Saggio
Prime riflessioni sulla proposta della Commissione europea di armonizzazione di alcuni profili della disciplina delle azioni revocatorie nelle procedure di insolvenza e sul possibile impatto sulla normativa italiana*
Giorgio Corno, Avvocato in Monza, Vicepresidente di Insol Europe
30 Gennaio 2023
*Lo scritto costituisce una rielaborazione della relazione tenuta dall’A. al XXIX Convegno nazionale di studi dell’Associazione Albese Studi di diritto commerciale, tenutosi ad Alba il 26 novembre 2022, dal titolo “Stagflazione, guerra, pandemia: il Codice della crisi alla prova dei fatti”; è destinato alla raccolta degli atti del medesimo convegno a cura di L. Panzani.
Cambia dimensione testo
Sommario:
1 . Le azioni revocatorie nelle procedure fondate sulla insolvenza del debitore e la loro funzione
3 . Segue. Gli effetti nella applicazione della disciplina transfrontaliera
4 . Le norme speciali già in vigore
5 . I benefici di una maggiore armonizzazione in materia di azioni revocatorie
C . Segue. Verso la armonizzazione della disciplina delle azioni revocatorie a livello europeo
2 . La disciplina della proposta di direttiva del 7 dicembre 2022
2.2 . Le disposizioni generali (art. 4 – 5)
2.2.1 . Estensione della armonizzazione proposta e finalità delle azioni interessate
2.2.2 . Ambito di applicazione soggettivo e oggettivo
2.3 . Condizioni specifiche per l’esercizio di azioni revocatorie (art. 6 – 8)
2.3.2 . Segue. Eccezioni (art. 6, par. 3; art. 12)
2.3.4 . Legal acts intentionally detrimental to creditors (art. 8)
2.4 . Gli effetti delle azioni revocatorie
2.4.1 . Effetti generali (art. 9)
2.4.2 . Effetti per la parte che ha beneficiato dell'atto giuridico inefficace o revocato (art. 10)
Le azioni in esame sono quelle sono volte a dichiarare nulli, annullabili o inopponibili determinati atti compiuti prima dell'apertura delle ricordate procedure, validi in base al diritto civile generale ma impugnabili a causa dell'insolvenza del debitore. Tali atti, di norma definiti come atti pregiudizievoli per la massa dei creditori, sono classificati, in diversi ordinamenti[3], come: “preferences”; “transactions at an undervalue”, e “transactions intentionally disadvantaging creditors” (actio pauliana)[4].
Tali azioni mirano a proteggere la massa dei creditori da un'ingiusta riduzione del valore del patrimonio del debitore insolvente, in conseguenza di vantaggi che il debitore concede a una parte prima dell'apertura di tali procedure[5]; nonché ad evitare il possibile pregiudizio derivante dalla perdita di beni essenziali necessari per la continuità dell’impresa e il mantenimento del suo valore[6]. E ciò al fine dell’osservanza di principi cardine del diritto della crisi e dell’insolvenza[7], quale quello di parità di trattamento dei creditori (c.d. pari passu o par condicio); del miglior realizzo possibile dei beni del debitore; della fiducia e della certezza del diritto.
L’osservanza di tali finalità e principi va, tuttavia, bilanciata con l’esigenza di evitare costi volti ad assicurare i rischi conseguenti ovvero una riduzione delle contrattazioni, laddove i costi per assicurare tali rischi siano eccessivi ovvero i rischi non siano assicurabili[8]. E ciò al fine di rispettare il principio della protezione della fiducia, nonché il principio di efficienza, di prevedibilità, come pure quelli di protezione sociale e proporzionalità[9].
Il possibile diverso bilanciamento fra le esigenze e i principi sopra ricordati e la volontà di mettere in sicurezza le contrattazioni porta alla differente disciplina delle azioni revocatorie presente negli stati.
Le divergenze nella disciplina degli Stati membri dell’Unione europea[10] sono idonee, in termini generali, a limitare il libero movimento dei capitali, la competitività e, in generale, la stabilità economica, incidendo negativamente sul funzionamento del Mercato unico. In particolare, possono limitare i tassi di recupero dei creditori e, quindi, rendere gli investitori, le società e gli imprenditori meno disponibili a investire o a fare affari al di fuori dello stato membro in cui operano; rendere il settore bancario meno incline a trattare con un debitore in difficoltà finanziarie[11]; come pure impattare sull’efficienza e sui costi delle procedure di insolvenza, in considerazione della situazione di incertezza (per gli insolvency practitioners e per i creditori), in merito a cosa succederà in caso di apertura di una procedura di insolvenza di un debitore[12]; e, infine, produrre fenomeni di forum shopping abusivi; in contrasto ad un sentimento di equità[13].
Mentre con riguardo alla disciplina della giurisdizione[14], come pure con riguardo al riconoscimento delle sentenze pronunciate all’esito dell’esercizio di tali azioni non sussistono attualmente particolari problemi, la mancata armonizzazione è idonea a produrre rilevanti effetti con riguardo alla disciplina relativa alla legge applicabile. In particolare, infatti, la regola generale che sancisce l’applicabilità lex fori concursus alle “disposizioni relative alla nullità, all'annullamento o all'inopponibilità degli atti pregiudizievoli per la massa dei creditori” (l’art. 7, co. 2 lett. m)[15] trova una importante eccezione nell’art. 16[16], che sancisce la prevalenza della lex contractus laddove l’atto revocabile sia stato compiuto prima dell’apertura della procedura e il terzo confidasse sui contenuti della sola legge che regola il medesimo[17], con ciò tutelando l’affidamento di terzi e creditori circa la certezza di situazioni giuridiche validamente costituite e regolate da una legge diversa dalla lex fori concusus, quando tale ultima legge ne giustificherebbe l’inefficacia, a vario titolo, nei confronti della massa dei creditori[18].
Tale disciplina ha fatto e fa, spesso, prevalere, nelle azioni revocatorie transfrontaliere, l'ordinamento giuridico meno favorevole all’esercizio di tali azioni, con conseguente riduzione delle possibilità di successo delle azioni revocatorie transfrontaliere[19]. Tuttavia, una modifica della disciplina, che si ritiene potrebbe essere più in linea con i principi fondamentali che ispirano la normativa in materia di insolvenza transfrontaliera[20], non è stata ritenuta opportuna in sede di riforma del Regolamento (CE) 1346/2000[21], in considerazione del fatto che la possibilità, in controversie internazionali, di applicare più di una normativa di riferimento non è inusuale e non comporta difficoltà insormontabili; e che l’art. 3 del Regolamento Roma I sancisce espressamente il diritto delle parti di scegliere la legge applicabile ad un contratto, non potendosi la scelta di una determinata legge ritenersi invalida perché impedisce o rende difficile l’esercizio di azioni revocatorie[22].
Non si può escludere che il recesso del Regno Unito dall’Unione europea, nel lungo periodo, possa ridurre i casi – finora abbastanza frequenti, stante l’abitudine consolidata di applicare a contratti di natura finanziaria la legge inglese[23] – di ricorso all’eccezione contenuta nell’art. 16 del Regolamento 848; come pure renda più agevole una riforma dell’art. 16 del Regolamento, in occasione della possibile revisione del Regolamento 848 prevista per il 2027[24]. Ferma l’idoneità di invocare l’art. 16 in presenza di divergenze normative nella disciplina degli Stati membri dell’Unione europea ai quali il Regolamento 848 trova applicazione.
a. L’art. 7 della Direttiva 98/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, sul regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli, dispone che una procedura d’insolvenza non produce effetti retroattivi sui diritti e sugli obblighi di un partecipante inseriti da o connessi con la sua partecipazione ad un sistema prima del momento di apertura della procedura stessa[25];
- a) antecedente all'avvio di tali procedure o provvedimenti e definito in rapporto a tale avvio o in rapporto all'emanazione di un'ordinanza o di un decreto o all'adozione di qualunque altro provvedimento o di qualunque altro evento concomitante con dette procedure o con detti provvedimenti;
- b) alla data dell'avvio di procedure di liquidazione o di provvedimenti di risanamento ma anteriormente all'ordinanza o al decreto di avvio, o nel corso di un periodo determinato, definito in rapporto all'avvio di procedure di liquidazione o di provvedimenti di risanamento o in rapporto all'emanazione di un'ordinanza o di un decreto o all'adozione di qualunque altro provvedimento o a qualunque altro evento concomitante con dette procedure o detti provvedimenti[27].
Nella già citata raccomandazione del 2011, il Parlamento europeo aveva invitato la Commissione ad assumere iniziative legislative volte ad armonizzare la disciplina degli atti pregiudizievoli per la massa dei creditori; del periodo di tempo entro il quale un atto possa essere oggetto di tale azione, a seconda della tipologia di azione; dell’onere della prova relativamente alla ammissibilità o meno dell’azione[48].
Nell’ambito del piano del 2020 relativo al mercato unico dei capitali, la Commissione è tornata sulla necessità della armonizzazione di alcuni aspetti delle procedure di insolvenza, al fine di conservare le attività, fra i quali le “conditions for determining avoidance actions and effects of claw-back rights”[49], anche sulla base delle conclusioni dell’High Level Forum on the Capital Market Union da essa costituito[50].
Alla luce di quanto precede, la Commissione ha chiesto al ricordato Gruppo di esperti di formulare una proposta di armonizzazione della disciplina delle azioni revocatorie[51]; e ha promosso una consultazione nel periodo compreso il 18 dicembre 2020 e l’8 marzo 2022, all’esito della quale è emerso come gli stakeholders consultati ritengano che le differenze all’interno degli Stati membri in vari ambiti della disciplina delle procedure di insolvenza, compreso quello delle azioni revocatorie, creino seri problemi per il mercato interno e impattano negativamente sugli investimenti e sui prestiti transfrontalieri.
La citata proposta di direttiva pubblicata in data 7 dicembre 2022 introduce alcune norme specifiche in materia di azioni revocatorie. Il presente articolo, partendo dalla descrizione del cammino che ha portato a tale proposta, vuole soffermarsi sui principali caratteri della disciplina proposta e i possibili effetti, in caso di sua approvazione, sulla normativa italiana (artt. 163 - 171 CCII).
Le disposizioni della proposta di direttiva dedicate alle azioni revocatorie sono contenute nel titolo II, come integrato da alcuni considerando nonché da alcune pattuizioni contenute al titolo I[55]. Il titolo II, in particolare, è diviso in tre capitoli: il primo (artt. 4 – 5) dedicato a disposizioni generali relative alle azioni revocatorie; il secondo (artt. 6 – 8) dedicato a condizioni particolari relative alle azioni revocatorie; il terzo (artt. 9 – 12) dedicato agli effetti delle azioni revocatorie per la massa nei confronti della parte che abbia beneficiato dell’atto revocato o dichiarato inefficace e dei suoi eredi e successori a titolo universale; nonché degli effetti per la parte che abbia beneficiato dell’atto revocato o dichiarato inefficace per i suoi eredi e successori. La comprensione di tali disposizioni è agevolata dai considerando nn. 5 – 12, che meglio chiariscono le ragioni delle disposizioni proposte; nonché di alcune disposizioni generali e definizioni contenute nel titolo I della proposta di direttiva.
La proposta non trova applicazione ad imprenditori che svolgono determinate attività[60] nonché alle persone fisiche, ad eccezione degli imprenditori e, per quanto riguarda le procedure di esdebitazione, i fondatori, proprietari o soci di microimprese a responsabilità illimitata che sono personalmente responsabili dei debiti del debitore.
La proposta non indica se le azioni revocatorie possano essere promosse, oltre che nell’ambito di procedure di insolvenza, anche in quelle di ristrutturazione[61]; né indica i soggetti legittimati a promuovere tali azioni. Ciò consente agli Stati membri di disciplinare le azioni revocatorie anche nell’ambito delle procedure di ristrutturazione e di attribuire legittimazione al loro esercizio anche a soggetti diversi da insolvency practitioners[62], ivi compreso il debitore in possession.
Le azioni interessate dalla proposta devono avere per oggetto atti compiuti dal debitore. Le azioni revocatorie relative a preferences possono riguardare, altresì, atti compiuti da controparti o da una parte terza[63].
Tali atti possono essere stati realizzati con parti terze ovvero con parti correlate al debitore (come definite all’art. 2 (q)[64], siano esse una persona fisica[65] ovvero una persona giuridica[66], avendo riguardo alla data in cui l'atto giuridico oggetto dell'azione revocatoria sia stato perfezionato o ai tre mesi precedenti il perfezionamento dell'atto giuridico oggetto di revocatoria[67]. La diversa disciplina probatoria prevista per le azioni revocatorie di atti con parti correlate trova fondamento nell’accesso preferenziale a informazioni non pubbliche sugli affari del debitore che tali soggetti possano avere.
Per essere assoggettabile ad azione revocatoria, un atto deve essere pregiudizievole per la massa dei creditori (general body of creditors), fermo restando l’assoggettabilità di un atto pregiudizievole per un singolo creditore ad azioni diverse, quali, ad esempio, l’actio pauliana. Al fine di valutare l’esistenza o meno del pregiudizio, sarà opportuno verificare se i creditori che partecipino alla procedura di insolvenza riceverebbero un miglior trattamento senza l’atto pregiudizievole oggetto della possibile revocatoria.
Gli atti giuridici compiuti in esecuzione di un contratto rilevanti ai fini delle azioni in esame possono essere distinti fra congruent e incongruent coverages. In particolare, sono considerati congruent coverages gli atti stipulati in esecuzione di un contratto, equivalenti nel loro valore, volti a soddisfare un credito certo ed esigibile (due and enforceable)[70]; mentre sono considerati incongruent coverages quelli in cui la prestazione non è del tutto conforme alla richiesta del creditore[71] Come meglio verrà detto di seguito, gli atti qualificabili come incongruent coverages possono essere assoggettati a revocatoria come preferences solo ove il beneficiario sapesse, o avrebbe dovuto sapere, al momento dell’atto, che il debitore versava in stato di insolvenza; mentre alcuni di essi, eseguiti direttamente a fronte di un equo corrispettivo a beneficio della massa fallimentare, in quanto finalizzati a sostenere l’ordinaria attività del debitore, non possono essere assoggettati ad azione revocatoria come preferences.
Ai fini dell’accoglimento della domanda, la proposta di direttiva impone agli Stati membri di prevedere che tali atti devono essere stati compiuti nei tre mesi precedenti il deposito della domanda di apertura di una procedura d'insolvenza, in un periodo in cui il debitore non era in grado di far fronte ai suoi debiti scaduti; o successivamente al deposito di tale domanda ("periodo sospetto"). Nel caso in cui più persone abbiano presentato una richiesta di apertura di una procedura di insolvenza nei confronti dello stesso debitore, il periodo di tre mesi va computato dal momento in cui viene presentata la prima richiesta ammissibile. Queste azioni possono essere promosse in presenza del semplice perfezionamento dell'atto giuridico oggetto della revocatoria. Da ciò deriva la brevità del periodo sospetto rispetto al periodo sospetto previsto dagli altri avoidance grounds.
Come già ricordato, in presenza di azioni aventi ad oggetto atti che costituiscano “congruent coverages", chi agisce in revocatoria è tenuto a provare che il beneficiario dell’atto sapesse o avrebbe dovuto sapere che il debitore, al tempo dell’atto, non era in grado di far fronte alle proprie obbligazioni o che era stata presentata una richiesta di apertura di una procedura di insolvenza[75]. In tal caso, infatti, il beneficiario dell’atto non può fare affidamento legittimamente sulla protezione del principio di fiducia nei traffici, stante la sua conoscenza della presentazione di una domanda per l’accesso ad una procedura di insolvenza[76]. Tale conoscenza si considera presunta ove il creditore sia un soggetto strettamente legato al debitore, secondo le caratteristiche sopra indicate.
La proposta di direttiva, infine, esclude da revocatoria i pagamenti di cambiali o assegni, alle condizioni indicate dall’art. 6, para 3, primo paragrafo, lett. b; e secondo paragrafo della proposta di direttiva; come pure le sopra ricordate previsioni della Direttiva 98/26/CE in materia di regolamento dei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli; e della Direttiva 2002/47/CE, in materia di sui contratti di garanzia finanziaria (art. 6, primo paragrafo, let. c) e, le disposizioni contenute agli articoli 17 e 18 della direttiva (UE) 2019/1023 (art. 12), che impongono agli Stati membri di considerare esenti da azioni revocatorie, in caso di successiva apertura di una procedura di insolvenza, gli atti attributivi di nuova finanza ovvero di finanza ponte fornita nel tentativo di ristrutturazione del debitore, nell’ambito di un quadro di ristrutturazione preventiva. Pertanto, non dovrebbero essere soggetti ad azioni revocatorie come preferences i pagamenti o le garanzie a favore dei fornitori di tali finanziamenti nuovi o provvisori, ove tali pagamenti o garanzie siano eseguiti in conformità ai crediti dei fornitori. Tali pagamenti o garanzie dovrebbero essere considerati, pertanto, come atti legali eseguiti direttamente a fronte di un equo corrispettivo a beneficio della massa fallimentare[79].
Anzitutto, pretese, diritti e obblighi derivanti da un atto giuridico revocato o dichiarato inefficace secondo quanto previsto dal Capitolo 2 del Titolo II non possono essere invocati al fine di ottenere soddisfacimento dalla massa interessata.
In ogni caso, detta parte sarà obbligata a risarcire integralmente la massa dei creditori per il pregiudizio subito in conseguenza dell’atto revocato o dichiarato inefficace[80]; nonché a corrispondere all’attore anche i frutti prodotti dal bene oggetto dell’atto revocabile (c.d. emoluments), ove esistenti; e gli interessi, in conformità al diritto civile generale applicabile[81]. Restano, in ogni caso, salve le azioni basate sul diritto civile e commerciale generale per il risarcimento dei danni subiti dai creditori a causa di un atto giuridico revocato o dichiarato inefficace[82].
La parte che abbia tratto beneficio dell’atto revocato potrà validamente opporsi alla restituzione del bene oggetto dell’atto revocato nel proprio patrimonio (lapse of enrichment[83]), in caso di indisponibilità di tale bene. A tal fine, tuttavia, dovrà dimostrare di non essere a conoscenza, né aver dovuto esserlo, delle circostanze su cui l’azione revocatoria è fondata.
Inoltre, la proposta di direttiva impone agli Stati membri di introdurre ulteriori disposizioni correlate all’accoglimento delle azioni revocatorie.
Chi abbia beneficiato dell’atto giuridico oggetto di un provvedimento di revoca o inefficacia è tenuto a pagare alla procedura una somma equivalente al valore della prestazione ricevuta, nel caso in cui essa non possa essere restituita in natura [84]. Detto obbligo non può essere estinto mediante compensazione con i crediti della controparte derivanti dall’atto giuridico soggetto a revoca.
Il credito verso la parte che abbia beneficiato dell’atto revocato può essere ceduto a un creditore o a un terzo.
L’azione relativa alle pretese derivanti da un atto giuridico che può essere revocato o dichiarato inefficace nei confronti della controparte è soggetta ad un termine di prescrizione di tre anni dalla data di apertura della procedura di insolvenza.
In termini generali, anzitutto, possono essere qualificati come preferences, gli atti indicati agli artt. 166 CCII[87] e 169 CCII; e come legal acts against no or a manifestly inadequate consideration, gli atti indicati agli artt. 163; 164; 166, primo comma lett. a) CCII; come pure gli atti a titolo gratuito assoggettati ad azione revocatoria ordinaria, ai sensi dell’art. 2901 c.c., stante la legittimazione del curatore ai sensi dell’art. 165 CCII. Sono, invece, considerati revocabili, ai sensi dell’art. 2901 c.c., stante la legittimazione del curatore ai sensi dell’art. 165 CCII, come intentionally defrauding creditors, gli atti compiuti con dolosa preordinazione dal terzo e del debitore, nel caso in cui il credito sia sorto successivamente al compimento dell’atto da assoggettare ad azione revocatoria ordinaria. Il legislatore italiano dovrà valutare, ove l’art. 8 della proposta di direttiva venga confermato dal Parlamento europeo e dal Consiglio, se estendere la revocabilità, nell’ambito delle procedure di insolvenza, anche gli atti compiuti nel caso in cui il credito sia sorto prima del compimento dei medesimi, per i quali l’art. 2901 c.c., laddove qualificabili come intentionally defrauding creditors, per i quali è attualmente richiesta esclusivamente la consapevolezza del pregiudizio che essi arrechino ai creditori.
In occasione della revisione della disciplina delle azioni revocatorie prevista per la liquidazione giudiziale (artt. 163 – 171 CCII), il legislatore italiano potrà, altresì, valutare se estenderla agli strumenti di regolazione della insolvenza[88] e, in particolare, agli accordi di ristrutturazione dei debiti, redatti in una prospettiva di liquidazione (art. 57); al piano di ristrutturazione soggetto ad omologa, finalizzato alla liquidazione (artt. 64 bis CCII); al concordato preventivo fondato su un piano di liquidazione del patrimonio (art. 84 CCII) e al concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art.25 sexies CCII). Le ricordate azioni potranno essere previste nei piani a sostegno di tali strumenti ed essere esercitate nella esecuzione dei medesimi, a seguito del provvedimento di omologa da parte del Tribunale.
Con riguardo alla disciplina generale contenuta nel capitolo 1 del Titolo II della proposta di direttiva, il legislatore italiano:
a. dovrà indicare espressamente, se del caso introducendo una norma ad hoc in linea co l’art. 4 della proposta di direttiva, fra gli atti soggetti a revocatoria, anche i comportamenti omissivi, facendo con ciò chiarezza su un tema sul quale, in occasione della riforma del 2005, non ha ritenuto opportuno soffermarsi in sede di revocatoria fallimentare[89];
- a. con riguardo al debitore persona fisica, dovrà essere estesa ai soggetti indicati all’art. 2, lett. q), comma 2 non indicati nell’art. 169 CCII;
- b. con riguardo al debitore che sia un ente, dovrà essere estesa ai soggetti indicati all’art. 2, lett. q), comma 3 non indicati nell’art. 169 CCII.
a. ridurre il periodo sospetto a tre mesi o mantenere, in quanto maggiormente cautelativo per la massa dei creditori, quello di sei mesi previsto in relazione a determinati atti qualificabili come preferences e, in particolare, gli atti costitutivi di garanzie per debiti scaduti (art. 166, comma 1, lett. d)); i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili; di atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati (art. 166, comma 2 CCII). Il legislatore dovrà, inoltre, estendere gli atti esenti da revocatoria (art. 166, comma 3 CCII) comprendendo alcuni congruent coverages attualmente non previsti e indicati nel consisderando 8. Con riguardo, invece, ai non congruent coverages, come indicati nel considerando 9
Non dovrebbe, invece, subire modifiche il termine triennale di decadenza[91] dall’apertura della procedura di liquidazione previsto dall’art. 170 CCII per l’esercizio delle azioni avverso preferences ovvero legal acts against no or a manifestly inadequate consideration nel diritto della crisi italiano. Nel silenzio della proposta, non sussistono vincoli per il legislatore italiano a modificare il termine di prescrizione di cinque anni dal compimento dell’atto, indicato dallo stesso art. 170 CCII e, con riguardo all’azione revocatoria ordinaria, dall’art. 2903 c.c.
Nel recepimento della disciplina speciale contenuta nel capitolo 3 del Titolo II della proposta di direttiva, il legislatore italiano dovrà valutare se la disciplina prevista dall’art. 171 CCII ovvero dall’art. 2903 c.c., per come interpretati dalla giurisprudenza[92], sia in linea con quanto previsto dagli artt. 9 – 10 – 11 della proposta di direttiva. La disciplina italiana attualmente in vigore, come interpretata dalla giurisprudenza, peraltro, appare in linea con i principi contenuti nella proposta di direttiva[93]. L’unica modifica sostanziale relativa agli effetti dell’accoglimento dell’azione revocatoria o di inefficacia che potrebbe rendersi necessaria consiste nell’introduzione di una previsione di legge che - in linea con quanto previsto dall’art. 10, para. 2 - consenta al convenuto soccombente in revocatoria, nell’insinuare il proprio credito, di esercitare la rivendica o chiedere la restituzione del bene trasferito al debitore[94].
Note: