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Saggio

É necessaria o inutile una definizione di procedura concorsuale (o di procedura di regolazione della crisi o di quadro di ristrutturazione)? Quando le categorie generali possono conservare funzionalità*

Marina Spiotta, Associato di diritto commerciale e di diritto fallimentare nell’Università del Piemonte Orientale

22 Aprile 2022

*Lo scritto è destinato, con eventuali adattamenti e integrazioni, alla successiva pubblicazione nel Quaderno della Scuola Superiore della Magistratura, dal titolo provvisorio P22026 “Principi del codice della crisi e prospettive anche penalistiche".
Il saggio è stato altresì sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
L’Autrice riflette sulla domanda posta nell’intitolazione arrivando alla conclusione che (come si propone di fare lo schema di d.lgs. di recepimento della Direttiva Insolvency e di modifica del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza approvato dal Consiglio dei Ministri il 17 marzo 2022) sarebbe senz’altro utile definire il concetto di «quadri di ristrutturazione preventiva» e mantenere la categoria delle «procedure concorsuali», mentre sottopone al dibattito scientifico una possibile nozione minimalista di concorsualità.
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1 . Un interrogativo ineludibile
L’interrogativo posto nell’intitolazione riassume la domanda più temuta non solo dagli studenti in sede di esame, ma forse anche dai professori durante la prima lezione del corso. 
In effetti, è difficile fornire delle risposte perché le procedure concorsuali (d’ora in poi, breviter, anche p.c.) si sono rivelate, fin dall’inizio, refrattarie ad ogni tentativo d’inquadramento unitario[1] e solo con inevitabili forzature sono state classificate in vario modo a seconda della natura (giudiziarie, amministrative, miste); delle modalità di accesso (distinguendo tra procedure volontarie, coattive e a iniziativa plurima); dei presupposti (soggettivo, oggettivo, temporale, processuale); della struttura (talora connotata da una componente pattizia accanto a quella autoritativa) e delle finalità (di qui la bipartizione tra procedure liquidative-dissolutive e conservative che, a loro volta, si distinguono in procedure di risanamento e di recupero)[2].
Le difficoltà aumentano ad ogni intervento di riforma: per limitarci alle ultime in ordine cronologico, il d.lgs. n. 14/2019 (meglio noto come c.c.i.i.) non aiuta a trovare una risposta, ma è fonte di un’addizione di criticità laddove continua a parlare di p.c.[3], ma, nel contempo, introduce numerose varianti semantiche, parlando anche di procedure/procedimenti di regolazione della crisi/insolvenza, strumenti, fasi, ecc.[4]. 
Il vivace, ma ormai sopito (grazie alla funzione monofilattica della Cassazione), dibattito sulla natura degli accordi di ristrutturazione, che ha visto impegnata la dottrina in una sorta di dialogo a distanza con la Suprema Corte[5], si è già riproposto in nuce per la composizione negoziata della crisi[6], mentre è rimasto in sordina con riferimento al concordato c.d. in bianco[7] e al piano attestato di risanamento protetto (PARP)[8] e non dovrebbe nascere con riguardo al piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (PRO), stante la chiara volontà, espressa nella Relazione illustrativa allo schema di d.lgs., d’introdurre un quadro di ristrutturazione che può prescindere dalle regole distributive delle procedure concorsuali, ma che può essere omologato solo se approvato da tutte le parti interessate in ciascuna classe di voto.
Parafrasando d’Alessandro[9], si potrebbe dire che il diritto della crisi e dell’insolvenza[10] è (ma forse si potrebbe usare l’imperfetto) una materia senza fattispecie perché non viene definita la nozione di p.c., ossia il thema studiandum.
L’unica (magra) “consolazione” rispetto al conflitto d’interessi è che forse, nel nostro caso, potrebbe «invocarsi il “teorema” di Trollope (il quale diceva che può essere difficile definire un gentiluomo, ma ciò non toglie che tutti siano capaci di riconoscerlo quando ne incontrano uno) o quello di Agostino («Che cos’è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so. Se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più») in quanto, come noto, vi sono numerosi contributi editi sul c.d. “uso alternativo” delle p.c. quasi come fosse innata, in ciascuno di noi, la conoscenza delle corrette “istruzioni per l’uso”.
Il problema resta tuttavia complesso (e posto che il grado di difficoltà aumenta ad ogni riforma, rischia di diventare incontrollabile)[11]; ineludibile attraverso varianti semantiche[12], “serio”[13], e, soprattutto, non dogmatico essendo foriero d’importanti conseguenze pratiche. Basti pensare ai riflessi della soluzione sull’ammissibilità d’interpretazioni analogiche per colmare eventuali lacune; sull’applicabilità di un nucleo di principi (come la teoria della consecuzione delle p.c. ai fini della retrodatazione del periodo sospetto[14]) e sull’utilizzabilità della “corsia preferenziale” per le controversie che ne scaturiscono[15] (risolvendo così a monte la questione inerente l’applicabilità della legge Pinto[16]).
La domanda è quindi ineludibile: il diritto positivo esige una risposta[17], giacché la locuzione p.c., declinata al singolare o al plurale, compare sia nel codice della crisi[18] che nel codice civile[19], ma anche nel codice delle assicurazioni[20] e degli appalti[21]; nei testi unici[22], nonché in numerosi decreti[23] e leggi speciali (per es. in materia tributaria[24] o sulle start-up innovative[25]).
2 . Scomposizione del problema
Un metodo per cercare di risolvere problemi complessi senza “scoraggiarsi” è quello di scomporlo in tanti quesiti di più agevole soluzione e di procederestep by step.
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1° step: Actio finium regundorum rispetto ad altri procedimenti definiti “concorsuali” 
Posto che “definire” significa proprio “delimitare i confini”, giova premettere che esistono altri procedimenti ritenuti concorsuali, ossia, a titolo esemplificativo, quelli correlati all’eredità accettata con beneficio d’inventario (artt. 498 ss. c.c.) o all’eredità giacente (art. 530 c.c.); alla limitazione del debito dell’armatore (art. 620 cod. nav.); alla liquidazione delle persone giuridiche private (art. 14 disp. att. c.c.) o del patrimonio destinato (262 e 263 c.c.i.i. e artt. 155 e 156 l. fall.); alla cessione dei beni ai creditori (art. 1982 c.c.); al dissesto degli enti locali (artt. 244 ss. d.lgs. n. 267/2000, t.u.e.l.); all’accertamento e soddisfacimento dei diritti dei terzi nell’ambito dei procedimenti previsti dal cod. antimafia (e l’elenco potrebbe ancora continuare)[26].
Le procedure oggetto di questo contributo sono però diverse perché hanno come tratti distintivi la tipologia del soggetto (imprenditore o comunque soggettività tipizzate [27]) ed una patologia oggettiva (variamente declinata).
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2° step: significato semantico delle parole
A livello semantico, si è ormai chiarito che le «procedure» sono una species di processi o procedimenti sui generis, che sfuggono a ogni tentativo di puntuale incasellamento «in quelle concettualizzazioni tanto care alla scienza giuridica»[28], mentre l’aggettivazione «concorsuali» evoca alla mente l’idea del “concorso” in cui è fisiologico un certo antagonismo tra i partecipanti [29]. Tale concetto arriva a plasmare anche azioni sostanziali a tutela della garanzia patrimoniale come la revocatoria, destinata ad inficiare anche atti di disposizione compiuti prima della sentenza che dichiara aperta la liquidazione giudiziale perché alterano il concorso laddove, come noto, l’actio pauliana non consente di revocare i pagamenti di debiti scaduti perché atti dovuti (art. 2901, comma 3, c.c.).
Nei manuali per spiegarne la razionalità economica e la necessità di evitare una “corsa” all’accaparramento delle risorse si è fatto riferimento alla teoria dei giochi portando l’esempio chiarificatore dello stagno e dei pescatori[30] o evocando il dilemma del prigioniero[31].
Astraendo dagli esempi e compendiando efficacemente il problema in esame, si è sottolineato che tutte le procedure di crisi/insolvenza presuppongono la relazione patologica di un patrimonio rispetto a coloro che sullo stesso vantino una pretesa, relazione patologica che si forma quando si crea una crisi di cooperazione fra chi ha la disponibilità di un patrimonio e non fa fronte alle obbligazioni contratte rispetto alle quali quel patrimonio funge da garanzia e chi invece ha erogato credito nell’aspettativa di poter trovare soddisfazione proprio sullo stesso. Non c’è crisi o insolvenza in assenza di una rottura del dialogo tra creditori e debitore[32], il quale si rende conto che non può farcela da solo, ma potrà superare le difficoltà solo coinvolgendo i terzi[33].
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3° step: definizione in negativo, a contrariis rispetto alle procedure esecutive individuali
Costituisce jus receptum (tramandato come una massima tralatizia) che le p.c. sono strumenti di attuazione della responsabilità patrimoniale (art. 2740 c.c.) che presentano tre differenze fondamentali (individuate assumendo come parametro il fallimento, spesso definito una sorta di “pignoramento collettivo”) rispetto ai procedimenti individuali di esecuzione forzata disciplinati dal codice di rito, ossia:
i) l’universalità/globalità poiché investono (non singoli beni o una pluralità di beni disaggregati, ma) l’intero patrimonio esistente (con alcune rilevanti eccezioni), i beni futuri (dedotte le passività incontrate per il loro acquisto e conservazione[34]) e i beni recuperabili attraverso il vittorioso esercizio delle azioni revocatorie o d’inefficacia;
ii) la generalità/concorsualità giacché coinvolgono l’intera massa dei creditori esistenti (aprendo, letteralmente, il concorso[35]), laddove nei pignoramenti individuali sono i creditori uti singuli a decidere se avviare o meno i procedimenti di esecuzione forzata[36];
iii) l’officiosità in quanto si aprono con il provvedimento di un’autorità pubblica (giudiziaria o amministrativa) e si svolgono su impulso della stessa, anche se il grado d’invasività può essere sensibilmente diverso.
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Inutile nascondere che nessuna delle suddette caratteristiche ha retto all’impatto delle varie riforme:
-non la prima, stante la possibilità per il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, di rinunciare ad acquisire all’attivo i beni del debitore, compresi quelli che gli pervengano durante la procedura, qualora i costi da sostenere per il loro acquisto e la loro conservazione risultino superiori al presumibile valore di realizzo[37] e di rinunciare a liquidarli qualora la relativa attività appaia manifestamente non conveniente[38]. Senza contare che il Reg. 848/2015 consente di aprire procedure di insolvenza secondarie negli Stati in cui il debitore possieda una dipendenza con effetti limitati sui beni che ivi si trovano[39];
-non la seconda, considerata la possibilità di dividere i creditori in classi (nel c.p.) o categorie (negli a.d.r.) formate secondo «posizione giuridica ed interessi economici omogeni» ed ampiamente derogata in materia penale stante la prevalenza delle misure cautelari penali sulle cose oggetto di l.g. (art. 317 c.c.i.i.);
-non l’ultima, stante l’eliminazione del fallimento d’ufficio e dei principi inquisitori nell’ammissione ed assunzione dei mezzi di prova che si ritenevano vigenti nel procedimento prefallimentare. Come si è giustamente osservato, «il procedimento di apertura della liquidazione giudiziale […] non è più “officioso” di quanto non lo sia un comune processo civile, la cui conduzione non può mai essere interamente affidata al volere delle parti»[40]. 
È dunque il momento d’impostare il problema su basi diverse, per esempio intendendo l’universalità come raggiungimento di una “soluzione globale”[41] e ravvisando una sorta di officiosità nella possibilità per il Giudice di sovrapporsi al volere delle parti c.d. cram down[42].
A ben vedere, l’unica vera differenza, che continua a resistere nel tempo, risiede nella natura della concorsualità[43]: statica nelle procedure espropriative singolari; dinamica nelle procedure di crisi/insolvenza per un duplice ordine di ragioni: a) dopo che il patrimonio del debitore è acquisito, si possono sviluppare varie iniziative volte ad ampliarlo o a restringere il passivo e a coinvolgere altri soggetti (quali creditori già soddisfatti, parti in bonis di contratti pendenti); b) l’impresa come organizzazione può generare valore da destinare ai creditori.
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4° ed ultimo step: alla ricerca di una definizione in positivo
Ma cosa sono esattamente le p.c.?
Fino a poco tempo fa, impostando una ricerca su una qualunque banca-dati[44], non si rinvenivano precedenti o si ottenevano risultati non pertinenti, correlati ai concorsi nella p.a.[45]
Nell’enciclopedia giuridica c’è una voce ad hoc [46], ma manca la definizione che, in compenso, è abbozzata (in maniera anacronistica) da Wikipedia. 
La sensazione è che il tema sia rimasto sempre “sotto-traccia”: basti pensare che la pandemia, mentre ha offerto l’occasione per rimeditare il concetto di insolvenza affiancandovi l’aggettivazione «incolpevole» o sostituendola con il concetto di «risanabilità»[47], non pare aver stimolato altrettante riflessioni sulle nozioni basilari di «procedura concorsuale» e «quadro di ristrutturazione preventiva».
Lo stesso d.lgs. n. 14/2019, pur avendo scelto di derogare alla regola secondo cui lex imperat non docet e di premettere (all’art. 2) un elenco di definizioni, ha preferito bypassare il problema, rinunciando a risolvere imperativamente ogni dubbio. 
Ora, si potrebbe discutere a lungo (ma non è la sede) sulla ripartizione dei ruoli tra i tre formanti del diritto[48], ma due dati sono innegabili:
i) nel lungo elenco dell’art. 2 c.c.i.i. sono ricompresi concetti richiamati all’interno del codice una sola volta o decisamente meno importanti, per non dire marginali (come quello di domicilio digitale)[49];
ii) la bozza di attuazione della legge delega n. 155/2017 consegnata al Ministero della Giustizia il 22 dicembre 2017[50] e precedenti tentativi di riforma (v. lo schema di d.d.l. di riforma delle procedure concorsuali redatto dalla Commissione Trevisanato bis istituita con d.m. del 27 febbraio 2004[51]) enunciavano quantomeno le finalità delle «procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza». 
L’omissione nel testo originale del d.lgs. n. 14/2019 balzava dunque agli occhi ed appariva distonica rispetto ai tanti sforzi profusi in giurisprudenza e in dottrina per colmare la lacuna.
3 . Sintetica ricostruzione dello stato dell’arte
a) Sforzi profusi in giurisprudenza
In giurisprudenza una bella definizione di procedure concorsuali (che potrebbe offrire un assist al Legislatore) è adombrata (a livello di obiter dictum) dal decreto Moby[52] dove si legge che le stesse vanno «intese non come semplici rimedi ex post a situazioni dannose, al pari delle revocatorie ad esempio, ma, soprattutto» (in perfetta sintonia con le indicazioni provenienti dagli organismi dell’Unione Europea e sovranazionali, sulle quali v. infra) «come strumento di emersione tempestiva della crisi per ridurre al minimo l’impatto della stessa ed il pregiudizio delle ragioni creditorie». Da tale nozione viene desunto, come corollario, il potere-dovere di «ricorrere ad una procedura che presuppone l’insolvenza non solamente in caso di insolvenza conclamata e risalente, ma anche quando essa si sta per manifestare all’esterno in tutta la sua gravità».
È poi doveroso ricordare la famosa metafora dei «cerchi concentrici»[53], caratterizzati dal progressivo aumento dell’autonomia delle parti man mano che ci si allontana dal nucleo (la procedura fallimentare) fino all’orbita più esterna (gli a.d.r.), passando attraverso le altre procedure di livello intermedio, quali la liquidazione degli imprenditori non fallibili, le a.s., le l.c.a., il concordato fallimentare, il c.p., gli accordi di composizione della crisi da sovraindebitamento, gli a.d.r. con intermediari finanziari e financo le convenzioni di moratoria. Resterebbero all’esterno di questo perimetro immaginario solo gli atti interni di autonoma riorganizzazione dell’impresa, come i piani attestati di risanamento e gli accordi di natura esclusivamente stragiudiziale che neppure richiedono un intervento giudiziale di tipo omologatorio.
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b) Segue: e in dottrina
Anche la più impegnata dottrina giuridica (non aziendalistica, alla quale, in compenso, si deve il riempimento della categoria degli assetti[54]) ha offerto una sorta di decalogo[55] dei tratti che connotano indistintamente le procedure concorsuali, ossia:
1) l’accertamento di una situazione di patologia dell’impresa (insolvenza, crisi, irregolarità);
2) la previsione che detto accertamento sia rimesso all’apprezzamento di un’autorità pubblica (giurisdizionale o amministrativa);
3) l’affidamento della - o di un controllo sulla - gestione ad un organo nominato dall’autorità pubblica;
4) il coinvolgimento dell’intero patrimonio dell’imprenditore nella gestione sostitutiva (con poche e non rilevanti deroghe);
5) la collettivizzazione delle tutele (cioè limiti alle iniziative individuali dei singoli creditori) e l’inibizione alla creazione di posizioni di preferenza (divieto di azioni esecutive e controllo sull’acquisizione di cause di prelazione);
6) l’applicazione tendenziale delle regole di parità di trattamento;
7) l’imposizione di un vincolo sui beni del debitore con formazione di una massa funzionalizzata alla soddisfazione dei creditori (segregazione patrimoniale);
8) la deviazione del trattamento dei crediti dalle regole ordinarie (ad es., in tema di produzione degli interessi);
9) il potenziale concorso fra creditori (potenziale perché la pluralità degli stessi non è un elemento qualificante);
10) l’esistenza di regole di distribuzione verticale del valore.
Ma attenzione[56]: non è scritto da alcuna parte che debbano ricorrere tutti questi fattori selettivi per ravvisare una p.c. e non si può escludere a priori che anche agli istituti concorsuali possano applicarsi i riflessi disciplinari delle vere e proprie procedure concorsuali (intuizione dirimente per risolvere l’enigma, di recente avallata da un importante arresto delle Sezioni unite reso a fine 2021[57]).
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Passando dalla teoria alla pratica, è innegabile che, a rigore e secondo l’accezione tradizionale, gli a.d.r. (“normali”) dovrebbero rimanere, coltivando la metafora, “fuori dal cerchio”, ossia non essere considerati vere p.c. giacché, in sintesi:
i) non è previsto un procedimento, né un provvedimento di apertura;
ii) non è obbligatoria la nomina di organi; 
iii) non c’è una regolazione concorsuale (né tanto meno universale) del dissesto (non tutti i creditori sono coinvolti e gli stessi sono organizzati, anziché come collettività, come somma di tante teste);
iv) il debitore resta il dominus dell’impresa perché continua a dirigerla e non vi è alcuna forma di spossessamento, neppure attenuato; 
v) la volontà della maggioranza non si riflette su coloro che restano estranei;
vi) non vi è sospensione del corso degli interessi (c.d. cristallizzazione del passivo);
vii) non si applica la regola secondo la quale le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi sono inefficaci rispetto ai creditori se compiute dopo l’apertura della procedura. 
Approfondendo il discorso, potrebbero emergere (e sono emersi) tanti “però” legati alla constatazione che (seguendo lo stesso ordine di cui sopra): 
i) è possibile (anzi doverosa in presenza di istanze per la liquidazione giudiziale) la nomina di un commissario giudiziale (art. 44, comma 4, il cui contenuto è stato trasfuso, dallo schema di d.lgs. recante modifiche al c.c.i.i., nel corrispondente comma dell’art. 40);
ii) sono coinvolti anche i creditori c.d. non aderenti (che, negli a.d.r. tradizionali, subiscono la moratoria e il divieto di azioni esecutive e cautelari individuali, mentre negli a.d.r. ad efficacia estesa devono obtorto collo accettare la volontà espressa dalla maggioranza delle categorie);
iii) vi è un controllo giudiziale sia iniziale per la concessione dell’automatic stay che finale in sede di omologazione.
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Le stesse considerazioni e perplessità potrebbero ripetersi, mutatis mutandis, per la composizione negoziata della crisi (c.n.c.) che (secondo la stessa Relazione di accompagnamento al d.l. n. 118/2021 e l’interpretazione autentica offerta dalla Presidente e un autorevole membro della Commissione Pagni[58]) non è una procedura concorsuale “vicaria”, perché non vi è:
i) alcuna apertura di un procedimento di regolazione della crisi;
ii) alcun organo della procedura;
iii) alcun blocco di crediti e debiti;
iv) alcuna previsione di un ordine di distribuzione;
v) alcun, neppur minimo, spossessamento;
vi) alcuna necessità di coinvolgimento di tutti i creditori (anzi, la selettività è uno dei tratti che caratterizzano lo strumento);
vii) alcuna formazione di una “massa” segregata a favore di taluni creditori. 
Tuttavia, l’autonomia privata dell’imprenditore non è “piena”, ma è stata emblematicamente definita[59] “controllata” e (qualora si avvalga della possibilità di ottenere misure protettive, di contrarre finanziamenti prededucibili o di derogare al capoverso dell’art. 2560 c.c.) “integrata”. La stessa libertà di pagare non è totale stante la necessità d’informare l’esperto dell’esecuzione di pagamenti incoerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento. 
Anche se, per ovvie ragioni, il dibattito sulla natura della c.n.c. (a differenza di quello sugli a.d.r.) è solo all’inizio (e si spera possa essere sopito sul nascere dalle modifiche al c.c.i.i. apportate dallo schema di d.lgs. di recepimento della Direttiva Insolvency) se ne è ipotizzata una «doppia personalità»[60] ovvero la possibilità d’inquadrarla tra le procedure concorsuali ove nella fattispecie concreta venga coinvolta l’autorità giudiziaria attraverso la richiesta di misure protettive e/o cautelari (ex artt. 6 e 7 dell’originario d.l. n. 118/2021, trasfusi nei corrispondenti artt. 18 e 19 c.c.i.i.) o di autorizzazioni (ai sensi dell’art. 10 del d.l. n. 118/2021, ripreso dall’art. 22 c.c.i.i.) essendo difficile immaginare che il giudice possa emettere siffatti provvedimenti senza aver prima quantomeno verificato la correttezza del percorso che ha portato alla nomina dell’esperto e alle attività successive.
4 . La difficile quadratura cerchio
Difficile trovare la quadratura del cerchio: 
-se si rimane fedeli alla tradizionale accezione di p.c., occorre spiegare come possa verificarsi il blocco delle azioni esecutive/cautelari o la deroga al capoverso dell’art. 2560 c.c. al di fuori di un concorso; 
-se, viceversa, si sposa una nozione ampia di concorsualità riducendola a “tre parole” (individuate dalla citata pronuncia di legittimità n. 9087 del 2018[61]) bisogna abbandonare certi dogmi, in primis quello della par condicio creditorum, la cui automatica associazione alla nozione di concorsualità e, a ben vedere, frutto di un “malinteso”[62] giacché, da un lato, la parità di trattamento è solo un modo di attuazione del principio del concorso dei creditori ed è tale concorso (a prescindere dalle modalità di attuazione) ciò che caratterizza le p.c.; dall’altro lato, tale principio ha ormai travalicato la materia “concorsuale” essendosene predicata l’applicabilità anche all’esterno di una procedura di concorso o in presenza di un concorso solo potenziale[63].
5 . Il “sopravvento del cerchio sul quadrato”
Per uscire dall’impasse sono ipotizzabili le seguenti soluzioni (non necessariamente alternative tra loro):
i) distinguere due accezioni di concorsualità: una tradizionale; l’altra moderna[64];
ii) provare a cambiare il significato dei connotati qualificanti le p.c.[65];
iii) coniare la nuova categoria della concorsualità liquida[66] (malleabile/aeriforme), evitando che le p.c. diventino una sorta di “camicia di forza”[67] da far indossare anche a quegli strumenti che, a rigore, non possono considerarsi tali, ma istituti concorsuali;
iv) disgiungere i termini: «concorsuale» da «procedura» e «procedura» da «concorsuale».
Prima di provare a rispondere all’interrogativo posto nell’intitolazione, occorre però ancora completare il quadro accennando alla normativa europea, dalla quale si evince una concezione decisamente più minimale di concorsualità e quindi - anticipando le conclusioni e coltivando la metafora[68] - la possibilità di un “sopravvento del cerchio sul quadrato” e l’opportunità, di “mettere la categoria delle procedure concorsuali al di sopra della legge”.
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a) Il Regolamento n. 848/2015
Il Reg. 848/2015 all’art. 2:
-n. 1, definisce come concorsuale «una procedura che comprende tutti o una parte significativa dei creditori di un debitore a condizione che, nel secondo caso, la procedura non pregiudichi i crediti dei creditori non interessati dalla procedura stessa»[69];
-n. 3 esclude che siano dati identificativi delle procedure di insolvenza la nomina di organi diversi dal debitore e il suo spossessamento; 
-n. 8 considera «momento di apertura della procedura» quello in cui cominciano a prodursene gli effetti, contemplando l’eventualità che ciò possa avvenire senza l’intervento del giudice (art. 4, comma 2).
L’art. 1 Reg., nel delimitarne la sfera applicativa, precisa che «si applica alle procedure concorsuali pubbliche, comprese le procedure provvisorie, disciplinate dalle norme in materia di insolvenza e in cui, a fini di salvataggio, ristrutturazione del debito, riorganizzazione o liquidazione»:
a) un debitore è spossessato, in tutto o in parte, del proprio patrimonio e viene nominato un amministratore delle procedure di insolvenza;
b) i beni e gli affari di un debitore sono soggetti al controllo o alla sorveglianza di un giudice, oppure 
c) una sospensione temporanea delle azioni esecutive individuali è concessa dal giudice o per legge al fine di consentire le trattative tra il debitore e i suoi creditori, purché siano previste misure idonee a tutelare la massa dei creditori e, qualora non sia stato raggiunto un accordo, siano preliminari a una delle procedure di cui alle lett. a) o b).
Da ciò si evince che le procedure prese in considerazione dal Reg. sono raggruppabili in tre macro-categorie (art. 1, par. 1) a seconda che siano caratterizzate: 
-dallo spossessamento totale o parziale del debitore e dalla nomina di un amministratore della procedura (si pensi al fallimento o al concordato preventivo); 
-dallo stato di crisi («probabilità di insolvenza»), il cui scopo è evitare l’insolvenza o la cessazione dell’attività imprenditoriale, nelle quali il debitore non viene completamente spossessato, ma mantiene il «controllo totale o parziale dei suoi beni e affari», essendo solo eventuale la nomina di un amministratore della procedura (come avviene negli a.d.r.), a condizione che vi sia il controllo[70] o la sorveglianza di un giudice[71]; 
-dalla concessione, giudiziale o ex lege, della sospensione delle azioni esecutive individuali, a protezione delle trattative tra debitore e creditori purché siano contemplate misure idonee a tutelare la massa dei creditori e sia previsto che, in caso di mancato raggiungimento di un accordo, si apra una delle altre due tipologie di procedura (Cons. 11 Reg.)[72].
In siffatto contesto, il legislatore europeo ravvisa la garanzia del «carattere concorsuale della procedura» nella possibilità per i creditori di venirne a conoscenza e di parteciparvi per far valere i loro crediti (Cons. 12 Reg.), sicché tutte le procedure elencate nell’Allegato A[73] sarebbero accomunate (anziché dall’universalità oggettiva o soggettiva) dal loro essere (quand’anche «provvisorie») «pubbliche» (carattere che difetta nella c.n.c. a meno di ritenere che la piattaforma digitale sulla quale annotare le fasi della composizione garantisca una qualche forma di pubblicità).
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b) La Direttiva 1023/2019
La Direttiva Insolvency vincola gli Stati membri ad adottare quadri di ristrutturazione[74] preventiva che (ai sensi dell’art. 4, par. 5) possono consistere «in una o più procedure» (intese come sequenza formalizzata di atti), «misure» (id est, strumenti, anche informali, ad es. di carattere negoziale/contrattuale) o «disposizioni» (vale a dire, regole normative), «alcune delle quali possono realizzarsi in sede extragiudiziale, fatti salvi altri eventuali quadri di ristrutturazione previsti dal diritto nazionale».
Per la precisione la Direttiva (art. 1, par. 1) distingue tra quadri di ristrutturazione preventiva (lett. a) e procedure di ristrutturazione (lett. c), da un lato, e procedure di insolvenza (lett. c), dall’altro, e non considera presupposti indefettibili dei quadri:
-il coinvolgimento di tutti i creditori, stante la facoltà, per gli Stati membri, di escludere a priori dalla ristrutturazione i crediti dei lavoratori, i crediti alimentari e i crediti risarcitori extracontrattuali [art. 1, par. 5 e art. 8, lett. e)];
-lo spossessamento in quanto «Gli Stati membri provvedono affinché il debitore che accede alle procedure di ristrutturazione preventiva mantenga il controllo totale o almeno parziale dei suoi attivi e della gestione corrente dell'impresa» (art. 5);
-la presenza di un’autorità giudiziaria/amministrativa, che potrebbe essere limitata ai casi in cui sia «necessaria e proporzionata» (art. 4, par. 6) e facoltativa ove i diritti delle parti interessate e dei pertinenti portatori di interessi siano altrimenti garantiti;
-la nomina giudiziale di un professionista (art. 5, par. 2 e 3);
-l’apertura formale di una procedura, ossia una fase preliminare di ammissione [art. 29, par. 1, lett. a) e b) e par. 2];
-l’omologazione (art. 10, par. 1), tuttavia ineliminabile qualora il piano di ristrutturazione: incida sui crediti o sugli interessi delle parti dissenzienti; preveda nuovi finanziamenti o comporti la perdita di più del 25 % della forza lavoro.
6 . Due risposte convinte (e alcune proposte insicure)
Riprendendo gli interrogativi posti nell’intitolazione, ad avviso di chi scrive, sarebbe:
-necessaria una definizione di «quadri di ristrutturazione» (mutuando il titolo del XXVIII Convegno di Alba del 20 novembre 2021, «ce lo chiede l’Europa») e quella che si legge nell’art. 2, lett. m-bis) è perfettamente allineata alla normativa sovranazionale sopra ricordata[75];
-utile mantenere la categoria generale (intesa come «ratio complessiva di un insieme di disposizioni e istituti ... [che] orienta la decisione sul caso»[76]) delle «procedure concorsuali», rendendola porosa ai cambiamenti[77], ossia, liquida, malleabile, adattabile al contenitore (ad es. della nuova c.n.c.) in quanto ciò consentirebbe di recuperare una “concorsualità sistematizzata” senza forzature.
Per convincersi che la categoria in esame non è un’inutile superfetazione dogmatica, ma un prezioso strumento operativo «per produrre giudizi al tempo stesso giusti e tecnicamente ben fondati»[78] è sufficiente leggere un recente contributo[79] dove, attraverso una scrupolosa esegesi dell’art. 10, lett. d), del d.l. n. 118/2021, si è dimostrato che al trasferimento dell’azienda operato nel contesto della c.n.c. previa autorizzazione del tribunale, si applica: la regola della competitività (lo ha esplicitato il corrispondente art. 22, lett. d, c.c.i.i.)[80]; la deroga all’accollo cumulativo dei debiti, anche tributari[81], mentre è inapplicabile la purgazione dalle formalità pregiudizievoli non essendo una vendita coattiva e mancando il contrappeso delle regole distributive[82].
Forse (ma la cautela è d’obbligo[83]) potrebbe anche essere utile tratteggiare una definizione di p.c.[84] e, al fine di evitare un continuo aggiornamento delle fonti normative (sommariamente ricordate nel § 1) in cui compare il sintagma, dettare una norma analoga all’art. 223-septies disp. attuaz. c.c.[85].
Andrebbe anche attentamente soppesata l’opportunità di codificare una norma di rinvio analoga (per restare in materia) all’art. 2238 c.c. per cui «Se è funzionale al risanamento dell’impresa, ai quadri di ristrutturazione preventiva» (appositamente definiti) «sono applicabili, previo vaglio giudiziale, i principi della concorsualità e le norme di favore» come la corsia preferenziale per le relative controversie o la sospensione della regola c.d. del Trol (prevista anche dall’art. 8 del d.l. n. 118/2021, trasfuso nell’art. 20 c.c.i.i.).
Non resta che attendere, ma la nuova tassonomia, per “riordinarci le idee”, dovrebbe essere:
-gli assetti Or.Am.Co. e le misure di cui all’art. 3 c.c.i.i.[86], nonché i preziosi tools disponibili sulla piattaforma telematica (ossia il test di risanabilità, la check-list e il programma informatico per la verifica della sostenibilità del debito e l’elaborazione di piani di rateizzazione automatici) sono strumenti per la rilevazione tempestiva della crisi d’impresa;
-i quadri di ristrutturazione preventiva (tra i quali non è compresa la c.n.c.[87]) sono misure e procedure (giudiziali o stragiudiziali) volte al risanamento dell’impresa in cui al blocco dei pagamenti si sostituisce il valore della condivisione e della solidarietà[88]; 
-la (eventualmente) rinnovata categoria delle procedure concorsuali[89] deve essere custodita gelosamente perché è funzionale ad evitare (riprendendo il titolo del contributo di un illustre civilista[90]) una … “crisi degli interpreti”.
Più che cerchi concentrici, si potrebbe riprendere la metafora dell’atomo di Bohr[91] con possibilità di transizioni tra i vari livelli orbitali[92] per cui «quanto più energica è la capacità del debitore (e dei creditori) di anticipare la soglia di emersione della crisi, prima che essa diventi irreversibile, tanto maggiore è la loro possibilità di ricorrere a strumenti negoziali che non richiedano un’ingerenza giudiziale; viceversa, quanto più statico è il loro atteggiamento di fronte alla naturale involuzione della crisi in insolvenza, nell’attesa passiva di un intervento ab externo, tanto più inevitabile sarà la necessità di affidare il governo della crisi agli organi concorsuali». 
Per un processo di osmosi reciproca, da un lato, alcune regole concorsuali (come la competitività[93]) andrebbero estese, anche in via interpretativa, ai quadri di ristrutturazione ogniqualvolta ciò sia funzionale al risanamento dell’impresa[94]; dall’altro lato, sarebbe auspicabile che il valore della solidarietà (tipico della c.n.c., ma, a ben vedere, già sotteso ad alcune norme di diritto positivo dettate dalla legge fallimentare) diventasse uno dei principi regolatori della materia, «magari con l’ambizione di trasformarlo, anche, in un criterio di interpretazione»[95] e (perché no?) in una “regola di condotta” tra i tre formanti del diritto[96].            

Note:

[1] 
V. per tutti S. Fortunato, Procedure concorsuali tra unitarietà e frammentarietà, in Giur. comm., 2000, I, 16 ss.
[2] 
Si è volutamente scelto di tralasciare classificazioni che rischiano di essere frutto di preconcetti ideologici e fuorvianti come la distinzione tra procedure debtor o creditor oriented, contrapposizione che non coglie la complessità della trama normativa che, nelle diverse procedure, pondera i vari interessi valutandoli in modo analitico.
[3] 
Del resto, l’aggettivo «concorsuale» è utilizzato in molti criteri direttivi dettati dalla legge delega n. 155/2017: prendendo in esame solo l’art. 2, compare nelle lett. h), i), l), n).
[4] 
Per l’esatto conteggio in cui, negli articoli della parte generale, si utilizzano le diverse espressioni si rinvia a M. Fabiani, Il codice della crisi di impresa e dell’insolvenza tra definizioni, principi generali e qualche omissione, in Foro it., 2019, I, 164 ss. Come rileva A. Bassi, Lezioni di diritto fallimentare, Bologna, 2009, 28, mentre la tradizionale espressione «procedure concorsuali» «sottolinea l’attenzione del legislatore alla soddisfazione dei creditori», la più moderna locuzione «procedure di crisi» enfatizza «l’interesse della legge verso le sorti dell’impresa».
[5] 
I titoli di alcuni tra i numerosissimi contributi pubblicati sull’argomento riprendono l’immagine “astronomica” (coniata da M. Arato, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti tra la giurisprudenza della Cassazione e il codice della crisi e dell’insolvenza, in ilcaso.it, 9 ottobre 2018) e, letti in sequenza, potrebbero idealmente comporre altrettanti capitoli di una bella opera collettanea. Cfr., senza pretesa di completezza, S. Bonfatti, I “cerchi concentrici” della concorsualità e la prededuzione dei crediti (“dentro o fuori”?), in ilcaso.it, 25 giugno 2018; M. Fabiani, Dal codice della crisi d’impresa agli accordi di ristrutturazione senza passare da Saturno, in ilcaso.it, 14 ottobre 2018; C. Trentini, “Saturno contro”: sugli accordi di ristrutturazione dei debiti si rinfocola il contrasto tra legittimità e merito (e non solo), in Fallimento, 2019, 1335.
[6] 
Percorso (non p.c.) introdotto dal d.l. n. 118/2021, conv. con modifiche, nella L. n. 147/2021 e poi trasfuso nel nuovo Titolo II del d.lgs. n. 14/2019.
[7] 
Trib. Asti, 30 ottobre 2014, in ilcaso.it, sottolinea che la definizione come procedura appare atecnica «atteso che non si è in presenza di una vera e propria p.c. ma di una domanda attraverso la quale il debitore “prenota” alcuni effetti tipici del c.p. al quale venga poi ammesso senza soluzione di continuità (…) alla procedura di concordato pieno».
[8] 
Possibile sbocco d un c.p. o a.d.r. con riserva introdotto dall’art. 9, comma 5-bis, d.l. 23/2020.
[9] 
d’Alessandro, Il conflitto di interessi nei rapporti tra socio e società, in Giur. comm., 2007, I, 3.
[10] 
Così probabilmente dovrà essere ribattezzato quello che tradizionalmente (e ancora oggi nei corsi universitari) è chiamato “diritto fallimentare”. 
[11] 
P. Vella, Postergazione e finanziamenti societari nella crisi di impresa, Milano, 2012, 121 ss., nel dedicare un intero paragrafo a «L’essenza della moderna concorsualità», esordisce con i seguenti due interrogativi: «Quand’è che, ad oggi, una procedura può dirsi “concorsuale”? E qual è dunque l’essenza della moderna concorsualità?». La risposta può oggi essere ricavata da un recente saggio della stessa A.: Ead., La spinta innovativa dei quadri di ristrutturazione preventiva europei sull’istituto del concordato preventivo in continuità aziendale, in dirittodellacrisi.it, 18 febbraio 2022, che giunge a contare 24 istituti di diritto concorsuale.
[12] 
E non aggirabile preferendo espressioni neutre, come «istituti» concorsuali.
[13] 
«Con le categorie giuridiche non si può “scherzare”: sono una cosa seria sulla quale si deve svolgere, sempre, una riflessione profonda»: così M. Fabiani, La nomenclatura delle procedure concorsuali e le operazioni di ristrutturazione, in Fallimento, 2018, 293.
[14] 
Principio codificato dall’art. 170, comma 2, c.c.i.i. (art. 69 bis l. fall.) che, secondo una recente pronuncia di legittimità (Cass., 16 febbraio 2022, n. 5090, in ilcaso.it e in ilfallimentarista.it, 22 febbraio 2022), «non può essere considerato come un autonomo criterio normativo, destinato a risolvere tutti i problemi di successione tra le procedure, costituendo piuttosto un enunciato meramente descrittivo di soluzioni regolative aventi specifiche e distinti fonti normative». Nella specie si è esclusa la rilevanza della teoria della consecuzione sull’ammissione dei crediti al passivo [ex art. 96, comma 3, n. 3, l. fall. ripreso dalla lett. c) dall’art. 204 c.c.i.i.], «dal cui disposto inequivoco si evince che la data da considerare ai fini dell’opponibilità della sentenza nei confronti della massa è quella della dichiarazione di fallimento» (rectius, di apertura della liquidazione giudiziale) «e non quella di pubblicazione della domanda di ammissione al concordato preventivo».
[15] 
Da notare che l’espressione «controversie in cui è parte un fallimento» (utilizzata dall’art. 43, comma 3, l. fall.) è stata sostituita da «procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza» (così l’art. 5, comma 3, c.c.i.i.) e (stando allo schema di d.lgs. recante modiche al c.c.i.i. in attuazione della Direttiva Insolvency) dovrebbe includere anche i quadri di ristrutturazione preventiva.
[16] 
L’art. 2, comma 2-bis, della legge n. 89/20021 parla di «procedura concorsuale». Facendo leva su tale dizione e valorizzando le peculiarità della l.c.a., C. Cost., 5 febbraio 2020, n. 12 (in Fallimento, 2020, 453, con nota parzialmente critica di M. Spiotta) ha dichiarato infondata la q.l.c. della (interpretazione della) legge Pinto per contrasto con gli artt. 3, 24 e 117 Cost. individuando una tutela alternativa nella legge sul procedimento amministrativo. Si osserva incidentalmente che lo schema di d.lgs. di recepimento della Direttiva Insolvency ha opportunamente precisato che «Se il curatore ha rispettato» il termine (di otto mesi dall’apertura della procedura) entro il quale deve aver luogo il primo tentativo di vendita) «nel calcolo dei termini di cui alla legge 24 marzo 2001, n. 89, non si tiene conto del tempo necessario per il completamento della liquidazione» (così il comma 8-bis aggiunto all’art. 213 c.c.i.i.).
[17] 
Così M. Fabiani, Diritto fallimentare. Un profilo organico, Bologna, 2011, 94; Id., La nomenclatura delle procedure concorsuali e le operazioni di ristrutturazione, cit., 293.
[18] 
Cfr. gli artt.: art. 6, comma 1, lett. d (corrispondente all’art. 111 l. fall.); 95, comma 5 (art. 186-bis l. fall.) e 288.
[19] 
Cfr. gli artt. 2409, comma 6, e 2499, ma anche gli artt. 2486, comma 3 e 2394-bis. Diversa è invece la dizione utilizzata nel comma aggiunto all’art. 2086 c.c.
[20] 
Art. 245, comma 7, cod. ass.
[21] 
V. per es. gli artt. 48, commi 17 e 18, e 63, comma 3, lett. d), del d.lgs. n. 50/2016 e s.m. 
[22] 
Basti ricordare che gli artt. 80, comma 6, t.u.b. e 57 t.u.f. (come la norma sopra citata per le imprese di assicurazione) escludono per le banche e gli intermediari finanziari l’assoggettabilità a «procedure concorsuali» diverse dalla l.c.a.
[23] 
V. a titolo esemplificativo l’art. 1, comma 2, lett. a), d.lgs. n. 231/2002 in materia di lotta ai ritardi nei pagamenti o l’art. 7 del d.l. n. 354/2003 sul leasing.
[24] 
A differenza dell’art. 101 t.u.i.r., l’art. 26 del d.p.r. n. 633/1972 non specifica la nozione rilevante di p.c. ai fini Iva.
[25] 
Che non sono soggette «a procedure concorsuali diverse da quelle previste dal Capo II della legge 27 gennaio 2012, n. 3» (art. 31, comma 1, d.l. n. 179/2012).
[26] 
Per una compiuta rassegna ed ampi riferimenti si rinvia a M. Rescigno, Contributo allo studio della par condicio creditorum, in Riv. dir. civ., 1984, I, 369 ss.
[27] 
Andrebbe forse valutata l’opportunità di espungere il termine «impresa» dal d.lgs. n. 14/2019, che diventerebbe «Codice della crisi e dell’insolvenza» (c.c.i.). 
[28] 
S. Satta, Diritto fallimentare, Padova, 1974, 11, nota 10.
[29] 
Non è casuale che i pochi risultati (non in termini) evidenziati dalle banche-dati riguardino le procedure concorsuali intese come procedure selettive nei concorsi pubblici: v. infra.
[30] 
A. Nigro e D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, Bologna, 2021, 41 ss. Ma v. già A. Nigro, La disciplina delle crisi patrimoniali delle imprese, Torino, 2012, 154. 
[31] 
Cfr., tra gli altri, D. Galletti, Il concorso nel fallimento, in AA.VV., Fallimento e concordato fallimentare, a cura di A. Jorio, I, Torino, 2016, 1303.
[32] 
M. Fabiani, Il diritto della crisi e dell’insolvenza, Bologna, 2017, 5 ss.
[33] 
Il coinvolgimento degli stakeholders è previsto, expressis verbis, dall’art. 2, comma 2, del d.l. n. 118/2021 (ripreso dall’art. 12, comma 2, c.c.i.i.). 
[34] 
Così il capoverso degli artt. 42 l. fall. e 142 c.c.i.i.
[35] 
Art. 52 l. fall., ripreso dall’art. 151 c.c.i.i. 
[36] 
Si è opportunamente precisato che un concorso si può realizzare anche nell’esecuzione individuale tramite l’istituto dell’intervento (E. Garbagnati, Il concorso dei creditori nell’espropriazione singolare, Milano, 1938), ma ciò è dovuto a una mera eventualità (A. Jorio, Introduzione, in Fallimento e concordato fallimentare, I, Torino, 2016, 18) e avviene con modalità statiche, perché il patrimonio è solo quello che si seleziona al momento del pignoramento. «È pur vero che questo patrimonio può comprendere anche beni che non appartengono al debitore (…), ma ciò deriva da una attività di tipo recuperatorio che il creditore promuove prima del concorso e non dopo che questo si è aperto» (così M. Fabiani, Il diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 4).
[37] 
V. il comma 3 degli artt. 42 l. fall. e 142 c.c.i.i.
[38] 
È la c.d. derelizione prevista dall’art. 213, comma 2, c.c.i.i. e dall’art. 104-ter, comma 8, l. fall.
[39] 
Art. 3, par. 2-4.
[40] 
Così V. Giorgi, Introduzione al diritto della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Padova, 2020, 44.
[41] 
Di recente Cass., 18 gennaio 2022, n. 1467, in dirittodellacrisi.it, ha cassato la decisione d’appello che - nel negare l’unitarietà dell’attività di un avvocato, il quale aveva raggiunto degli accordi con le banche, titolari del 95% del debito della s.p.a. sua cliente, così evitandone il fallimento - aveva affermato che detti accordi andavano valutati singolarmente «perché non erano stati conclusi con tutti i creditori e, quindi, tale incarico non poteva essere assimilato ad una “procedura concorsuale stragiudiziale”».
[42] 
Se ben si riflette, lo stesso art. 41 Cost. sembra idoneo a giustificare il fatto che i creditori d’impresa non possano spingere la tutela del proprio credito fino a pregiudicare la possibilità di soluzioni ragionevoli della crisi.
[43] 
Ben sottolineata da M. Fabiani, Il diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 4, dal quale sono tratte le considerazioni esposte nel testo. 
[44] 
Associando il sintagma «procedure concorsuali» al lemma «nozione», «natura» o «concetto».
[45] 
Cfr. L’assenza di selezione esula dalla nozione procedura concorsuale, in Guida al diritto, 2016; Nozione di procedura concorsuale e discrezionalità della P.A. ai fini del riparto di giurisdizione, in Il corriere del merito, 2010, 3; Sulla nozione di “procedura concorsuale” ai fini della giurisdizione del giudice amministrativo, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2003.
[46] 
N. Salanitro, Procedure concorsuali: I) Profili generali, in Enc. giur. Treccani, XXIV, 1991.
[47] 
Cfr., in particolare, V. Minervini, Il rischio di “insolvenza diffusa”. spunti di riflessione per la “fase 2” (e una proposta operativa, in Crisi d’impresa e insolvenza, ilcaso.it, 4 maggio 2020.
[48] 
Durante la stesura del codice del 1942 si mise in luce che compito del legislatore non è di offrire definizioni, ma di prevedere la disciplina degli istituti, spettando semmai alla dottrina risalire alle nozioni sulla base della disciplina. Omnis definitio in iure civili periculosa (D. LX, 17, De diversis regulis iuris antiqui; lo ricorda anche G.W.F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, Bari, 1913, 18 e il brocardo è ripreso, tra gli altri, da Einaudi, È un semplice riempitivo!, in Prediche inutili, V, Torino, 1957, 298 s.) perché dinanzi a certe realtà la vaghezza è d’obbligo. Sul tema delle definizioni v. tra i contributi più recenti P. Gaggero, A proposito di definizioni legislative, in NGCC, 2002, II, 759 ss.
[49] 
M. Fabiani, Il codice della crisi di impresa e dell’insolvenza tra definizioni, principi generali e qualche omissione, cit., 162 ss.
[50] 
Il riferimento è all’art. 3 della citata bozza, rubricato «Finalità delle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza», dove si leggeva: «Obiettivo delle procedure disciplinate dal presente codice è pervenire al miglior soddisfacimento dei creditori salvaguardando i diritti del debitore, nonché, ove questi eserciti un'attività d'impresa, favorire il superamento della crisi assicurando la continuità aziendale, anche attraverso la rilevazione tempestiva della crisi medesima, in vista di soluzioni concordate con tutti o parte dei creditori, ovvero, in difetto, il proficuo avvio di una procedura liquidatoria».
[51] 
Prima dell’art. 2 contenente alcune definizioni, l’art. 1, diviso in tre commi, enunciava separatamente le finalità degli istituti di allerta e prevenzione, della procedure di composizione concordata della crisi e di liquidazione concorsuale. Vale la pena riportarlo per comodità del Lettore: «Gli istituti di allerta e prevenzione sono diretti a far emergere con tempestività la crisi dell’impresa in funzione di ricercare le soluzioni più adatte per il suo superamento. La procedura di composizione concordata della crisi è diretta a consentire al debitore di superare la crisi o di regolare il suo stato di insolvenza proponendo ai creditori un piano che può avere finalità conservative, liquidatorie o miste. La procedura di l. concorsuale è diretta a soddisfare i creditori concorsuali attraverso la liquidazione del patrimonio del debitore e la successiva distribuzione del ricavato ovvero attraverso un piano di regolazione dell’insolvenza alternativo alla liquidazione del curatore». Il testo è pubblicato in La riforma delle procedure concorsuali. I progetti, a cura di A. Jorio e S. Fortunato, Milano, 2004.
[52] 
Trib. Milano, 3 ottobre 2019, definizione poi ripresa da Trib. Benevento, 18 dicembre 2019. Entrambi i provvedimenti sono pubblicati in Giur. comm., 2020, II, 1474 ss., con nota di A. Jorio e il primo anche in Fallimento, 2020, 122, con nota di M. Spiotta.
[53] 
Cass. 12 aprile 2018 n. 9087, in Dir. fall., 2019, II, 444 ss. con nota di M. Del Linza, La Cassazione fissa un punto fermo sulla vexata quaestio della natura giuridica degli accordi di ristrutturazione dei debiti e in Fallimento, 2018, 984 ss., con nota di C. Trentini, Gli accordi di ristrutturazione sono una procedura concorsuale; la Cassazione completa il percorso.
[54] 
Il documento elaborato da SIDREA (Società Italiana dei Docenti di Ragioneria e di Economia Aziendale) intitolato «Le parole della crisi. La lettura degli aziendalisti italiani» datato marzo 2021 non si cimenta con questa categoria generale e passa direttamente alla nozione di crisi. Sugli assetti Or.Am.Co. v. infra.
[55] 
Tratto da M. Fabiani, Diritto fallimentare. Un profilo organico, cit., 94; Id., Il diritto della crisi e dell’insolvenza, Bologna, 2017, 8; Id., La nomenclatura delle procedure concorsuali e le operazioni di ristrutturazione, cit., 294.
[56] 
La duplice avvertenza è tratta da M. Fabiani, op. sopra citate.
[57] 
Il riferimento è a Cass., Sez. Un., 31 dicembre 2021, n. 42093 (in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, con nota di F. Casa e in Fallimento, 2022, 356, con nota di G.B. Nardecchia) che, in più passaggi dell’articolata motivazione, sottolinea che: «la sottoposizione a regole concorsuali non è patrimonio esclusivo delle procedure concorsuali. in senso stretto» (§ 6); è ammissibile uno sfasamento «tra area effettuale della concorsualità e ambito, più ristretto, delle singole procedure concorsuali» (§ 51); la «concorsualità ha investito nuovi istituti» come la c.n.c., che non integra una p.c., «ma egualmente implica, con la scelta unilaterale del regime protettivo ed il controllo del tribunale, preclusioni alle azioni di tutela del credito così come alla dichiarazione di fallimento o insolvenza, esemplificando l’assunzione di regole di autentica concorsualità nella più recente accezione di estensione parziale di taluni effetti del concorso, normativamente assegnati in forma piena solo al debitore che abbia però fatto ingresso in una p.c. ed ai creditori che vi siano organizzati». V. anche M. Ferro, La composizione negoziata e il riposizionamento delle istituzioni della concorsualità giudiziale dopo il D.L. 118/2021, in Fallimento, 2021, 1589.
[58] 
I. Pagni e M. Fabiani, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata (e viceversa), in dirittodellacrisi.it, 2 novembre 2021; Ead. e Id., Introduzione alla composizione negoziata, in Fallimento, 2021, 1480.
[59] 
Da S. Bonfatti, Profili della Composizione negoziata della crisi d’impresa - Gestione dell’impresa; Rinegoziazione dei contratti e cessione dell’azienda; Composizione negoziata della crisi “di gruppo”, in dirittodellacrisi.it, 22 febbraio 2022, 6.
[60] 
Espressione, che rievoca la storia del Dottor Jekyll e di Mister Hyde, mutuata da R. Guidotti, La crisi d’impresa nell’era Draghi: la composizione negoziata e il concordato semplificato, in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 8 settembre 202, 14. Enfatizza la natura ibrida della c.n.c. anche F. Lamanna, Composizione negoziata e nuove misure per la crisi d’impresa, Il civilista, Milano, 2021, 23 ss.
[61] 
Cass. n. 9087/2018 ha individuato come “cifra della moderna concorsualità” la compresenza dei seguenti «profili minimali»: i) una qualsivoglia forma d’interlocuzione con l’autorità pubblica con finalità protettive (nella fase iniziale) e di controllo (nella fase conclusiva); ii) il coinvolgimento formale di tutti i creditori quanto meno a livello informativo (e per attribuire ai c.d. estranei certe conseguenze giuridicamente predeterminate); iii) una qualche forma di pubblicità della procedura. Da questa restrittiva concezione della concorsualità dovrebbe derivarne un ampliamento del perimetro tale da comprendere a.d.r. e c.n.c. (anche se, a ben vedere, gli elementi sub 2 e 3 si trovano anche nei piani attestati, mentre il primo manca nell’a.d.r. giacché quando l’accordo è pubblicato nel r.i. la protezione non serve più (arg. desunto dall’art. 182-bis, comma 3, l. fall. e dall’art. 54, comma 2, c.c.i.i.).
[62] 
Posto in luce, tra gli altri, da E. Frascaroli Santi, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 57 c.c.i.i.): una procedura concorsuale, tra vecchie certezze e nuove incertezze normative, in Dir. fall., 2021, I, 5 e in AA.VV., Le crisi d’impresa e del consumatore dopo il d.l. 118/2021. Liber amicorum per A. Jorio, a cura di S. Ambrosini, Bologna, 2021, 367.
[63] 
Cfr. Cass., 15 gennaio 2020, n. 521, in Foro it., 2020, I, 908, con nota critica di G. Niccolini e in Fallimento, 2020, 333, con nota adesiva di M. Fabiani. Tra le sentenze di merito v. Trib. Milano, 14 settembre 2021, in Giur. it., 2022, 374; Trib. Milano, 6 agosto 2014 e Trib. Genova, 2 aprile 2013, entrambe in giurisprudenzadelleimprese.it. Proprio facendo leva sulla pronuncia di legittimità si è sostenuto che la prededuzione potrebbe operare già nell’ambito della c.n.c. (conclusione in linea con la conservazione degli effetti degli atti autorizzati anche in caso di successiva apertura di una p.c.): cfr. L. Benedetti, La disciplina della nuova finanza nella composizione negoziata, in AA.VV., La crisi d’impresa e le nuove misure di risanamento, vol. diretto da M. Irrera e S.A. Cerrato, Bologna, 2022, 303 ss.
[64] 
Così S. Ambrosini, Procedure concorsuali: tipologie, caratteri e presupposti, in S. Pacchi e S. Ambrosini, Diritto della crisi e dell’insolvenza, Bologna, 2020, 47 ss. Sull’evoluzione della nozione di concorsualità v. anche V. De Sensi, La concorsualità nella gestione della crisi di impresa, Roma, 2009.
[65] 
Intendendo per: 
- «concorsualità» la regolazione della «corsa» dei creditori con la “stessa maglietta”, ossia come condivisione comune su una ristrutturazione dei debiti e come «collettivizzazione della crisi» (espressione mutuata da M. Fabiani, Gli accordi di ristrutturazione nella cornice della tutela dei diritti e la rilevanza della fattispecie speciale di cui all’art. 182 septies l. fall. in chiave di collettivizzazione della crisi, in Fallimento, 2016, 924 ss); quindi «concorso» (non più come antagonismo, ma) nel senso di «collaborazione», evitando che impuntature non giustificate (e magari dettate da questioni di principio) pregiudichino soluzioni più vantaggiose rispetto alla liquidazione giudiziale (come scrive G. Terranova, Le procedure concorsuali, Torino, 2019, 552, «si va scoprendo […] che la concorsualità non ha nulla a che vedere con la divisione della torta […] e con il rispetto della par condicio, ma si realizza attraverso il riconoscimento d’una prevalenza dell’interesse della massa sull’interesse dei singoli creditori»); 
- «universalità» il raggiungimento di una soluzione globale attraverso il coinvolgimento di tutti i creditori in un ruolo attivo (se aderenti) o passivo (se estranei) o un coinvolgimento selettivo (minimo sforzo, massimo risultato);
- riscoprendo il valore della competitività (e magari recuperando le domande, e non solo, le proposte concorrenti) anche grazie alla piattaforma telematica integrata che ha risolto il problema delle asimmetrie informative;
- preferendo a una par condicio che scontenta tutti, una disparità che li accontenta (cfr. M. Fabiani, La par condicio creditorum al tempo del codice della crisi, in Questione Giustizia, 2019, fasc. 2): non importa che «tutti siano uguali se tutti stanno meglio» (così M. Fabiani, Il diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 14);
- prendendo atto che nelle attività destinate a durare nel tempo, la garanzia patrimoniale generica (di cui all’art. 2740 c.c.) è offerta soprattutto dalla capacità di pagare, ossia dai flussi di redditività.
[66] 
Così G. D’Attorre, La concorsualità “liquida” nella composizione negoziata, in Fallimento, 2022, 301.
[67] 
Come osserva V. D. Gesmundo, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti. Metamorfosi di una procedura concorsuale, in Giur. comm., 2019, II, 772, «il palinsesto degli strumenti di soluzione della crisi si è progressivamente arricchito e probabilmente non è più logico fare riferimento a categorie rigide, in presenza di un nucleo comune di garanzie giurisdizionali che consentono di verificare la coerenza con i valori costituzionali del sacrificio imposto ai creditori per la più efficiente soluzione della crisi», donde la necessità di «un approccio unitario ogni volta che si ha un intervento del giudice nella soluzione della crisi, variamente graduato».
[68] 
Il contenuto della lettera scritta nel 1767 da J.J. Rousseau al Marchese di Mirabeau è stato di recente ricordato da F. Casa, La “quadratura del cerchio”; note minime su una sentenza importante (Cass., sez. un., 31 dicembre 2021, n. 42093), in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 24 gennaio 2022.
[69] 
Il Cons. 14 precisa che la possibilità di non coinvolgere tutti i creditori è concessa solo per le procedure che hanno «come obiettivo il salvataggio del debitore», mentre quelle di carattere liquidatorio («che portano ad una cessazione definitiva delle attività del debitore o alla liquidazione dei suoi beni»), devono necessariamente comprenderli tutti.
[70] 
Per «controllo» s’intende anche la situazione in cui il giudice interviene solo incidentalmente, su sollecitazione di un creditore o di un’altra parte interessata (Cons. 10 Reg.).
[71] 
«Giudice» come sinonimo di organo (anche non giudiziario, come nelle procedure di a.s.) legittimato dal diritto nazionale ad aprire procedure d'insolvenza (Cons. 20 Reg.).
[72] 
Le misure disciplinate dal d.l. n. 118/2021 potrebbero essere fatte rientrare nell’art. 1, par. 1, lett. c): è vero che il nesso tra sospensione delle azioni individuali e procedure coperte dal regolamento è solo eventuale, ma, come si è giustamente osservato [A. Leandro, La composizione negoziata nel diritto internazionale privato: riflessioni nella prospettiva, ma non solo, del Regolamento (UE) 2015/848, in dirittodellacrisi.it, 15 febbraio 2022], «se l’ambito di applicazione del regolamento (UE) 2015/848 dovesse oscillare a seconda che la strumentalità tra le misure ex d.l. 118/2021 e le procedure di cui all’Allegato A del regolamento medesimo sia reale (il regolamento si applica perché alla fine la composizione, sorretta da misure, sfocia in esiti negativi e una procedura concorsuale è aperta) o potenziale (il regolamento non si applica perché la composizione, sorretta dalle misure, può avere esiti positivi di natura stricto e lato sensu contrattuale), il principio di certezza del diritto e l’esigenza di un’applicazione uniforme e coerente del regolamento sarebbero fortemente pregiudicati».
[73] 
La versione aggiornata dal Reg. n. 2260/2021 include anche gli a.d.r.; tuttavia, questa indicazione non appare decisiva posto che dall’esame dei procedimenti ai quali si applica il regolamento si evince che anche con riferimento ad altri Paesi vi è stata una scelta estensiva e inclusiva di strumenti tradizionalmente estranei al perimetro delle procedure concorsuali (M. Fabiani, La nomenclatura delle procedure concorsuali e le operazioni di ristrutturazione, cit., 297). In dottrina c’è già chi auspica che a breve (la revisione è antecedente al d.l. n. 118) sia aggiunta anche la c.n.c. sorretta da misure protettive al fine di facilitare il raccordo tra il Reg. 848/2015 e il Reg. 1215/2012 concernente «la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale» dal cui ambito di applicazione sono esclusi «i fallimenti, le procedure relative alla liquidazione di società o altre persone giuridiche che si trovino in stato di insolvenza, i concordati e le procedure affini» (cfr. art. 1, lett. b). A favore di un’esegesi evolutiva milita lo stesso Cons. 7 del Reg. 848 dove si sottolinea l’opportunità che le procedure, escluse dal Reg. del 2012, «siano disciplinate dal presente regolamento», la cui interpretazione «dovrebbe colmare, per quanto possibile, le lacune normative tra i due strumenti».
[74] 
La nozione di «ristrutturazione» è contenuta nell’art. 2, par. 1, n. 1: «misure che intendono ristrutturare le attività del debitore che includono la modifica della composizione, delle condizioni o della struttura delle attività e delle passività del debitore o di qualsiasi altra parte della struttura del capitale del debitore, quali la vendita di attività o parti dell'impresa, e, se previsto dal diritto nazionale, la vendita dell'impresa in regime di continuità aziendale, come pure eventuali cambiamenti operativi necessari, o una combinazione di questi elementi». V. anche il Considerando n. 2.
[75] 
Di conseguenza, lo schema di d.lgs. ha modificato altre disposizioni del d.lgs. n. 14/2019 sostituendo l’espressione «quadri di ristrutturazione» a quella, equivalente, di «procedure di regolazione della crisi», inizialmente utilizzata nel codice.
[76] 
Il virgolettato è tratto da A. Gentili, Crisi delle categorie e crisi degli interpreti, in Riv. dir. civ., 2021, 656 ss. Su questo tema di vertice v. N. Lipari, Le categorie del diritto civile, Milano, 2013, 5 ss.; N. Irti, Le categorie giuridiche della globalizzazione, in Riv. dir. civ., 2002, I, 625; F. D. Busnelli, Quale futuro per le categorie del diritto civile?, ivi, 2015, 7; A. Gambaro, Categorie del diritto privato e linguaggio delle carte dei diritti fondamentali, ivi, 2016, 1225; L. Balestra, A proposito delle categorie del diritto civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2015, 25; O. Cagnasso, Principi e categorie economiche nell’ambito del diritto societario e concorsuale, in Nuovo diritto delle società, 2014, fasc. 21, 50; U. Vincenti, Diritto senza identità. La crisi delle categorie giuridiche tradizionali, Roma-Bari, 2007.
[77] 
In fondo, come ci ha insegnato la pandemia, adattarsi ai cambiamenti è diventata la più importante skill contemporanea ed è innegabile che: a) alcune procedure (emblematico il caso del c.p.) si stanno de-concorsualizzando (l’espressione è mutuata da M. Fabiani, La rimodulazione del dogma della responsabilità patrimoniale e la de-concorsualizzazione del concordato preventivo, in ilcaso.it, 9 dicembre 2016, 8; Id., Appunti sulla responsabilità patrimoniale «dinamica» e sulla deconcorsualizzazione del concordato preventivo, in AA.VV., Fallimento, soluzioni negoziate della crisi e disciplina bancaria, diretto da S. Ambrosini, Bologna, 2017, 51 s.) mentre altre (a.d.r.) si stanno concorsualizzando; b) la par condicio è un principio applicabile al di fuori del contesto delle p.c.; c) l’automatic stay un effetto che si può ottenere a prescindere dall’apertura di una vera p.c. e che, per contro, non copre necessariamente tutta la durata della stessa; d) l’esdebitazione può applicarsi anche all’esito di una procedura non concorsuale (v. art. 283 c.c.i.i.); e) i creditori non sono più considerati soltanto come titolari di diritti, ma diventano anche destinatari di doveri; f) l’azione revocatoria concorsuale non serve più a creare un “cordone sanitario” per isolare l’imprenditore, ma è stata fortemente ridimensionata per cercare di salvare l’impresa ancora viable e la stabilità degli effetti (attraverso le esenzioni) può verificarsi anche in assenza di una vera p.c.; g) le classi o categorie denotano il passaggio da un sistema votato a soddisfare i diritti di credito ad uno diretto a regolare i diritti dei creditori.
[78] 
Così, con riferimento alla categoria della c.d. “causa concreta”, V. Roppo, Causa concreta: una storia di successo? Dialogo (non reticente, né compiacente) con la giurisprudenza di legittimità e di merito, in Riv. dir. civ., 2013, 988.
[79] 
G. D’Attorre, La concorsualità “liquida” nella composizione negoziata, cit., 301 ss.
[80] 
Ma si applicano anche altre regole “concorsuali” sia pure in un’accezione rivisitata (come si è cercato di fare nella nota 65), ossia intendendo il “concorso” come “collaborazione” (anziché “antagonismo”): si pensi al fatto che, pur in mancanza di uno spossessamento, l’autonomia privata dell’imprenditore è “controllata” o “integrata”; alla necessità d’informare l’esperto riguardo al compimento di atti di straordinaria amministrazione o all’esecuzione di pagamenti incoerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento dell’impresa; al c.d. automatic stay e al divieto, sia pure «disponibile» (l’espressione è di L. Baccaglini e F. De Santis, Misure protettive e provvedimenti cautelari a presidio della composizione negoziata della crisi: profili processuali, in dirittodellacrisi.it, 12 ottobre 2021, 8), per i creditori di acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, «se non concordati con l’imprenditore». Riprendendo l’espressione sopra citata, si è osservato che «anche il creditore subisce in qualche modo gli effetti della natura “liquida” della concorsualità che caratterizza la composizione negoziata»: così N. Manzini e F. Carelli, Il ruolo dei creditori nella composizione negoziata, in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 28 marzo 2022, 15.
[81] 
Essendo il mancato richiamo all’art. 14, comma 5-bis, d.lgs. 472/1997 agevolmente colmabile tramite l’analogia legis stante l’eadem ratio.
[82] 
Un eventuale impegno a destinare il ricavato della vendita ai soli creditori penalizzati dalla perdita della solidarietà avrebbe un’efficacia meramente obbligatoria. 
[83] 
Da un lato, cercare di sfuggire a quest’arduo compito (come ha fatto il legislatore societario limitandosi a cambiare la rubrica dell’art. 2247 c.c. a seguito dell’introduzione della s.r.l. unipersonale) potrebbe essere controproducente; dall’altro lato, una definizione che dicesse più dello stretto necessario rischierebbe d’ingessare la categoria. Ad avviso di V. D. Gesmundo, op. cit., 772, «la stessa qualificazione della procedura come “concorsuale” diventa poco rilevante per la praticabilità dell'interpretazione analogica delle disposizioni della legge fallimentare, soprattutto se si tiene conto del fatto che non si fonda su alcun dato normativo».
[84] 
Il testo, facendo tesoro delle pregresse elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali e della norma (stralciata dal d.lgs. n. 14/2019) sulle finalità delle p.c., potrebbe essere: «procedure che aprono il concorso, anche solo potenziale e in una posizione attiva o passiva, fra creditori, su tutti o una parte dei beni del debitore, per realizzare la garanzia patrimoniale in maniera dinamica favorendo il superamento della crisi assicurando la continuità aziendale ovvero, in difetto, il proficuo avvio di una procedura liquidatoria».
[85] 
«Se funzionale al risanamento dell’impresa, le norme che utilizzano il sintagma procedura concorsuale declinato al singolare o al plurale si applicano, in quanto compatibili e nel rispetto dei vincoli costituzionali ed eurounitari posti alle possibili limitazioni al soddisfacimento del diritto di credito, a tutti gli strumenti che soddisfano i requisiti di cui sopra». In tal modo, per esempio, l’amministratore giudiziario potrebbe proporre l’ammissione della società ad un quadro di ristrutturazione (art. 2409, comma 6, c.c.).
[86] 
Il cui contenuto è dettagliato nel decr. dirigenziale del 28 settembre 2021, che, ad avviso di chi scrive, sarebbe utile “mettere a sistema” (e non limitare alla c.n.c.) in quanto potrebbe integrare quel «servizio di consulenza» richiesto dall’art. 3, par. 2, lett. b), della Direttiva Insolvency, gratuito e di altissimo livello.
[87] 
Lo precisa la stessa lett. m-bis).
[88] 
La scheda 3.ii. del c.d. Piano Colao si pone come obiettivo quello di disincentivare il ricorso (abusivo) alle p.c. (riferendosi ai fallimenti e ai c.p.) per evitare il conseguente blocco dei pagamenti, effetto della concorsualità inapplicabile nella c.n.c.
[89] 
Le procedure di regolazione della crisi/insolvenza sono un sottoinsieme che non comprende quelle da sovraindebitamento, l.c.a. e a.s.: cfr. G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2021, 43.
[90] 
A. Gentili, Crisi delle categorie e crisi degli interpreti, cit., 633.
[91] 
P. Vella, L’atomo di Bohr e le procedure concorsuali: una metafora della interazione tra giudice, debitore e creditori nella crisi di impresa, in ilcaso.it, 15 dicembre 2015.
[92] 
Ma con il limite esplicitato nell’art. 25-quinquies c.c.i.i. per scongiurare eventuali abusi.
[93] 
Sull’importanza di questo principio, che andrebbe valorizzato consentendo ai «creditori di chiedere al giudice l’apertura di una fase temporale di protezione del debitore, durante la quale il debitore, risvegliato dal suo colpevole letargo, sia indotto a predisporre una domanda di concordato o un accordo di ristrutturazione, ovvero anche una domanda di accesso alla novella composizione negoziata» v. per tutti A. Jorio, Ragionando sul concordato preventivo. Alcuni consigli (non richiesti) ai Conditores, in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 2 marzo 2022, ove ulteriori riferimenti.
[94] 
L’art. 120-bis, comma 5, dello schema di d.lgs. recante modifiche al c.c.i.i., proprio nell’ottica di agevolare la ristrutturazione, disciplina la possibilità per i soci di proporre proposte concorrenti.
[95] 
M. Fabiani, Il valore della solidarietà nell’approccio e nella gestione delle crisi d’impresa, in Fallimento, 2022, 6 ss., al quale si rinvia per la dimostrazione che la solidarietà, nonostante l’icastica affermazione per cui ciascun creditore si atteggerebbe rispetto agli altri come homo homini lupus (in questi incisivi termini Corte Cost., 22 aprile 1986, n. 102, in Dir. fall., 1986, II, 177), è già un valore sotteso a molte norme del r.d. n. 267/1942.
[96] 
Parafrasando e aggiornando una famosa citazione di Renouard (riportata anche da A. Nigro, La disciplina delle crisi patrimoniali delle imprese, cit., 156) «Tout le mond perds dans une faillite»: la saggezza consiste non solo più nel misurare e coordinare i sacrifici, ma anche nel cercare di prevenirli. E sarebbe troppo comodo lamentarsi delle leggi sul fallimento (oggi del c.c.i.i.) qualora non si raggiungesse l’obiettivo perché nessuna legge può essere tanto perfetta da impedire comportamenti elusivi che solo l’etica professionale pare davvero in grado di scongiurare.

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