiva 2001/23/CE, né l’impedimento a motivo di licenziamento di cui all’art. 4, salvo che gli Stati membri dispongano diversamente, al pari di quanto prevede l’art. 5 di quest’ultima direttiva, essendo ciascun Paese libero di stabilire specifiche garanzie a tutela dell’occupazione [80]. 
Sennonché rispetto a tale direzione parrebbe, invero, divergere il Considerando 22 bis dell’attuale versione della Proposta stessa. Nonostante esso enunci che l’obiettivo del pre-pack sia quello di consentire, nell’interesse dei creditori e nell’ambito della procedura concorsuale, una liquidazione dei beni del debitore tramite il trasferimento di tutta o parte dell’impresa come entità funzionante al fine di soddisfare, nella misura più ampia possibile, le pretese di tutti i creditori, il medesimo prevede altresì che il meccanismo in esame possa nondimeno contribuire alla salvaguardia dell’occupazione, con ciò allontanando lo spettro di un sacrificio importante in termini di diritto dei lavoratori dipendenti alla conservazione del posto di lavoro.
Del pari, anche l’art. 68-ter della Proposta stessa, nell’indicare che gli Stati membri provvedono affinché il titolo IV lasci impregiudicati i diritti collettivi dei lavoratori sanciti dalla normativa unionale e nazionale, sembrerebbe in realtà in contrasto con i principi contenuti nell’art. 5 della Direttiva 2001/23/CE a cui rimanda l’art. 20, par. 2, della Proposta di Direttiva medesima. 
Non solo. Che la salvaguardia dei lavoratori dipendenti vada per di più realizzata a prescindere dalla possibile deroga da parte degli Stati membri del principio contenuto nell’art. 5 della Direttiva 2001/23/CE pare in realtà evincersi, ripercorrendo quanto ricordato nel paragrafo 6 che precede dal disposto dell’art. 28 della Proposta in oggetto che sancisce, per i crediti dei lavoratori dipendenti, l’applicabilità della regola – contenuta nel nostro ordinamento all’art. 2112 c.c. – secondo cui restano fermi gli obblighi del cedente che derivano dai rapporti di lavoro dipendente interessati dalla vicenda circolatoria dell’azienda. 
In considerazione di ciò non poche sono le ripercussioni che, nel caso di recepimento, la Proposta di Direttiva finirebbe per comportare nell’ordinamento domestico, che da tempo, infatti, ha preferito introdurre specifiche garanzie a tutela del lavoro subordinato, anche in ipotesi di procedure liquidatorie, avvalendosi proprio della espressa previsione contenuta nell’art. 5 della Direttiva 2001/23/CE volta a consentire di estendere le prerogative di cui ai precedenti artt. 3 e 4 a siffatte procedure non conservative; tutele che corrispondono, quanto al diritto nazionale, alla disciplina rinvenibile nell’art. 2112 c.c. 
A tal proposito, nel solco della suddetta facoltà riservata dall’art. 5 della Direttiva 2001/23/CE agli Stati membri, il legislatore italiano è intervenuto – in forza dell’art. 368 CCII – sul disposto dell’art. 47 L. n. 428/1990, modificandolo al fine di ribadire, tra l’altro, che nell’ambito delle procedure liquidatorie l’art. 2112 c.c. può essere derogato solo a determinate condizioni. 
Più precisamente, il comma 5 dell’art. 47 L. n. 428/1990 stabilisce che, qualora il trasferimento riguardi imprese nei confronti delle quali vi sia stata l’apertura della liquidazione giudiziale o l’accesso al concordato preventivo liquidatorio, ovvero l’emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, nel caso in cui la continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata, i rapporti di lavoro continuano con il cessionario. Tuttavia, in una simile circostanza, nel corso delle consultazioni disciplinate dai precedenti commi della disposizione in esame, possono comunque stipularsi, con finalità di salvaguardia dell’occupazione, contratti collettivi ai sensi dell’art. 51 D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, in deroga all’art. 2112, commi 1, 3 e 4, c.c. Quest’ultima eccezione è stata in effetti introdotta per favorire il mantenimento, anche parziale, dei livelli occupazionali, i quali, se non vi fosse stato il trasferimento, sarebbero risultati notevolmente penalizzati dal licenziamento. 
Peraltro, con particolare riguardo alla liquidazione giudiziale, poiché l’art. 189, comma 1, CCII, dispone che i rapporti di lavoro subordinato in atto alla data della sentenza dichiarativa sono sospesi fino a quando il curatore, previa autorizzazione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori, comunica ai lavoratori di subentrarvi, assumendo i relativi obblighi [81], ovvero il recesso, è alquanto verosimile che, in ipotesi di pre-pack, il curatore finirà per subentrare in tali rapporti ai fini del trasferimento dell’azienda o del ramo di cui essi facciano parte se rientrano nel perimetro oggetto dell’accordo tra il debitore e l’offerente che ha innescato il meccanismo, applicandosi alla relativa vicenda circolatoria dell’azienda l’art. 191 CCII che rinvia, a propria volta, alle disposizioni di cui all’art. 47 L. n. 428/1990. 
Diversamente, fermo il trasferimento al cessionario dei rapporti di lavoro subordinato, il comma 4 bis dell’art. 47 L. n. 428/1990 statuisce che, nel caso in cui sia stato raggiunto un accordo, nel corso delle consultazioni previste dai precedenti commi, con finalità di protezione dell’occupazione, l’art. 2112 c.c. opera, per quanto attiene alle condizioni di lavoro, nei termini e con le limitazioni previste dall’accordo medesimo, da concludersi altresì attraverso i contratti collettivi di cui all’art. 51 D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, se il trasferimento riguarda aziende sottoposte a una procedura concordataria in continuità indiretta e, pertanto, con finalità di risanamento. 
In definitiva, mentre il comma 5 dell’art. 47 L. n. 428/1990 recepisce quell’eccezione che l’art. 5 della Direttiva 2001/23/CE riserva agli Stati membri al fine di applicare, quantomeno in parte, l’art. 2112 c.c. anche ai trasferimenti nell’ambito delle procedure concorsuali liquidatorie, il precedente art. 4 bis dell’art. 47 L. n. 428/1990, in linea con le tutele giuslavoristiche approntate dagli artt. 3 e 4 della Direttiva 2001/23/CE, si estende a quelle ristrutturatorie e di risanamento. 
Sennonché, vero è che, in ipotesi di adozione della Proposta di Direttiva, sarebbe difficilmente concepibile che per una medesima fase – quella liquidatoria di pre-pack – i rapporti di lavoro finissero per essere trattati differentemente a seconda che la stessa abbia realizzazione all’interno della liquidazione giudiziale oppure di altra procedura liquidatoria, a cui corrisponde il disposto del comma 5 del medesimo art. 47 L. n. 428/1990, ovvero del concordato preventivo in continuità aziendale indiretta, per il quale rileva il comma 4 bis dell’art. 47 L. n. 428/1990. 
Ciò renderà, pertanto, pressoché necessario dare corso a una doverosa rivisitazione sistematica dei precetti contenuti in tale ultimo articolo – verosimilmente qualificando alla stregua di una procedura liquidatoria altresì il concordato preventivo in continuità aziendale indiretta, così risolvendo del pari i problemi di coordinamento già evidenziati nel paragrafo 7 che precede – allo scopo di attuare il dovuto coordinamento tra le varie disposizioni domestiche nel rispetto delle Direttive unionali. 

Note:

[1] 
In termini di naturale prosecuzione fra i due atti si è espresso anche K. Silvestri, La proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto dell’insolvenza, in Dirittodellacrisi.it, 2023, 2. 
[2] 
Disponibile su https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:52022PC0702
[3] 
A tal proposito – come osservato da C. Cavallini, La conservazione del patrimonio dell’impresa insolvente e le nuove sollecitazioni dall’Europa. “Provocazioni” sulla revocatoria dicharativa, in Riv. delle società, 2023, 746 – la stessa Unione europea ha appurato che la sola disciplina della ristrutturazione preventiva non è esaustiva rispetto al tema della crisi e dell’insolvenza delle imprese, posto che le difficoltà economico e finanziarie devono essere regolate in modo diverso in base a parametri differenti di valutazione, essendosi invero prodotte «distonie nelle singole legislazioni interne». 
[4] 
Segnala l’importanza della effettività del recupero degli investimenti da parte dei creditori stranieri rispetto a quelli che operano esclusivamente sul mercato domestico di ogni Paese membro C. Cavallini, Ibidem
Sull’esigenza di rimuovere l’incertezza per gli investitori in ordine alle tempistiche di recupero delle somme investite v. pure P. De Cesari, La Proposta di direttiva sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto dell’insolvenza, riflessi sul Codice della crisi, in Fall., 2023, 582. Conf. altresì A. Patti, L’affitto d’azienda nella liquidazione giudiziale, in Fall., 2023, 1212. 
Più di recente cfr. poi M. Ferro, Il completamento della prima fase della riforma concorsuale: il punto tra diritto interno e diritto europeo, in Procedure concorsuali e crisi d’impresa, 2025, 10, secondo cui l’obiettivo della Proposta in esame concerne la certezza degli investimenti, la riduzione dei costi per quelli transfrontalieri oltre a una maggiore attrattiva del capitale di rischio per le imprese. L’Autore in aggiunta (v. pag. 12) rammenta come la scelta del ricorso allo strumento della direttiva di armonizzazione comporti norme minime valide per ogni Stato, interventi in specifici ambiti dell’insolvenza, facoltà di apportare da parte dei Paesi membri misure nuove o mantenere quelle esistenti se conformi agli scopi della direttiva. 
[5] 
Sottolinea l’obiettivo unionale di migliorare gli esiti delle procedure di insolvenza, al fine di un più elevato risultato per i creditori, A. Bassi, Brevi note sulla Proposta di Direttiva UE 7.12.2022 che armonizza «taluni aspetti del diritto in materia di insolvenza», in Giur. comm., 2024, 245. 
[6] 
Per una più approfondita analisi delle disposizioni in materia contenute nel titolo II della Proposta si rinvia a L. Panzani, Osservazioni ragionate sulla proposta di nuova Direttiva di armonizzazione delle leggi sull’insolvenza, in Dirittodellacrisi.it, 2023, 2 ss.; K. Silvestri, op. cit., 5 ss.; L. De Bernardin, Non l’abbiamo vista arrivare: brevi riflessioni sulle ripercussioni della nuova proposta di direttiva in materia di insolvenza sulle procedure liquidatorie in Italia, in Dirittodellacrisi.it, 2023, 7; P. De Cesari, op. cit., 583 ss.; C. Cavallini, op. cit., 748 ss.; A. Bassi, op. cit., 245 ss.; S. Fortunato, La revocatoria concorsuale nella proposta di direttiva unionale del 7 dicembre 2022, in Giur. comm., 2024, 1110 ss.; M. Ferro, op. cit., 11 e 12; E. Ricciardiello, Azione revocatoria: appunti a margine della proposta di direttiva Insolvency II, in Dir. fall., 98 ss. 
[7] 
Tematica affrontata da L. Panzani, op. cit., 13 ss.; P. De Cesari, op. cit., 592 s. 
[8] 
Si vedano sul punto L. Panzani, op. cit., 28 ss.; K. Silvestri, op. cit., 23 ss.; P. De Cesari, op. cit., 588 ss. 
[9] 
V. ancora L. Panzani, op. cit., 26 ss.; K. Silvestri, op. cit., 20 ss.; P. De Cesari, op. cit., 595 ss. 
Per completezza si ricorda che nella versione originaria la Proposta prevedeva anche regole semplificate per la liquidazione delle microimprese insolventi – su cui si rinvia per un approfondimento a L. Panzani, op. cit., 15 ss.; K. Silvestri, op. cit., 16 ss.; L. De Bernardin, op. cit., 2 ss.; A. Patti, op. cit., 1212 e 1218 ; P. De Cesari, op. cit., 593 ss.; A. Bassi, op. cit., 246, 248 e 249; CNDCEC e FNC, La continua evoluzione del diritto concorsuale: una nuova proposta di Direttiva UE, in https://commercialisti.it/documenti-studio/la-continua-evoluzione-del-diritto-concorsuale-una-nuova-proposta-di-direttiva-ue/, 2024, 9 ss.; M. Ferro, op. cit., 12 – che sono state invero escluse nel testo risultante dall’ultima versione del 12 giugno 2025. 
[10] 
Sul tema cfr. L. Panzani, op. cit., 7 ss.; Idem, Le condizioni per un negoziato fruttuoso nel terreno minato della crisi dichiarata dal debitore e autogestita dai soggetti coinvolti, in Dirittodellacrisi.it, 2024, 2 ss.; P. De Cesari, op. cit., 589 ss.; A. Patti, op. cit., 1216 ss.; M. Ferro, Le vendite nella fase preconcorsuale e la transizione verso i pre-pack, in Procedure concorsuali e crisi d’impresa, 2023, 1178 e 1187 ss.; Idem, Il completamento, cit., 12 e 13; A. Bassi, op. cit., 246; CNDCEC e FNC, op. cit., 29 ss. 
[11] 
Rammentando che la Proposta di Direttiva in esame si fonda sull’art. 114 TFUE come base giuridica che abilita il Parlamento europeo e il Consiglio ad adottare, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, regolamenti, direttive o decisioni tesi al «ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno», si ricorda che sono stati inizialmente acquisiti il parere del Garante europeo della protezione dei dati del 6 febbraio 2023 e quello del Comitato economico e sociale europeo del 24 marzo 2023. 
[12] 
Cfr. https://eur-lex.europa.eu/IT/legal-content/glossary/trilogue.html
Per un approfondimento sul meccanismo del trilogo si rinvia diffusamente a G. Rugge, Il ruolo dei triloghi nel processo legislativo dell’UE, in Il Diritto dell’Unione Europea, 2015, 809 ss. 
[13] 
Che è strumento di adeguamento introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 234 attuativa di una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea. Cfr. https://www.affarieuropei.gov.it/it/normativa/legge-di-delegazione-europea
[14] 
Per un excursus sul tema, in termini ampi, cfr. A. Gurrea-Martínez, The rise of pre-packs as a restructuring tool: Theory, evidence and policy, in European Business Organization Law Review, 2021, 2 ss. 
[15] 
V., in argomento, J. HM Sprayregen, et al., Need for Speed: Utilizing Hybrid Solicitation Strategies to Shorten Ch. 11 Cases, in 24 BBLR 1351, 2012, 1 ss.; D.A. Meloro, R.G. Reese, T.K. Vandell, The Fast and Laborious: Chapter 11 Case Trends, in ABI Journal, 2014; D. G. Baird, The Elements of Bankruptcy,seventh edition, Foundation Press, 2022, 245 ss.; D.F. Dunne, D.C. O’Donnell, N. Almeida, The Art of the Pre-Pack – Edition 2 – Prepackaged Chapter 11 in the United States: An Overview, in GRR, 2024, 1 ss.
Numerose sono le pronunce delle Corti statunitensi sul punto. Tra le tante v. In re Crystal Oil Co., Case No. 86-02834 (Bankr. W.D. La. 1986); In re Anglo Energy, Inc., Case No. 88-B-10360 (BRL) (Bankr. S.D.N.Y. 22 February 1988); In re Circle Express, Inc., Case No. 90-07980 (RLB) (Bankr. D. Ind. 1990); In re La Salle Energy Corp., Case No. 90-05508-H3-11 (LC) (Bankr. S.D. Tex. 1990); In re Southland Corp., Case No. 390-37119-11 (Bankr. N.D. Tex. 1990); In re JPS Textile Group, Inc., Case No. 91-B-10546 (JAG) (Bankr. S.D.N.Y. 1991; In re MB Holdings, Inc., Case No. 91-B-15617 (BRL) (Bankr. S.D.N.Y. 1992); In re Memorex Telex N.V. & Memorex Telex Corp., Case No. 92-8 (Bankr. D. Del. 7 February 1992); In re Pioneer Fin. Corp., Case No. 99-11404 (LBR) (Bankr. D. Nev. 22 May 2000); In re Choice One Communication, Inc., Case No. 04-16433 (RDD) (Bankr. S.D.N.Y. 2004); In re MTS, Inc., Case No. 04-10394 (PJW) (Bankr. D. Del. 2004); In re IWO Holdings, Inc., Case No. 05-10009 (PJW) (Bankr. D. Del. 16 March 2005); In re Blue Bird Body Co., Case No. 06-50026 (GWZ) (Bankr. D. Nev. 26 January 2006); In re InSight Health Servs. Holdings Corp., Case No. 07-10700 (BLS) (Bankr. D. Del. 10 July 2007); In re JGW Holdco, LLC, Case No. 09-11731 (CSS) (Bankr. D. Del. 1 June 2009); In re True Temper Sports, Inc., Case No. 09-13446 (PJW) (Bankr. D. Del. 30 November 2009); In re Elec. Components Int’l, Inc., Case No. 10-11054 (KJC) (Bankr. D. Del. 2010); In re Southcross Holdings, LP, Case No. 16-20111 (CSS) (Bankr. S.D. Tex. 11 April 2016); In re Roust Corp., Case No. 16-23786 (RDD) (Bankr. S.D.N.Y. 10 January 2017); In re Global A&T Electronics Ltd., Case No. 17-23931 (RDD) (Bankr. S.D.N.Y. 25 January 2018); In re Rand Logistics, Inc., Case No. 18-10175 (BLS) (Bankr. D. Del. 28 February 2018); In re Remington Outdoor Co., Inc., Case No. 18-10684 (BLS) (Bankr. D. Del. 4 May 2018); In re Mattress Firm, Inc., Case No. 18-12241 (CSS) (Bankr. D. Del. 16 November 2018); In re Gastar Exploration Inc., Case No. 18-36057 (MI) (Bankr. S.D. Tex. 20 December 2018); In re David’s Bridal, Inc., Case No. 18-12635 (LSS) (Bankr. D. Del. 4 January 2019); In re Arsenal Energy Holdings LLC, Case No. 19-10226 (BLS) (Bankr. D. Del. 13 February 2019); In re Seegrid Corp., Case No. 14-12391 (MFW) (Bank. D. Del. 20 January 2018); In re Sungard Availability Servs Capital, Inc., Case No. 19-22915 (RDD) (Bankr. S.D.N.Y. 2 May 2019). 
[16] 
Di cui hanno scritto M. Nied, N. Levine, Pre- Packaged Sales Transactions under the CCAA: Where are These Packages From, What do They Look Like, and Where are They Going?, in J.P. Sarra, B. Romaine, eds., Annual Review of Insolvency Law 2016 (Toronto, Carswell, 2017), 89. 
[17] 
Cfr. P. Walton, When is pre-packaged administration appropriate? A theoretical consideration, in Nottingham Law Journal, 20, 2011, 1 ss.; M. Wellard, P. Walton, A comparative analysis of Anglo-Australian prepacks: Can the means be made to justify the ends?, in International Insolvency Review, 2012, 143 ss.; J. Armour, The rise of the “pre-pack”: corporate restructuring in the UK and proposals for reform, in RP Austin and Fady JG Aoun, Restructuring Companies in Troubled Times: Director and Creditor Perspectives, 43-78. (Sydney: Ross Parsons Centre, 2012), 1 ss.;J. Ingram, D. Odetola, The Art of the Pre-Pack – Edition 2 – Cayman Islands, in GRR, 2024, 1 ss. 
[18] 
Sul tema cfr. diffusamente D. Baxter, B. O’Malley, The Art of the Pre-Pack – Edition 2 – Ireland, in GRR, 2024, 2. 
[19] 
In particolare la previsione è contenuta nell’art. 224-bis della Ley Concursal, rubricato “Solicitud de concurso con presentación de oferta de adquisición de una o varias unidades productivas”, pubblicata nel Boletin Oficial del Estado (BOE), n. 214 del 9 settembre 2022. Come ricorda P. De Cesari, Al via in Spagna la nuova “reforma concursal”, in Fall., 2023, 173 e 174, la norma dispone che il debitore che si trovi in una situazione di probabilità di insolvenza – imminente o attuale – può presentare, con la domanda di apertura del concorso a proprio carico, un’offerta vincolante per l’acquisto di una o più unità produttive dell’impresa, formulata da un terzo oppure da un creditore, i quali ultimi devono obbligarsi a continuare o proseguire oppure riavviare l’attività per almeno tre anni, fermo restando che una volta aperto il concorso potranno sopraggiungere offerte alternative, dovendosi poi scegliere la più vantaggiosa, anche tenuto conto della preservazione della continuità aziendale e della conservazione dei posti di lavoro. L’Autrice prosegue – a pag. 174 – rammentando come l’art. 224 ter della Ley Concursal stabilisca che il debitore può chiedere al giudice la nomina di un esperto per la raccolta delle offerte, sebbene il successivo art. 224 quinquies, non esoneri l’imprenditore dall’obbligo di instare ai fini della declaratoria del concorso entro due mesi dalla data in cui ha avuto conoscenza o avrebbe dovuto avere conoscenza dello stato di insolvenza in corso. Ancora sul contenuto dell’art. 224 bis e ss. della Ley Concursal spagnola v. L. Panzani, Le condizioni, cit., 3 e 4. Per una rassegna sul meccanismo di pre-pack nell’ordinamento spagnolo v. inoltre J. Flaquer Riotort, La venta de unidad productiva de la empresa en crisis, Especial referencia al mecanismo de prepack concursal, in InDret, 2023, 101 ss., ove ulteriori riferimenti ai quali si rinvia. 
[20] 
Per un’ampia disamina dello strumento nell’ordinamento d’oltralpe si rinvia a S. Golshani, A. Hojabr, The Art of the Pre-Pack – Edition 2 – France, in GRR, 2024, 1 ss. 
[21] 
Cfr. sull’argomento S. Schelo, M. Rickert, The Pre-Pack Procedure – Deutscher AnwaltSpiegel, in Restructuring Business, 2023, 1 ss. 
[22] 
V. Potamitis-Vekris, In brief: liquidation and reorganisation processes in Greece, in Lexology Panoramic, 2022, 5. 
[23] 
Come disciplinato dal Titolo V/III del Libro XX del Code de droit économique in vigore in Belgio sulla fattispecie della “preparation privée d’une faillite”. 
[24] 
Al pari di quanto approfondito nella pronuncia di Corte di Giustizia UE, 28 aprile 2022, causa C-237/20, Federatie Nederlandse Vakbeweging/Heiploeg Seafood International BV, in Foro.it, 2022, 481. 
[25] 
In questo Stato il pre-pack è usato nella pratica ma senza un quadro legislativo di riferimento. Si veda in proposito P. Stallebrass, Pre-pack insolvency sale in the Czech Republic: Current situation and outlook, in CMS Law-Now, 2023, 1 ss. 
[26] 
Si rinvia diffusamente a B. Vakil, N.T. Desai, S. Thakkar, N. Sharma, S. Shivdikar, The Art of the Pre-Pack – Edition 2 – India, in GRR, 2024, 1 ss. 
[27] 
Come ricordato da A. Gurrea-Martínez, op. cit., 6 ss. 
[28] 
Cfr. funditus C. Harlowe, C. Levers, The Art of the Pre-Pack – Edition 2 – Cayman Islands, in GRR, 2024, 1 ss. 
[29] 
V. sul tema D. Emmett, h. Cooper, The Art of the Pre-Pack – Edition 2 – Australia, in GRR, 2024, 1 ss. 
[30] 
Di cui si sono occupati L. Tang, J. Tanner, C.Y. Ooi, The Art of the Pre-Pack – Edition 2 – Singapore, in GRR, 2024, 1 ss. V. pure D. Lim, Singapore’s First “PrePackaged” Scheme of Arrangement, in Singapore Global Restructuring Initiative, 2021, 1 ss. 
[31] 
Descritte da P. De Cesari, La Proposta di direttiva, cit., 583, al pari di «nozioni autonome, proprie dell’Unione europea, che, come di consueto, vengono previste al fine di evitare interpretazioni fondate sui diversi ordinamenti nazionali». 
[32] 
Sulla sua struttura consecutiva e bifasica v. M. Ferro, Le vendite, cit., 1187. 
[33] 
Una conferma di quanto testé affermato si rinviene nell’art. 20 della Proposta di Direttiva, laddove il legislatore unionale precisa che la fase di liquidazione è svolta mediante procedure di insolvenza diverse dalle operazioni di ristrutturazione preventiva con particolare riferimento a quelle di cui all’allegato A del Regolamento (UE) 2015/848, qualora quest’ultimo trovi applicazione, al pari del nostro Paese. 
[34] 
Come risulta dalla versione ufficiale in lingua italiana. 
[35] 
Per un’analisi generale del valore giuridico dei “considerando” nel diritto dell’Unione europea, cfr. T. Klimas, J. Vaičiukaitė, The Law of Recitals in European Community Legislation, in ILSA Journal of Int’l & Comparative Law, 2008, 1 ss. 
Analoghe considerazioni si rinvengono nella Guida pratica comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione per la redazione dei testi legislativi dell’Unione europea, in https://eur-lex.europa.eu/content/techleg/KB0213228ITN.pdf, 2015, 31 e 32. 
[36] 
Su tale concetto si rinvia diffusamente a J. Esser, Precomprensione e scelta del metodo nel processo di individuazione del diritto. Fodamenti di razionalità nella prassi decisionale del giudice, trad. it., Napoli, Esi, 1983, passim e, in particolare, 132 ss. L’importanza del fenomeno è stata ripresa e sottolineata pure da G. Zaccaria, Ermeneutica e giurisprudenza. Saggio sulla metodologia di Josif Esser, Milano, Giuffré, 1984, 158 ss.; Idem, Come interpretare? La buona e la cattiva interpretazione, in F. Viola-G. Zaccaria, Diritto e interpretazione. Lineamenti di teoria ermeneutica del diritto, Roma-Bari, Laterza, 1999, 187 ss. e 232 ss.; M. Ferraris, Non ci sono gatti, solo interpretazioni, in Aa.Vv., Diritto, giustizia e interpretazione, a cura di J. Derrida e G. Vattimo, coordinamento di M. Bussani, Roma-Bari, Laterza, 1998, 129 ss.; nonché da F. Viola, La filosofia ermeneutica del diritto, in F. Viola-G. Zaccaria, Diritto e interpretazione. Lineamenti di teoria ermeneutica del diritto, Roma-Bari, Laterza, 1999, 329. Per un intervento “più fresco” e vicino ai tempi attuali v., pure, F. Petrillo, Interpretazione degli atti giuridici e correzione ermeneutica, Torino, Giappichelli, 2011, 9 ss., il quale ha approfondito soprattutto il concetto di precomprensione critica
[37] 
Così D. Canale, La precomprensione dell’interprete è arbitraria?, in Etica & Politica/Ethics & Politics, 2006, 1, 4. 
[38] 
In questi esatti termini v. F. Viola, Ermeneutica filosofica, pluralismo e diritto, in Etica & Politica/Ethics & Politics, 2006, 1, 2. 
[39] 
J. Esser, op. cit., 135. 
[40] 
A tal proposito coglie nel segno F. Viola, La filosofia ermeneutica del diritto, cit., 439, laddove testualmente ha affermato che «ogni interprete porta con sé modelli istillati dalla propria tradizione e cultura». 
[41] 
G. Zaccaria, Come interpretare?, cit., 187. 
[42] 
Articoli questi dettati, in ogni caso, al fine di favorire le trattative tra debitore e creditori nel contesto di un quadro di ristrutturazione preventiva. La durata totale della sospensione delle azioni esecutive individuali, inclusi le proroghe e i rinnovi, non può comunque superare i dodici mesi. 
[43] 
Cfr. L. Panzani, Osservazioni ragionate, cit., 9; Idem, Le condizioni, cit., 6. 
[44] 
V. K. Silvestri, op. cit., 12. 
[45] 
Così CNDCEC e FNC, op. cit., 31. 
[46] 
V. in tal senso P. De Cesari, La Proposta di direttiva, cit., 590. 
L’introduzione del pre-pack mira, infatti, a diminuire la tempistica di svolgimento delle procedure d’insolvenza e di conseguenza di recupero di somme da parte dei creditori. Cfr. K. Silvestri, op. et loc. supra cit. Analogamente si sono espressi CNDCEC e FNC, op. cit., 29 e 30, affermando pure (v. pag. 35) che gli obiettivi del pre-pack sono indirizzati a minimizzare le tempistiche del realizzo e massimizzare il valore dell’impresa. 
[47] 
Cfr., nel vigore della versione originaria della Proposta di Direttiva, L. Panzani, Le condizioni, cit., 2. 
[48] 
M. Ferro, Le vendite, cit., 1188. 
[49] 
Come descritto pure da M. Ferro, Le vendite, cit., 1187; e A. Bassi, op. et loc. supra cit. Per entrambi gli Autori si tratta in ogni caso di una nomina da parte di un organo giurisdizionale. Conf. altresì CNDCEC e FNC, op. cit., 32. Anche ad avviso di L. Panzani, Osservazioni ragionate, cit., 9 – ribadito in Idem, Le condizioni, cit., 7 – il Monitor viene nominato dal giudice su istanza del debitore. 
[50] 
Al pari di quanto osservato da Trib. Milano, 4 luglio 2024, in RistrutturazioniAziendali
[51] 
Ovverosia qualsiasi persona od organismo che si occupano di una o più delle funzioni di cui all’art. 2, punto 5), del Regolamento (UE) 2015/848 e, per il c.d. professionista nel campo della ristrutturazione, all’art. 2, paragrafo 1, punto 12), della Direttiva (UE) 2019/1023. 
[52] 
Per completezza si segnala che la remunerazione del Monitor è demandata agli Stati membri, sulla base del diritto nazionale, così come questi ultimi devono assicurare che il predetto sia responsabile per i danni causati ai creditori dalla propria inadempienza intenzionale o negligente rispetto agli obblighi previsti dal titolo IV della Proposta. 
[53] 
Sui quali si sono espressi pure M. Ferro, Le vendite, cit., 1188; nonché L. Panzani, Osservazioni ragionate, cit., 9; Idem, Le condizioni, cit., 7. 
Ad avviso di CNDCEC e FNC, op. et loc. supra cit., il Monitor è, infatti, il principale protagonista della fase di preparazione insieme al debitore. 
[54] 
Ossia sulla base di regole competitive definite, proprio con riguardo al pre-pack, «strigenti» da G. D’Attorre, I principi unificanti nei trasferimenti di valore nelle diverse soluzioni della crisi, in Dirittodellacrisi.it, 2025, 4. 
[55] 
In questi esatti termini v. già M. Ferro, Le vendite, cit., 1187, con riguardo alla versione originaria della Proposta di Direttiva. 
[56] 
Di contratto negoziato in via riservata tra debitore e acquirente parla anche A. Bassi, op. et loc. supra cit. In precedenza già M. Ferro, op. et loc. ult. cit., ha enfatizzato il carattere riservato della fase preparatoria del pre-pack. Il concetto è espresso pure nella nt. 13) della Relazione alla Proposta di Direttiva. 
[57] 
L’art. 288 TFUE prescrive che le direttive vincolano lo Stato membro cui sono rivolte per quanto riguarda il risultato da raggiungere, lasciando alle autorità nazionali il potere di scegliere la forma e i mezzi per realizzare tale scopo. Esse dunque, a differenza dei regolamenti, non sono direttamente applicabili negli Stati membri ma devono dapprima essere recepite nel diritto nazionale. Affinché una direttiva abbia effetto a livello nazionale, gli Stati dell’Unione europea devono dunque adottare una legge per recepirla. La misura nazionale deve conseguire gli obiettivi imposti dalla direttiva, peraltro entro il termine indicato al momento dell’adozione della stessa. 
[58] 
Cfr. sul tema, già con riguardo alla versione precedente della Proposta in commento, M. Ferro, Le vendite, cit., 1189; L. Panzani, Osservazioni ragionate, cit., 10; Idem, Le condizioni, cit., 8, al quale si rinvia altresì per la spiegazione della peculiare genesi dell’espressione stalking horse; oltre che K. Silvestri, op. cit., 14. 
[59] 
Nel linguaggio finanziario essa indica il compratore che si è impegnato a presentare un’offerta minima prima di un’asta tenuta all’interno di un procedimento concorsuale. Cfr. https://www.collinsdictionary.com/dictionary/english/stalking-horse
Esemplificazioni del meccanismo dello stalking horse si ritrovano, quanto all’ordinamento statunitense, in In re Ideanomics, Inc. et al., Case No. 24-12728 (CTG); In re First Mode Holdings, Inc., et al., Case No. 24-12794-KBO; In re Red Lobster Management LLC, Case No. 24-02486. Con riguardo al Canada, in argomento si rinvia diffusamente a J.L. Cameron, A. Mersich, K. Wong, Saddle Up: The Rise of Stalking Horse Credit Bids in Canadian Insolvency Proceedings, in 2023 CanLIIDocs 3089, 1 ss. 
[60] 
A differenza di quanto avviene nel nostro ordinamento giuridico in tema di offerte concorrenti disciplinate dall’art. 163 bis L. fall. – oggi art. 91 CCII – che possono essere oggetto, secondo l’indirizzo prevalente formatosi nel vigore della Legge fallimentare, di conformazione da parte del giudice. In dottrina, sul punto, enfatizzando la circostanza per cui lo jus modificandi tribunalizio non può, in ogni caso, incidere su tutti gli elementi dell’offerta originaria snaturandola, e nemmeno impattare sul contenuto del piano, v. tra gli altri P.F. Censoni, La domanda e l’ammissione al concordato, in A. Jorio, B. Sassani, Trattato delle procedure concorsuali, IV, Milano, Giuffrè, 2016, 180, laddove ha affermato che il Tribunale «non dovrebbe mai intervenire direttamente sul contenuto della proposta» del debitore; A. La Malfa, Le offerte concorrenti, in www.osservatorio-oci.org, 2016, 10; Idem, Le offerte concorrenti, in S. Ambrosini (diretto da), Fallimento, soluzioni negoziate della crisi e disciplina bancaria dopo le riforme del 2015 e del 2016, Bologna, Zanichelli, 2017, 357; C. Trapuzzano, Le offerte concorrenti: inquadramento dell’istituto e profili applicativi, in S. Ambrosini (diretto da), Fallimento, soluzioni negoziate della crisi e disciplina bancaria dopo le riforme del 2015 e del 2016, Bologna, Zanichelli, 2017, 409 e 410; M.N. Legnaioli, La disciplina delle vendite: l’art. 182 e l’art. 163 bis l.f., in www.osservatorio-oci.org, 2017, 12; G. Meo, Appunti in tema di cessione dei beni nel concordato preventivo, in www.osservatorio-oci.org, 2017, 14 e 15; F. Bortolotti, L. Mandrioli, Le offerte concorrenti nel concordato preventivo: la disciplina dell’art. 163 bis l. fall. (Parte I), in Fall., 2018, 1340 e 1341; M. Aiello, La competitività nel concordato preventivo. Le proposte e le offerte concorrenti, Torino, Giappichelli, 2019, 245; F. Carosi, La disciplina delle offerte competitive nel concordato preventivo: tra la legge fallimentare e il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, in Dir. fall., 2022, 947 e 948. 
In giurisprudenza, cfr. Trib. Alessandria, 22 marzo 2016, in Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 15792 - pubb. 21/09/2016; Trib. Alessandria, 11 luglio 2018, in Banche dati Dejure; App. Sassari, 30 maggio 2019, in Giur. it., 2019, 2693, con nota di A.D. Scano, Offerta iniziale e offerte concorrenti nel concordato preventivo “chiuso”; Trib. Vicenza, 12 luglio 2019, in http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/22542.pdf; Trib. Brescia, 27 maggio 2021, in http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/25458.pdf
Nel vigore dell’art. 91 CCII, ad avviso di M. Aiello, Le nuove proposte e offerte concorrenti, in RistrutturazioniAziendali, 2024, 115, in testo e in nt. 269, e 116, l’azione del giudice è stata meglio limitata dal legislatore – che non ha riproposto il disposto del comma 3 dell’art. 163-bis l. fall. sull’obbligo dell’offerente di conformarsi alle prescrizioni del decreto di apertura della procedura competitiva – a svolgere una funzione di garanzia di una reale competitività enucleando le misure necessarie per la comparibilità delle offerte, senza interferire sul contenuto di quella originaria negoziata tra il debitore e l’offerente. Anche V. Zanichelli, Art. 91 Offerte concorrenti, in S. Bonfatti, Commentario al Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza, Aggiornato al D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136, Coordinato da G. Falcone, Pisa, Pacini Giuridica, 2025, 449, ha ammesso che sussiste un potere conformativo del tribunale, ancorché circoscritto a modifiche marginali dell’offerta iniziale, che tuttavia l’autorità giudiziaria dovrà ritenere inammissibile laddove non possa essere migliorata senza che essa sia snaturata nel suo contenuto. 
[61] 
Sono questi aspetti sui quali si è soffermato anche M. Ferro, Le vendite, cit., 1188. Nondimeno CNDCEC e FNC, op. cit., 36, evidenziano come tale disposizione sia espressione del «superamento di norme afflittive» per il debitore al fine di ottimizzare gli obiettivi di circolazione delle aziende, pur sempre nel rispetto della competizione, dell’equità e della terzietà. 
[62] 
Che M. Ferro, Le vendite, cit., 1189, ha definito come «limite imperativo» che gli Stati membri tradurranno «in equilibrata regola di partecipazione alla vendita». 
[63] 
Come osservato da K. Silvestri, op. et loc. supra cit
[64] 
Per M. Ferro, Le vendite, cit., 1188, la circostanza che la cessione si possa attuare «sgravata» dai debiti del cedente rappresenta un vero e proprio «incentivo per i terzi». 
[65] 
Sull’argomento, v. in generale D. Rubino, La compravendita, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu - F. Messineo, XXIII, Milano, Giuffré, 1962, 159; M. Cian, Trasferimento d’azienda e successione nei rapporti rappresentativi, Milano, Giuffré, 1999, 247 s.; F. Galgano, Diritto civile e commerciale. L’impresa e le società, III, Tomo I, L’impresa, le società in genere, le società di persone, Padova, Cedam, 1999, 98; F. Ferrara Jr.- F. Corsi, Gli imprenditori e le società, Milano, Giuffré, 1999, 170; G.F. Campobasso, Diritto commerciale. 1. Diritto dell’impresa, Torino, Utet, 2006, 155; G.U. Tedeschi, L’azienda, in Impresa e lavoro, Tomo V, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, Torino, Utet, 2012, 110. 
Chiara è pure l’espressione impiegata da U. Minneci, Imputazione e responsabilità in ordine ai debiti relativi all’azienda ceduta, in Banca borsa tit. cred., 2008, 742 – sulla scia di quanto dallo stesso Autore affermato in precedenza in U. Minneci, Trasferimento di azienda e regime dei debiti, Torino, Giappichelli, 2007, 42 – laddove ha parlato di «debiti puri (o isolati)» aziendali, intendendo indicare con tale nozione quelli che ab origine sono unilaterali o quelli discendenti da negozi bilaterali nel frattempo compiutamente eseguiti da uno dei due contraenti, mentre le situazioni di debito collegate in via sinallagmatica con una obbligazione corrispettiva nei confronti del cedente sono vincolate alla sorte del rapporto contrattuale come delineato dall’art. 2558 c.c. 
Per la giurisprudenza v., ex multis, Cass., 21 ottobre 2019, n. 26808, in Banche dati Dejure; Cass., 6 aprile 2018, n. 8539, in Giust. civ. mass., 2018; Cass., 30 marzo 2018, n. 8055, in Giust. civ. mass., 2018; Cass., 12 marzo 2013, n. 6107, in Banche dati Dejure; Cass., 19 febbraio 2004, n. 11318, in Giur. it., 2005, 81, con nota di O. Cipolla, Cessione, affitto, restituzione d’azienda: brevi note sulla sorte di debiti e contratti; Cass., 20 luglio 1991, n. 8121, in Foro.it, 1992, I, 3364. 
Tale orientamento è stato seguito pure dagli arresti di merito. Cfr. App. Napoli, 13 luglio 2007, in Rep. giur. it., 2007, voce Azienda, n. 53; Trib. Milano, 3 marzo 2008, in Giur. it., 2009, 393, con osservazioni di S. Balzola. In precedenza v. altresì Trib. Milano, 10 aprile 2004, in Giur. comm., 2006, II, 134, con nota di C. Amatucci, Trasferimento del ramo d’azienda, sorte del debito risarcitorio (per illecito da revisione contabile) e tutela sostanziale dei creditori
[66] 
Che l’art. 2558 c.c. sia destinato a regolare i negozi in corso ovverosia non ancora eseguiti da tutti i contraenti è osservazione comune in dottrina. In argomento cfr. T. Ascarelli, Lezioni di diritto commerciale, Milano, Giuffré, 1954, 226; F. Corsi, Lezioni di diritto dell’impresa, Milano, Giuffré, 1992, 84 e 85; G. Manzini, La cessione d’azienda: iscrizione nel registro delle imprese e successione nei contratti, cessione dei crediti e responsabilità per i debiti relativi all’azienda ceduta, in Contr. e impr., 1998, 1270; M. Cian, Rapporto fideiussorio e trasferimento d’azienda, in Giur. comm., 2001, II, 549 e 550; D. Balducci, Cessione e conferimento d’azienda, Milano, Edizioni FAG, 2001, 102; O. Cipolla, Cessione, affitto, restituzione d’azienda: brevi note sulla sorte di debiti e contratti, in Giur. it., 2005, 83; G.F. Campobasso, op. et loc. supra cit., 155; P.G. Casali, Debiti e contratti nel trasferimento d’azienda, in Giur. comm., 2015, 841; F. Martorano, L’azienda, in Trattato di Diritto Commerciale, fondato da V. Buonocore, diretto da R. Costi, Torino, Giappichelli, 2010, 148. 
Più di recente, ha altresì sostenuto che la disciplina di cui all’art. 2560, comma 2, c.c. si applica qualora la prestazione corrispettiva sia già stata eseguita da una delle due parti, poiché diversamente si attua quella prevista ex art. 2558 c.c., inerente ai contratti sinallagmaticia cui devono dare attuazione, in tutto o in parte, i paciscenti C. Caccavale, L’accollo ex lege dei debiti relativi all’azienda ceduta, in Liber Amicorum per Biagio Grasso, a cura di P. Pollice, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2015, 73, ove ulteriori riferimenti in dottrina e in giurisprudenza ai quali si rinvia diffusamente; nonché, successivamente, Idem, La responsabilità per i debiti dell’azienda ceduta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2016, 45. 
In specie, in relazione ai contratti di durata, ad avviso di P.G. Casali, op. cit., 843, l’art. 2558 c.c. opera esclusivamente con riguardo ai rapporti futuri, mentre l’art. 2560 c.c. attiene «i singoli debiti ex uno latere». In precedenza, in dottrina, un’affermazione analoga si rinveniva in G.E. Colombo, L’azienda e il mercato, in Tr. Galgano, Padova, Cedam, 1979, 78 e 79, ad avviso del quale la ratio dell’effetto successorio e liberatorio dell’alienante di cui all’art. 2558 c.c. risiedeva nella corrispettività delle prestazioni ancora da eseguire e, con particolare riferimento ai contratti di durata, esse erano quelle da compiersi «in futuro, non invece i singoli crediti o debiti residui ex uno latere». 
Conforme è la giurisprudenza della Suprema Corte. Cfr., a tal proposito, Cass., 29 gennaio 1979, n. 632, in Riv. Dir. comm., 1982, II, 145, con nota di F. Chiomenti, Se l’art. 2558 primo comma cod. civ. sia applicabile nella ipotesi di risoluzione del contratto di affitto di azienda; Cass., 8 giugno 1994, n. 5534, in Banche dati Dejure; Cass., 9 ottobre 2017, n. 23581, in Banche dati Dejure; Cass., 3 gennaio 2020, n. 15, in Giust. civ. Mass., 2020; Cass., 10 febbraio 2023, n. 4248, in Banche dati Dejure
[67] 
Per P. De Cesari, La Proposta di direttiva, cit., 592, si tratta invero di singole disposizioni, all’interno delle varie procedure, che sono tuttavia diverse dal pre-pack delineato dalla Proposta. Secondo L. Panzani, Osservazioni ragionate, cit., 8 – poi ripreso in Idem, Le condizioni, cit., 5 – invece sia il concordato semplificato che la composizione negoziata permettono «in nuce» di porre in essere schemi similari a quelli del pre-pack stante il vantaggio di addivenire alla cessione dell’azienda nel tempo più breve possibile nella maggior parte delle situazioni. Dello stesso avviso di Panzani è stato pure CNDCEC e FNC, op. cit., 39. 
[68] 
Sulla tematica sia concesso di rinviare a L. Mandrioli, La vicenda circolatoria dell’azienda nella composizione negoziata della crisi tra autonomia negoziale e intervento del giudice, in Giust. civ., 2025, 198 ss. 
[69] 
La competitività nella composizione negoziata non è, infatti, retta da regole di precetto e si realizza in maniera destrutturata, posto che è caratterizzata da una architettura leggera volta a evitare il ricorso a forme prefigurate e poco flessibili. Il legislatore si è, in verità, accontentato di dettare un enunciato vago se confrontato con le norme di dettaglio tipiche della liquidazione giudiziale, esprimendosi in termini di principio e, pertanto, facendo riferimento al fenomeno competitivo nel suo complesso, preferendo una tale impostazione rispetto all’individuazione di una disciplina puntuale. In altri termini, nella composizione negoziata la cessione dell’azienda può essere autorizzata a seguito di un’indagine “deformalizzata” diretta a intercettare i possibili soggetti interessati. 
[70] 
In argomento anche A. Bassi, op. cit., 248, è dell’idea che gli sforzi andrebbero indirizzati nel solco di evitare di introdurre un’ulteriore procedura. 
[71] 
Antecedentemente agli emendamenti apportati nel giugno 2025 durante la presidenza polacca, a giudizio di K. Silvestri, op. cit., 12, il pre-pack avrebbe invece potuto essere recepito nel sistema giuridico domestico tanto sotto forma di procedura di nuovo conio quanto come sottotipo di procedimento di stampo liquidatorio al pari della liquidazione giudiziale, controllata e coatta nonché del concordato liquidatorio e semplificato. 
[72] 
In ordine alle suddette riflessioni si rinvia a M. Ferro, Le vendite, cit., 1189. 
[73] 
Come hanno osservato pure C. Paulus, R. Van Galen, L’attuazione della direttiva insolvency nell’esperienza di paesi bassi e Germania, in Dirittodellacrisi.it, 2022, 2 e 3, la Proposta di Direttiva enfatizza il ruolo fondamentale di tale soggetto nella preparazione della procedura di insolvenza. 
[74] 
Sul punto cfr. CNDCEC e FNC, op. cit., 37, che si esprimono in termini di «“armonizzazione selettiva”». 
[75] 
Così F. De Santis, La chiusura della liquidazione giudiziale ed i giudizi pendenti, in Fall., 2019, 1236. 
[76] 
In particolare detta Relazione, elaborata nel contesto della iniziale versione della Proposta di Direttiva, afferma che quest’ultima non interferisce con il principio secondo cui, in ipotesi di procedure concorsuali che abbiano, per volontà del debitore, una finalità liquidatoria, non trova applicazione – salvo diversa volontà degli Stati membri – la conservazione in capo al cessionario dei diritti e degli obblighi che fanno capo al cedente in virtù di un contratto o di un rapporto di lavoro esistente alla data della vicenda circolatoria del complesso produttivo. 
[77] 
È tuttavia necessario precisare che, in tema di mantenimento dei diritti dei lavoratori nell’ambito dei trasferimenti dei complessi produttivi, la suddetta Direttiva unitamente alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (v. Corte Giust. CE, 11 marzo 1997, causa 13/95, Suzen c. Zehnacker), da un lato, ma soprattutto il quinto comma dell’art. 2112 c.c., come risultante a seguito delle modifiche apportate dall’art. 1 d. lgs. 2 febbraio 2001, n. 18 (che ha recepito la Direttiva 98/50/CE del Consiglio del 29 giugno 1998, pubblicata in Arg. dir. lav., 1998, 975 ss., la quale, a sua volta, ha modificato la Direttiva 77/187/CEE) e dall’art. 32 d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276, dall’altro, hanno per la verità introdotto una nozione d’azienda che non corrisponde più al complesso di beni potenzialmente idonei all’esercizio dell’attività economica, ma tende a sovrapporsi a quella che, nel nostro ordinamento giuridico, è propria, all’art. 2082 c.c., dell’impresa, con la conseguenza che oggetto del trasferimento non sarebbe più l’azienda, ma l’organizzazione in forma imprenditoriale. 
Sul punto vanno apprezzati pure gli insegnamenti della dottrina. A tal proposito G. Santoro-Passarelli, Trasferimento d’azienda e rapporto di lavoro, Torino, Giappichelli, 2004, 19 ss., ha ritenuto che la vicenda circolatoria riguardi l’impresa intesa come entità composta da organizzazione e attività; una nozione, questa, che, peraltro, non è propria solo del diritto del lavoro, ma é comune anche a parte della letteratura scientifica di matrice commercialistica. A giudizio di M. Casanova, Impresa e azienda, in Trattato Vassalli, vol. X, tomo I, fasc. 1°, 1974, 70, in testo e in nt. 3, ove ulteriori riferimenti, l’impresa, pur variando il titolare, continua, con il nuovo imprenditore, sostanzialmente inalterata, avvalendosi della stessa passata organizzazione reale e personale, ossia della medesima azienda, tant’è che chi la acquista per svolgere mediante essa l’attività imprenditoriale non esercita una nuova impresa, ma prosegue l’esercizio di un’impresa preesistente che mantiene intatta la sua identità ancorché il titolare sia cambiato. Pure G. Oppo, Realtà giuridica globale dell’impresa nell’ordinamento italiano, in Diritto dell’impresa, Scritti giuridici, I, Padova, Cedam, 1992, 66 e 67, ha precisato, con riferimento alle cessioni volontarie, che quello che normalmente viene etichettato dal Codice civile alla stregua di un trasferimento – della proprietà o del godimento – dell’azienda è, in realtà, una vicenda attinente alla sostituzione all’interno dell’impresa. Pare inoltre favorevole ad ammettere una successione in questa, atteso che, nonostante il differente titolare che si viene a determinare a seguito del trasferimento, essa rimane la medesima, trovando giustificazione, detta permanenza, nell’impostazione teorica della sua disciplina, V. Panuccio, Teoria giuridica dell’impresa, Milano, Giuffré, 1974, 180 ss. 
[78] 
Per un quadro cognitivo sul raggio d’azione dell’art. 5 della Direttiva 2001/23/CE, specie in rapporto all’art. 47 L. n. 428/1990, si rinvia a G. Montella, Pre-pack, diritto europeo e il Sisifo italiano, in Procedure concorsuali e crisi d’impresa, 2025, 873 ss. 
[79] 
V. Corte di Giustizia UE, 28 aprile 2022, causa C-237/20, cit. 
Ancora, sulla circostanza che l’art. 5, par. 1, della Direttiva 2001/23/CE vada interpretato nel senso che esso si applica ad una procedura fallimentare cfr. Corte di Giustizia UE, 3 aprile 2025, causa C-431/23, Wibra België SA, in Procedure concorsuali e crisi d’impresa, 2025, 864, la quale ha in particolare aggiunto che la predetta procedura fallimentare può fare seguito a una di riorganizzazione giudiziale nel corso della quale è stato elaborato un accordo di trasferimento parziale dell’impresa interessata, ma che non è stato omologato dal giudice competente, prima di essere eseguito una volta dichiarato il fallimento, a condizione che la procedura fallimentare o di insolvenza analoga sia effettivamente aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente, che si svolga sotto il controllo di un’autorità pubblica competente e che il ricorso a essa non sia qualificato come abusivo. Diversamente detto, la pronuncia in esame sancisce il principio secondo cui la deroga agli artt. 3 e 4 della Direttiva 2001/23 prevista dal successivo art. 5 trova applicazione pure in ipotesi di trasferimento pendente la liquidazione giudiziale succeduta a una procedura di riorganizzazione non omologata, anche se l’accordo di trasferimento è intervenuto all’interno di quest’ultima e sebbene sia stato eseguito in pendenza della prima. 
Del tutto particolare è invece la vicenda decisa da Corte di Giustizia UE, 22 giugno 2017, causa C-126/16, Federatie Nederlandse Vakvereniging/Smallsteps BV, in https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:62016CJ0126, che sebbene sia giunta a sostenere come l’art. 5, par. 1, della Direttiva 2001/23/CE vada interpretato nel senso che la tutela garantita ai lavoratori dagli artt. 3 e 4 permane allorquando un’impresa è trasferita successivamente alla dichiarazione di fallimento a seguito di un pre-pack confezionato in data antecedente rispetto all’apertura di quest’ultima, si è tuttavia occupata di un caso inidoneo a soddisfare tutti i requisiti previsti dal suddetto art. 5, par. 1. 
[80] 
Ciò è stato a suo tempo affermato, sebbene in pendenza della precedente versione dell’art. 28 della Proposta di Direttiva, anche da M. Ferro, Le vendite, cit., 1188 e in nt. 46. L’Autore, in un altro contributo – Il completamento, cit., 12 e in nt. 21 – ha rimarcato come il pre-pack sia compatibile con le disposizioni laburistiche legate alla concorsualità nella giurisprudenza dell’UE, proprio in rapporto alla sentenza Heiploeg; decisione sulla cui rilevanza si è espresso pure L. Panzani, Osservazioni ragionate, cit., 13; Idem, Le condizioni, cit., 10 e 11. In senso conf. cfr. pure P. De Cesari, La Proposta di direttiva, cit., 590. 
[81] 
Come noto, decorso il termine di quattro mesi dalla data di apertura della liquidazione giudiziale senza che ciò accada, il precetto in esame dispone che tali rapporti cessano con decorrenza dalla data di apertura della procedura, salvo quanto previsto dal comma 4 dell’art. 189 CCII, a norma del quale il curatore può chiedere al giudice delegato la proroga del predetto termine, per un periodo non superiore a otto mesi, se sussistono elementi concreti per l’autorizzazione all’esercizio dell’impresa o per il trasferimento dell’azienda o di un suo ramo. 

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