Fissato il tema della competenza del Giudice a favore del Tribunale fallimentare, la Corte nell’Ordinanza a Sezioni Unite del 25/03/2021 analizza il tema della impugnativa di un diniego da parte degli Enti, ancorché non strettamente oggetto del contenzioso che è stata chiamata a dirimere.
Alla luce delle considerazioni già espresse, appare problematico andare oltre al dato letterale della novella come riformata, nell’indirizzo di assegnare al Tribunale un potere di omologazione della procedura anche in presenza di voto espressamente negativo degli Enti, ove determinante per il raggiungimento della percentuale di legge.
In procedure quali quelle in esame, caratterizzate dal principio dell’adesione, il percorso volto a non considerare un voto negativo è certamente complesso, come già sviluppato da dottrina e giurisprudenza, e si complica con la fonte normativa novellante di cui al D.L. 125/20, tale da sparigliare nuovamente il faticoso allineamento cui si era pervenuti.
D’altro canto, come confermato dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 34/E/2020, il diniego deve essere frutto di una analisi articolata e come tale essere ampiamente motivato, cosicché l’intervento del Tribunale andrebbe a sostituirsi non solo ad una assenza di giudizio, ma anche ad un giudizio contrario e ponderato.
In questo quadro, interviene con l’ordinanza n. 8504 la Suprema Corte a Sezioni Unite, e pare aprire anche nel testo di legge riformato alla possibilità di un sindacato sul voto negativo degli Enti coinvolti ex art 182-ter, ai fini dell’approvazione della procedura proposta, riportandolo altresì nell’ambito delle competenze del Tribunale fallimentare.
Infatti, secondo il Giudice di legittimità:
- le regole della transazione fiscale sono essenzialmente finalizzate “alla definizione concordataria o di ristrutturazione debitoria della crisi d’impresa, secondo le regole procedurali dettate per tali procedure concorsuali e di quelle più specifiche di cui alla L. fall., art. 182-ter”;
- la scelta normativa “indirizza in modo marcato la questione della mancata adesione alla proposta di transazione da parte dell’agenzia fiscale verso la competenza giurisdizionale di merito del Tribunale fallimentare, collocando… più chiaramente l’Istituto de quo all’interno delle procedure concorsuali ed alle loro, peculiari, finalità”;
- la ratio legis della disciplina va individuata “non nell’interesse fiscale che è <la causa prima> dell’obbligazione tributaria, del quale si controverte nelle liti tributarie <comuni>, bensì nell’interesse concorsuale che è invece la <ragione fondativa> delle procedure concordatarie assimilabili, sempre più mirate alla conservazione del <bene impresa>.
Su questo impianto, la Corte conclude in via risolutiva che “l’ampia discrezionalità riconosciuta all’amministrazione finanziaria nello stipulare accordi transattivi concorsuali è in questo senso palesemente finalizzata, sia pure in considerazione del miglior soddisfacimento possibile del suo interesse proprio, ed è appunto bilanciata dal sindacato giudiziale sul diniego di accettazione della proposta transattiva, dalla normativa attualmente vigente, chiaramente, assegnato al giudice ordinario fallimentare”.
In altri termini, il giudice di legittimità valorizza anche in questo ambito la centralità delle procedure di concordato e degli accordi e le relative finalità. A queste finalità, conseguentemente, riporta anche il voto degli Enti interessati dalla transazione.
Da qui, alla luce degli interventi di cui al D.L. 125/20, la Corte pare ritenere pacifica la possibilità di impugnare sia il silenzio che il diniego espresso degli Enti, affidando il giudizio come riferito al Tribunale fallimentare, e quindi nella stessa sede della procedura di ristrutturazione[15].
Il percorso di analisi, nonostante le modifiche normative intervenute a fine 2020, pare confermare l’indirizzo volto all’impugnabilità della scelta degli Enti, sia in termini di silenzio che di diniego espresso, solo riportandone la giurisdizione avanti al Tribunale fallimentare anziché al Giudice tributario.
Permangono certo contrasti interpretativi al riguardo, tenuto conto dei principi cardine dei due istituti che, già nelle loro denominazioni, ossia concordato e accordo, presuppongono un incontro della volontà delle parti.
Inoltre, si pongono su due piani totalmente diversi le espressioni di volontà degli Enti di cui all’articolo 182-ter con quelle di tutti gli altri creditori, la cui espressione di giudizio resterebbe insindacabile, ancorché negativa e determinante per l’approvazione della procedura.
Vi è poi un tema circa i profili di impugnabilità.
Quanto alle motivazioni che possono supportare una impugnativa, anche alla luce di quanto esposto ad avviso di chi scrive si possono sinteticamente annoverare:
- la mancanza di motivazione, ovvero una motivazione incoerente, contraddittoria, apparente;
- l’errata applicazione dei criteri previsti dall’articolo 182-ter (maggior soddisfacimento, divieto di trattamento deteriore dei crediti);
- la violazione di legge per motivi che eccedono quelli previsti dall’articolo 182-ter;
- l’errato esame dell’attivo, ai fini delle valutazioni di convenienza;
- l’errata interpretazione.