Saggio
Tematiche fiscali nel concordato semplificato*
Federico Clemente e Giovanni Pietro Rota, Dottori Commercialisti in Bergamo
11 Giugno 2024
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Sommario:
Le prospettive di cui alla legge n. 111/2023, contenente la delega al Governo per la riforma fiscale, e quelle di un nuovo correttivo del codice della crisi, danno spunto per una analisi del quadro corrente e dei possibili sviluppi.
Un primo tema riguarda la collocabilità del concordato semplificato nel novero delle procedure concorsuali, tenuto conto che la normativa fiscale rimanda l’applicazione di alcune norme alle “procedure concorsuali”. Peraltro, il raccordo tra la normativa concorsuale e la normativa fiscale si è fatto più complesso con l’avvento del codice della crisi, che inquadra i vari istituti sotto la qualifica di “procedimenti” (cfr. art. 9 CCII) e li distingue tra procedure di insolvenza (liquidazione giudiziale e liquidazione controllata) e strumenti di regolazione della crisi (art. 2, lett. m bis e art. 7 CCII), così indirizzandosi verso un superamento della definizione di procedura concorsuale[4]. In questa accezione, il concordato semplificato si colloca tra gli strumenti di regolazione, con le richiamate difficoltà di coordinamento con la normativa fiscale.
Si concorda con la dottrina[5] secondo cui il concordato semplificato “presenta le caratteristiche più ricorrenti dell’archetipo <<procedura concorsuale>>”, in quanto l’autorità giudiziaria deve accertare la crisi ed esercitare un controllo sulla gestione del dissesto, si ha un vincolo sul patrimonio del debitore, si realizza la garanzia patrimoniale nel rispetto della par condicio creditorum ed è previsto un novero di esenzioni da revocatoria.
Il secondo tema volge al quesito circa la qualificazione del concordato semplificato come procedura autonoma, piuttosto che come species del concordato ordinario.
Condivisibili paiono le ragioni espresse in dottrina e giurisprudenza per la qualificazione autonoma del concordato semplificato: l’assenza di voto in capo ai creditori così come la mancanza dell’attestazione in ordine alla veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano depongono a favore di un inquadramento della procedura come istituto sui generis e comunque “non paragonabile” al concordato preventivo (Trib. Como, 22 settembre 2022).[6]
La prima, importante conseguenza è la inapplicabilità al concordato semplificato delle norme del concordato ordinario che non siano espressamente richiamate, quanto meno in relazione al Codice della Crisi.
Si osserva innanzitutto come tutte le norme fiscali non sono state coordinate con il codice della crisi, e quindi facciano riferimento ad articoli e termini di cui alla legge fallimentare.
Tali norme, infatti, hanno genesi antecedente l’entrata in vigore del codice, anche con riguardo a tutte le modifiche via via succedutesi.
Sul presupposto che le stesse siano comunque applicabili al concordato ordinario, nonostante il riferimento alla legge fallimentare e alle “procedure concorsuali”, ci si deve domandare se le stesse possono ritenersi applicabili al concordato semplificato.
- l’art. 86, comma 5, Tuir che si occupa del trattamento fiscale da riservare alle plusvalenze e minusvalenze realizzatesi in capo al debitore per effetto della cessione dei beni in sede di concordato preventivo. Quest’ultimo recita: “La cessione dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo non costituisce realizzo delle plusvalenze e minusvalenze dei beni, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento”.
- l‘art. 88, comma 3 bis, Tuir che prevede una specifica esclusione da tassazione delle sopravvenienze attive quali i contributi percepiti a titolo di liberalità dalla società sottoposta a procedura concorsuale (con esclusione di quelli provenienti da società controllate o da società controllate dalla stessa controllante);
- l’art. 88, comma 4 ter, Tuir che si occupa del trattamento fiscale da riservare alle sopravvenienze attive emergenti dalla riduzione dei debiti dell’impresa in sede di concordato preventivo. La norma dispone che “non si considerano … sopravvenienze attive le riduzioni dei debiti dell’impresa in sede di concordato … preventivo liquidatorio”; il comma contrappone tuttavia ad una detassazione piena prevista nel primo capoverso per il concordato liquidatorio una detassazione mitigata da eventuali altre componenti (perdite, aiuto alla crescita economica ecc.) per le procedure di continuità (concordato di risanamento, accordo di ristrutturazione, piano attestato pubblicato nel registro delle imprese).
La legge 111/2023 di delega fiscale, come richiamato, prospetta per la composizione negoziata un intervento a favore di “un accordo sul pagamento parziale o dilazionato dei tributi, anche locali”.
Peraltro, nessuna indicazione è presente nella legge delega con riguardo al concordato semplificato.
È dunque ipotizzabile che, per quest’ultimo istituto, permarrà la carenza di una previsione espressa di possibile accordo con l’amministrazione delle finanze.
Ciò comporta uno sforzo interpretativo volto comprendere se, in ogni caso, possa essere previsto un pagamento solo parziale delle poste di debito tributarie e contributive.
Infatti, nel sistema generale vige il principio della indisponibilità dell’obbligazione tributaria, laddove non vi siano specifiche previsioni normative che lo consentano. Tale principio, immanente nel sistema di regole tributarie, prevede un chiaro ed inderogabile limite all’esercizio dell’attività dell’amministrazione finanziaria[13] trovando peraltro corollario nell’art. 23 della Costituzione secondo cui “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.
Il tema è particolarmente articolato, ed ha conosciuto un faticoso percorso interpretativo ed applicativo.
In via di sintesi si aderisce alla considerazione espressa in dottrina[14], secondo cui “la deroga al principio di indisponibilità del credito tributario è da rinvenire o in specifiche disposizioni aventi ad oggetto il trattamento dei debiti tributari, quali sono quelle relative alla transazione fiscale… ovvero in disposizioni generali, cioè in relazione a tutti i crediti e inerenti quindi anche a quelli tributari”.
L’articolo 25 sexies CCII nulla dispone espressamente in ordine al degrado dei creditori prelatizi.
Unico vincolo per l’omologazione è che “la proposta non arrechi pregiudizio all’alternativa della liquidazione giudiziale e assicuri una utilità a ciascun creditore”.
Peraltro, la bozza di correttivo autorizza a ritenere che il degrado dei prelatizi sia espressamente previsto e normato, con il richiamo all’art. 84, comma 5, e quindi la necessità di una attestazione al riguardo.
Ne deriva che i creditori prelatizi possono essere soddisfatti non integralmente[15], purché in misura non inferiore alla prospettiva della liquidazione giudiziale.
Secondo il percorso interpretativo illustrato, dunque, nel concordato semplificato si può pervenire alla falcidia dei debiti tributari anche in assenza di una specifica regolamentazione, valendo il principio (generale) espresso dall’articolo 25 sexies CCII, tale per cui l’unico limite è dato dal confronto con la prospettiva di soddisfacimento nella ipotesi di liquidazione giudiziale[16], ferma prospetticamente la necessità di una attestazione per il degrado.
Ciò comporta che:
- le poste in esame possono essere falcidiate;
Gli indirizzi della riforma fiscale parrebbero peraltro idonei a risolvere alcune delle problematiche evidenziate.
Quanto alla transazione fiscale, l’istituto di per sé non è normato, né si prospetta al riguardo un intervento del legislatore (come invece per la fase della composizione negoziata). La circostanza peraltro non appare tale da ostacolare uno stralcio dei debiti tributari e contributivi, secondo le regole generali del concordato semplificato.
Note: