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Saggio

Note sparse sulle novità in materia penale introdotte dal D.L. n. 118/2021 convertito con L. n. 147/2021*

Matteo Binelli, Avvocato in Mantova

18 Novembre 2021

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Come cambiano il volto e l’assetto del diritto penale della crisi nel sistema ridisegnato dal Decreto in materia di crisi d'impresa e risanamento.
Riproduzione riservata
1 . L'art. 12 co. 5 del D.L. n. 118/2021, una nuova ipotesi di esenzione di punibilità
L'art. 12, dedicato alla conservazione degli effetti generati dalle attività poste in essere dopo l'inizio di un percorso di composizione negoziata per la soluzione della crisi di impresa, introduce al comma 5 una norma di rilevanza esclusivamente penalistica.
Essa per certi versi ricalca quanto previsto dall'art. 217 bis l.f., il quale esclude l'applicazione degli artt. 216, co. 3 e 217 l.f. , tra gli altri, a pagamenti ed operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo, un accordo di ristrutturazione omologato ex art. 182 bis, del piano di cui all'art. 67 co. 3 lett. d) ed, ancora, di un accordo di composizione della crisi omologato ai sensi dell'art. 12 della L. n. 3/2012. 
I problemi di inquadramento sistematico che hanno occupato la dottrina che ha esaminato l'art. 217 bis l.f.[1] si pongono in termini analoghi per la norma di recente introdotta.
A tale riguardo si è sostenuto che “la soluzione più ragionevole è quella di ritenere che l'art. 217 bis, superando le oscurità lessicali e l'assenza di ogni considerazione sistematica, sia semplicemente ricognitivo di un principio generale di non contraddizione dell'ordinamento”[2], che in sostanza esclude la tipicità di una serie di fattispecie le quali per effetto della disposizione in parola vengono poste al di fuori del perimetro di applicazione delle norme incriminatrici. 
Può ritenersi certo che la natura dogmatica e la finalità dell'esenzione di punibilità introdotta dall'art. 12 co. 5 del D.L. n. 118/2021 sono in tutto assimilabili a quelle di cui all'art. 217 bis l.f. 
Tuttavia la struttura della disposizione appena introdotta presenta particolarità tali da renderne certamente poco agevole l'applicazione.
Essa infatti, formula due ipotesi per le quali esclude l'operatività degli artt. 216 co. 3 e 217 l.f.
La prima ricorre in caso di pagamenti od operazioni compiuti nel periodo successivo alla accettazione dell'incarico da parte dell'esperto nominato ai sensi all'art. 3 del D.L. n. 118/2021, che siano in coerenza con l'andamento delle trattative e nella prospettiva di risanamento dell'impresa valutata dallo stesso esperto ai sensi dell'art. 5 co. 5 del D.L.
La seconda ipotesi di esenzione di punibilità riguarda invece i pagamenti e le operazioni compiuti in conformità delle autorizzazioni che il tribunale rilascia ai sensi dell'art. 10 del D.L. ovvero durante la composizione negoziata.
Mentre questa seconda eventualità appare di agevole interpretazione, perché ancorata al dato formale del provvedimento autorizzativo del tribunale ed alla indispensabile conformità rispetto allo stesso, decisamente più difficile è delineare l'area operativa della prima ipotesi.
Essa infatti, presuppone che le operazioni ed i pagamenti siano compiuti, non solo dopo l'accettazione della nomina da parte dell'esperto (art. 5 co. 4 D.L.)[3], ma anche:
i) “in coerenza con l'andamento delle trattative”: espressione di cui è facile comprendere la vaghezza, essendo l'andamento delle trattative un concetto indefinito che spesso non lascia tracce scritte o facilmente accertabili, specie a distanza di tempo, ovvero quando il giudice penale potrà essere chiamato ex post a verificare la sussistenza di un simile presupposto;
ii) “nella prospettiva di risanamento dell'impresa valutata dall'esperto ai sensi dell'art. 5, comma 5”: locuzione questa che disorienta anche più della precedente, posto che leggendo la disposizione richiamata (art. 5 co. 5) emerge come la “prospettiva di risanamento” non venga definita né dall'imprenditore, né dall'esperto, quanto meno nella fase iniziale della composizione negoziata. L'esperto deve sì verificare che essa vi sia e sia concreta, ma non deve definirla per iscritto neppure in termini generali o approssimativi e tanto induce a pensare che il compito del giudice penale diventerà davvero improbo. Questi sarà, infatti, chiamato a verificare la congruità di un pagamento o di altra operazione rispetto ad una circostanza informe ovvero ad una “prospettiva di risanamento” che neppure i primi e diretti protagonisti della composizione negoziata hanno il dovere di delineare, quanto meno nella fase iniziale del procedimento di composizione.
Altro problema che, ad una prima lettura, la disposizione in esame pone è quello dei suoi rapporti con le vicende successive alla composizione negoziata.
Si apprende infatti dall'art. 11 del D.L. che vari sono i possibili esiti del negoziato. Ad esempio, tra gli altri, un accordo con uno o più creditori, una convenzione di moratoria, un accordo ai sensi dell'art. 67 co. 3 lett. d) l.f. privo di attestazione, un concordato semplificato ai sensi dell'art. 18 del D.L.
Non si può escludere neppure che non vi sia alcun risultato concreto o che, più probabilmente, intervenga la dichiarazione di fallimento.
E' quindi lecito interrogarsi sull'esito dell'esclusione di punibilità prevista dall'art. 12 co. 5 e della sua coerenza sistematica con le varie forme di sistemazione della crisi dell'impresa nelle quali la composizione negoziata può o meno sfociare. Alcune di queste rientrano certamente nell'alveo applicativo tanto dell'art. 236 l.f., quanto dell'art. 217 bis l.f., altre vi rientrano solo parzialmente ed altre ancora sono totalmente escluse.
Tutt'altro che agevole e certamente meritevole di ben maggiore approfondimento appare perciò valutare in termini astratti quali siano le potenziali ricadute della disposizione che si commenta nella varietà dei possibili esiti della composizione negoziata.
In apparenza meno difficile è stabilire il termine finale di efficacia dell'esclusione di tipicità delineata dall'art. 12 co. 5 D.L. che dovrebbe coincidere con la conclusione di uno degli accordi di cui all'art. 11 co. 1 ovvero con il deposito delle domande di cui ai commi 2 e 3. 
Ma anche in questa prospettiva non si può negare che, per fare un esempio, la predisposizione di un piano attestato di risanamento ex art. 67 co. 3 lett. d)[4] costituisce un confine incerto, che rischia di prolungare anche di molti mesi la soluzione della crisi di impresa e quindi l'area di potenziale applicazione dell'esclusione di tipicità delineata dalla disposizione in esame. 
A meno che si ritenga che il piano debba essere pronto ed attestato già al momento di conclusione del periodo concesso per espletare le trattative della composizione negoziata. Ma è lecito dubitarne, perché la norma non lo prevede neppure implicitamente e nemmeno fissa un termine entro il quale l'adempimento debba essere espletato, per cui v'è il rischio concreto che vi siano pagamenti od operazioni circa i quali sorgerà il dubbio che possano ricondursi nell'area di esclusione della punibilità delineato dall'art. 12 co. 5 del D.l. n. 118.
2 . L'art. 18 co. 7 del D.L. n. 118/2021: la disciplina sanzionatoria in caso di concordato semplificato
Tra le novità più significative del D.L. n. 118/2021 è da annoverare sicuramente la previsione di cui all'art. 18 che in esito alla composizione negoziata, consente all'imprenditore di presentare una proposta di concordato semplificato per cessione dei beni.
La tendenziale deformalizzazione della procedura rispetto a quella prevista dagli artt. 160 ss. l.f. ed in particolare la circostanza che l'approvazione della proposta non preveda alcuna votazione da parte del ceto creditorio imponevano un presidio penalistico. Il decreto lo ha assicurato richiamando al co. 8, in quanto compatibile, l'art. 236 l.f., sostituita la figura del commissario giudiziale con quella dell'ausiliario (che è nominato dal tribunale ai sensi del co. 3 dell'art. 18).
La scelta operata genera tuttavia, prima facie, qualche problema interpretativo.
Per affrontarlo, è utile interrogarsi sulla natura del concordato semplificato per cessione dei beni. Può considerarsi una specie del genere concordato preventivo unitamente a quelli disciplinati dagli artt. 160 ss. l.f.? O si tratta di una figura sui generis che si limita a condividere con quelli la denominazione, sebbene di concordato non vi sia davvero nulla, perché i creditori non votano neppure sulla proposta dell'imprenditore?
E' chiaro che la sistemazione dei rapporti tra i due istituti appartiene agli approfondimenti della giurisprudenza civile e della dottrina che si occupa del diritto della crisi.
Ad oggi, i primi commenti propendono per una autonomia tra le due figure, osservando tra l'altro che “i tratti distintivi fra i due istituti sono davvero eclatanti: la norma di nuovo conio, infatti, prescinde da un provvedimento di ammissione alla procedura, non contempla la presenza di un giudice delegato e di un commissario giudiziale chiamato a relazionare ai sensi dell’art. 172, l. fall., e non prevede la fase della votazione dei creditori, che notoriamente costituisce un proprium dei concordati preventivo e fallimentare”[5]. 
Anche per questo è però evidente che, avendo il legislatore scelto di disciplinare sotto il profilo penale la fattispecie mediante un mero richiamo, le particolarità dell'istituto creano all'interprete qualche impaccio.
Non solo e non tanto sotto il profilo della sufficiente tassatività della norma incriminatrice, posto che il richiamo all'art. 236 l.f. pare possa essere agevolmente inteso come una applicazione delle fattispecie astrattamente previste dalla norma anche alle condotte poste in essere nell'ambito di un concordato semplificato. 
Benché non si possa nascondere che il doppio richiamo prima all'art. 236 l.f. e poi da questo alle specifiche norme che descrivono le condotte sanzionate (art. 223, 224, 232 l.f.) impone una serie di passaggi che possono rendere problematica la concreta individuazione del perimetro dei fatti penalmente sanzionati[6].
Mentre nella versione della norma contenuta nel D.l. n. 118 non veniva richiamato l'art. 217 bis l.f. di cui si è riferito in precedenza, in sede di conversione detto richiamo è stato aggiunto.
Non c'è dubbio che l'inserimento sia opportuno, sollevando l'interprete dall'onere di verificare la possibilità di applicare in via estensiva o analogica una disposizione che delimita l'area di punibilità.
Posto che l'art. 217 bis l.f. esclude l'applicazione degli artt. 216 co. 3 e 217 l.f. per pagamenti ed operazioni esecutivi di una delle procedure concorsuali minori elencate nella disposizione (tra cui non è menzionato il concordato semplificato) il paradigma per valutare la legittimità delle condotte sarà rappresentato dalla proposta liquidatoria formulata dall'imprenditore ai sensi dell'art. 18 co. 1 ed omologata dal Tribunale.
A differenza di quanto previsto dall'art. 180 l.f. per la proposta di concordato (cfr. co. 5), tuttavia l'art. 18 non prevede che il decreto di omologa sia provvisoriamente esecutivo ed anzi disciplina puntualmente le possibili impugnazioni della pronuncia, ammettendo reclamo presso la corte di appello entro trenta giorni dalla comunicazione e successivo ricorso per cassazione.
E' quindi chiaro che in caso di annullamento dell'omologa i pagamenti e le operazioni compiute rischiano di divenire penalmente rilevanti, perciò si può prevedere che prima del passaggio in giudicato della stessa l'imprenditore si asterrà dal dare esecuzione alla proposta. E questo nonostante la dilazione dei tempi di cessione dei beni rischi di avere conseguenze molto rilevanti e quasi sempre peggiorative sull'esito della liquidazione.
3 . L'art. 20 co. 1 lett. h) del D.L. n. 118/2021: l'estensione dell'area di punibilità in caso di accordo di ristrutturazione con cram down fiscale
L'ultima disposizione che interviene sul tessuto penalistico dei reati fallimentari o più in genere dei reati che possono essere commessi durante una procedura concorsuale è contenuta nell'art. 20 lett. h) del D.l. n. 118/2021 e consiste in una modifica puntuale dell'ultimo comma dell'art. 236 l.f.
La nuova previsione è ispirata ad medesimo intento, ma soddisfa due esigenze diverse[7].
Lo scopo unitario pare quello di assicurare un presidio penalistico ad ipotesi nelle quali la procedura concorsuale (minore) abbia come effetto quello di sacrificare le ragioni del creditore senza un suo espresso consenso, operando quello che viene usualmente definito meccanismo di cram down.
In sostanza, il legislatore reputa necessario richiamare mediante l'ultimo comma dell'art. 236 l.f. le previsioni incriminatrici di cui ai numeri 1, 2 e 4 dello stesso articolo per tutti le ipotesi nelle quali i creditori sono costretti a subire un sacrificio delle proprie ragioni contro la loro volontà o, per essere più precisi, senza una loro espressa adesione.
La modifica opera innanzitutto coordinando la precedente versione della norma che richiamava gli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari con il nuovo istituto introdotto dal D.L. n. 118/2021 e quindi introducendo un riferimento agli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa, definiti oggi dall'art. 182 septies l.f.
Di ben maggiore interesse è invece l'ulteriore modifica introdotta che estende le ipotesi incriminatrici di cui ai numeri 1, 2 e 4 dell'art. 236 l.f. al “caso di omologa di accordi di ristrutturazione ai sensi dell’articolo 182 - bis quarto comma, terzo e quarto periodo”, ovvero ai casi nei quali l'accordo di ristrutturazione viene omologato dal tribunale nonostante la mancata adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti previdenziali o assistenziali.
In precedenza in queste ipotesi non si prevedeva alcun richiamo alle fattispecie di bancarotta e quindi potevano ipotizzarsi accordi di ristrutturazione che, pur comportando rilevanti sacrifici delle ragioni erariali o previdenziali, rimanevano sguarnite di sanzioni penali in caso di condotte fraudolente e riconducibili ad ipotesi di bancarotta.
Quella introdotta è quindi senza dubbio di una modifica che rende più organico e completo il tessuto sanzionatorio e della quale da più parti si era sottolineata la necessità.
Per comprenderne la rilevanza basti pensare ad ipotesi (di certo non infrequenti, ad esempio in materia di frodi carosello) nelle quali la parte più rilevante della massa debitoria riguardi pendenze erariali[8]. In tali casi, se l'alternativa liquidatoria è in prospettiva infruttuosa, perché magari esistono crediti privilegiati poziori, viene consentito di accedere ad un accordo di ristrutturazione che, senza la modifica apportata, avrebbe anche evitato l'applicazione delle sanzioni previste dagli artt. 216 e 217 l.f.
Se si condivide quanto sin qui detto sugli scopi della modifica apportata all'art. 236 ult. co. l.f. diventa però poco agevole comprendere il richiamo fatto anche al quarto periodo del quarto comma dell'art. 182 bis l.f.
Questo invero, introdotto dall'art. 20 co. 1 lett. b) del D.l. n. 118, si limita a prevedere che l'eventuale adesione di amministrazione finanziaria o enti previdenziali all'accordo di ristrutturazione debba avvenire “entro novanta giorni dal deposito della proposta di soddisfacimento”
Ma, per quanto detto, se vi è adesione alla proposta dovrebbero venire meno le ragioni per estendere anche a tali fattispecie l'applicazione delle norme incriminatrici. 
In altre parole, qualora l'amministrazione finanziaria e gli enti previdenziali aderiscano alla proposta non si può parlare di cram down, ma di ordinario consenso ad una ipotesi di soluzione della crisi che non dovrebbe meritare il richiamo ai numeri 1, 2 e 4 dell'art. 236 l.f.
Sicché il riferimento al periodo (quarto del quarto comma [9]) che definisce il termine entro il quale l'adesione può essere formalizzata, potrebbe far ritenere che anche in tali casi si applichino le disposizioni penali: una soluzione poco convincente e contraria a quella che dovrebbe essere la ratio della modifica alla disposizione incriminatrice.

Note:

[1] 
Tra i numerosi scritti sul tema si vedano A. Alessandri, Profili penali delle procedure concorsuali, Mi, 2016, pag. 59; R. Brichetti e L. Pistorelliin Guida dir., 2010, 37, pag. 159;  E. Musco e F. Arditi, Diritto penale fallimentare, Bo, 2018, pag. 322;  ; Mi, pag. 615, C. Santoriello, Alcune indispensabili precisazioni sulla bancarotta da concordato preventivo in https://www.sistemapenale.it/pdf_contenuti/1600882293_santoriello-2020a-bancarotta-concordato-preventivo.pdf, pag. 13. 
[2] 
A. Alessandri, I reati fallimentari in Diritto Penale Commerciale, To, 2019, pag. 145.
[3] 
Requisito temporale molto preciso e che dovrebbe prevenire i dubbi sorti in sede di applicazione dell'art. 217 bis l.f. su cui si veda tra gli altri N. Gianesini, Il rischio penale nella gestione della crisi di impresa, Mi, 2016 pag. 74; F. Mucciarelli, L'esenzione dai resti di bancarotta, in Diritto e procedura penale, 2010, pag. 1477.
[4] 
Anche questo un possibile esito della composizione negoziata, cfr. art. 11 co. 3 lett. a) D.L. n. 118/2021.
[5] 
S. Ambrosini, Il concordato semplificato: primi appunti in https://ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it/Articolo/73. Sui rapporti tra le due procedure ed in particolare sulle rilevanti differenze si veda G. Bozza, Il concordato semplificato introdotto dal D. L. n. 118 del 2021 in dirittodellacrisi.it.
[6] 
Sostanzialmente in questo senso si veda L. Bottai La rivoluzione del concordato liquidatorio semplificato in dirittodellacrisi.it.
[7] 
Per un commento favorevole alla modifica introdotta in quanto colmerebbe una lacuna del sistema sanzionatorio, si veda R. Fontana, Bancarotta fraudolenta e cram down in https://www.dirittodellacrisi.it/blog/bancarotta-fraudolenta-e-cram-down?foto=7, nonché dello stesso autore Reati fallimentari estesi al cram down per contrastare la bancarotta fraudolenta in Il Sole24Ore, 27.9.2021.
[8] 
Per un'ipotesi in tutto assimilabile a quella qui delineata si veda Trib. Milano, decreto omologa n. 1/2021 in https://www.transazione-fiscale.it/wp-content/uploads/2021/09/Tribunale-di-Milano-3-giugno-2021.pdf.
[9] 
Una tecnica legislativa che non agevola certo la lettura di queste disposizioni.

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