Il combinato effetto dell’impossibilità di ulteriori istanze per l’applicazione delle misure protettive, e/o per la loro conferma e di accoglimento dell’orientamento “selettivo”, che nega l’ammissibilità della conferma di misure protettive in assenza di un interesse dato dall’avvio o dalla minaccia dell’avvio di azioni verso il debitore, rischierebbe poi di divenire insostenibile per il debitore inducendolo ad abbandonare il percorso della composizione negoziata della crisi. Per non essere esposto al rischio di pagamenti preferenziali o comunque di seria turbativa delle trattative, dato il rischio che altri creditori non “incisi” decidano di imitare il creditore aggressivo, il debitore dovrebbe ricorrere a strumenti più incisivi quali quelli del cosiddetto concordato “in bianco” come declinato dal Codice della Crisi quale procedura unitaria di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza e peraltro senza che ciò sia motivato da una reale necessità se non in termini di protezione.
A scongiurare queste conseguenze semplificando enormemente la procedura è la conferma delle misure erga omnes, per le quali valga quanto disposto efficacemente dal Tribunale Milano, sez. II, est. Caterina Macchi, 27/02/2022, in http://mobile.ilcaso.it/sentenze/fallimentare/27140/cookiePolicy laddove si osserva che “In via generale appare priva di fondamento la dedotta inammissibilità di una conferma delle misure protettive nei confronti di tutti i creditori, E' sufficiente osservare che le misure protettive del patrimonio hanno ex lege effetto automatico generalizzato verso tutti i creditori, esclusi i lavoratori, a partire dal giorno di pubblicazione dell'istanza di nomina dell'esperto nel registro delle imprese, come disposto dall'art. 6 comma L DI 118/21, e che esse possono essere limitate dal giudice, su richiesta dell'imprenditore e sentito l'esperto, a determinati creditori o categorie di creditori, secondo la previsione dell'art. 7 comma 4: si tratta di una facoltà, non di un obbligo dell'imprenditore, che dunque ben può chiederne la conferma erga omnes. Nessuna questione relativa a una possibile lesione del contraddittorio sussiste nella presente fattispecie, atteso che l'imprenditore ha notificato il ricorso a tutti i creditori.”
Si tratta di una pronuncia estremamente lineare che esplicita quanto in una precedente pronuncia del 26/2/2002 del Tribunale Milano, sez. II, est. Guendalina Pascale, in http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/26582.pdf veniva presupposto, concedendo le misure protettive in un contesto in cui “stante l’insussistenza di iniziative esecutive o cautelari da parte dei creditori, le misure protettive hanno l’esclusiva funzione di consentire l’avvio e la prosecuzione di trattative con i creditori in una prospettiva non sbilanciata”.
Tale orientamento, che conferma l’ammissibilità delle misure protettive
erga omnes era già stato adottato da Tribunale di Firenze, 29 dicembre 2021
www.dirittodellacrisi.it e Trib. Padova, 25 febbraio 2022 http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/26753?Composizione-negoziata-crisi%3A-quando-sono-necessarie-le-misure-protettive-erga-omnes ed è stato successivamente accolto da Tribunale di Salerno, 10 maggio 2022, https://dirittodellacrisi.it/articolo/tribunale-di-salerno-10-maggio-2022-est-jachia; Tribunale di Padova, Sez. I, Ord. 20 luglio 2022, http://www.fallimentiesocieta.it/node/2247 ).
Si registra peraltro un orientamento contrario, espresso dal Tribunale di Roma, in Trib Roma, ordinanza del 3 febbraio 2022, in https://dirittodellacrisi.it/articolo/trib-roma-3-febbraio-2022-est-ceccarini, secondo il quale “la legittimazione passiva non può, inoltre, riconoscersi in capo alla massa indifferenziata dei creditori che possano astrattamente promuovere azioni esecutive nei confronti del debitore e che, tuttavia, non abbiano ancora avviato i relativi procedimenti o minacciato di avviarli, con la notifica di un precetto, sia perché le parti e il contenuto della fase giurisdizionale devono essere specificamente individuati dal ricorrente in quanto elementi essenziali di una a vera e propria domanda giudiziale, sia perché al fine di pronunciare sulla domanda il giudice deve verificare la funzionalità delle singole misure al buon esito delle trattative, la loro incidenza su beni strumentali dell’impresa necessari per la prosecuzione dell’attività nella prospettiva del suo risanamento, nonché la loro proporzionalità al sacrificio che ne deriva per il creditore”.
A tale orientamento “restrittivo” sembra doversi ricondurre anche quanto statuito in Trib. Milano, 24/02/2022 (cit.), laddove si afferma che “L’attenzione, anche sulla scorta dell’elenco creditori fornito dal ricorrente e delle evidenze offerte dall’esperto, deve piuttosto essere posta in primis con riguardo alla individuazione dei creditori, che per tipologia o ammontare del credito, appaiono funzionali all’impresa e, nel contempo, gli stessi abbiano posto in essere condotte dalle quali evincere una posizione per così dire “antagonista” rispetto all’imprenditore che conduce le trattative. In altri termini, trattasi di soggetti che possano assumere a stretto giro iniziative potenzialmente lesive del patrimonio del ricorrente e quindi tali che, in difetto di misure protettive, le trattative condotte pur con l’ausilio dell’esperto verrebbero vanificate. E’ quindi necessario che il ricorrente fornisca al Tribunale elementi univoci che consentano di appurare la sussistenza, quantomeno, di “preannunciate” iniziative pregiudizievoli.” E’ chiaro che la necessità di fornire elementi su preannunciate iniziative pregiudizievoli compromette la possibilità della conferma di misure protettive erga omnes, essendo estremamente improbabile che tutti i creditori abbiano preannunciato iniziative pregiudizievoli.
L’orientamento “permissivo” che consente le misure erga omnes pare salvaguardare l’efficacia delle misure protettive, che altrimenti sarebbe suscettibile di venire frustrata dalle iniziative dei creditori subito dopo la conferma “selettiva” delle misure protettive, senza che questo debba necessariamente significare uno stato di insolvenza del debitore tale da giustificare il ricorso a misure più incisive. Del resto, l’ammissibilità delle misure erga omnes non pregiudica in alcun modo il vaglio del Tribunale, al quale è riservata la valutazione della sussistenza dei presupposti per la conferma delle misure quando (i) il tribunale si convince che esiste una ragionevole probabilità di perseguire il risanamento (fumus boni iuris) e quando (ii) il tribunale reputa che le misure, nella gradazione necessaria, siano funzionali a raggiungere quel risultato, sicché la loro assenza potrebbe pregiudicare il risanamento aziendale (periculum in mora) (T. Milano 17 gennaio 2022 in http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/26571.pdf ).