L'art. 12, dedicato alla conservazione degli effetti generati dalle attività poste in essere dopo l'inizio di un percorso di composizione negoziata per la soluzione della crisi di impresa, introduce al comma 5 una norma di rilevanza esclusivamente penalistica.
Essa per certi versi ricalca quanto previsto dall'art. 217 bis l.f., il quale esclude l'applicazione degli artt. 216, co. 3 e 217 l.f. , tra gli altri, a pagamenti ed operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo, un accordo di ristrutturazione omologato ex art. 182 bis, del piano di cui all'art. 67 co. 3 lett. d) ed, ancora, di un accordo di composizione della crisi omologato ai sensi dell'art. 12 della L. n. 3/2012.
I problemi di inquadramento sistematico che hanno occupato la dottrina che ha esaminato l'art. 217 bis l.f.[1] si pongono in termini analoghi per la norma di recente introdotta.
A tale riguardo si è sostenuto che “la soluzione più ragionevole è quella di ritenere che l'art. 217 bis, superando le oscurità lessicali e l'assenza di ogni considerazione sistematica, sia semplicemente ricognitivo di un principio generale di non contraddizione dell'ordinamento”[2], che in sostanza esclude la tipicità di una serie di fattispecie le quali per effetto della disposizione in parola vengono poste al di fuori del perimetro di applicazione delle norme incriminatrici.
Può ritenersi certo che la natura dogmatica e la finalità dell'esenzione di punibilità introdotta dall'art. 12 co. 5 del D.L. n. 118/2021 sono in tutto assimilabili a quelle di cui all'art. 217 bis l.f.
Tuttavia la struttura della disposizione appena introdotta presenta particolarità tali da renderne certamente poco agevole l'applicazione.
Essa infatti, formula due ipotesi per le quali esclude l'operatività degli artt. 216 co. 3 e 217 l.f.
La prima ricorre in caso di pagamenti od operazioni compiuti nel periodo successivo alla accettazione dell'incarico da parte dell'esperto nominato ai sensi all'art. 3 del D.L. n. 118/2021, che siano in coerenza con l'andamento delle trattative e nella prospettiva di risanamento dell'impresa valutata dallo stesso esperto ai sensi dell'art. 5 co. 5 del D.L.
La seconda ipotesi di esenzione di punibilità riguarda invece i pagamenti e le operazioni compiuti in conformità delle autorizzazioni che il tribunale rilascia ai sensi dell'art. 10 del D.L. ovvero durante la composizione negoziata.
Mentre questa seconda eventualità appare di agevole interpretazione, perché ancorata al dato formale del provvedimento autorizzativo del tribunale ed alla indispensabile conformità rispetto allo stesso, decisamente più difficile è delineare l'area operativa della prima ipotesi.
Essa infatti, presuppone che le operazioni ed i pagamenti siano compiuti, non solo dopo l'accettazione della nomina da parte dell'esperto (art. 5 co. 4 D.L.)[3], ma anche:
i) “in coerenza con l'andamento delle trattative”: espressione di cui è facile comprendere la vaghezza, essendo l'andamento delle trattative un concetto indefinito che spesso non lascia tracce scritte o facilmente accertabili, specie a distanza di tempo, ovvero quando il giudice penale potrà essere chiamato ex post a verificare la sussistenza di un simile presupposto;
ii) “nella prospettiva di risanamento dell'impresa valutata dall'esperto ai sensi dell'art. 5, comma 5”: locuzione questa che disorienta anche più della precedente, posto che leggendo la disposizione richiamata (art. 5 co. 5) emerge come la “prospettiva di risanamento” non venga definita né dall'imprenditore, né dall'esperto, quanto meno nella fase iniziale della composizione negoziata. L'esperto deve sì verificare che essa vi sia e sia concreta, ma non deve definirla per iscritto neppure in termini generali o approssimativi e tanto induce a pensare che il compito del giudice penale diventerà davvero improbo. Questi sarà, infatti, chiamato a verificare la congruità di un pagamento o di altra operazione rispetto ad una circostanza informe ovvero ad una “prospettiva di risanamento” che neppure i primi e diretti protagonisti della composizione negoziata hanno il dovere di delineare, quanto meno nella fase iniziale del procedimento di composizione.
Altro problema che, ad una prima lettura, la disposizione in esame pone è quello dei suoi rapporti con le vicende successive alla composizione negoziata.
Si apprende infatti dall'art. 11 del D.L. che vari sono i possibili esiti del negoziato. Ad esempio, tra gli altri, un accordo con uno o più creditori, una convenzione di moratoria, un accordo ai sensi dell'art. 67 co. 3 lett. d) l.f. privo di attestazione, un concordato semplificato ai sensi dell'art. 18 del D.L.
Non si può escludere neppure che non vi sia alcun risultato concreto o che, più probabilmente, intervenga la dichiarazione di fallimento.
E' quindi lecito interrogarsi sull'esito dell'esclusione di punibilità prevista dall'art. 12 co. 5 e della sua coerenza sistematica con le varie forme di sistemazione della crisi dell'impresa nelle quali la composizione negoziata può o meno sfociare. Alcune di queste rientrano certamente nell'alveo applicativo tanto dell'art. 236 l.f., quanto dell'art. 217 bis l.f., altre vi rientrano solo parzialmente ed altre ancora sono totalmente escluse.
Tutt'altro che agevole e certamente meritevole di ben maggiore approfondimento appare perciò valutare in termini astratti quali siano le potenziali ricadute della disposizione che si commenta nella varietà dei possibili esiti della composizione negoziata.
In apparenza meno difficile è stabilire il termine finale di efficacia dell'esclusione di tipicità delineata dall'art. 12 co. 5 D.L. che dovrebbe coincidere con la conclusione di uno degli accordi di cui all'art. 11 co. 1 ovvero con il deposito delle domande di cui ai commi 2 e 3.
Ma anche in questa prospettiva non si può negare che, per fare un esempio, la predisposizione di un piano attestato di risanamento ex art. 67 co. 3 lett. d)[4] costituisce un confine incerto, che rischia di prolungare anche di molti mesi la soluzione della crisi di impresa e quindi l'area di potenziale applicazione dell'esclusione di tipicità delineata dalla disposizione in esame.
A meno che si ritenga che il piano debba essere pronto ed attestato già al momento di conclusione del periodo concesso per espletare le trattative della composizione negoziata. Ma è lecito dubitarne, perché la norma non lo prevede neppure implicitamente e nemmeno fissa un termine entro il quale l'adempimento debba essere espletato, per cui v'è il rischio concreto che vi siano pagamenti od operazioni circa i quali sorgerà il dubbio che possano ricondursi nell'area di esclusione della punibilità delineato dall'art. 12 co. 5 del D.l. n. 118.